Mentre si abbattono statue e si riscrive la storia non sembra aver suscitato tutto questo scalpore la trasformazione in moschea del museo di Santa Sofia a Istanbul. Una parolina di papa Francesco, qualche articolo coraggioso, la protesta di Salvini davanti all’ambasciata turca a Roma. In fondo, si dice, era già stata moschea per quasi cinque secoli, e poi non è meglio che quel luogo sia riaperto al culto? Isolate voci hanno espresso persino un timido apprezzamento per la mossa di Erdogan che ha superato col fanatismo neo-ottomano il laicismo massonico di Ataturk. Eppure Santa Sofia sembra parlare poco ai nostri cuori, alla nostra memoria collettiva. Non così per il mondo ortodosso, segnatamente per i greci che nell’islamizzazione di Santa Sofia rivivono un antico trauma.
A fasi alterne nella memoria popolare ellenica si sono sedimentati miti, immagini, racconti, che hanno il proprio centro in un luogo perduto dello spirito e dell’identità.
Santa Sofia, narrano i canti dell’Álosi – la caduta di Costantinopoli il martedì nero del 1453 – fu turchizzata per “volere di Dio”, nondimeno la Madonna versò lacrime copiose assieme alle altre icone. E una colomba scesa dal cielo disse ai sacerdoti di chiamare tre navi dalla Franghià – l’occidente cattolico che pure aveva saccheggiato la basilica nel 1204 -: una per portar via la croce, l’altra il vangelo e la terza l’altare. Va da sé che per un evento prodigioso la terza nave si squarciò nel mar di Marmara e l’altare finì sul fondale, generando nei secoli bonaccia e un intenso profumo per tutti coloro che si trovino a navigare in quello specchio di mare.
Restavano le lacrime della Vergine, inconsolabile, sicché un Arcangelo le disse: “fa’ silenzio o Madonna, e non versare molte lacrime, di nuovo col tempo e con gli anni, di nuovo sarà tua!”. La speranza giacque da allora sepolta nelle cisterne e nei sotterranei labirintici della basilica. Di lì, infatti, un giorno riemergerà il Re di Marmo, Costantino XI Paleologo, l’ultimo imperatore preservato da un angelo, reso eterno nella pietra, dalle cui crepe riemergerà il giorno in cui Costantinopoli tornerà cristiana. Così come ricomparirà da un muro di una piccola cappella, tuttora visibile, l’arciprete che scomparve quel 29 maggio, assorbito misticamente dalla parete. Persino i turchi contemporanei sono stati percorsi da un brivido alla scoperta nel 2009 del volto di uno dei quattro Serafini alla base della cupola. Quando l’architetto svizzero Gaspare Fossati, incaricato del restauro della basilica, lo scrostò dall’intonaco nel 1847 e mostrò la scoperta al sultano Abdul Mejid, quest’ultimo ingiunse di ricoprire quei volti immediatamente. Una leggenda turca, infatti, sosteneva che la riscoperta dei Serafini sarebbe coincisa con lo sfaldamento dell’impero e il ritorno di Santa Sofia alla liturgia cristiana.
“Saranno cacciati fino al Melo Rosso!”. È questa la profezia greca più nota, declinata in varie forme, perfino in una famosa canzone del ‘72. Il Melo Rosso, Kòkkini Milià, albero solitario dell’altopiano iranico, noto già ai bizantini sotto il nome di Monodéndrion, rappresenta l’origine e la fine del nemico. E può darsi che a questo albero simbolico, e non alle omonime fortificazioni dell’istmo di Corinto, facesse riferimento il loquace san Cosma l’Etolo, Nostradamus ellenico, quando annunciò nel XVIII secolo che un giorno i Turchi avrebbero per l’ultima volta minacciato la Grecia, giungendo fino all’Examilià. Gli fece eco il famoso “padre Pio dell’Athos”, Paisios, che nel 1992 interpretò quell’Examilià, come le sei miglia nautiche delle acque territoriali greche, minacciate dall’espansione turca. Una profezia sempre più attuale a giudicare dall’interesse alle prospezioni petrolifere della Turchia in acque territoriali greche.
