«Viri Galilæi,
quid admirámini aspiciéntes in cælum?
Quemádmodum vidístis eum
ascendéntem in cælum,
ita véniet, alléluia. (Act 1,11)
Omnes gentes, pláudite mánibus:
iubiláte Deo in voce exsultatiónis.
(Ps. 46,2)»
quid admirámini aspiciéntes in cælum?
Quemádmodum vidístis eum
ascendéntem in cælum,
ita véniet, alléluia. (Act 1,11)
Omnes gentes, pláudite mánibus:
iubiláte Deo in voce exsultatiónis.
(Ps. 46,2)»
Per i primi cristiani la Festa dell'Ascensione era la più importante (ancor più della Pasqua). Si tratta del momento culminante dell'Azione divino-umana del Signore, che precede e consente l'invio del Suo Spirito che vivifica la Sua Chiesa: la ricollocazione alla destra del Padre dell'umanità redenta, riscattata dalla Sua passione e morte in Croce e rigenerata dalla Risurrezione. Questa solennità ha reso per sempre sacro il giovedì di ogni settimana, giorno già così degno di rispetto per l'istituzione della santa Eucarestia. La Chiesa cattolica colloca la solennità dell'Ascensione quaranta giorni dopo la Pasqua, cioè il giovedì della sesta settimana del Tempo pasquale, ovvero quello successivo alla VI domenica di Pasqua. A seconda della data della Pasqua, la solennità dell'Ascensione può cadere tra il 30 aprile e il 3 giugno. Nel caso tale data non sia purtroppo riconosciuta in un Paese come festività (Italia, Spagna, Portogallo), la Chiesa ne posticipa la celebrazione alla domenica successiva, la settima del Tempo di Pasqua.
Ascensione di nostro Signore
L'ineffabile successione dei misteri dell'Uomo-Dio è sul punto di ricevere l'ultimo complemento. Ma l'allegrezza della terra è salita fino al cielo; le angeliche gerarchie si preparano a ricevere il capo già promesso, mentre i loro principi sono vigili alle porte, pronti ad aprirle, quando risuonerà il segnale del divino Trionfatore. Le sante anime, liberate dal limbo già da quaranta giorni, attendono il felice momento in cui la via del cielo, chiusa per il peccato, si aprirà improvvisamente, ed essi potranno percorrerla al seguito del loro Redentore. L'ora incalza, ed è tempo ormai che il divin Risorto venga a mostrarsi, ed a ricevere l'addio di coloro che l'attendono di minuto in minuto, e che deve lasciare ora in questa valle di lacrime.
Al Cenacolo.Tutto ad un tratto egli appare in mezzo al Cenacolo. Trasalisce il cuore di Maria; i discepoli e le pie donne adorano con emozione colui che si mostra quaggiù per l'ultima volta. Gesù si degna prendere posto a tavola con loro; accondiscende a dividere ancora una volta il pasto, non più con lo scopo di renderli sicuri della sua Risurrezione - sa che non ne dubitano, ormai - ma tiene a dar loro questo segno affettuoso della sua divina familiarità, nel momento di andare ad assidersi alla destra del Padre. Quale pasto ineffabile è questo in cui Maria gusta per l'ultima volta sulla terra l'incanto di essere seduta vicino al Figliolo; in cui la santa Chiesa, rappresentata dai discepoli e dalle pie donne, è ancora visibilmente presieduta dal suo Capo e suo Sposo!
Chi potrebbe esprimere il rispetto, il raccoglimento, l'attenzione dei convitati; riprodurre gli sguardi posati con affetto così intenso sul Maestro tanto amato? Essi aspirano ad ascoltare ancora una volta la sua parola; parola tanto cara in questo momento della separazione! Finalmente Gesù schiude le sue labbra; ma il suo accento è più grave che tenero. Comincia col ricordare loro l'incredulità con la quale accolsero la notizia della sua Risurrezione (Mc 16,14). Al momento di affidare la missione più imponente che sia mai stata trasmessa agli uomini, egli vuole richiamarli all'umiltà. Tra pochi giorni dovranno essere gli oracoli del mondo, e il mondo dovrà credere la loro parola, credere ciò che non ha visto, ma quello che essi soli hanno veduto. È la fede che mette gli uomini in comunicazione con Dio; e questa fede essi stessi, in principio, non l'ebbero: Gesù vuole ricevere un'ultima riparazione di quella incredulità passata, per fondare il loro apostolato sull'umiltà.
L'evangelizzazione del mondo.
Prendendo poi quel tono di autorità che conviene a lui solo, disse loro: "Andate per tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crede e sarà battezzato si salverà; chi non crede sarà condannato" (Mc 16,15-16). Come compiranno essi questa missione di predicare il Vangelo nel mondo intero? Con quali mezzi riusciranno ad accreditare la loro parola? Gesù lo indica: "Or questi sono i miracoli che accompagneranno i credenti: nel nome mio scacceranno demoni; parleranno lingue nuove; prenderanno in mano serpenti, e se berranno qualche veleno mortifero non ne avranno danno; imporranno le mani agli ammalati e guariranno" (ivi 16,17-18)". Egli vuole che il miracolo sia il fondamento della sua Chiesa, come l'aveva scelto quale argomento della sua missione divina. La sospensione della legge della natura annunzia agli uomini che l'autore di questa stessa natura sta per pronunciarsi: ad essi, allora, il dovere di ascoltare e credere umilmente.
