Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 1 febbraio 2019

Sulla teologia del “come” - Stefano Fontana.

Nella dottrina della Chiesa il cosa ha sempre avuto il primato sul come. I contenuti delle verità rivelate hanno sempre avuto il primo piano rispetto a come vengono conosciute e a come vengono espresse. Come si conoscono e come si esprimono dipendono da cosa esse sono, il come conoscitivo e il come espressivo devono essere congrui con la loro realtà e non la determinano. Per fare l’esempio più famoso: il come costituito dalla filosofia greca non ha ellenizzato la dottrina cattolica ma è stata la fede cattolica a cristianizzare l’ellenismo. Quando Benedetto XVI afferma che l’incontro tra la filosofia greca e il cristianesimo è stato provvidenziale, vuol dire che in quel caso il cosa ha trovato il suo giusto come.
Da un po’ di tempo, invece, si assiste ad una emancipazione del come dal cosa. Dapprima i due vengono messi sullo stesso piano e si dice che il come influisce sul cosa tanto quanto il cosa sul come. Come si conosce una cosa influirebbe sulla conoscenza quanto il contenuto conosciuto. Come di dice una cosa è tanto importante quando il contenuto comunicato. Poi però si supera anche questa posizione di pariteticità tra il come e il cosa e si passa a dire che il come contribuisce perfino a costituire il cosa, ossia che i contenuti della conoscenza non hanno una loro autonomia rispetto a come vengono conosciuti ma ne dipendono. Insomma nella cosa conosciuta il conoscente conosce anche qualcosa di se stesso sicché la cosa come essa è in sé rimane inconoscibile. Conosciamo solo costrutti e non più realtà, interpretazioni e non più verità. Questo voleva dire il Gesuita Padre Sosa parlando del registratore che ai tempi di Gesù non c’era per attestare le sue prescrizioni sul matrimonio. Tutta la filosofia moderna è segnata dal passaggio dal come al cosa. L’emancipazione del come rispetto al cosa si completa con la subordinazione netta del cosa rispetto al come. Fino al punto che si parla solo del come e non più del cosa, il che viene chiamato orgogliosamente “fine della metafisica”.

Da un punto di vista teologico la cosa si chiama primato della pastorale sulla dottrina, in morale si chiama primato della coscienza sulla norma, in metafisica primato dell’esistenza sull’essenza, in epistemologia primato dell’ermeneutica sulla metafisica, in politica si chiama primato della partecipazione sui programmi.

Da tempo segnalo su La Nuova Bussola Quotidiana questo passaggio anche da parte del magistero, sia pontificio che episcopale. Si invita a partecipare senza dire con quali contenuti, ad accogliere senza dire per che fini, ad integrare senza che sia noto dove, a votare senza che si dica per che cosa, a dialogare senza indicare criteri e contenuti del dialogo, a convenire senza dire dove e perché, a ricucire gli strappi senza analizzare chi li ha fatti e che tipo di ricucitura mettere in atto, ad uscire senza dire dove, a non lasciarsi rubare la speranza senza dire di cosa, a sognare senza dire cosa.

Questo atteggiamento è contrario alla Dottrina sociale della Chiesa e la sorpassa escludendola dal discorso. La rende inutile. Essa infatti propone principi di riflessione, criteri di giudizio e direttive di azione: il come viene per ultimo ed è preceduto dal cosa. Far dipendere il cosa dal come vuol dire essere: razionalisti, volontaristi, esistenzialisti, prassisti, storicisti … tutte posizioni secondo le quali una “dottrina”, come quella che c’è nell’espressione “Dottrina sociale della Chiesa”, non esiste se non determinata strutturalmente da qualcosa che è dislocato altrove rispetto ad essa.

