Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 29 giugno 2022

Kwasniewski. I tre pilastri del Cristianesimo. Il vantaggio di tenerli uniti.

Un articolo del prof. Kwasniewski, pubblicato da OnePeterFive.
In che modo protestanti, ortodossi, magisterialisti e tradizionalisti differiscono sui tre pilastri del cristianesimo
Peter Kwasniewski, PhD 26 maggio 2022 – 1 P 5

Storicamente e teologicamente, sono tre I “pilastri” del cattolicesimo: Scrittura, Tradizione e Magistero. Tutti sono necessari; tutti sono reciprocamente implicati; nessuno di essi è assoluto, nel senso che può essere considerato in tutto più grande. sotto ogni aspetto, degli altri. Ognuno è primo ma in un modo diverso. C’è tra loro una perichoresis o circumincessio quasi trinitaria.

I protestanti esaltano la Scrittura fino a negare o minimizzare gli altri due. Di conseguenza, anche la Scrittura alla fine viene corrotta nel mucchio.

Gli ortodossi orientali, invece, esaltano la Tradizione, fino a negare un Magistero universale e un’autorità di insegnamento nella Chiesa e arrivano perfino a negare alcuni aspetti basilari della Sacra Scrittura (ad es. l’insegnamento su matrimonio e divorzio). Ma che significato ha questa loro devozione alla Tradizione, se alcuni dei loro teologi più rispettati possono accettare l’universalismo, la contraccezione e il “matrimonio” omosessuale (come apparentemente fa Kallistos Ware)? Una disordinata devozione alla “Tradizione” può sfociare, ironia della sorte, nella sua cancellazione.

Ma il più interessante è il terzo gruppo : li chiamerò Cattolici Riduttivi (sebbene si possano identificare anche come Cattolici Magisteriali o Cattolici Iperpapalisti, ecc.). Questi esaltano il Magistero – e, in pratica, l’ufficio pontificio – considerandolo al di sopra della Scrittura e della Tradizione, in modo che diventi l’unico principio mediante il quale possiamo arrivare a conoscere la verità. Diventa, in un certo senso, tutta verità, tanto che non sarebbe mai possibile contestare le affermazioni del Magistero (es. Amoris laetitia cap. 8 o la modifica della pena di morte al Catechismo) sulla base della Scrittura e della Tradizione. Come per il comportamento degli altri due gruppi, così è anche per questo: l’esagerata esaltazione del Magistero finisce per cancellare il Magistero dei papi e dei concili precedenti. Si trasforma nel “magistero del momento”, proprio come i predicatori protestanti privatizzano effettivamente la Bibbia, o gli ortodossi si appropriano selettivamente della Tradizione, senza alcuna guida su ciò che è o non è fungibile nella Tradizione.

Il cattolico romano, almeno idealmente, è colui che sostiene che sono fondamentali tutti e tre i pilastri. Ognuno illumina l’altro e nessuno può esistere senza l’altro. Ognuno di loro è quello che è, solo negli altri e attraverso gli altri. Questo significa che potrebbero esserci momenti di confusione e dispute controverse in cui può sembrare che le affermazioni basate su un aspetto siano in conflitto con le affermazioni basate su un’altro. Questo fa parte del “motore” dello sviluppo dottrinale, ma è anche un “controllo ed equilibrio” per garantire che nessuno dei tre diventi ipertrofico. Certamente è malsano e porta a distorsioni della dottrina e della vita della Chiesa, se si lascia che gli altri due supporti si atrofizzino.

Adesso qualcuno potrebbe dire: “Ma il Magistero non è l’ultima corte d’appello, quella che ci dice cosa significano o contengono Scrittura e Tradizione?” Sì è vero; ma con alcune importanti avvertenze.

La Scrittura è la Parola di Dio infallibile e ispirata.