Ecco dunque questi uomini sconosciuti dal mondo, sprovvisti di ogni mezzo umano, eccoli investiti della missione di conquistar la terra e di farvi regnare Gesù Cristo. Il mondo ignora anche la loro esistenza; assiso sul trono, Tiberio, che vive nel terrore delle congiure, non suppone affatto tale spedizione di nuovo genere che si sta iniziando, dalla quale l'impero romano sarà conquistato. A questi guerrieri, occorre un'armatura ma di tempra divina, e Gesù annuncia che stanno per riceverla. "Voi però rimanete in città, finché siate dall'alto investiti di vigoria" (Lc 24,49). Ma quale sarà quest'armatura? Gesù lo spiegherà, ricordando la promessa del Padre, "la promessa che avete udito dalla mia bocca. Perché Giovanni battezzò nell'acqua, ma voi sarete battezzati nello Spirito Santo di qui a non molti giorni" (At 1).
Ma l'ora della separazione è giunta. Gesù si alza, e tutti i presenti, al completo, si dispongono a seguire i suoi passi. Centoventi persone si trovano là riunite, insieme con la Madre del Trionfatore che il cielo reclamava. Il Cenacolo era situato sulla montagna di Sion, una delle due colline situate entro le mura di Gerusalemme; il corteo traversa una parte della città, dirigendosi verso la porta orientale che si apre sulla vallata di Giosafat. È l'ultima volta che Gesù percorre le strade della città reproba. Invisibile ormai agli occhi del popolo che l'ha rinnegato, avanza alla testa dei suoi, come un tempo la colonna luminosa che dirigeva i passi degli Israeliti. Quanto è bello ed imponente questo incedere di Maria, dei discepoli, e delle pie donne, al seguito di Gesù, che non dovrà più fermarsi che in cielo alla destra del Padre! La devozione nel medio evo lo ricordava con una processione solenne che precedeva la messa di questo grande giorno. Secoli felici, i cui cristiani amavano seguire tutte le orme del Redentore, e non si contentavano, come noi, di qualche vaga nozione che non può suscitare che una pietà altrettanto vaga!
La gioia di Maria.
Allora si meditava sui sentimenti che dovevano avere invaso il cuore di Maria durante questi ultimi istanti in cui godeva la presenza del suo figliolo. Ci si domandava se in questo cuore materno era superiore la tristezza di non vedere più Gesù, oppure la felicità di sapere che Egli entrava finalmente nella gloria che gli era dovuta. Nel pensiero di questi veri cristiani la risposta era immediata ed ora la rivolgeremo a noi stessi. Gesù aveva detto ai suoi discepoli: "Se mi amaste, vi rallegrereste che io vada al Padre" (Gv 14,28). Ora, chi amò Gesù quanto Maria? Il cuore della Madre era dunque nell'allegrezza al momento di questo ineffabile addio. Ella non poteva pensare a se stessa, trattandosi del trionfo del suo Figliolo e del suo Dio! Dopo gli orrori del calvario, poteva essa aspirare ad altro che a veder glorificato finalmente colui che sapeva essere il sommo Signore di tutte le cose, colui che aveva visto, pochi giorni prima, rinnegato, bestemmiato, spirare in mezzo alle torture?
Il corteo ha attraversato la valle di Giosafat, ha passato il torrente Cedron, e si dirige verso il pendio del monte degli Ulivi. Quanti ricordi si affollano nella mente! Questo torrente, di cui il Messia nella sua umiliazione aveva bevuta l'acqua fangosa, oggi è divenuto per lui il cammino della gloria, secondo quanto aveva annunciato David (Sal 109,7). Si lascia a sinistra l'orto che fu testimone dell'Agonia, la grotta in cui il calice per l'espiazione del mondo fu presentato a Gesù e da lui accettato. Dopo aver superato una distanza che san Luca stima essere press'a poco quella che permettevano gli Ebrei di percorrere in giorno di sabato, si arriva nel territorio di Betania, il villaggio in cui Gesù chiedeva ospitalità a Lazzaro e alle sue sorelle. Da tale punto della montagna degli Ulivi si godeva la vista di Gerusalemme, che appariva magnifica col suo Tempio e i suoi palazzi. Questo spettacolo commuove i discepoli. La patria terrestre fa battere ancora il cuore di questi uomini; per un momento essi dimenticano la maledizione pronunciata sull'ingrata città di Davide, e sembrano non ricordarsi più che Gesù li ha fatti poco prima cittadini e conquistatori di tutto il mondo. Il sogno della grandezza umana di Gerusalemme li ha sedotti improvvisamente ed essi osano indirizzare questa domanda al Maestro: "Signore, lo ricostituirai il regno d'Israele?" Gesù risponde a questa richiesta indiscreta: "Non sta a voi di sapere i tempi e i momenti che il Padre si è riservato in suo potere". Queste parole non toglievano la speranza che Gerusalemme fosse un giorno riedificata dallo stesso Israele divenuto cristiano; ma la restaurazione della città di Davide non dovrà aver luogo che verso la fine dei tempi. Non era dunque conveniente che il Salvatore facesse conoscere allora questo segreto divino. La conversione del mondo pagano e la fondazione della Chiesa: ecco ciò che doveva adesso preoccupare i discepoli. Gesù li riporta subito alla missione che aveva loro affidato poco prima, esclamando: "Riceverete la virtù dello Spirito Santo che verrà sopra di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme, e in tutta la Giudea, e nella Samaria, e sino all'estremità del mondo" (At 1,6-8).
L'Ascensione al cielo.