Questo passaggio dal cosa al come proprio della nuova teologia è conseguenza di un lungo cambiamento: risale a Blondel, Padre Chenu, Rahner, Kasper … e ad una lunga serie di teologi novatori. Per tutti costoro la teologia è sempre “atto secondo” che viene dopo l’”atto primo” che è la vita, la prassi, l’esperienza, l’esistenza o, come dicono gli esperti accademici, lo “Sitz im Leben”.

La Dottrina sociale della Chiesa non può rifarsi a questo modello ed è perché ormai questo modello è il prevalente anche nel magistero che la Dottrina sociale della Chiesa è in difficoltà.
Stefano Fontana - Fonte

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Entro in chiesa. Mi metto a recitare il rosario in latino. Mi si avvicina un signore.
Dice:
– Fossi in te eviterei.

Lo guardo. Chiedo:
– E lei chi è?
– Un prete.
– Un prete?
– Sì.
– E perché non è vestito da prete?
– Oh! Non si usa più. Dobbiamo accogliere…
– E lei non può accogliere vestito da prete?
– Ti piace scherzare, eh?
– Non sto scherzando!
– Comunque, non starai mica recitando il rosario contro gli immigrati, come hanno fatto in Polonia…
– Veramente lo sto recitando per le anime del purgatorio.
– Purgatorio?
– Sì, perché?
– Sei sicuro che esista?
– Che cosa?
– Il purgatorio.
– Certo che sì!
– Mah, io non sarei così sicuro.
– In che senso?
– Retaggio medievale… Il Dio giudice, il castigo. Poca misericordia. Chi siamo noi per giudicare?… E, comunque, perché in latino?
– Perché mi piace.
– E perché ti piace?
– Perché mi fa sentire più vicino a Dio.
– Uhm…
– Che c’è?
– Non sarei così sicuro.
– Di che?
– Che il latino avvicini a Dio.
– Ma non è il latino in sé. È il latino in quanto lingua del sacro.
– Sacro?
– Sì.
– Uhm…
– Che c’è adesso?
– Non sarei così sicuro.
– Di che?
– Di quel che dici sul sacro.
– Ovvero?
– Il sacro… idea vecchia. Non c’è bisogno di stare in un luogo o di esprimersi in un certo modo.
– Vabbé, come vuole. Posso continuare a recitare il rosario?
– Fai, fai. Per quanto…
– Che c’è ancora?
– Sei sicuro?
– Di che?
– Delle parole che dici.
– Certo che sono sicuro!
– Anche quando dici il «Padre nostro»?
– Ma certo!
– Uhm…
– Che c’è?
– Ma all’epoca mica c’era il registratore. Come fai a essere sicuro?…
– Senta, vorrei recitare il mio rosario.
– Comunque, fossi in te…
– Che c’è?
– Lo direi a bassa voce.
– Ma perché?
– In ginocchio sta il fariseo, l’ipocrita…
– Ma che dice?
– Eh! Le prescrizioni…
– Ma che prescrizioni!? Sto in ginocchio perché ci voglio stare! È devozione!
– Devozionalismo, direi…
– Ma mi faccia il piacere!
– Comunque, amico, parli piano. Non dia scandalo…
– Ah! Questa è bella! Io darei scandalo…
– Certo, con queste pratiche del passato. Mentre tutto cambia. Cogliere i segni dei tempi! Ci vuole discernimento!
– Ecco, bravo, discerna. Io intanto dico il rosario.
– E così tu ti senti a posto, eh?
– Non mi sento a posto. Mi sento meglio.
– Sì, con quella faccia da peperoncino all’aceto!
– Ma come si permette?
– Gioiosi, noi dobbiamo essere gioiosi! E invece voi profeti di sventura…
– Profeta di sventura sarà lei!
– Ah, ecco la tipica aggressività del tradizionalista!
– Io non sono aggressivo. Sono solo stanco delle sue assurdità!
– Ah! Ecco il duro di cuore…
– Lei è pazzo!
– Non lo sa che il cristiano è missionario di misericordia?
– Ma se ne vada!
– Uomo della gioia! Ecco il cristiano! Non intollerante e fondamentalista…
– Io non sono intollerante! E sono fondamentalista solo nel senso che ho a cuore le cose fondamentali! E voglio solo recitare il mio rosario!
– Qui manca il discernimento, è chiaro…
– Lei è davvero incredibile…
– Ecco il cristiano da salotto…
– Ma che salotto e salotto!
– Sì, da salotto: chiuso, rigorista…
– Io non sono chiuso! Lo divento quando incontro gente come lei!
– Già già… Volete passare per credenti e pensate solo a voi stessi… Sepolcri imbiancati…
– Signore aiutami!
– Che fa?
– Prego il Signore! Che mi aiuti. Che mi dia la forza! Che mi trattenga!
– Da che cosa?
– Dal mandarla… a quel paese!
L’uomo sorride e mi fa l’occhiolino. Poi dice:
– Bravo! Esame superato.
– Come? Non capisco?
– Hai superato la prova a cui ti ho sottoposto. Noi ogni tanto lo facciamo.
– Voi…?
– Sì, noi dell’SVF.
– SVF?
– Servizio Valutazione Fede. Facciamo domande e valutiamo. Ma adesso continua pure a pregare, e scusami per il disturbo.
Non so come replicare. Sono senza parole. Mi limito a sussurrare:
– Bene, grazie.
L’uomo sorride. Il suo volto ora mi sembra luminoso. Dice:
– Ah! Dimenticavo: ecco qua… l’attestato.

