Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 22 luglio 2021

Traditionis custodes. La sindrome dell'anatra zoppa

Riprendo da Duc in altum l'articolo di Wanderer. Qui Indice degli interventi su Traditionis custodes.

Traditionis custodes. La sindrome dell'anatra zoppa

In ambito politico c’è un’espressione che si sente spesso e che i governanti temono molto: anatra zoppa. Si riferisce a un’anatra che non è in grado di stare al passo con lo stormo, e quindi diventa facile bersaglio per i predatori. Il soprannome viene assegnato al sovrano che, a causa di varie circostanze, soprattutto perché si avvicina alla fine del mandato, ha perso il potere. E il modo più sicuro per identificare un’anatra zoppa è osservare la reazione dei suoi amici: è segno indiscutibile che il povero palmipede stia percorrendo i suoi ultimi passi quando lo lasciano solo, quando lo stormo lo abbandona.

Sembra che questo sia ciò che sta accadendo con papa Francesco: la sua zoppia non è solo un effetto della sciatica, è anche il risultato della perdita di potere dovuta alla gestione catastrofica del suo pontificato e dei segni abbastanza evidenti che la sua fine è vicina. Il fatto che nientemeno Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, abbia pubblicato un libro intitolato La Chiesa brucia, è molto sintomatico. Si ha l’impressione che la peronizzazione provocata da un Papa peronista abbia anche i suoi lati oscuri. Si dice infatti: i peronisti vanno insieme ai compagni fino alla porta del cimitero, ma loro non entrano. Ed è proprio quello che sta accadendo.

Uno degli errori più gravi che un sovrano affetto da sindrome dell’Anatra Zoppa possa commettere è impartire ordini universali troppo severi: corre il rischio di essere disobbedito e quindi di manifestare la sua debolezza. Ed è proprio quello che sembra succedere a papa Francesco dopo la pubblicazione del motu proprio Traditionis custodes. Per ora l’unica adesione chiara e universalmente conosciuta che ha ricevuto è stata quella di monsignor Ángel Luis Ríos Matos, vescovo di Mayagüez, Porto Rico, il quale ha pubblicato un esilarante decreto in cui avverte che, sebbene nella sua diocesi non si celebri affatto la Messa tradizionale, la proibisce e, già che c’è, coglie l’occasione per vietare l’uso della pianeta romana, delle tovaglie di lino e del velo omerale. Una disposizione analoga è stata presa dai vescovi del Costa Rica. I tiranni generano piccoli tiranni patetici, e Bergoglio ha prodotto innumerevoli vescovi mediocri che popoleranno tristemente i Prati dell’Asfodelo. (È curioso che nelle foto, facilmente rintracciabili nel web, il vescovo Ríos Matos appaia sempre vestito con tutti i fronzoli episcopali possibili. Non so perché, ma tutto questo mi ricorda Black Mischief, il romanzo di Evelyn Waugh).

Il sito di Rorate Coeli sta compilando un elenco delle Messe vietate dai vescovi. Vedremo quale sarà il risultato. Finora le reazioni sono state proprio come le avevamo preannunciate in questo blog qualche giorno fa, anche se, devo ammetterlo, sono rimasto sorpreso dalla rapidità e chiarezza con cui hanno reagito i vescovi francesi, inglesi e americani. La Conferenza episcopale francese, con quelle circonlocuzioni così tipiche dei Galli, ha buttato la palla fuori dal campo di gioco. Per loro si tratta di discutere quale sia la lex orandi o la lex credendi della Chiesa di papa Francesco. Il motu proprio li invita però a riflettere sull’importanza dell’Eucaristia nella vita della Chiesa, ed è ciò che faranno a settembre, finite le vacanze estive, quando si incontreranno per parlarne. Concordemente, il vescovo di Versailles, dove hanno sede importanti comunità tradizionaliste, ha già fatto sapere per iscritto che nella sua diocesi le cose continueranno come prima, e lo stesso ha detto l’arcivescovo di San Francisco subito dopo la diffusione del documento papale, seguito da tanti altri vescovi americani – per esempio quello di Cincinnati – i quali, sia pure in modo più discreto, hanno fatto sapere a sacerdoti e fedeli vicini al rito tradizionale che non apporteranno alcun cambiamento nonostante gli ordini pontifici. In Inghilterra, la maggior parte dei vescovi ha fatto lo stesso: non appena è stato pubblicato il motu proprio, hanno informato, in modo ufficiale e con sigillo in ceralacca, che nelle loro diocesi non ci saranno cambiamenti circa la celebrazione della Messa tradizionale. E la cosa curiosa è che, per la maggior parte, siano essi francesi, americani o inglesi, queste reazioni non arrivano da vescovi con particolari simpatie tradizionaliste; sono anzi vescovi con tendenze chiaramente liberali.