Secondo una tradizione che rimonta ai primi secoli del cristianesimo [1], si era sull'ora del mezzogiorno, l'ora stessa in cui Gesù era stato alzato in croce. Ed ecco che, volgendo sugli astanti uno sguardo di tenerezza, che dovette arrestarsi su Maria con speciale compiacenza filiale, elevò le mani e li benedisse tutti. In quel momento i suoi piedi si staccarono dalla terra, e cominciò ad innalzarsi verso il cielo (Lc 24,51). I presenti lo seguivano con lo sguardo; ma presto egli entrò in una nube che lo nascose ai loro occhi (At 1,9).
I discepoli guardavano ancora il cielo, quando improvvisamente due Angeli bianco vestiti si presentarono dicendo: "Uomini di Galilea, che state a guardare il Cielo? Quel Gesù che, tolto a voi, è asceso al Cielo, verrà come l'avete visto andare in cielo" (At 1, 10-11). Ora il Signore è risalito al cielo, da dove un giorno ne ridiscenderà a giudicare: tutto il destino della Chiesa è compreso tra questi due termini. Noi viviamo dunque presentemente sotto il regime del Salvatore, poiché egli ci ha detto che "Dio non ha mandato il Figlio suo nel mondo per condannare il mondo, ma affinché il mondo sia salvato per opera di lui" (Gv 3,17). Ed è per questo fine misterioso che i discepoli hanno ricevuto poc'anzi la missione di andare per tutta la terra ed invitare gli uomini alla salvezza, mentre v'è ancora tempo.
Quale compito immenso Gesù ha loro affidato! e, nel momento in cui si tratta d'iniziarlo, egli li lascia! Soli, dovranno scendere dal monte degli Ulivi, dal quale egli è partito per il cielo! Eppure il loro cuore non è triste; hanno con sé Maria, e la generosità di questa Madre incomparabile, si comunica alle loro anime. Amano il Maestro: d'ora in avanti la felicità sarà quella di pensare che è entrato nel riposo. I discepoli tornarono a Gerusalemme, "pieni di gioia", ci dice san Luca (Lc 24,52), esprimendo con questa sola parola una delle caratteristiche della festa dell'Ascensione, improntata ad una dolce malinconia, ma nella quale si respira, allo stesso tempo e più che in qualunque altra, la gioia ed il trionfo. Durante la sua Ottava, cercheremo di penetrarne i misteri e di mostrarla in tutta la sua magnificenza; per oggi ci limiteremo a dire che questa solennità è il complemento di tutti i misteri del nostro Redentore, e che essa ha reso per sempre sacro il giovedì di ogni settimana, giorno già così degno di rispetto per l'istituzione della santa Eucarestia.
Antichi Riti.
Abbiamo parlato della processione solenne con la quale si celebrava nel medio evo il cammino di Gesù e dei suoi discepoli verso il monte degli Ulivi; dobbiamo ricordare pure che, in quel giorno, si benediceva solennemente il pane ed alcuni frutti novelli, in memoria dell'ultimo pasto che il Salvatore aveva fatto nel Cenacolo. Imitiamo la pietà di quei tempi, in cui i cristiani avevano a cuore di raccogliere anche i minimi episodi dell'Uomo-Dio, e di farli propri, per così dire, riproducendo nella loro vita attuale tutte le circostanze rivelate dal santo Vangelo. Gesù Cristo, in quei tempi, era veramente amato e adorato; e gli uomini si ricordavano senza tregua che è l'onnipotente Signore. Ai nostri giorni, è l'uomo che regna, a suo rischio e pericolo; Gesù Cristo è confinato nel più intimo della vita privata. Ma egli è in diritto di essere la nostra preoccupazione di tutti i giorni e di tutte le ore! Gli Angeli dissero agli Apostoli: "verrà come l'avete visto andare in Cielo". Ci sia dato il potere di amarlo, servirlo con tanto zelo, durante la sua assenza, in modo da poter osare di sostenere il suo sguardo quando egli apparirà!
Messa
La Chiesa Romana ci indica oggi, come chiesa stazionale, la Basilica di S. Pietro. È stata una bella idea, quella di riunire in questo giorno la comunità dei fedeli intorno alla tomba di uno dei principali testimoni dell'Ascensione del Maestro. In questa Basilica, come nella chiesa più umile della cristianità, il simbolo liturgico di questa festa è il Cero pasquale, che vedemmo accendere durante la notte della Risurrezione, e che era destinato, per mezzo della sua luce, lungo i quaranta giorni, a raffigurare la durata del soggiorno del Signore risorto tra coloro che egli si era degnato chiamare fratelli. Gli sguardi dei fedeli radunati insieme, si fermano con compiacenza sulla sua fiamma, che sembra brillare di più vivo splendore, man mano che si avvicina l'istante in cui dovrà soccombere. Benediciamo la santa Madre Chiesa, alla quale lo Spirito Santo ha ispirato l'arte d'istruirci e di commuoverci con l'aiuto di tanti simboli; e rendiamo gloria al Figlio di Dio che ci dice: "Io sono la luce del mondo" (Gv 8,12).
