Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

giovedì 30 aprile 2020

30 aprile San Pio V. L'antica eredità liturgica

In questi giorni difficili in cui la Santa Messa, soprattutto quella Antica, è in pericolo non solo per la sospensione da virus [qui], riprendo uno dei testi che il blog inesorabilmente sommerge ma che vanno recuperati per riattingervi i tesori ricevuti e da custodire per alimentare e fortificare la nostra fede.

Rito Antiquior tomba Santa Caterina, 2013
Oggi 30 aprile, il Santorale del Rito Romano Antiquior festeggia Santa Caterina da Siena, mentre quello del Novus Ordo san Pio V. Tutti gli uomini hanno bisogno di modelli a cui guardare: c’è chi segue quelli negativi e a volte infimi, e chi, invece, segue quelli positivi o addirittura santi. Il popolo di Dio è interpellato dalla Chiesa a seguire questi ultimi. Fra i santi ci sono poi quelli “speciali”, gli eletti fra gli eletti: santa Caterina e san Pio V fanno parte degli “eletti speciali”, perché nei disegni di Dio ci sono i chiamati, ma anche quelli più chiamati degli altri, esattamente come accade nella distinzione dei cori angelici, dove, per esempio, san Michele Arcangelo ha un ruolo maggiore in confronto ad un angelo custode, a dispetto dell’egualitarismo di matrice illuminista. Santa Caterina e san Pio V hanno operato in tempi molto difficili e critici; vengono perciò a dimostrare a noi, fedeli del secondo millennio, che Fede e Chiesa possono sempre essere difese, anche quando le circostanze appaiono avverse su tutti i fronti. [Fonte]

Approfitto dunque per ricordare San Pio V, il grande Papa che curò la riforma della Chiesa sulle orme del Concilio tridentino e al quale dobbiamo la revisione del Messale Romano e la sua diffusione in tutto l'Occidente latino, con il testo seguente tratto da:

Breve storia della Messa Romana
Michael Davies

Sulla Messa tradizionale nel Rito Romano, la Messa “tridentina”, Padre Fortescue conclude:
Dal Concilio di Trento la storia della Messa non è per niente e tutt’altro che la composizione di nuove Messe: Lo schema e le parti fondamentali rimangono le stesse. Nessuno ha mai pensato di toccare la venerabile liturgia della Messa Romana, se non per aggiungere nuovi propri.
La sua valutazione finale del Messale di S. Pio V [il libro di Fortescue fu pubblicato nel 1912, n. d. t.] merita un’attenta meditazione:
Ci saranno ancora molti giorni nei quali dremo la Messa detta per secoli dai giorni dei libri gelasiani e leonini. E quando verranno, le nuove Messe cambieranno soltanto nel proprio.
In nostro Canone è intatto, come tutto lo schema della Messa. Il nostro Messale è ancora quello di S. Pio V. Dobbiamo ringraziare che la sua commissione sia stata così scrupolosa da mantenere o restaurare l’antica tradizione romana. Essenzialmente il Messale di S. Pio V è il Sacramentario Gregoriano, modellato sul libro gelasiano che a sua volta dipende dalla collezione leonina. Troviamo le preghiere del nostro Canone nel trattato De Sacramentis riferimenti al Canone stesso nel IV secolo. Così la nostra Messa va indietro, senza cambiamenti essenziali, all’epoca nella quale per la prima volta si sviluppò dalla liturgia più antica. E’ ancora pregna di quella liturgia, di quando Cesare governava il mondo e pensava di poter stroncare la fede in Cristo [qui, probabilmente, Fortescue cita Cesare, morto nel 44 a. C., come prototipo di imperatore romano, n. d. t.], di quando i nostri padri si incontravano tra loro prima dell’alba e cantavano un inno a Cristo come a un Dio. Il risultato finale della nostra inchiesta e che, nonostante i problemi irrisolti, nonostante i cambiamenti successivi, non esiste nella Cristianità un altro rito così venerabile come il nostro.
Mons. Klaus Gamber, uno dei più grandi liturgisti di questo secolo, pne in un suo libro, The Reform of the Roman Liturgy, una domanda assai pertinente sulle motivazioni della riforma che seguì il Vaticano II, ma in nessun modo volute dal Concilio:
Tutto ciò fu fatto veramente per la preoccupazione pastorrale sulle anime dei fedeli, o non rappresentò piuttosto una frattura radicale col rito tradizionale, per impedire l’uso ulteriore dei testi liturgici tradizionali e rendere così impossibile la celebrazione della “Messa Tridentina” – in quanto la stessa non rifletteva più il “nuovo spirito” che circolava nella Chiesa?
Sia ringraziato il Signore non solo perchè la Messa Tridentina non è soltanto “la cosa più bella da questa parte del cielo, ma anche perché è la Messa che non morirà. Come i fedeli di Milano fecero sì che il Rito Ambrosiano non fosse rimpiazzato da quello Romano, così i fedeli del rito Romano hanno rifiutato di abbandonare quella Messa pregna della liturgia “di quando l’imperatore romano [Caesar nel testo originale, cfr. note precedenti, n. d. t.] governava il mondo e pensava di poter stroncare la fede in Cristo, di quando i nostri padri si incontravano tra loro prima dell’alba e cantavano un inno a Cristo come a un Dio.” Il suo uso rinnovato aumenta la sua espansione in tutto il mondo ogni giorno che passa, ed ogni anno sono ordinati sempre più sacerdoti giovani decisi a celebrare la S. Messa secondo il Messale di S. Pio V, che sarà la Messa dei nostri figli come è stata quella dei nostri padri.