Perché, allora, questa reazione così rapida quanto chiara e contraria agli evidenti auspici pontifici?

La risposta rimane sul piano delle congetture, ma possiamo imbastirne alcune. Una cosa chiara a prima vista è che questi vescovi non temono più le “misericordiazioni” pontificie, cosa che sarebbe stata probabile in altri tempi. E questo è un chiaro segno della sindrome dell’Anatra Zoppa. Oserebbe mai Francesco espropriare della sua sede monsignor Salvatore Cordileone, arcivescovo di San Francisco? Ormai non ha più la forza per farlo.
L’episcopato americano è molto infastidito nei confronti del papa e la minaccia di una “misericordiazione” dovuta alla mancata applicazione del motu proprio sarebbe contrastata dalla Conferenza episcopale. Altrettanto accadrebbe in Francia: la dichiarazione dei vescovi francesi (sebbene ad alcuni possa sembrare che essi se ne stiano lavando le mani) è una sorta di blindaggio: in questo caso si rifletterà sull’Eucaristia, dicono, e ogni vescovo vedrà come comportarsi in merito ai divieti. E abbiamo già visto cosa fanno: non vietano nulla.

Questo è esattamente il nocciolo della questione: i vescovi, da entrambe le parti dell’Atlantico, non vogliono iniziare una guerra non necessaria. Nelle loro diocesi, grazie al Summorum pontificum, era stata raggiunta la pax liturgica. Le cose hanno funzionato e hanno funzionato bene; le ideologizzazioni, salvo rari casi, erano scomparse. E la crescita costante delle comunità tradizionaliste, dei sacerdoti e delle vocazioni era ormai vista come una benedizione e non come un pericolo, proprio la visione opposta a quella presentata da Bergoglio nel suo documento. Sul campo, nelle loro diocesi, gli unici che funzionano più o meno bene sono in effetti i gruppi della liturgia tradizionale. In Europa, sterminare i preti tradizionalisti, così come pretende il sommo pontefice, significa dedicarsi direttamente all’importazione dall’Africa di sacerdoti di messa e pentole [detto che si riferisce a un sacerdote o frate di studi scarsi e poca autorità, ndt].

Se ogni atto giuridico deve essere interpretato secondo il pensiero del legislatore, ciò che emerge dal motu proprio è che papa Francesco vuole evitare la rottura dell’unità per questioni liturgiche. Allora, con tutta legittimità e serenità, quei vescovi che giudicano che la diversità liturgica del rito romano nelle loro diocesi non causa problemi né divida, possono ignorare la norma. Detto più semplicemente, la maggior parte dei vescovi non vuole far propria una guerra che esiste solo nella mente di Bergoglio e dei suoi ideologi di turno, questa volta di Andrea Grillo. Come ha scritto Tim Stanley in The Spectator, Bergoglio dà l’impressione di vivere gli anni di Leonid Breznev nell’Unione Sovietica: un governo di gerontocrati, attaccati a una vecchia e logora fotografia che ritrae un paese che non esiste più.

È inconcepibile che negli ultimi due secoli la Chiesa latina sia caduta in un iperpapalismo così estremo da permettere manifestazioni come la Traditionis custodes, in cui il papa di Roma si intromette a tal punto in ogni diocesi da comunicare al vescovo quali parrocchie può erigere e quali no. Sarebbe stata un’assurdità impensabile nella Chiesa medievale (chiedere al vescovo Hincmar di Rheims) e altrettanto impensabile nella Chiesa orientale. Come afferma il cardinale Müller nella sua imperdibile lettera, i vescovi sono posti come pastori e “non sono semplici rappresentanti di un ufficio centrale, con la possibilità di essere promossi”.