EPISTOLA (At 1,1-11). - Nel primo libro parlai, o Teofilo, di tutto quello che Gesù fece ed insegnò dal principio fino al giorno in cui, dati, per mezzo dello Spirito Santo, i suoi ordini agli Apostoli, che aveva eletti, ascese al cielo; ai quali si fece anche vedere vivo, dopo la sua passione, con molte riprove, apparendo ad essi per quaranta giorni e ragionando del regno di Dio. Ed essendo insieme a mensa, comandò loro di non allontanarsi da Gerusalemme, ma di aspettare la promessa del Padre, la quale avete udita (disse) dalla mia bocca, perché Giovanni battezzò con l'acqua, ma voi sarete battezzati con lo Spirito Santo, di qui a non molti giorni. Ma i convenuti gli domandavano: Signore, lo ricostituirai ora il regno d'Israele? Rispose loro : non sta a voi di sapere i tempi e i momenti che il Padre si è riservato in suo potere; ma voi riceverete la virtù dello Spirito Santo che verrà sopra di voi, e mi sarete testimoni in Gerusalemme e in tutta la Giudea, e nella Samaria e fino all'estremità della terra. E detto questo, mentre essi lo guardavano, si levò in alto; ed una nuvola lo tolse agli occhi loro. E mentre stavano a mirarlo ascendere al cielo, ecco due personaggi in bianche vesti presentarsi loro e dire: uomini di Galilea, perché guardate il cielo? Questo Gesù, che, tolto a voi, è asceso al cielo, verrà come l'avete visto andare in cielo.Gesù risale in cielo.
Abbiamo assistito, leggendo questa narrazione, alla dipartita dell'Emmanuele per il cielo. Può esservi qualcosa di più commovente di quello sguardo dei discepoli, fisso sul Maestro che improvvisamente s'innalza benedicendoli? Ma una nube viene ad interporsi fra Gesù ed essi, e i loro occhi bagnati di lacrime hanno perduto la traccia del suo passaggio. Ormai sono soli sulla montagna; Gesù li ha privati della sua presenza visibile. Nel deserto di questo mondo quale sarebbe la loro pena, se la grazia non li sostenesse, se lo Spirito divino non fosse prossimo a discendere su di essi, creandovi un nuovo essere? Non è più che in cielo, dunque, che rivedranno colui il quale, pure essendo Dio, si degnò di essere loro Maestro durante tre anni e di chiamarli amici suoi, nell'ultima Cena! Ma tale lutto non esiste solamente per loro. Questa terra che riceveva, fremendo di felicità, l'impronta delle orme del Figlio di Dio, non sarà calpestata più dai suoi sacri piedi. Ha perduto quella gloria attesa da sì lungo tempo, la gloria, ossia, di servire d'abitazione al suo Creatore. Le nazioni vivono nell'attesa di un Liberatore; però, all'infuori, della Giudea e della Galilea, gli uomini ignorano che egli è venuto e che è risalito al cielo. Ma l'opera di Gesù non si fermerà qui. Il genere umano conoscerà la sua venuta; e, in quanto all'Ascensione al cielo avvenuta in questo giorno, ascoltate la voce della Chiesa, che risuona nelle cinque parti del mondo, proclamando il trionfo dell'Emmanuele. Diciannove secoli sono trascorsi dalla sua dipartita, e il nostro addio, pieno di rispetto e d'amore, si unisce ancora a quello che gl'indirizzarono i discepoli, mentre s'innalzava al cielo. Noi pure piangiamo la sua assenza ma siamo felici di vederlo glorificato, incoronato, assise alla destra del Padre. Tu sei entrato nel riposo, Signore; ti adoriamo ai piedi del trono, noi che siamo oggetto del tuo riscatto e della tua conquista. Degnati benedirci, attirarci a te e fa' che la tua ultima venuta, sia per noi speranza e non timore.
VANGELO (Mc 16,14-20). - In quel tempo: Gesù apparve agli undici mentre erano a tavola, e li rimproverò della loro incredulità e durezza di cuore, per non aver creduto a quelli che l'avevano visto risuscitato. E disse loro: Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo; chi poi non avrà creduto sarà condannato. Or questi sono i segni che accompagneranno coloro che avranno creduto: In nome mio scacceranno i demoni, parleranno nuove lingue, maneggeranno i serpenti e, se avranno bevuto qualche veleno, non farà loro male; imporranno le mani agli infermi ed essi guariranno. E il Signore Gesù dopo aver loro parlato, ascese al cielo e siede alla destra di Dio. Quelli poi andarono a predicare da per tutto, con la cooperazione del Signore, il quale confermava la parola coi prodigi che l'accompagnavano.Desiderare Gesù Cristo.
Appena il diacono ha pronunciato queste parole, un accolito sale l'ambone e spegne il Cero che ci ricordava la presenza di Gesù risorto. Questo rito espressivo annuncia il principio della vedovanza della Santa Chiesa, e avverte le anime nostre che d'ora in avanti, per contemplare il nostro Salvatore devono aspirare al cielo dove egli risiede. Come è passato rapidamente il suo soggiorno quaggiù! Quante generazioni si sono succedute, quante ne seguiranno ancora, prima che egli si mostri di nuovo!
Lontano da lui, la Santa Chiesa prova i languori dell'esilio; nondimeno persevera ad abitare in questa valle di lacrime, poiché è qui che ella deve allevare quei figli dei quali lo Sposo divino l'ha resa Madre, per mezzo del suo Spirito; ma la vista di Gesù le manca, e, se siamo cristiani, essa deve mancare anche a noi. Oh! quando verrà quel giorno in cui, nuovamente rivestiti della nostra carne, "saremo rapiti sulle nubi in aria incontro al Signore, e così saremo sempre col Signore?" (1Ts 4,16). Allora, e solamente allora, avremo raggiunto il fine per il quale fummo creati.