E mi allunga un’immaginetta. Raffigura l’arcangelo Michele difensore della fede. Con tanto di spada.
Mi volto per ringraziarlo. Ma è sparito.
Aldo Maria Valli

irina ha detto...

Il rigonfiamento del come sul cosa, lo troviamo anche tra buonista e buono, dove il primo è la vuota caricatura del secondo,nel quale forma e contenuto sono ancora aderenti l'una all'altro, corrispondenti l'una all'altro.

A mio parere altri importantissimi elementi fanno parte del processo e sono il chi trasmette a chi, il quando, il perché, che insieme al come formano le variabili della trasmissione.

Queste variabili andrebbero gestite da una morale condivisa che oggi non esiste più. Non esiste più perché a Dio Uno e Trino, si sono preferite le Potenze dell'aria e gli idoli; alle Dieci Parole di verità, si sono preferite le moltitudini di parole in libertà; all'ordine che ogni crescita richiede, si è preferita la creatività umana della caotica contaminazione ma, realmente Creativo è Solo Dio, Uno e Trino e Solo Dio, Uno e Trino, può trarre dal caos con la Sua Parola ogni esistente con la propria forma e contenuto e finalità.

Siamo in un momento di follia collettiva dalla quale possiamo uscire con ordine, mettendo la nostra mano nella mano di NSGC, tornando umilmente a studiare, a comprendere, quelle dieci parole nella loro semplicità, essenziale, aperta sull'Eterno.

Anonimo ha detto...

Alla luce di questo breve e intelligente scritto di Valli riportato dall'anonimo delle 9.48 si può facilmente interpretare l'attuale pontificato come fase fondamentale del sapiente disegno divino per la salvezza di quei "molti" che, per essere pienamente confermati nella fede e resi quindi consapevoli dell'altezza del dono ricevuto, abbisognano di una prova che sia proporzionale anche al vertice di odio e di peccato verso Dio e gli uomini che caratterizza il nostro tempo. Quindi un Papa "inflitto" o permesso da Dio per il bene dei credenti. Ritenevo che questa deduzione fosse abbastanza semplice e logica per un cattolico, ma con grande e fraterno dispiacere constato una esasperata e dilagante confusione in merito con il rifiuto di molti di riconoscere la legittimità di Bergoglio. Accettare la sua giurisdizione non significa aderire al suo modernismo o alla sua prassi distruttiva in odio alla fede e alla Chiesa, ma assoggettarsi e piegarsi al giogo di Cristo che è la vera Croce che la vera Chiesa deve portare e sopportare in questi tempi che sembrano definitivi, o quasi. Quello di Francesco é il passo dell'apostolo Giuda che oggi intende consegnare la Chiesa. E a tutto ciò non si può rispondere "non ci accada questo" altrimenti siamo già caduti e fatti prigionieri dall'Avversario che ogni giorno ci provoca a reagire con rabbia all'odio del mondo e soprattutto del clero eretico e blasfemo che domina questa Chiesa visibile e che il Signore tiene ancora nel seno come zizzania, pronta, a suo tempo, per essere bruciata. Quindi dobbiamo camminare con Cristo, rimanendo ogni giorno a contatto con la tentazione nella quale possiamo seriamente rafforzarci. Fino a quando Dio vorrà. Fino a che molti fratelli avranno fatto la scelta della vera fede nell'attuale orizzonte di lotta. Massimo