Il Magistero non è questo, quindi gli è inferiore ed è al suo servizio (come afferma la stessa Dei Verbum : cfr. n. 10). Il Magistero ordinario universale e il Magistero straordinario sono guide infallibili e proclamatori di verità.

Il problema sorge nelle aree in cui il Magistero potrebbe cadere in errore, e il problema è quando la gente dice qualcosa del tipo: “Non mi interessa cosa dice la Scrittura su A,B e C; Papa Francesco dice X, Y e Z, ed è quello che dobbiamo seguire”. Oppure “Sembra che la Scrittura dica ABC, ma Francesco dice che significa XYZ, quindi è questo che deve significare”. Oppure: «Non importa se la Chiesa ha creduto o fatto ininterrottamente A, B e C; Francesco ha emesso un motu proprio che dice che dovremmo credere o fare il contrario, e questa è la fine della questione”. “Roma locuta, causa finita” non può voler dire “Roma ha parlato; la Bibbia e la testimonianza della Chiesa sono irrilevanti”.

Come dicevo prima, ciascuno ha un certo primato rispetto agli altri. Ecco perché nessuno dovrebbe mai rinunciare alla “lectio divina” (lettura orante della Scrittura) a favore di una “ lectio ecclesiastica ” dove l’unico materiale di lettura sarebbero i documenti papali. Né qualcuno dovrebbe mai rinunciare alla tradizionale lex orandi a favore di una appena costruita, basata sull’ultimo modello della lex credendi secondo un capo vaticano. Per questo gli stessi documenti del Magistero sono stati attenti,- questo è certo per i tempi passati -, a citare in modo completo la Scrittura e altre fonti tradizionali a dimostrazione che l’insegnamento ufficiale deriva dai testimoni su cui si basa la Fede. Questo spiega anche perché il cristianesimo si corromperà sempre se c’è solo Scrittura e Tradizione, senza un’autorità finale che possa risolvere questioni difficili o questioni che potrebbero non essere difficili di per sé, ma lo sono diventate a causa di cattive abitudini intellettuali o concupiscenza disordinata (es. il divieto di contraccezione). Senza un’autorità di insegnamento, un Magistero, I valori della Scrittura e della Tradizione possono essere confusi o soffocati.

Analizzeremo nel seguito come, se uno qualsiasi dei tre “pilastri” è preso come assoluto, diventa vuoto, privo di contenuto.

Gli assolutismi: tentazioni e realtà

  Alcune forme di protestantesimo si attengono al principio “Sola Scriptura“.
 
Se questo principio fosse applicato rigorosamente, il risultato sarebbe la perdita della Scrittura stessa, e non solo per il fatto comunemente addotto che il contenuto stesso del canone è noto solo attraverso la Tradizione. La situazione, in realtà, è peggiore: in assenza di qualsiasi tradizione, di accettazione del lavoro della generazione precedente, ogni generazione dovrebbe ricominciare da capo il lungo viaggio della comprensione e nessuna generazione andrebbe oltre il cammino percorso, sullo stesso sentiero, dalle altre generazioni. Le energie di una generazione risulterebbero sprecate, dissipate in molte direzioni, perché nessuno avrebbe l’autorità di tagliare linee di indagine ritenute infruttuose.

Naturalmente, la realtà è che le comunità che affermano di attenersi esclusivamente alla Scrittura sviluppano sempre, nel tempo, una qualche forma di tradizione (sebbene senza dubbio eviterebbero di chiamarla con questo nome dalla risonanza troppo cattolica) insieme ad almeno un sostituto, de facto, di un magistero. Solo gli estremisti all’interno del mondo protestante cercano effettivamente di vivere la sola Scriptura in tutta la sua purezza. Tali congregazioni, in genere contano su un numero credenti pari a quanti possono essere persuasi a sedersi all’interno di un unico edificio ad ascoltare un unico pastore auto-nominato. Potremmo chiamare questa non la “realtà sul campo” del protestantesimo, ma la sua assillante tentazione.