Tutti i misteri del Verbo incarnato che noi abbiamo visto svolgersi fin qui, dovevano concludersi con la sua Ascensione; tutte le grazie che noi riceviamo, giorno per giorno, avranno termine con la nostra. "Passa l'apparenza di questo mondo" (1Cor 7,31) e noi siamo in cammino per andare a raggiungere il nostro Capo. In lui è la nostra vita, la nostra felicità; sarebbe vano volerlo cercare altrove. Per noi è buono tutto ciò che ci riavvicina a Gesù; mentre quello che ne allontana è cattivo e funesto. Il mistero dell'Ascensione è l'ultimo bagliore che Dio fa splendere ai nostri sguardi per mostrarci la via. Se il nostro cuore aspira a ritrovare Gesù, è segno che vive della vera vita; ma se resta concentrato nelle cose create, in modo che non senta più l'attrazione di quel celeste amante che è Gesù, vuoi dire che esso è morto. Alziamo dunque gli occhi come i discepoli e seguiamo, col desiderio, colui che oggi risale al cielo per prepararci un posto. In alto i cuori! Sursum corda! È il grido di addio che ci mandano i nostri fratelli che vi salgono al seguito del divin Trionfatore; è il grido dei santi Angeli che accorsero incontro all'Emmanuele e che c'invitano ad andare ad accrescere le loro file.
MEZZOGIORNO
Una tradizione venutaci dai primi secoli e confermata dalla rivelazione dei santi, c'informa che l'ora dell'Ascensione del Salvatore fu quella del mezzogiorno. Le Carmelitane della riforma di santa Teresa onorano con un culto particolare questo pio ricordo. All'ora in cui siamo esse sono riunite in coro, assorte nella contemplazione dell'ultimo dei misteri di Gesù, seguendo col pensiero e col cuore l'Emmanuele, lassù in alto dove il suo volo divino lo condusse!
Seguiamolo anche noi; ma prima di fissare lo sguardo su questo radioso meriggio che illumina il suo trionfo, torniamo un momento col pensiero al punto di partenza. Egli apparve nella stalla di Betlemme, a mezzanotte, nel più fitto delle tenebre. Quell'ora notturna e silenziosa conveniva all'inizio della sua missione. Tutta la sua opera era davanti a lui; per compierla dovevano esservi impiegati trentatré anni. Questa missione doveva svolgersi anno per anno, giorno per giorno, e stava andando alla fine, quando gli uomini, nella loro malizia, s'impadronirono di lui e l'inchiodarono su di una croce. Si era nel mezzo della giornata, allorché egli vi fu innalzato; ma il Padre suo non volle che il sole illuminasse ciò che era una umiliazione e non un trionfo. Dense tenebre coprirono tutta la terra; il mezzodì non rifulse in questa giornata. Quando il sole riapparve, era già l'ora Nona. Tre giorni dopo, Gesù usciva dal sepolcro alle prime luci dell'aurora. Oggi la sua opera è compiuta. Egli ha pagato col suo sangue il riscatto dei nostri peccati, ha vinto la morte risuscitando gloriosamente; non ha, allora, il diritto di scegliere per la sua dipartita l'ora in cui il sole, immagine sua, riversa tutti i suoi raggi infuocati e inonda di luce tutta questa terra che il suo Redentore lascerà per andare in cielo? Salve, dunque, ora del mezzodì due volte sacra, poiché tu torni a parlarci ogni giorno della misericordia e della vittoria dell'Emmanuele! Gloria a te per la doppia aureola che porti: la salvezza degli uomini per mezzo della croce, e l'entrata dell'uomo nei regni dei cieli!
Ma non sei forse tu stesso la piena luce delle anime nostre, o Gesù, Sole di giustizia? E questa medesima pienezza di luce alla quale noi aspiriamo, questo ardore dell'amore eterno che solo può renderci felici, dove trovarlo se non in te che sei venuto sulla terra per rischiarare le nostre tenebre e fonderne il ghiaccio? Con questa speranza, ascoltiamo la parole melodiose di Geltrude, tua Sposa fedele, e sollecitiamo la grazia di poterle un giorno ripetere insieme con lei: "Oh! amore, oh! meriggio dall'ardore così dolce, tu sei l'ora del riposo sacro; e la pace completa che si gode in te forma la nostra delizia. Oh! amato mio Bene, eletto e scelto al disopra di tutte le creature, fammi conoscere, mostrami il luogo dove pasci il tuo gregge, dove prendi il tuo riposo nell'ora del mezzogiorno. Il mio cuore s'infiamma al pensiero di questi dolci momenti. Oh! se mi fosse dato di avvicinarmi a te, non soltanto per esserti vicina, ma per restare in te! Sotto la tua influenza, o sole di giustizia, tutti i fiori delle virtù spunterebbero in me che sono soltanto cenere e polvere.
Fecondata dai tuoi raggi, o mio Maestro e mio Sposo, l'anima mia produrrebbe nobili frutti di ogni perfezione. Rapita da questa misera valle, ammessa a contemplare la tua immagine tanto desiderata, la mia felicità eterna consisterebbe nel pensare che tu, specchio senza macchia, non avevi disdegnato di unirti ad una peccatrice quale sono io" [2].
SERA
Preghiera.
O nostro Emmanuele! sei giunto finalmente al termine della tua opera ed oggi stesso ti vediamo entrare nel celeste riposo. Al principio del mondo, impiegasti sei giorni per lo sviluppo di tutte le parti dell'universo create dalla tua potenza; dopo di che ti riposasti. Più tardi, quando volesti risollevare la tua opera decaduta per la malizia dell'Angelo ribelle, il tuo amore, durante il corso di trentatré anni, ti fece passare attraverso una successione sublime di opere, per mezzo delle quali si compì la nostra redenzione, ristabilendoci così in quel grado di santità e di gloria che avevamo perduto. Nulla hai dimenticato, o Gesù, di quanto eternamente era stato deciso dai voleri della Trinità, di quanto i Profeti avevano annunciato. La tua Ascensione mette il suggello a quella missione che compisti nella tua misericordia. Per la seconda volta, torni nel riposo; ma vi entri con la natura umana innalzata, d'ora in avanti, agli onori divini. I giusti della nostra stirpe che liberasti dal limbo prendono posto nelle fila dei cori angelici, e tu ci dicesti nel lasciarci: "Io vado a preparare un posto per voi" (Gv 14,2).