Anonimo ha detto...

Pare anche a me che l'incontro con l'ipotetico sacerdote descritto da A M Valli rifletta una sintesi veritiera, (anche se parziale) delle stupidaggini (ma ahimè, ben peggio: travisamenti di verità della fede sostanziali) diffuse tra Sacerdoti e purtroppo anche tra Vescovi, Teologi, Facoltà Vaticane. E' una secolarizzazione che sta assumendo forme devastanti perché all'interno della stessa Chiesa e in vari campi del suo insegnamento (dottrina, arte, morale, famiglia, eucaristia, ecumenismo ecc ecc). Aggiungo, a questo proposito, quanto sia farisaicamente ipocrita avvallare imprecisati "nuovi paradigmi interpretativi" per far passare cambiamenti sempre ritenuti ingiustificabili (v. morale sessuale e liturgia): non c'è espressione più fumosa, ambigua e priva di senso che si possa scegliere per disorientare i fedeli e oscurare le loro rette coscienze! La conoscenza della fede può crescere, è vero, ma sempre nella continuità, mai contraddicendosi! Non so quanto sarà possibile ricuperare la sana dottrina e la santità del Clero e Fedeli... (con il magistero e la guida dell'attuale Papa Bergoglio poi!). Convengo con quanto propone il terzo post: riconoscere il valore della Chiesa (fondata su Cristo, anche se ammalata come mai in passato!), amarla nella verità (l'amore senza verità è amore non vero perciò falso amore), conservarsi fedeli ai contenuti della fede (inalterabili e perenni), vivere nella grazia di Dio e nella preghiera. roby

Anonimo ha detto...

LA CHIESA DEL MONDO.

“Volete essere figli della luce, ma non rinunciate ad essere figli del mondo. Dovreste credere alla penitenza, ma voi credete alla felicità dei tempi nuovi. Dovreste parlare della Grazia, ma voi preferite parlare del progresso umano. Dovreste annunciare Dio, ma preferite predicare l’uomo e l’umanità. Portate il nome di Cristo, ma sarebbe più giusto se portaste il nome di Pilato. Siete la grande corruzione, perché state nel mezzo. Volete stare nel mezzo tra la luce e il mondo. Siete maestri del compromesso e marciate col mondo. Io vi dico: fareste meglio ad andarvene col mondo ed abbandonare il Maestro, il cui regno non è di questo mondo.”
Sant'Atanasio

Catholicus ha detto...