Colletta della S. Messa nella Festa di S. Pio V
O Dio, che per debellare i nemici della tua Chiesa e restaurare il culto divino, ti degnasti di scegliere il Beato Pio quale Sommo Pontefice, fà che siamo difesi dalla sua protezione e che ci dedichiamo in tal modo al tuo servizio da gioire, superate le insidie di tutti i nemici, di una perpetua pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo, Tuo Figlio, che vive  e regna con Te.
© 1997 Michael Davies

11 commenti:

Anonimo ha detto...

Occorre un Papa completamente fuori dal contagio CVIIista, immune. Spiritualmente siamo come le macerie di una città bombardata dall'atomica. Tutto è in rovina. Tutto è decadente. Tutto è sventrato. La menzogna regna sovrana.

In che mani siamo! ha detto...

Così il "cerchio magico" del Papa ha frenato i vescovi italiani

Il Papa ha ridimensionato le richieste della Cei sulle Messe. Dietro questa mossa di Bergoglio c'è la preoccupazione ideologica del "cerchio magico"

Da una parte la necessità di garantire l'esigenze spirituali dei fedeli, dall'altra le logiche di parte: ieri mattina Papa Francesco ha ridimensionato le richieste sulla Messe della Conferenza episcopale italiana.

Dietro questa mossa, con buone probabilità, si nasconde soprattutto una ratio politica. Partiamo dal principio. Mentre scriviamo, le Messe con il popolo risultano ancora vietate. Il governo di Giuseppe Conte è stato inamovibile. In queste ore, vengono ventilate delle ipotesi, ma la realtà per ora è questa. Dopo il discorso di Conte sulla cosiddetta "fase 2", la Cei ha diramato una nota stampa molto dura. I presuli italiani, in sintesi, hanno scritto che il governo non può "arrogarsi" il diritto di decidere sulle funzioni religiose. Uno scontro evidente, che si stava consumando per la prima volta dall'insediamento del governo giallorosso.

Poi però Papa Francesco ha corretto il tiro dell'episcopato italiano: i cattolici devono obbedire alle disposizioni - ha detto il pontefice argentino - . Dunque niente Messa con il popolo, con buona pace dei vescovi che avevano appena iniziato a battagliare. La domanda sorge spontanea: cosa si nasconde in questa differenza di vedute? Lo stesso Jorge Mario Bergoglio, in una delle sue recenti omelie, era sembrato preoccupato per le esigenze spirituali dei fedeli: Francesco aveva ricordato che questa del quadro pandemico, quella senza sacramenti e senza Messa con il popolo, non è la "Chiesa vera". Una linea che sembrava fare premessa alle rimostranze dei vescovi. Non era così. Forse, per comprendere il perché della posizione papale, bisogna cercare all'interno degli equilibri tra il Vaticano e la politica italiana. L'edizione odierna de La Verità racconta di come il cosidetto "cerchio magico" di Papa Francesco non voglia vedere incrinati i rapporti con il governo giallorosso.