Fiduciosi nella tua parola, risoluti a seguirti in tutti i misteri che non furono compiuti che per noi, ad accompagnarti nell'umiltà di Betlemme, nella partecipazione dei dolori del Calvario, nella Risurrezione della Pasqua, aspiriamo ad imitarti anche, quando l'ora sarà venuta, nella tua trionfale Ascensione. In questa attesa noi ci uniamo al coro degli Apostoli ed al loro saluto, ai nostri Padri, la cui moltitudine ti accompagna e ti segue.
Volgi i tuoi sguardi sopra di noi, o divino Pastore! il momento della riunione non è ancora giunto. Proteggi le tue pecorelle, e veglia affinché neppure una si perda e manchi all'incontro. Istruiti, d'ora in avanti, sulla nostra fine, saldi nell'amore e nella meditazione dei misteri che ci hanno condotti a quello di oggi, noi l'adottiamo in questo stesso giorno, quale oggetto di nostra attesa e meta dei nostri desideri. È stato lo scopo della tua venuta in questo mondo, discendendo così fino alla bassezza nostra, per elevarci, poi, alla gloria, facendoti uomo per far di noi degli dèi.
Ma finché venga quel momento che ci riunirà a te, cosa faremmo quaggiù se la Virtù dell'Altissimo, che ci hai promesso, non scenderà presto sopra di noi, se non verrà a portarci la pazienza nell'esilio, la fedeltà nell'assenza, l'amore che solo può sostenere un cuore che sospira per il possesso? Vieni dunque, o divino Spirito! Non ci lasciare languire, affinché il nostro sguardo resti fisso nel cielo, ove regna e ci attende il nostro Salvatore, e non permettere che questo nostro occhio umano sia tentato, nella sua stanchezza, di abbassarsi su di un mondo terrestre, dove Gesù non si lascerà più vedere.
Preghiamo
O Dio onnipotente, te ne preghiamo, concedi a noi che crediamo nell'Ascensione al cielo del tuo Unigenito, nostro Redentore, di vivere sempre con la mente in cielo.
______________________[1] Costit. Apost., l. v, c. xix.
[2] Esercizi di santa Geltrude, V giorno.
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 213-223)
13 commenti:
In Festo Ascensionis Domini
«Uomini di Galilea, perché fissate nel cielo lo sguardo? Come l'avete visto salire al cielo, così il Signore ritornerà»
Se pensiamo che noi oggi, con la tecnica, vediamo in contemporanea le guerre che si svolgono a distanza di chilometri e chilometri e da lontano le rinfocoliamo, stupiamo che una manciata di uomini abbia potuto portare la Buona Novella nel mondo, allora conosciuto, muovendosi a piedi o su qualche carro o su qualche nave, finendo spesso martiri poco dopo e che quella Buona Novella, malgrado tutto ciò si sia diffusa ed abbia dato corpo ad una intera civiltà, che nonostante guerre, tradimenti, menzogne, contaminazioni ancora resista. Qual'è stata la tecnica della Buona Novella che ha permesso quella civilizzazione? È stato l'incontro della Parola di Dio con l'autentica Libertà dell'uomo via la Grazia, ancella vigile dello Spirito Santo presente in tutti i Sacramenti e sacramentali.
m.a.
Ascendit Dominus super coelos coelorum ad Orientem. Alleluia
Dai «Discorsi» di sant'Agostino, vescovo.
(Disc. sull'Ascensione del Signore, ed. A. Mai, 98, 1-2; PLS 2, 494-495)
Nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo.
Oggi nostro Signore Gesù Cristo è asceso al cielo. Con lui salga pure il nostro cuore. Ascoltiamo l'apostolo Paolo che proclama: «Se siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio. Pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra» (Col. 3:1-2). Come egli è asceso e non si è allontanato da noi, così anche noi già siamo lassù con lui, benché nel nostro corpo non si sia ancora avverato ciò che ci è promesso.
Cristo è ormai esaltato al di sopra dei cieli, ma soffre qui in terra tutte le tribolazioni che noi sopportiamo come sue membra. Di questo diede assicurazione facendo sentire quel grido: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?» (Act. 9:4). E così pure: «Io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare» (Matth. 25:35).
Perché allora anche noi non fatichiamo su questa terra, in maniera da riposare già con Cristo in cielo, noi che siamo uniti al nostro Salvatore attraverso la fede, la speranza e la carità? Cristo, infatti, pur trovandosi lassù, resta ancora con noi. E noi, similmente, pur dimorando quaggiù, siamo già con lui. E Cristo può assumere questo comportamento in forza della sua divinità e onnipotenza. A noi, invece, è possibile, non perché siamo esseri divini, ma per l'amore che nutriamo per lui. Egli non abbandonò il cielo, discendendo fino a noi; e nemmeno si è allontanato da noi, quando di nuovo è salito al cielo. Infatti egli stesso dà testimonianza di trovarsi lassù mentre era qui in terra: Nessuno è mai salito al cielo fuorché colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell'uomo, che è in cielo (cfr. Joann. 3:13).