Al contrario, alcune tendenze all’interno dell’Ortodossia orientale potrebbero essere chiamate “sola Traditione”. Se la tradizione è assunta come un assoluto, in modo che quello tramandato dall’antichità abbia la precedenza su ogni altra considerazione, allora non ha più importanza ciò che viene tramandato.

In questo modo di ragionare, rinascita significa tornare alle epoche passate – non un ritorno a Gesù Cristo come ad una realtà presente, ma un ritorno alle icone ricevute di Cristo, ai testi ricevuti delle Sue parole, agli insegnamenti ricevuti sulla Sua natura, tutto come realtà ormai trascorse. La tradizione presa come un assoluto diventa un compiacimento per le cose come esse sono, una pratica di “ecclesialità” piuttosto che di discepolato cristiano (il termine “ecclesialità” è dello studioso ortodosso padre Alexander Schmemann). Considerare per un momento come vivo e attivo uno qualsiasi dei tesori ricevuti – la Scrittura, per esempio – significherebbe svegliarsi e riconoscere un’altra fonte oltre alla tradizione. Considerata come un assoluto, la tradizione contraddice se stessa, negando l’accesso alle stesse ricchezze che pretende di elargire.

Naturalmente, ancora una volta, molti cristiani ortodossi, pur negando in linea di principio qualsiasi magistero universale vivente, si rivolgono comunque alla Scrittura e agli antichi testi magisteriali con attenzione a ciò che Dio ha da dire adesso. Solo nelle peggiori tendenze dell’Ortodossia vediamo all’opera una mentalità da sola Traditione. Ancora una volta, potremmo identificare questa non come l’Ortodossia praticata sul campo, ma come la tentazione assillante dell’Ortodossia. Questa tende ad essere la posizione predefinita nelle giustificazioni o nelle polemizzazioni.

Il terzo assolutismo, solo Magisterio, è stato lo strano riserbo del cattolicesimo romano – strano perché intrinsecamente meno plausibile degli altri due. Quando l’autorità del Magistero è presa come assoluta, essa ha la meglio non solo su tutta la Scrittura e su tutta la Tradizione, ma anche su tutti gli atti precedenti del Magistero stesso. Solo ciò che dice l’ attuale monarca pontificio ha un peso. Coloro che vivono con una tale mentalità devono abbracciare con tutto il cuore le dichiarazioni papali di oggi, ma devono abbandonarle in modo altrettanto totalitario qualora il prossimo Papa dica qualcosa di diverso o di nuovo. Qualsiasi altro comportamento negherebbe l’autorità assoluta dell’attuale Papa. Di conseguenza, da questo punto di vista, non vi è alcun contenuto definitivo del cattolicesimo.

Naturalmente, come abbiamo visto per i protestanti e gli ortodossi con le loro assordanti tentazioni, anche la maggior parte dei cattolici romani che praticano la loro fede in realtà non pensano che il Magistero abbia un potere assoluto sulla Scrittura e sulla Tradizione; ma ci sono gruppi estremisti all’interno della Chiesa che la pensano in questo modo, come si può vedere esaminando alcune delle apologetiche iperpapalistiche. Forse questa, pertanto, è la tentazione assillante del cattolicesimo romano.

Il vantaggio di tutti e tre i pilastri tenuti insieme

  “Una corda a tre capi non si spezza facilmente” (Ecclesiaste 4,12).

Mentre molti protestanti rifiutano in linea di principio qualsiasi autorità tranne la Scrittura, e i cristiani ortodossi rifiutano in linea di principio qualsiasi magistero universale vivente, i cattolici romani in linea di principio li accettano tutti e tre. Anche se a volte può non essere chiaro come riuscire a conciliare ciò che proviene da fonti diverse, tenere insieme tutti e tre è la chiave per mantenerne uno qualsiasi. Come mai?