Ambientalismo, gestione dei fenomeni migratori, assistenzialismo: i punti di contratto tra la sinistra ecclesiastica ed il governo presieduto da Giuseppe Conte non sono pochi. E poi c'è un'altra considerazione da fare: sono i cosiddetti "sovranisti" che spingono affinché il popolo possa tornare a presenziare durante le Messe. Assecondare quelle istanze, insomma, significa omologarsi al messaggio politico di leader che, fino a questo momento, sono stati considerati soprattutto alla stregua di avversari.

Il retroscena è credibile. Se non altro perché consacrati come padre Antonio Spadaro o padre Bartolomeo Sorge non hanno mai nascosto le loro preoccupazioni per l'avvento del disegno sovranista. Le "sardine" - come sapete - sono state pubblicamente elogiate da buona parte dell'episcopato italiano, proprio per via della loro spiccata natura anti-sovranista. E questo fattore - quello ideologico - rischia di divenire centrale anche in questa storia riguardante le Messe. Rinunciare alle funzioni religiose, insomma, pur di non concedere la ragione alla parte avversa. Sarà davvero così? Di sicuro c'è che il Papa ha frenato la Cei, che invece pareva pronta allo scontro frontale con il governo.

https://m.ilgiornale.it/news/cronache/cos-cerchio-magico-papa-ha-frenato-i-vescovi-italiani-1859048.html

Anonimo ha detto...

Deve essere dura la vita per certuni.Avanti piano,avanti tutta,indietro tutta al momento poi si vedrà cosa fare ,intanto prendiamo tempo…..Ciechi che guidano ciechi ,sottoposti prima spronati e poi sconfessati.Una figuraccia che solo per motivi inconfessabili i media italioti hanno fatto finta di non notare.Purtroppo certe amicizie contro natura col tempo si pagano a caro prezzo.

Anonimo ha detto...

What if Pope Francis were to ban the Traditional Latin Mass? What would you do? Do we have a "right" to the Latin Mass? Was the Traditional Latin Mass ever abrogated? What about Saint Pius V's document Quo Primum which states that his Missal remains "in posterum perpetuis futuris temporibus". Dr. Taylor Marshall and Timothy Flanders break it down.

https://www.youtube.com/watch?v=ByjU6IXsbHQ

Silente ha detto...

Consentitemi un "fuori argomento". Come sappiamo, siamo ancora obbligati alla detenzione domiciliare. Concediamoci quindi il piacere di buone letture e, in particolare, di due riviste “nostre”, di cui consiglio vivamente l’abbonamento.
La prima è Nova Historica, edita da Pagine, Via Gregorio VII 160, 00165 Roma. Tel. 06 45468600, email: luciano.lucarini@pagine.net . Contattateli pure per informazioni, costo e modalità d’abbonamento, sono cortesissimi. E’ un’ottimo trimestrale di storia, diretto dal bravo Massimo Magliaro. In particolare consiglio l’ultimo numero, il n. 70. E’ dedicato in buona parte alla crisi della Chiesa (“Chiesa. Storia della crisi”) con articoli i cui autori dovrebbero essere ben conosciuti nei nostri ambienti: Cristina Siccardi, Mauro Faverzani che intervista Roberto de Mattei, Francesco Lamendola, Roberto Pecchioli, Paolo Capecchi e altri. Un ottimo resoconto sullo stato della crisi e su chi resiste, fedele alla promessa di Cristo, alla Tradizione e alla Dottrina. Il numero si completa con altri interventi sulla storia del MSI, sulla eroica resistenza dei Karen, popolo birmano cattolico che lotta contro la dittatura narco-buddista del governo centrale, sulla costituzione della RSI e molto altro.
Poi, credo che faccia piacere a tutti la nascita di una nuova rivista: mondopiccolo – idee per uomini vivi, diretta da Alessandro Gnocchi (a noi tutti ben noto), con Luca Biffi, Matteo Donadoni, Elisabetta Frezza, Chiara Gnocchi, Paolo Gulisano, Fabio Trevisan, e poi Egidio Bandini, Laura Ferrerio, Giovanni Lugaresi, Marco Manfredini, Fabio Trevisan, Luisa Vassallo. Chiara l’impronta guareschiana/chestertoniana. (Gnocchi ha scritto diversi testi su Guareschi, Bandini è un grande esperto dello scrittore della Bassa e Gulisano, tra l’altro, è anche vicepresidente della Società Chestertoniana italiana, oltre a essere un grande conoscitore di Tolkien). Il primo numero è dedicato a Guareschi. Il secondo numero è in corso di impaginazione. E’ edito da Fede & Cultura. Abbonarsi è facile: basta andare sul sito www.fedecultura.com. E’ bello sapere che qualcuno, nel nostro ambiente, ha ancora voglia di osare un’iniziativa editoriale, soprattutto se cartacea. Sosteniamola.
Silente

Anonimo ha detto...

