Omelia di Benedetto XVI in occasione dei Santi Arcangeli nel 2007
“...guardiamo le figure dei tre Arcangeli la cui festa la Chiesa celebra oggi. C’è innanzitutto Michele. Lo incontriamo nella Sacra Scrittura soprattutto nel Libro di Daniele, nella Lettera dell’Apostolo san Giuda Taddeo e nell’Apocalisse. Di questo Arcangelo si rendono evidenti in questi testi due funzioni. Egli difende la causa dell’unicità di Dio contro la presunzione del drago, del "serpente antico", come dice Giovanni. È il continuo tentativo del serpente di far credere agli uomini che Dio deve scomparire, affinché essi possano diventare grandi; che Dio ci ostacola nella nostra libertà e che perciò noi dobbiamo sbarazzarci di Lui. Ma il drago non accusa solo Dio. L’Apocalisse lo chiama anche "l’accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusa davanti a Dio giorno e notte" (12, 10). Chi accantona Dio, non rende grande l’uomo, ma gli toglie la sua dignità. Allora l’uomo diventa un prodotto mal riuscito dell’evoluzione. Chi accusa Dio, accusa anche l’uomo. La fede in Dio difende l’uomo in tutte le sue debolezze ed insufficienze: il fulgore di Dio risplende su ogni singolo. È compito del Vescovo, in quanto uomo di Dio, di far spazio a Dio nel mondo contro le negazioni e di difendere così la grandezza dell’uomo. E che cosa si potrebbe dire e pensare di più grande sull’uomo del fatto che Dio stesso si è fatto uomo? L’altra funzione di Michele, secondo la Scrittura, è quella di protettore del Popolo di Dio (cfr Dn 10, 21; 12, 1). Cari amici, siate veramente "angeli custodi" delle Chiese che vi saranno affidate! Aiutate il Popolo di Dio, che dovete precedere nel suo pellegrinaggio, a trovare la gioia nella fede e ad imparare il discernimento degli spiriti: ad accogliere il bene e rifiutare il male, a rimanere e diventare sempre di più, in virtù della speranza della fede, persone che amano in comunione col Dio-Amore.
Incontriamo l’Arcangelo Gabriele soprattutto nel prezioso racconto dell’annuncio a Maria dell’incarnazione di Dio, come ce lo riferisce san Luca (1, 26 – 38). Gabriele è il messaggero dell’incarnazione di Dio. Egli bussa alla porta di Maria e, per suo tramite, Dio stesso chiede a Maria il suo "sì" alla proposta di diventare la Madre del Redentore: di dare la sua carne umana al Verbo eterno di Dio, al Figlio di Dio. Ripetutamente il Signore bussa alle porte del cuore umano. Nell’Apocalisse dice all’"angelo" della Chiesa di Laodicea e, attraverso di lui, agli uomini di tutti i tempi: "Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me" (3, 20). Il Signore sta alla porta – alla porta del mondo e alla porta di ogni singolo cuore. Egli bussa per essere fatto entrare: l’incarnazione di Dio, il suo farsi carne deve continuare sino alla fine dei tempi. Tutti devono essere riuniti in Cristo in un solo corpo: questo ci dicono i grandi inni su Cristo nella Lettera agli Efesini e in quella ai Colossesi. Cristo bussa. Anche oggi Egli ha bisogno di persone che, per così dire, gli mettono a disposizione la propria carne, che gli donano la materia del mondo e della loro vita, servendo così all’unificazione tra Dio e il mondo, alla riconciliazione dell’universo. Cari amici, è vostro compito bussare in nome di Cristo ai cuori degli uomini. Entrando voi stessi in unione con Cristo, potrete anche assumere la funzione di Gabriele: portare la chiamata di Cristo agli uomini.