Questa affermazione fu pronunciata per sottolineare l'unità tra lui nostro capo e noi suo corpo. Quindi nessuno può compiere un simile atto se non Cristo, perché anche noi siamo lui, per il fatto che egli è il Figlio dell'uomo per noi, e noi siamo figli di Dio per lui.
Così si esprime l'Apostolo parlando di questa realtà: «Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo» (1Cor. 12:12). L'Apostolo non dice: «Così Cristo», ma sottolinea: «Così anche Cristo». Cristo dunque ha molte membra, ma un solo corpo.
Perciò egli è disceso dal cielo per la sua misericordia e non è salito se non lui, mentre noi unicamente per grazia siamo saliti in lui. E così non discese se non Cristo e non è salito se non Cristo. Questo non perché la dignità del capo sia confusa nel corpo, ma perché l'unità del corpo non sia separata dal capo.
9 maggio 2024: Solennità dell'Ascensione al Cielo di nostro Signore Gesù Cristo, quaranta giorni dopo la Sua Resurrezione
«Così, venutisi a trovare insieme, Gli domandarono: "Signore, è questo il tempo in cui ricostruirai il regno d'Israele?". Ma Egli rispose: "Non spetta a voi conoscere i tempi e i momenti che il Padre ha riservato alla Sua scelta, ma avrete forza dallo Spirito Santo, che scenderà su di voi, e Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, e fino agli estremi confini della terra". Detto questo, fu elevato in alto dinanzi ai loro occhi e una nube Lo sottrasse al loro sguardo.»
(Atti degli Apostoli 1,6-9)
«Quest'oggi, o dilettissimi, si compie il numero di quaranta giorni sacri trascorsi dopo la beata e gloriosa Risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, con la quale, nello spazio di tre giorni, la potenza divina rialzò il vero tempio di Dio che l'empietà dei Giudei aveva distrutto.
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L'Ascensione di Cristo è la nostra elevazione. E il corpo ha la speranza d'essere un giorno dove l'ha preceduto il suo glorioso Capo: esultiamo dunque, dilettissimi, con degni sentimenti di gioia, e rallegriamoci con pia azione di grazie. Perché noi quest'oggi non solo siamo stati confermati possessori del Paradiso, ma nella persona di Cristo abbiamo penetrato ancora nel più alto dei cieli. E per ineffabile grazia di Cristo, abbiamo ottenuto di più di quanto avevamo perduto per invidia del diavolo. Infatti quelli che il velenoso nemico aveva bandito dalla felicità della prima dimora, il Figlio di Dio se li è incorporati e li ha collocati alla destra del Padre, con il quale, essendo Dio, vive e regna insieme con lo Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.»
(San Leone Magno)
L’Ascensione avviene in pienezza: anima e corpo.
Dopo quaranta giorni trascorsi dal momento dalla resurrezione per Gesù è giunto il tempo di salire al cielo: possiamo immaginare la delicatezza con cui ha preparato il distacco dalla madre.
Teresa Neumann descrive gli avvenimenti in più visioni.
La prima è al mattino presto: la madre, gli apostoli e altri uomini e donne sono insieme in una grande casa in città, anche se in stanze diverse. Sono accese le lampade, è l’ora della colazione. Gesù appare all’improvviso, a porte chiuse. Parlano con lui e gli offrono da mangiare.
Nella seconda visione escono di casa e vanno in direzione della casa di Lazzaro, verso Betania. Non giungono fin là, perché prima svoltano a sinistra, salendo su un’altura. Sono tutti scalzi, Gesù indossa una veste bianca, sfolgorante. Discorre e cammina normalmente, non è librato in aria.
Nella terza visione il gruppo si trova in cima al monte degli Ulivi. Gesù si rivolge ancora agli apostoli e poi dedica un ultimo sguardo affettuoso alla madre. Solleva le braccia e si alza da terra in direzione dell’oriente. In quel momento il sole stava sorgendo alle sue spalle.
All’improvviso appaiono due figure luminose in bianche vesti che annunciano parole liete e poi scompaiono.
Tra i presenti ci sono la Maddalena, Lazzaro, la moglie di Pilato e il milite romano che aveva ferito Gesù al costato.
Gesù sale al cielo recando ancora sul corpo le piaghe sofferte durante la passione.
Il messaggio è molto semplice: non state a guardare il cielo. Agite come vi è stato detto. Gesù verrà allo stesso modo in cui l’avete visto salire in cielo. La terra l’ha perso, ma la terra lo riaccoglierà. E’ una promessa.
Allora tornarono in città, nella luce del mattino, con la missione ricevuta di evangelizzare le genti nel nome di Cristo fino agli estremi confini della terra. “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato”.
Da quel maggio dell'anno 33 sono trascorsi 1991 anni.
Praticamente quaranta giubilei. Ci siamo...
Infondo credo che come l'Ascensione, la Resurrezione, la Morte e la Passione, la Predicazione, la Preparazione sono fasi della Sua vita sulla terra, così siano anche fasi della nostra vita terrena volta alla trasformazione dell'uomo peccatore in santo, dell'uomo terrestre nell'uomo celeste. Questa metamorfosi, pur seguendo ognuna di queste fasi si attua in ognuno di noi in modo diverso ed anche mischiato, un po' avanti un po' indietro, un po' meglio un po' così così. Sarebbe bene che noi sempre ritornassimo sulla vita del Signore Gesù per approfondirne le fasi della Sua dalle quali tutto abbiamo da imparare sia come contenuti sia come tempi. Una intera pedagogia potrebbe essere estratta dalla Sua vita. La nostra ascensione è preparata da qui e molti Suoi seguaci l'hanno iniziata a pregustare da qui stesso pur restando ancora a vivere sulla terra per un certo tempo. Fermamente credo che il reale progresso umano consista nella pacata paziente umile imitazione del Signore Gesù Cristo. Il progresso, gli aggiornamenti che ci offre il mondo non sono che illusioni tentazioni plagi volti ad allontanarci da Lui.
m.a.