Questo rimanda a un fatto storico: nel 1646 papa Innocenzo X, su impulso dei gesuiti, soppresse (riduzione fu il termine usato) la fiorente congregazione di maestri che era stata fondata da San José de Calasanz – gli Scolopi – attraverso il breve Ea quae profelici. Appena il testo fu reso noto, comparvero le critiche. Il vescovo Ingoli, segretario di Propaganda fide, dopo averlo letto, disse: “In un altro pontificato potranno usarlo come tappo per barattoli”, e l’abate Orsini, internunzio di Polonia, scrisse: “È un breve fatto con l’accetta... Non dubitate: in un altro pontificato sarà annullato”. E infatti andò proprio così (S. Giner Guerri, San José de Calasanz. Maestro y fundador. Nueva biografía crítica, Bac, Madrid, 1992, pp. 1053-1070).

Bergoglio, insomma, soffre della sindrome dell’Anatra Zoppa. Con la pubblicazione della Traditionis custodes si è enormemente screditato e ha accelerato il declino e la fine del suo catastrofico pontificato.

Postilla. Alla durezza e alle ironie della lettera del cardinale Müller si aggiungono da più parti espressioni di ripudio verso Bergoglio. Michel Onfray, popolare ateo e filosofo francese progressista, scrive su Le Figaro [qui] che la Messa antica è un patrimonio universale che non può essere toccato e squalifica Bergoglio definendolo un “gesuita e peronista”, la cui formazione è quella di un “chimico”. José Manuel de Prada, su ABC, dice che lui per entrare in chiesa si toglie il cappello, ma mai si staccherà la testa, come richiede il motu proprio bergogliano.

Fonte: caminante-wanderer.blogspot.com
Titolo originale: El síndrome del Pato Rengo
Traduzione rivista dall’autore

12 commenti:

Anonimo ha detto...

...il Motu proprio Traditionis custodes può essere considerato un atto più grave dell’esortazione Amoris laetitia. Non soltanto, il Motu proprio ha delle applicazioni canoniche di cui l’esortazione post-sinodale è priva, ma mentre la Amoris laetitia, sembra concedere l’accesso all’Eucarestia a chi non ne ha diritto, Traditionis custodes, priva del bene spirituale della Messa di sempre coloro che a questo bene irrinunciabile hanno diritto e di cui hanno bisogno per perseverare nella fede.

Unknown ha detto...

Testo piuttosto superficiale,forse azzeccato ma su un piano "politico". Ci si chiede: questo stesso episcopato che ora ci piace nella sua disobbedienza , dovuta sembra a quieto vivere , non è lo stesso che comunque ha accettato gli errori conciliari e il NO? E quello che non ci piaceva nella sua disobbedienza a Ratzinger? Se entrambi sono legittime autorità, non possiamo scegliere noi quando la disobbedienza va bene o no. QAuesta diffusa mentalità basatu più quell'istinto e il sentimento che sulla retta ragione e sul magistero è molto pericolosa: quando il Signore restaurera l'ordine nella Chiesa i fedeli saranno abituati all'anarchia

tralcio ha detto...

Amoris laetitia sta Traditionis custodes come i DPCM-mascherina alle leggi sul Green Pass.
Si tratta di un progressivo tendere a toccare i fondamenti, segno per altro di perdita dei freni, di fretta e forse di bisogno di esagerare.
I poteri che sovrintendono ad entrambe le dinamiche -intramondane- vincolano i loro accoliti e servitori a dover prendere decisioni che azzoppano l'anatra (Macron in Francia).
Il potere potente che genera servi per usarli non ha pietà dei propri sgherri.
Prendiamo il positivo: vedremo forse il peggio, ma è anche la sua fine.
Chi reggerà il venerdì santo, potrà vivere l'emozione e l'incarico di Maria Maddalena.
Pur con un passato non cristallino, potrebbe essere chiamato ad annunciare agli Apostoli.
Gesù scelse lei per dire loro non solo (!!!) che era risorto, ma:

"Salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro".

Ha scelto chi ancora cercava di trattenere Gesù alla terra per dire di salire al Cielo!

Il Signore conceda la grazia di poter vivere questa resurrezione, questo vero reset.
Innanzitutto per la Chiesa e i suoi ministri, per il gregge loro affidato.
E poi, nel nome di Cristo, a gloria del Padre, nell'unità dello Spirito santo, per tutti.
Ricapitolando tutta la creazione nel Figlio, che ha vinto la morte.
Non per magia, ma dalla croce.
Non ha "tolto" i peccati, li ha sollevati e se li è addossati.

E' il sacrificio del Sommo sacerdote per l'espiazione. La Santa Messa è il centro di tutto.
Hanno toccato la vita, la famiglia, il lavoro, la salute...
Pensate: tutte le TV a dire che ieri il Covid ha mietuto 21 vittime.
Ieri la statistica assegna 9 morti al giorno per incidenti stradali e 10 di suicidio.
E anche almeno 2500 di aborto... Nel silenzio generale, anzi vantandolo un diritto.
Adesso i padroni del mondo sono arrivati qui.
Finis terrae.