Solo con la Tradizione e il Magistero possiamo accettare e accogliere l’intera Scrittura piuttosto che vagare in interpretazioni private e idiosincratiche che possono persino arrivare a rimuovere parti della Scrittura ritenute indesiderate (il marcionismo ne è un esempio estremo). Solo con la Scrittura e il Magistero possiamo accettare e accogliere l’intera Tradizione piuttosto che vagare in incarnazioni idiosincratiche ed etno-nazionalistiche della Tradizione (come nell’Ortodossia). E, soprattutto, solo con Scrittura e Tradizione possiamo accettare e recepire tutto ciò che il Magistero ha detto, sia ieri che oggi, piuttosto che cedere a un “magistero del momento” dipendente solo dalla personalità e dalle preferenze del romano pontefice regnante . Ciascuno dei tre “pilastri” è incorporato nella natura degli altri.

Ragionando per metafore, questi tre elementi sono come tre parti di un corpo organico che richiede il funzionamento corretto di tutte e tre le parti. Quando uno o due degli elementi vengono strappati via, il corpo rimanente cerca di far ricrescere ciò che ha perso. Le nuove parti risultano rachitiche e sgradevoli, ma servono, anche se in modo maldestro, a sostituire quello che manca.

Per esempio, quando i protestanti polemizzano, parlano come se solo la Scrittura fosse la loro guida; ma se osservi da vicino come pensano, parlano e vivono tra di loro, è ovvio che guardano non solo alla Scrittura ma anche alle tradizioni, qualunque sia la denominazione o il gruppo a cui appartengano; e non è meno evidente che hanno una specie di autorità che può decidere cosa sia e cosa non sia accettabile all’interno della comunità (anche i protestanti hanno le loro gerarchie e le loro scomuniche).

Allo stesso modo, quando gli ortodossi orientali polemizzano, parlano come se il Consenso dei Padri, riflesso in un’immutabile Divina Liturgia, determinasse tutto ciò che credono e fanno; ma se si osserva come pensano, parlano e vivono tra di loro, la realtà è molto più complessa, e coinvolge sicuramente un’interazione di tutti e tre gli elementi, anche se quello magisteriale soffre di ipoplasia.

Analogamente, quando i cattolici polemizzano, possono parlare come se solo il Magistero fosse la loro guida; ma se guardi come pensano, parlano e vivono tra di loro, attingono dalla Scrittura e dalla Tradizione in modi che non guardano (o non ne necessitino) al Magistero. [1]

Da qui scaturiscono due aspetti importanti. In primo luogo, le polemiche tendono a far cadere ciascuno di questi gruppi nella propria tentazione assillante in modo esagerato. In secondo luogo, ogni volta che uno dei tre elementi viene minimizzato o negato, prima o poi viene sviluppato qualcosa di analogo per cercare di sostituirlo.

In fondo possiamo sapere che la “Magisteriumitis” è una malattia, perché il Magistero riceve la materia di cui parla, non genera la materia di cui parla (o se lo facesse, sarebbe segno di uno pseudo-magistero ). Si tratta, piuttosto, di una corte d’appello che emette sentenze, il che richiede che ci sia qualcosa di preliminare in base al quale si possa pronunciare un giudizio. I cattolici, oltretutto, parlano della Fede usando quanto è stato loro tramandato sia per iscritto che oralmente e usando il loro potere della ragione, e il Magistero interviene quando necessario per apportare correzioni o chiarimenti. Presuppone qualcosa su cui lavorare.

Il fideismo sotto tre travestimenti

Ciascuno di questi estremi risulta essere una forma di fideismo.

Il fideista protestante crede qualcosa “proprio perché lo dice la Parola di Dio”, senza rendersi conto che non possiamo comprendere questa Parola senza l’intervento della nostra ragione, la testimonianza della Tradizione e la guida dello Spirito Santo che opera nella gerarchia della Chiesa.