Pure, la più bella leggenda su Santa Sofia è quella che non riguarda la sua fine, il suo futuro, bensì la sua nascita. Ci giunge nei versi del poeta Georghios Vizinòs (Santa Sofia, in Arie Attiche, 1884) e riprende un’antica tradizione della Tracia. Giustiniano è intento a vagliare i diversi progetti che il capomastro gli propone. Nessuno lo soddisfa, non è questa la grande basilica che ha in mente. Un giorno mentre riceve l’antidoro dal Patriarca – il pane benedetto che prendono a fine liturgia coloro che non si sono comunicati – una briciola gli cade sul tappeto. L’imperatore la cerca con ansia, tasta il pavimento, quando vede un’ape portarla via dalla finestra. Giustiniano chiede così a tutti gli abitanti di Costantinopoli di aprire gli alveari della città e controllare la presenza dell’antidoro. Tutti ispezionano le arnie, estraggono miele e cera, ma del pane benedetto neanche l’ombra. Quando però è il capomastro imperiale ad aprire le sue arnie, in una di esse, la migliore, vi trova uno spettacolo indicibile: una chiesa meravigliosa, con un’alta cupola su un bosco di colonne, e al centro di essa l’altare e sull’altare la briciola di pane benedetto dell’Imperatore: “Non è cera quella,/ dolce non è miele,/ è una chiesa scolpita!”. Santa Sofia sarà così la riproduzione della pura creazione delle api, immagine efficacissima della sapienza del Creatore. Francesco Colafemmina
10 commenti:
Non conoscevo le leggende di Santa Sofia. Bellissimo il progetto scolpito dalle api nella cera. Ma su San Cosma l'Etolico ci andrei più cauto. Si narra, (sempre di leggenda si tratta) che fosse l'anima di una società segreta che progettava di liberare la Grecia dai Turchi.
La reazione dei cristiani d'occidente non vi è stata ora , esattamente come, nei decenni passati non vi è stata reazione alla profanazione delle chiese nel nord dell'isola di Cipro. La notizia di questa profanazione è arrivata sui nostri teleschermi solo dopo la notizia della trasformazione di Santa Sofia in moschea.
Non è vero, delle chiese di Cipro e anche dei suoi territori violati si è parlato a lungo a suo tempo. Purtroppo come al solito, si è solo parlato...
Ho letto giorni fa un commento dell'amico Pietro C., che suona un po' a controcanto di questo intervento.
http://traditioliturgica.blogspot.com/2020/07/santa-sofia-tra-sogno-e-realta.html
È corretto farlo anche per separare il giusto afflato religioso dal nazionalismo puro greco (che danni ha fatto) e che spesso non ha proprio niente a che fare con il giusto senso religioso, a volte può anche contrapporvisi. Proprio in questi giorni, centenario del trattato di Sèvres, mi sono riletto un po' gli eventi di quegli anni, in particolare la cosiddetta "catastrofe dell'Asia Minore", episodio in cui i greci praticamente si suicidarono buttando al vento la riconquista di alcuni territori anatolici. Beh, non lo sapevo, ma ho "scoperto" che il primo ministro ellenico dell'epoca, Venizelos, era massone: tanto per dire quanto sono complesse certe dinamiche.
Tirando le somme, ritengo comunque che è legittimo desiderare il ritorno di Costantinopoli e Santa Sofia alla cristianità; e quindi alla sovranità ellenica. Sulle profezie del monaco Paisios non mi sbilancio, non essendo capace di fare discernimento in quel contesto (già è diventata un'impresa districarsi tra le rivelazioni private cattoliche). Però faccio presente che, guarda caso, contestualmente alla re-islamizzazione di Santa Sofia si stanno sollevando impetuosi venti di guerra; legati proprio a questioni di diritto marittimo, come aveva detto il monaco. Ora, questa prima parte della profezia potrebbe essere tutto sommato scontata (i confine tra i due paesi ostili è marittimo); meno lo era che la nuova contrapposizione configurasse due schieramenti che coinvolgono altre potenze, e questo sta succedendo. Vediamo come procede.
Nel contesto dell'articolo c'è scritto che qualcuno ha commentato che Santa Sophia è turca ormai da 500 anni. Forse quella/e persona non sa che è stata cristiana quasi 1000 anni.
La rivomiteranno nel dolore. Scusate questa ultima espressione ma io, al contrario dei cristiani d'occidente del tempo e contemporanei, ho vissuto con molto dolore la caduta di Costantinopoli, forse perchè l'ho particolarmente approfondita,e ritengo questo avvenimento veramente negativo e foriero di infausti presagi.
D'altronde pure la cattedrale di Cordoba fu moschea per quasi cinquecento anni (785-1236). Poi tornò cristiana.
