Ho scoperto poco fa, grazie a Le Forum Catholique, che sono sempre meglio le sole 12 righe dedicate ai Martiri di Otranto da Papa Bergoglio - compreso il politically correct del termine Ottomani, omesso dal Papa e cancellato dal testo dell'omelia pubblicato dal sito Vaticano, ma presente in quello anticipato ai giornalisti
Oggi la Chiesa propone alla nostra venerazione una schiera di martiri, che furono chiamati insieme alla suprema testimonianza del Vangelo, nel 1480. Circa ottocento persone, sopravvissute all’assedio e all’invasione di Otranto [da parte degli Ottomani], furono decapitate nei pressi di quella città. Si rifiutarono di rinnegare la propria fede e morirono confessando Cristo risorto. Dove trovarono la forza per rimanere fedeli? Proprio nella fede, che fa vedere oltre i limiti del nostro sguardo umano, oltre il confine della vita terrena, fa contemplare «i cieli aperti» - come dice santo Stefano – e il Cristo vivo alla destra del Padre. Cari amici, conserviamo la fede che abbiamo ricevuto e che è il nostro vero tesoro, rinnoviamo la nostra fedeltà al Signore, anche in mezzo agli ostacoli e alle incomprensioni; Dio non ci farà mai mancare forza e serenità.Mentre veneriamo i Martiri di Otranto, chiediamo a Dio di sostenere tanti cristiani che, proprio in questi tempi e in tante parti del mondo, adesso, ancora soffrono violenze, e dia loro il coraggio della fedeltà e di rispondere al male col bene.
rispetto alle seguenti parole, che non so come definire, pronunciate da Paolo VI nel giugno 1970 in occasione della canonizzazione di Nicolas Tavelic e compagni, martirizzati anch'essi per mano musulmana ma in Terrasanta. Leggete con attenzione il periodo conclusivo. Ci ricordano gli amici del blog francese che "se si vuol dimenticare il passato, attraverso una amnesia iper-selettiva che non riguarda che l'islam (per il resto si conosce invece l'ipertrofia della « memoria »), bisognerebbe por fine a queste canonizzazioni ipocrite e scandalose". Ah, il Concilio...
Colgo l'occasione, per rinfrescarci la memoria su Concilio e Libertà di religione. Anche in questo documento c'è un punto in cui si parla dei martiri.[...] San Nicola Tavelić e Compagni. Oggi noi ricordiamo. La memoria diviene attualità, Noi stiamo a guardare. La storia diventa maestra. Pone un confronto fra queste lontane figure di frati idealisti, imprudenti, ma esaltati da un amore positivo [...]
Ed un secondo sentimento succede al primo con una domanda imbarazzante: ma allora dobbiamo inasprire i dissensi con la società che ci circonda, e aggredirla con polemiche e con contestazioni, che rompono i nostri rapporti col nostro tempo e che accrescono le difficoltà della nostra presenza apostolica nel mondo? È questo l’esempio che dobbiamo raccogliere da questi valorosi oggi canonizzati Santi? No; noi non crediamo. A ben leggere nella loro storia e soprattutto nei loro animi, noi vediamo che non è uno spirito d’inimicizia che li spinse al martirio, ma piuttosto di amore, di ingenuo amore, se volete, e di folle speranza; un calcolo sbagliato, ma sbagliato per desiderio di giovare e di condurre a salvamento spirituale quelli stessi che essi provocarono a infliggere loro la terribile repressione del martirio. Questo è importante. È importante per il mondo della nostra così detta civiltà occidentale; il Concilio ce lo insegna. Ed è importante anche per quel mondo islamico nel quale si svolse e si consumò la tragedia di S. Nicola Tavelić e dei suoi Compagni: essi non odiavano il mondo musulmano; anzi, a loro modo, lo amavano. E certo lo amano ancora, e quasi personificano nella loro storia l’anelito cristiano verso il mondo islamico stesso, che la storia dei nostri giorni ci fa sempre meglio conoscere, fortificando la speranza di migliori rapporti fra la Chiesa cattolica e l’Islam: non ci ha esortato il Concilio «a dimenticare il passato e a esercitare sinceramente la mutua comprensione, non che a difendere e a promuovere insieme, per tutti gli uomini, la giustizia sociale, i valori morali, la pace e la libertà»? (Nostra aetate, 3)
3 commenti:
La verità deve essere guardata in faccia, e ciò che dev'essere raccomandato non è l'oblio del passato, ma il superamento dei cattivi sentimenti che i cattivi ricordi possono far nascere.
Sì, bisogna tentar di vivere in pace malgrado i cattivi ricordi.
No, non bisogna dimenticare nulla.
E quell'individuo dovrebbe essere proclamato beato della chiesa modernista ? Certo ,se fosse stato ad Otranto nel 1480, avrebbe abiurato all'islam in nome della pace,della fratellanza e del rispetto reciproco. Se le cause di beatificazione avessero un minimo di obiettivita' (al giorno d'oggi), basterebbe un discorso cosi' fatto per far concludere per sempre l'iter di quella pratica.
Il ricordo dei martiri suscita venerazione e chi è in Cristo Signore non coltiva certo cattivi sentimenti nei confronti dei carnefici, e riconoscere ciò che è male e la falsità di altre fedi non deve servire a combatterle ma a tener viva la missionarietà, che fa parte della ragion d'essere della Chiesa.
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