Sono in tanti a dire che si può evitare la messa e i sacramenti per emergenza! Ma la fede va vissuta e praticata. I primi cristiani potevano pure evitare di vedersi nelle case per evitare i leoni? Invece rischiavano per prendere L'EUCARISTIA. Noi abbiamo perso la Fede. La stessa Paura di san Pietro quando disse "non lo conosco" per salvarsi la Vita. Il resto è fede ideologica. Torniamo alla vera Fede.

Anonimo ha detto...

Riflettiamo sul metodo e le sue conseguenze: un Papa emana un messale dopo un Concilio, 1570 - 1969/70.
Se lo fa un Papa lo puo’ fare un altro dopo 4 secoli e CVII anche se abbiamo Quo primum e numquam abrogatum

Attenzione! ha detto...

Togliere le celebrazioni eucaristiche è stato il primo passo compiuto dai regimi laicisti.
In quelli comunisti (Unione sovietica, Cina, Cambogia, Corea del nord...), in quelli massonici (Messico con i Cristeros), nella Spagna rivoluzionaria.
Togliere l'Eucaristia è eliminare l'elemento unificante, motivante e identificante dell'essere cristiani. È smantellare l'essenza stessa del Cristianesimo.
Il processo di identificazione rende le persone da solitarie a un popolo.
Chi ha paura e ha accettato la psicosi di massa della paura di morire non riesce a cogliere il perché occorre tornare a celebrare l'Eucaristia e si fa, non volendo, complice dello smantellamento del Cristianesimo.
Chi conosce i meccanismi psicologici sociali sa benissimo quanto sia importante il processo di identificazione, che può aiutare a distruggere o ad esaltare.
Lo usa sia per distruggere (eliminando le Messe che rendono vitale e unificante il Cristianesimo) sia per esaltare (identificazione con il premier o leader nazionale).
Questa duplice funzione usata in contemporanea crea i regimi assoluti laicisti.

Anonimo ha detto...

Su Facebook circola una foto in cui si vede un’infermiera che, in polemica con i cattolici che rivogliono le Messe, dice che si può pregare anche in cucina. E tanti cattolici le danno ragione. Perché? Semplice: perché c’è un processo di protestantizzazione della Chiesa cattolica che da tempo ormai si va realizzando sotto i nostri occhi. Un processo che ha, come ultimo e vero bersaglio, l’attacco alla dottrina eucaristica.

Il problema sta tutto lì. Se anche noi cattolici pensiamo che la domenica in chiesa non facciamo altro che pregare, cantare e recitare formule, è chiaro che un posto vale l’altro. Ma se davvero pensiamo che sia così significa che abbiamo perso di vista ciò che veramente facciamo la domenica in chiesa. Anzi, non ciò che facciamo noi, ma ciò che viene fatto per noi.

Anonimo ha detto...

E' essenzialmente una questione di Fede Cattolica. La cultura nell'ultimo secolo ha esplorato le altre religioni e le filosofie europee ed extraeuropee, per non parlare della psicologia e della psichiatria. E' stata, quella dell'ultimo secolo, una cultura immersa nella mente, nell'anima delle moltitudini, anzi del singolo nel suo rapporto con se stesso, con gli altri, con il divino. Sarebbe stato il momento, se la chiesa non si fosse voluta aggiornare secondo modernità, di riscoprire, rileggere, studiare, meditare a nuovo gli scritti, i diari, le lettere dei santi, dei mistici. Letture che molti psichiatri, psicologi, scrittori, drammaturghi, artisti agnostici e/o atei hanno fatto trovandovi spunti ed ispirazione per le loro opere migliori. La chiesa fu cattolica invece si faceva melensa e cogitabonda leggendo Marx. Tutto ciò, che il corona-virus ha sbattuto sotto il nostro naso, comprende anche la fede fu cattolica ormai tuttologa, diventata affar privato. Fede privata di sale, insipida, che tutto sa per non saper nulla di sè e degli altri e che, a ragion veduta, viene invitata a pregare nel cesso.

Anonimo ha detto...

Grazie Mic, Questo blog è una miniera!