Da un settimanale diocesano : il vescovo locale, presentando ai giornalisti un convegno sull'annuncio del Vangelo al giorno d'oggi, dice testualmente "Il Vangelo non si consuma mai, e la Chiesa deve trovarlo in un momento che non è quello di ieri". Ma cosa avrà voluto dire? ci vorrebbe l'interprete, o lo psicanalista per capire il senso di una tale frase. Prima del "Concilio" (inutile dire quale, vero?) la Chiesa non parlava così, si capiva subito il senso del discorso, dell'annuncio. Oggi, ad ascoltarli, questi vescovi, teologi, cardinali, c'è da farsi venire il mal di testa. Come a guardare le chiese e i santuari che "loro" hanno fatto edificare negli ultimi 60 anni, roba da non credere ai propri occhi e d alle proprie orecchie. Ma forse lo scopo è proprio quello, rimanere nell'ambiguità, di modo che ognuno possa intender ciò che gli sta bene e, sopratutto, che l'ieri venga messo al bando; cos'altro si può dedurre, infatti dal sibillino "un tempo, che non è quello id ieri"?

irina ha detto...

@ Catholicus
Il Professor E.M.Radaelli, nel suo libro su J.Ratzinger, scrive: 'La Chiesa insegna anche quando sbaglia'.
Sono decenni che la chiesa va raminga, corrotta nell'anima e nel corpo; così ha finito col pensare come agisce, male; quindi pensando male, non può che parlare male: confusa, incoerente, retorica, ormai prostituta del mondo, dell'arte più antica ha fatto sue le vuotaggini e la complessità del nulla, sempre simulando un amore che, per mestiere, non ha per alcuno.

Gederson Falcometa ha detto...

Cara Mic,

Indietro alla teologia del “come” sta uno problema pedagogico. Secondo Mario Casotti, nel libro Educazione Cattolica, dopo la rivoluzione francese, l'educazione ha posto maggiore enfasi sul metodo e in alcuni casi ha abbandonato il contenuto. Come se può leggere già nella introduzione del libro:

“...in tempi moderni, le preoccupazioni di metodo incominciarono a farsi valere con particolare intensità, ed anzi si giunse (confondendo il problema del metodo con quello del contenuto o del fine) fino a condannare addirittura, in nome della pedagogia, ogni insegnamento catechistico come freddo, meccanico ed antiquato, anche i pedagogisti cattolici incominciarono, per necessita polemiche, a trascurare alquanto questo importantissimo aspetto della educazione cristiana, e a concentrare le loro ricerche intorno al problema di metodo. Non che la catechesi cristiana, nella classica forma, venisse meno: essa si ritrasse, si può dire, all'ombra delle chiese e dei conventi, lasciando il campo della cultura laica e mondana libero alle disquisizioni metodiche”.

Questo è proprio il punctum dolens nel Concilio e anche nel post-Concilio. La motivazione di Giovanni XXIII per la convocazione del Concilio è centrata nell’arggiornamento e nello svilupo del metodo “pastorale”, come il migliore in nostro tempo per diffondere la dottrina cattolica. Dopo questo Paolo VI ha introdotto il dialogo e l’inculturazione, e più ricentemente Bergoglio predica la Chiesa sinodale. Benedetto XVI al parlare di un’ermeneutica della riforma nella continuità e un’altra da rottura, non ha fatto altra cosa che stabilire un metodo. Questa maggiori enfasi sul metodo ha fatto la Chiesa abbandonare per completo il contenuto. Tanto che oggi Francesco parla chiaramente contro la dottrina e nella nuova definizione di Chiesa di Ratzinger-Benedetto XVI il contenuto scompare, come se pùo leggere:

«...“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato; è un soggetto che cresce nel tempo e si sviluppa, rimanendo però sempre lo stesso, unico soggetto del Popolo di Dio in cammino »

Insieme a questo problema, assorto per la Nouvelle Thèologie (che è anche un metodo). Esiste il problema di mettere la maggiore importanza sul ciò che contiene la rivelazione e abbandonare il contenuto (come hanno fatto i protestanti). Questo accade anche con la Chiesa con il Concilio e il post-Concilio, tanto che Bergoglio usa le propri fonte di revelazioni come un metodo per diffondere un altro contenuto.

Il libro “Educazione Cattolica” di Mario Casotti può essere trovato nell’indirizzo:

http://www.totustuus.es/

Un caro saluto dal Brasile