«Exsurge, Domine, adjuva nos, et libera nos propter nomen tuum
(Sorgi, Signore, ed aiutaci; liberaci per amore del tuo nome)»
Cit. Roberto De Albentiis
Oggi, a quaranta giorni dalla Pasqua, si celebra la festa dell'Ascensione, e non alla Domenica come recentemente trasportato per mere questioni pratiche; salendo in centro ho avuto modo di incontrare due sacerdoti (uno di mezza età ma un altro invece, pur arzillo, abbastanza anziano e quindi con memoria dell'antico) e gli ho fatto gli auguri per oggi, erano contenti e felici, è davvero ora che la festa, una delle Dodici Feste dell'anno, torni alla sua data autentica...Καλή Ανάληψης, Χριστός ανέβηκε!
GESU' MANGIO' E SALI' AL CIELO PER RENDERCI MANIFESTA, CON L'AZIONE DI PRENDER CIBO, LA REALTA' DELLA CARNE SUA
(S. GREGORIO MAGNO)
La lentezza dei discepoli nel credere alla Resurrezione nel Signore più che a dimostrare la debolezza loro, servì a nostra maggiore garanzia. Infatti il loro dubbio fu occasione che la resurrezione venisse dimostrata con molte prove e, leggendo questi fatti nel Vangelo, non siamo forse confermati nella nostra fede dalla loro esitazione?
Infatti Maria Maddalena, che credette più velocemente, è meno utile a me di Tommaso che dubitò per tanto tempo, poiché questo Apostolo, nel suo dubbio toccò le cicatrici del Signore e così tolse dal nostro cuore la piaga del dubbio.
Per inculcare l’autenticità della Risurrezione del Signore, occorre considerare questo testo di Luca: “ Ed essendo insieme a mensa, comandò loro di non allontanarsi da Gerusalemme “ (At. 1,4) e più avanti : “Sotto i loro sguardi si elevò da terra e una nube lo nascose agli occhi loro” (At. 1,9). Notate le parole, osservate i misteri: “Essendo insieme a mensa” e “si elevò da terra”. Mangiò dunque e salì al cielo, per renderci manifesta, con l’azione di prender cibo, la realtà della carne sua. Tuttavia Marco ricorda che il Signore, prima di salire al cielo, rimprovera ai discepoli la durezza del loro cuore e della loro incredulità. Cosa considerare in tale fatto se non che il Signore, per rimproverare i discepoli, ha scelto il momento in cui li lasciava fisicamente affinché le sue parole rimanessero maggiormente impresse nell’animo di coloro che lo ascoltavano.
Ascoltiamo dunque l’esortazione che fa il Signore dopo aver rimproverato ai discepoli la loro durezza di intelletto: “Andate dunque per il mondo intero, predicate il Vangelo ad ogni creatura” (Mc.16,15). Forse che, fratelli, il Santo Vangelo dovesse essere predicato agli elementi inanimati e agli animali privi di ragione poiché il Signore dice ai discepoli: “Predicate ad ogni creatura”? Ma è l’uomo che è designato dall’espressione “ogni creatura”. L’uomo, infatti, ha qualcosa di tutta la creazione. Ha in comune l’esistenza con le pietre, la vita con le piante, la sensibilità con gli animali, l’intelligenza con gli angeli. Se dunque l’uomo ha qualcosa in comune con tutto il creato, in un certo senso ogni creatura è uomo. Conseguentemente il Vangelo è predicato a tutte le creature quando è predicato al solo genere umano.
ASCENSIONE DEL SIGNORE
Mc.16,14-20
S.GREGORIO MAGNO,
Homilia 29 in Evangelia
Breviario Romano, Mattutino, Letture del III Notturno
Fu la CEI a spostare la data della festività dell'Ascensione dal giovedì alla domenica, a partire dal 1977, come spostò anche quella del Corpus Domini.
La CEI, signori, la CEI che pensava forse di fare un favore al popolo cattolico, il quale è come un bambino viziato, e, lo vediamo sempre anche oggi, si rallegra nel vedere abbassare l'asticella gradualmente, così da poter fruire di un cristianesimo dolciastro.
Ascensione di Nostro-Signore Marco 16, 14-20 :
In illo témpore : Recumbéntibus úndecim discípulis, appáruit illis Iesus : et exprobrávit incredulitátem eórum et durítiam cordis : quia iis, qui víderant eum resurrexísse, non credidérunt. Et dixit eis : Eúntes in mundum univérsum, prædicáte Evangélium omni creatúræ. Qui credíderit et baptizátus fúerit, salvus erit : qui vero non credíderit, condemnábitur. Signa autem eos, qui credíderint, hæc sequéntur : In nómine meo dæmónia eícient : linguis loquantur novis : serpentes tollent : et si mortíferum quid bíberint, non eis nocébit : super ægros manus impónent, et bene habébunt.
Et Dóminus quidem Iesus, postquam locútus est eis, assúmptus est in cælum, et sedet a dextris Dei. Illi autem profécti, prædicavérunt ubíque, Dómino cooperánte et sermónem confirmánte, sequéntibus signis.
Nella festa dell'Ascensione, letto il Vangelo, si spegne il cero pasquale a significare la dipartita di Gesù, che resta presente nel Suo corpo mistico e nei sacramenti.
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