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L'unità impossibile: l'Europa come contraddizione giuridica del moderno
L’Unione Europea rappresenta il tentativo più audace, e al tempo stesso più fragile, di fondare un ordine politico sull’assenza di fondamento. Essa pretende di costituire una "unitas" senza "unum", una comunione giuridica priva di principio unificante, un corpo politico che esclude deliberatamente la propria anima.
L’unità, nella sua dimensione autentica, non è il risultato di un accordo, né la somma di volontà convergenti, ma la manifestazione di una misura intrinseca dell’essere.
L’Europa istituzionale, invece, nasce dal postulato contrario: che la verità sia divisiva, che il bene comune sia un concetto obsoleto, che l’ordine possa derivare dalla sola procedura. Così l’Unione si proclama "comunità di diritto", ma è, in realtà, comunità del formalismo, dove il diritto non esprime la giustizia, bensì la sua eclissi razionalmente codificata.
Nel pensiero classico, l’ordine politico è ordinamento dell’essere: "ordo ad bonum commune". L’unità è il riflesso di una realtà superiore che informa la molteplicità e la dispone secondo un fine condiviso. In assenza del fine, l’ordine si dissolve nella mera coordinazione di forze e la molteplicità si fa frammento. L’Unione Europea incarna precisamente questa deriva: è il tentativo di ottenere la concordia senza l’idea di bene, di stabilire l’eguaglianza senza il riconoscimento della giustizia.