Oggi, il rito romano* celebra l'ultima domenica dopo la Pentecoste, con il Vangelo di Matteo 24 sulla spaventosa fine del mondo. È una Messa piena di consolazione, speranza, avvertimento e trionfo, perfettamente adatta al suo posto alla chiusura dell'anno liturgico, che è come un microcosmo della storia della Chiesa.
Eppure, come si addice a un ciclo ricorrente, l'ultima domenica dopo Pentecoste si collega con la prima domenica di Avvento in molti modi meravigliosi. I Vangeli sono molto simili, entrambi riguardano la Parousia. Il canto dell'Offertorio "De profundis" è molto simile nella modalità e nella melodia all'Offertorio di domenica prossima "Ad te levavi", poiché infatti siamo nel profondo, guardando in alto, gridando a Dio di venire a salvarci.
Nelle parole della postcomunione: "Concedici, ti supplichiamo, o Signore, con questo sacramento che abbiamo ricevuto, affinché tutto ciò che è corrotto nelle nostre anime sia ripristinato dal dono del suo potere guaritore. Attraverso nostro Signore... " Di anno in anno rinnoviamo la fede e la speranza in Cristo Salvatore del mondo (cfr la Lettera).
Dom Johner definisce l'antifona della Comunione "Amen dico vobis, quidquid orántes pétitis, crédite quia accipiétis, et fiet" l'"ultima parola" della Chiesa per riflettere alla fine del suo anno: "Amen vi dico: qualunque cosa chiederete quando pregate, credete che lo riceverete e vi sarà fatto". Amen, infatti. Maranatha. Vieni, Signore Gesù.
(*Non sto parlando qui del rito moderno di Paolo VI. )






