Il fideista ortodosso crede qualcosa «perché abbiamo sempre detto o fatto così», senza rendersi conto che questo giudizio presuppone una fonte prioritaria e più autorevole per ciò che è sempre stato detto ed è sempre stato fatto. Dopotutto, ci sono alcune cose che sono state dette o fatte per un certo tempo, o in una certa zona, e che o hanno cessato di essere dette e fatte o non sono mai state dette e fatte da tutti. Il fideista cattolico crede qualcosa «perché lo dice il Magistero», senza riconoscere che il Magistero è servitore di ciò che gli è antecedente e più autorevole del Magistero stesso, cioè la Parola di Dio scritta e non scritta, insieme a tutta la tradizione ecclesiastica che incarna ed esprime questa Parola.

Tutte le forme di fideismo hanno un fondo di verità – altrimenti non potrebbero neanche prendere piede – ma portano anche a distorsioni manifeste e, nella loro forma estrema, a un costrutto irrazionale ed arbitrario che ha perso ogni rapporto relazionale al di fuori di se stesso.

Ora, qualcuno potrebbe obiettare che il movimento tradizionalista all’interno della Chiesa cattolica è un gruppo “sola Traditio” perché (secondo l’obiettore) nega l’autorità del Papa di fare cose che i tradizionalisti non amano.

Ma c’è un modo diverso, e migliore, di pensare all’origine di questo identificativo “tradizionalista”.

Come sostengono molti teologi, il significato fondamentale della Tradizione è la somma totale di ciò che Dio ci ha tramandato nella rivelazione divina. La parte di essa che è stata trascritta si chiama Scrittura, e il resto si chiama Tradizione non scritta o orale. All’interno di questo contenuto tramandato c’è il potere di interpretare la rivelazione, o il potere di insegnamento della Chiesa, il Magistero. Cioè, Scrittura e Magistero sono precontenuti nella Tradizione. Il tradizionalista, quindi, è colui che sottolinea l’unità indistruttibile dei tre pilastri nella loro fonte fondamentale, e che quindi rifiuta ogni esaltazione ipertrofica della Scrittura (come da tentazione protestante), Tradizione in senso riduttivo (come da tentazione ortodossa ), o Magistero (secondo da tentazione dei cattolici “conservatori”).

Ad esempio, l’assurdo insegnamento di papa Francesco secondo cui la pena capitale è ” di per sé contraria al Vangelo”, “inammissibile” , “immorale” e “umilia la dignità umana”, si oppone alla triplice testimonianza della Scrittura, della Tradizione e del Magistero, e quindi non può essere accettato da un cattolico. Se un tale “sviluppo” fosse possibile, nessun capovolgimento nell’insegnamento cattolico sarebbe impossibile, perché qualsiasi cambiamento potrebbe essere giustificato dallo stesso tipo di dialettica evolutiva invocata per il cambiamento della pena di morte. [2]

In questo senso, quindi, il tradizionalista cattolico di oggi è semplicemente un cattolico che è libero dalla malattia mentale della Magisteriumitis e che si sforza, nella sua fede, nella sua vita, nel suo pensiero, di tenere insieme i tre pilastri della Tradizione originaria, cioè, Tradizione scritta, Tradizione non scritta e tutela della Tradizione. - Fonte
_________________________
[1] Ho sentito un cattolico iperpapalista dire che i cattolici non dovrebbero leggere la Scrittura da soli perché tutto ciò che devono sapere è ciò che viene insegnato dai documenti ufficiali della Chiesa o dalla Bibbia nella liturgia, e che è pericoloso — anche protestante — a leggere la Bibbia a meno che il Magistero non abbia affermato cosa significhi un dato passaggio. Questo punto di vista è, tuttavia, così strano ed estremo che non può essere preso in considerazione come rappresentativo. 
 [2] Vedi “A che serve un catechismo mutevole? Rivisitare lo scopo e i limiti di un libro”, in The Road from Hyperpapalism to Catholicism: Rethinking the Papacy in a Time of Ecclesial Disintegration (Waterloo, ON: Arouca Press, 2022), vol. 2, cap. 40, pp. 137–55; cfr. Thomas Heinrich Stark, ” L’idealismo tedesco e il progetto teologico del cardinale Kasper “, Catholic World Report, 9 giugno 2015. 
 [Traduzione di Vincenzo Fedele]