San Raffaele ci viene presentato soprattutto nel Libro di Tobia come l’Angelo a cui è affidata la mansione di guarire. Quando Gesù invia i suoi discepoli in missione, al compito dell’annuncio del Vangelo vien sempre collegato anche quello di guarire. Il buon Samaritano, accogliendo e guarendo la persona ferita giacente al margine della strada, diventa senza parole un testimone dell’amore di Dio. Quest’uomo ferito, bisognoso di essere guarito, siamo tutti noi. Annunciare il Vangelo, significa già di per sé guarire, perché l’uomo necessita soprattutto della verità e dell’amore. Dell’Arcangelo Raffaele si riferiscono nel Libro di Tobia due compiti emblematici di guarigione. Egli guarisce la comunione disturbata tra uomo e donna. Guarisce il loro amore. Scaccia i demoni che, sempre di nuovo, stracciano e distruggono il loro amore. Purifica l’atmosfera tra i due e dona loro la capacità di accogliersi a vicenda per sempre. Nel racconto di Tobia questa guarigione viene riferita con immagini leggendarie. Nel Nuovo Testamento, l’ordine del matrimonio, stabilito nella creazione e minacciato in modo molteplice dal peccato, viene guarito dal fatto che Cristo lo accoglie nel suo amore redentore. Egli fa del matrimonio un sacramento: il suo amore, salito per noi sulla croce, è la forza risanatrice che, in tutte le confusioni, dona la capacità della riconciliazione, purifica l’atmosfera e guarisce le ferite. di condurre gli uomini sempre di nuovo incontro alla forza riconciliatrice dell’amore di Cristo. Deve essere "l’angelo" risanatore che li aiuta ad ancorare il loro amore al sacramento e a viverlo con impegno sempre rinnovato a partire da esso. In secondo luogo, il Libro di Tobia parla della guarigione degli occhi ciechi. Sappiamo tutti quanto oggi siamo minacciati dalla cecità per Dio. Quanto grande è il pericolo che, di fronte a tutto ciò che sulle cose materiali sappiamo e con esse siamo in grado di fare, diventiamo ciechi per la luce di Dio. Guarire questa cecità mediante il messaggio della fede e la testimonianza dell’amore, è il servizio di Raffaele affidato giorno per giorno al sacerdote e in modo speciale al Vescovo. Così, spontaneamente siamo portati a pensare anche al sacramento della Riconciliazione, al sacramento della Penitenza che, nel senso più profondo della parola, è un sacramento di guarigione. La vera ferita dell’anima, infatti, il motivo di tutte le altre nostre ferite, è il peccato. E solo se esiste un perdono in virtù della potenza di Dio, in virtù della potenza dell’amore di Cristo, possiamo essere guariti, possiamo essere redenti.
(Benedetto XVI, dall’Omelia del 29- Settembre-2007, in occasione di alcune ordinazioni episcopali)
6 commenti:
Si capisce bene che al centro c'è Dio... sic et simpliciter
Riscontro in questa omelìa un magnifico richiamo ai Vescovi investiti di tripla responsabilita' :
- Davanti a Dio per la loro persona (anima ) ;
- Davanti a Dio a guida e sostegno dei Sacerdoti loro affidati ;
- Davanti a Dio per i Sacerdoti e per le greggi loro affidate ;
Quando il Buon Pastore arrivera' vorra' vedere i libri contabili , chiedera' gli utili , calcolera' i ricavi e le perdite .
Non c'e' da stare allegri , bisogna vigilare con gli occhi bene aperti !
http://laportelatine.org/bibliotheque/encycliques/LeonXIII/Exorcisme_Leon_XIII.php#supplique_saint_michel
Che belle parole di fede e di teologia!
Con tutti i difetti e gli errori di cui lo accusano, talvolta a ragione talaltra no, Benedetto XVI parlava tanto, spesso e bene di nostro Signore Gesù e di tutti gli aspetti della fede.
Parole profonde e memorabili, che lasciano il segno, con la mitezza dell'uomo di Dio.
Sono sicuro che le sue saranno preghiere accorate e incessanti per la Chiesa e e il popolo.
Avrà anche sbagliato, come tutto, ma in buona fede e nella fedeltà.
Che Dio lo assista in questi ultimi e amari anni.
ATTO DI AFFIDAMENTO ALL'ARCANGELO S.MICHELE
Principe nobilissimo delle angeliche Gerarchie, valoroso guerriero dell'Altissimo, amatore zelante della gloria del Signore, terrore degli angeli ribelli, amore e delizia di tutti gli Angeli giusti,
Arcangelo San Michele, desiderando io di essere nel numero dei tuoi devoti,
a te oggi mi offro e mi dono.
Pongo me stesso, il mio lavoro,
la mia famiglia, gli amici e quanto mi appartiene sotto la tua vigile protezione.
E' piccola la mia offerta essendo io un misero peccatore, ma tu gradisci l'affetto del mio cuore.
Ricordati che se da quest'oggi sono sotto il tuo patrocinio tu devi assistermi in tutta la mia vita.
Procurami il perdono dei miei molti e gravi peccati, la grazia di amare di cuore il mio Dio, il mio caro salvatore Gesù, la mia dolce Madre Maria, e tutti gli uomini miei fratelli amati dal Padre e redenti dal Figlio.
Impetrami quegli aiuti che sono necessari per arrivare alla corona della gloria.
Difendimi sempre dai nemici dell'anima mia specialmente nell'ultimo istante delle mia vita.
Vieni in quell'ora, o glorioso Arcangelo, assistimi nella lotta e respingi lontano da me, negli abissi d'inferno, quell'angelo prevaricatore e superbo che prostrasti nel combattimento in Cielo.
Presentami, allora, al trono di Dio per cantare con te, Arcangelo San Michele, e con tutti gli Angeli lode, onore e gloria a Colui che regna nei secoli eterni. Amen
Prego tutti i giorni per Benedetto XVI.
Neri
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