Venizelos era massone, lo era anche Kemal Ataturk, a capo dei turchi che sconfissero i
greci nel I dopoguerra.
Erano massoni tutti e due, a capo di due paesi in guerra tra loro. Allora? C'era un centro massonico mondiale occulto che dirigeva entrambi, all'insegna del solve e coagula?
La massonria c'entra poco nel dramma della catastrofe greca nell'Asia Minore. Piuttosto gli errori dei greci, che impostarono male la campagna, contro uno Stato turco inizialmente in ginocchio, nettamente sconfitto dai britannici soprattutto, l'impero dissolto.
A Smirne, occupata dai greci, ci furono uccisioni e violenze contro i turchi. Quando i turchi la rioccuparono, fecero molto peggio dei loro nemici.
Nel 1453 Costantinopoli cadde ma lo Stato bizantino in pratica non esisteva più da decenni. I turchi si erano già da tempo insediati nei Balcani, oltre ad occupare l''Anatolia. L'antico impero cristiano si era ridotto a Costantinopoli con una piccola enclave. La sua caduta, che pur fece giustamente grande impressione, era solo questione di tempo. La decadenza irreversibile cominciò dopo la battaglia di Mazinkert, verso l'Armenia, il 19 agosto 1071, quando l'imperatore Romano IV Diogene perse quasi tutto l'esercito, disfatto dai turchi selgiuchidi, che da quel momento cominciarono ad occupare l'Anatolia. Ma l'esercito e lo Stato erano in decadenza.
Era il periodo durante il quale si consumò lo scisma con Roma, auspice Michele Cerulario, un personaggio nefasto.
Erano massoni tutti e due, a capo di due paesi in guerra tra loro. Allora?
Allora il legittimo sentimento patriottico non era certamente inteso, da parte di quei politici greci, in senso cristiano. E se non si mette Cristo al centro le imprese umane falliscono.
E se non si mette Cristo al centro le imprese umane falliscono.
Vero, in generale. Però le cose non sono sempre così semplici.
I mongoli e i turchi di sicuro non mettevano Cristo al centro eppure le loro
imprese riuscirono magnificamente, per loro.
E Alessandro Magno, i Romani? Tutti questi popoli non potevano conoscere Cristo, quindi erano giustificati nei loro imperialismi?
Poi viene la decadenza e tutti pagano il conto delle loro colpe iniziali e susseguenti se ci sono. Intanto però hanno prosperato per generazioni, dominando sugli altri popoli.
I Greci nel I dopo guerra non avevano la forza militare sufficiente per battere i turchi, massoni o non massoni i loro capi. Fecero il passo più lungo della loro gamba e l'offensiva turca li travolse. Avrebbero dovuto darsi obiettivi militari più limitati, invece vollero inoltrarsi in profondità, nell'interno, riportare una vittoria decisiva.
Già se avessero riconquistato la Tracia e la Costantinopoli europea sarebbe stato tanto, sempre che le grandi potenze glelo avessero permesso, di conquistare quel lembo di terra.
Ma forse in quegli anni convulsi, la Tracia avrebbero potuto prendersela e conservarla.
I turchi però erano stati disfatti dalla potenza imperiale britannica. Erano evidentemente in grado di vedersela con un piccolo esercito come quello greco.
La Grecia l'indipendenza l'ottenne soprattutto grazie alle Grandi Potenze. La rivolta riuscì, il popolo si batté valorosamente. Ma i turchi stavano preparando una poderosa controffensiva che avrebbe schiacciato i ribelli, il rapporto di forze era troppo impari.
Furono le Grandi Potenze ad intervenire, bloccando i turchi, distruggendogli la flotta a Navarrino, costringendo infine la Tuchia a dar l'indipendenza alla Grecia. Cominciava quello scollarsi dei possessi turchi in Europa, la dispute per le spoglie dei quali, sarebbe stata una delle cause dell I guerra mondiale, tra Austria U e Russia.
Adesso i turchi sono nuovamente in fase espansiva, nei Balcani e altrove, dopo tutte le legnate che hanno preso.
Colpa della nostra decadenza.
Paraclito e' un attributo dello spirito santo promesso da gesu dopo la sua morte e resurrezione, e significa avvocato . In greco avvocato e' simile a glorioso che e' il significato di maometto.....su questa mezogna si basa tutto il corona....... fabio riparbelli
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