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Solennità dei santi Pietro e Paolo Apostoli. Simone, figlio di Giona e fratello di Andrea, primo tra i discepoli professò che Gesù era il Cristo, Figlio del Dio vivente, dal quale fu chiamato Pietro. Paolo, Apostolo delle genti, predicò ai Giudei e ai Greci Cristo crocifisso. Entrambi nella fede e nell’amore di Gesù Cristo annunciarono il Vangelo nella città di Roma e morirono martiri sotto l’imperatore Nerone: il primo, come dice la tradizione, crocifisso a testa in giù e sepolto in Vaticano presso la via Trionfale, il secondo trafitto con la spada e sepolto sulla via Ostiense. In questo giorno tutto il mondo con uguale onore e venerazione celebra il loro trionfo.

Anonimo ha detto...

Kwasniewski si dimostra un eccellente apologeta del Cattolicesimo, motivo per cui il titolo dell’articolo – ottimo e opportuno, nei tempi e nei contenuti – non mi sembra azzeccatissimo.
I Tre Pilastri non sono, infatti, a mio avviso, “del Cristianesimo” ma del Cattolicesimo.

Tuttavia ho alcune perplessità che l’autore scioglie, in parte, verso la fine. Perchè chiamare “tradizionalista” un cattolico puro e semplice che poggia la sua fede sui Tre Pilastri immutabili, comuni a tutta la Chiesa Cattolica Apostolica Romana?

E ancora, quando si dice dell’assolutismo del “solo Magisterio”, ci si riferisce a gruppi estremisti e non alla maggioranza: questa affermazione a me sembra non corrispondente alla realtà, perlomeno italiana. Soprattutto per quanto riguarda il clero.

Tutto ciò ha una motivazione lampante ma taciuta – e mai affrontata – che ha radice in un concetto erroneo di obbedienza.
Ci dovremmo chiedere: che cosa è l’obbedienza? Come si attua? Perché è così fraintesa, falsificata, inattuale?

Penso sia utile, per il fine di una sana riflessione di partenza, dire subito cosa non è: servilismo.

A titolo puramente esemplificativo, non è raro poter osservare l’atteggiamento adulatorio di una comunità in presenza del Superiore o di monache eccessivamente ossequiose attorno alla loro Madre Badessa.
A fronte di ciò, è poi così difficile comprendere perché oggi, nella Chiesa, la vera obbedienza sia in crisi e, ancor più, pericolosamente tradita?

Obbedire non può essere cortigianeria! Non è mai piaggeria; non è neppure un lecito atto di conformazione all’atteggiamento comune e socialmente atteso – come fosse dovuto – se chi detiene l’autorità non solo accetta ma pretende implicitamente la lusinga da chi, per opportunismo o per ignoranza, si adegua, ricoprendo una posizione inferiore.

Obbedire, allora, lungi dall’essere atto con fine di adulare, compiacere scaltramente o idolatrare è – sul modello di Cristo – quotidiano esercizio di adesione alla volontà del Padre.
Una obbedienza che non si origini dal volersi conformare a Dio – scegliendo gli uomini – non può essere, dunque, obbedienza.

L’intento di questo spunto di riflessione – sia ben chiaro – non è fomentare atteggiamenti ribelli e anarchici, quanto piuttosto porre le basi per indicare a chi compete la necessità di un intervento chiarificatore e illuminante in tal senso.

Oggi, San Juan de la Cruz, direbbe certamente che siamo intrisi dello “spirito di intendere alla rovescia”, che è forse la ragione ultima della devianza “solo Magisterio”…

Occorrerebbe, poi, non lasciarsi trascinare da una visione parcellare distorcente per poter diramare delle contromisure risolutive. In questo la “corda a tre capi” sarà fondamentale.