Anonimo ha detto...

Il motu proprio oggi evidenzia e ripresenta un grosso problema al quale si accenna: l'iperpapalismo. sulla base dell'affermazione di Benedetto XVI secondo la quale "il papa non è un sovrano assoluto" bisogna riconsiderare il primato romano e stabilire con precisione i limiti entro i quali deve esercitarsi. d. Filiberto Maiuori

Antonio ha detto...

Purtroppo non sarei così ottimista: anatre del genere “godono” della protezione del maligno e quindi di potere longevo. In questo mondo. Poi saranno c.

Anonimo ha detto...

"...poi saranno..." ben liete di bruciare all' inferno per l'eternità...de gustibus...

Anonimo ha detto...

Heresy the final frontier.These are the voyages of the Pontificate of Francis.Its continuing mission : to explore strange new doctrines. To seek out new liturgies and destroy old ones. To boldly go where no Pope has gone before.

Unknown ha detto...

Noto che scrivo commenti provocatori ma non scalfisco il muro di gomma. Mi piacerebbe un confronto serio , una critica anche aspra su questi argomenti decisivi...

Diego ha detto...

Dear Star Trek fan, the first Enterprise had a 5 years mission but know we are far beyond and no romulan neutral zone can separe us from war. ;)

Anonimo ha detto...


# unknown

Forse la "provocazione" non appare tale, è sparata con proiettili di gomma.

Anonimo ha detto...


"Il papa non è un sovrano assoluto.."

L'affermazione vale soprattutto da un punto di vista morale. Si suppone che il papa, nella sua attività di governo, osservi sempre certe leggi non scritte. NOn mi riferisco all'obbligo di non violare la legge di natura e divina ma alle consuetudini positive operanti nella Chiesa da secoli.
Tuttavia, tecnicamente, il papa è un sovrano assoluto. Infatti, riassume in se stesso tutti i tre poteri tradizionali, legislativo, giudiziario, esecutivo. Può scomunicare una persona con una semplice dichiarazione verbale, poi messa agli atti nelle dovute forme. Non può condannare unilateralmente a morte, come potevano fare gli imperatori romani e i Re cristiani del passato, ma solo perché la pena di morte oggi viene in Occidente universalmente respinta. Il carattere assoluto del suo potere risulta anche dal fatto che non può nemmeno esser giudicato da alcuno. Ciò lo pone di fatto al di sopra delle leggi umane.
Il potere assoluto del papa deve essere usato sotto la guida dello Spirito Santo e quindi viene a temperarsi di per se stesso. Ma nella sua natura di potere sovrano su tutta la Chiesa è assoluto, avendo Cristo risorto dato questo potere unitario al solo Pietro e non a lui assieme agli altri apostoli o a tutti gli Apostoli considerati come un soggetto collettivo.
L'infallibilità è stata stabilita come un potere ben delimitato: solo nel caso di definizioni solenni di dogmi della fede, e quindi in materie concernenti la fede e i costumi. Non p.e. l'economia o la politica etc.
Purtroppo il dogma dell'infallibilità ha fatto sorgere l'atteggiamento sbagliato detto
dello "infallibilismo", ovvero della credenza scorretta che il papa sia infallibile in tutto ciò che fa o dice, in generale.
Ma un potere di governo che non può esser censurato da nessuna istanza superiore, è assoluto. L'unico temperamento esisteva in passato ed era il principio "non può esser giudicato a meno che non devii dalla fede". Ma il CiC del 1917 ha abolito quest'inciso, pur rappresentando esso un principio generale del diritto canonico, potremmo dire.

Unknown ha detto...

La provocazione è questa, e non è di gomma: che nozione abbiamo del Papato? Cosa ci insegna di esso il Magistero bimillenario? Troviamo in esso qualche documento che autorizzi alla disobbedienza? O tutti concordemente affermano l'opposto? Queste sono domande cruciali cui bisognerebbe rispondere in maniera seria non con azzardati "secondo me" o affabulazioni varie peggio se misticheggianti. Se non si capisce che il problema dell'Autorità è quello centrale si continuerà sempre a risultati instabili e contraddittori. Si continuerà in nome della Tradizione ad abbattere una colonna portante di essa