A concludere – il tema richiederebbe il ricorso alle Sacre Scritture, oltre ad aprire un’infinità di cavilli – ricordo cosa disse il Santo Padre BXVI, neoeletto, il 7 maggio 2005 nella Basilica di San Giovanni in Laterano, a proposito di cosa sia, essenzialmente, il Magistero:
“Il potere conferito da Cristo a Pietro e ai suoi successori è, in senso assoluto, un mandato per servire. La potestà di insegnare, nella Chiesa, comporta un impegno a servizio dell’obbedienza alla fede. Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo”.

Con la speranza che si parli in futuro di obbedienza/disobbedienza: gravissimo problema che affligge la Sposa di Cristo, oggi più che mai, a partire dai vertici.

Anonimo ha detto...

L'origine di questa problematica, a mio parere, giace nel non aver acquisito una sicura capacità di distinguere tra bene e male. Mi sembra un problema con radici americane, noi fino alle generazioni a cavallo tra le due guerre mondiali, pur nella povertà,pur nelle grandi divisioni territoriali, trovavamo questa capacità diffusa semplicemente, naturalmente tra il popolo. Mentre sempre più diventavamo una colonia anglosassone, sempre più perdevamo e stiamo sempre più perdendo i resti della nostra identità e delle nostre chiare capacità fondamentali di giudizio. I nostri stessi metodi di insegnamento hanno preso a modello la cultura americana /anglosassone e non certo l'impianto della nostra scuola cattolica e statale. Con il risultato che anziché elevare il ceto medio basso, abbiamo abbassato quello medio alto (Questo ultimo pensiero lo devo a: Paola Mastracola Luca Ricolfi, Il danno scolastico, La nave di Teseo, 2021).

Anonimo ha detto...

L’articolo è interessante, ma rimane molto lontano dal problema reale che affligge la Chiesa Cattolica: il rito di Bugnini. Oggi siamo di fronte a una feroce persecuzione del Rito Romano Antico da parte di moltissimi vescovi. In molte diocesi vige il divieto assoluto di celebrarlo. I Cattolici di Rito Bizantino per loro fortuna non hanno questo problema. Io sinceramente non capisco l’ostilità del mio vescovo verso la Santa Messa. Tutto va bene tranne il Vetus Ordo. Nella mia diocesi tutti i riti religiosi sono ammessi, tranne il Vetus Ordo. Concedere una Chiesa per la celebrazione di un Santa Messa in Vetus Ordo non gli costerebbe niente, la curia non spenderebbe un centesimo, ma il vescovo non ne vuole sapere. Credo sia una situazione comune a molte diocesi. Non mi pare utile preoccuparsi degli ortodossi, che mai rinuncerebbero alla loro antichissima liturgia. Nella mia regione, ho letto su gloria.tv sono state aperte varie parrocchie ortodosse. Naturalmente con l’aiuto della Chiesa Cattolica. Il vero problema è che i vescovi possono fare tutto e i fedeli laici contano meno di zero se legati al VO. Cosa succederebbe se un patriarca ortodosso decidesse di mutare radicalmente la Divina Liturgia per avvicinarsi ai luterani? È uno scenario quasi impossibile. Qualcosa da imparare dagli ortodossi effettivamente c’è e riguarda Liturgia e Tradizione. Stranamente molti dei nostri vescovi così aperti ed ecumenici sono tremendamente rigidi e incapaci di ascolto su questi temi. Che fare per farsi ascoltare?
Mario

Romanus ha detto...

O felix Roma – o Roma nobilis:
Sedes es Petri, qui Romae effudit sanguinem,
Petri cui claves datae
sunt regni caelorum.
Pontifex, Tu successor es Petri;
Pontifex, Tu magister es tuos confirmans fratres;
Pontifex, Tu qui Servus servorum Dei,
hominumque piscator, pastor es gregis,
ligans caelum et terram.
Pontifex, Tu Christi es Vicarius super terram,
rupes inter fluctus, Tu es pharus in tenebris;
Tu pacis es vindex, Tu es unitatis custos,
vigil libertatis defensor; in Te potestas.

Anonimo ha detto...

Mi pare che gli ortodossi abbiano molti meno problemi di noi. Il nostro principale problema è il rito di Bugnini. La situazione attuale è figlia delle riforme liturgiche di Annibale Bugnini. Ovviamente l’ultima è stata quella più devastante. Oggi quasi nessuno è più interessato ai documenti conciliari, mentre il rito di Bugnini è imposto a tutti quanti. La situazione reale del fedele cattolico oggi è molto peggiore di quella del fedele ortodosso proprio perché nessuna chiesa ortodossa ha dovuto subire qualcosa di analogo alla disastrosa riforma liturgica. Ringrazio con tutto il cuore i valorosi Sacerdoti Cattolici che celebrano il Rito Romano Antico nonostante la persecuzione feroce in atto. La loro opera è immensamente preziosa.
Mario

Totus Tuus ha detto...

Per rispondere all'Anonimo delle 9.52:

Traditio o tradizionalismo? Scelgo la prima...

Navigare nella tempesta. ha detto...

A fronte di queste belle parole, ci permettiamo di evidenziare il passaggio contenuto nel n. 61 della lettera apostolica: «non possiamo tornare a quella forma rituale che i Padri conciliari, cum Petro e sub Petro, hanno sentito la necessità di riformare, approvando, sotto la guida dello Spirito e secondo la loro coscienza di pastori, i principi da cui è nata la riforma. I santi Pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo II approvando i libri liturgici riformati ex decreto Sacrosancti Œcumenici Concilii Vaticani II hanno garantito la fedeltà della riforma al Concilio. Per questo motivo ho scritto Traditionis Custodes, perché la Chiesa possa elevare, nella varietà delle lingue, una sola e identica preghiera capace di esprimere la sua unità. Questa unità, come già ho scritto, intendo che sia ristabilita in tutta la Chiesa di Rito Romano».
Ciò significa, senza i tanti giri di parole, che per volontà espressa dal Santo Padre non vi è posto nella Santa Chiesa Cattolica del rito e del carisma tradizionali.
Forti di quanto scritto più volte da Sua Santità Benedetto XVI sulla impossibilità dell'abrogazione del Messale tradizionale, NOI NON CI STIAMO e il proponimento - non giuridico e senza basi magisteriali - di Papa Francesco NON HA VALORE.
http://blog.messainlatino.it/2022/06/breaking-news-lettera-apostolica-di.html#more

Anonimo ha detto...


Il problema è il "rito di Bugnini".

Ma perché continuare a sviare la responsabilità del misfatto liturgico da Montini a Bugnini, suo sottoposto e fedele esecutore dei suoi ordini?
Il vero colpevole, su tutti, è e resta Montini, Paolo VI.

Anonimo ha detto...


"Nella mia diocesi si aprono parrocchie ortodosse con l'aiuto della Chiesa cattolica.."

Con la scusa della simpatia che gli ortodossi suscitano per aver conservato l'antica loro bella liturgia (questa è l'opinione comune) si dimentica che per loro noi siamo degli eretici vitandi. Considerano un'usurpazione la pretesa del Papa di esser riconosciuto quale capo della Chiesa universale (dovrebbe essere caso mai il patriarca di Costantinopoli, secondo loro o alcuni di loro), considerano i cattolici eretici per via del Primato petrino, della questione del Filioque e per altri motivi.
La Chiesa cattolica via di testa continua a distruggere se stessa e a lavorare per i suoi nemici, a tutto orizzonte.
E la maggioranza dei credenti, dietro, senza nulla voler capire.
O.