Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 31 gennaio 2023

Anno nuovo: voto di silenzio? - don Elia

Vide ut sileas; noli timere, et cor tuum ne formidet (Is 7, 4).
Dopo otto anni di attività e centinaia di articoli, si può sentire un forte bisogno di fare una pausa per ritirarsi in sé stessi e dedicarsi alla ricerca esclusiva dell’intimità con Dio. Nel profluvio di parole della società moderna, uno teme di farsi complice della strategia di distrazione di massa, che tiene le persone lontano dal proprio centro interiore e le estrania sempre più dal mondo dello spirito. Non solo questo, ma sottentra spesso lo scrupolo di contribuire più al male che al bene con la denuncia di crimini e abusi o la messa in guardia da difetti e pericoli, col rischio di far pubblicità al peccato e amplificare gli scandali, causando costernazione nei lettori e inducendoli, seppur involontariamente, allo scoraggiamento. L’astensione da ogni commento sarebbe molto più comoda per la tranquillità dell’anima, non più tormentata da perplessità e incertezze.

Le responsabilità connesse all’ufficio di Pastore, d’altro canto, non consentono di dar la precedenza alle aspirazioni personali. Dietro il pensiero di rinchiudersi nel silenzio può nascondersi una sottile tentazione sotto apparenza di bene, mirante a distogliere qualcuno dal compito che la Provvidenza gli ha affidato, specie se, malgrado la sua indegnità e inadeguatezza, riceve inoppugnabili riscontri dei benefici apportati dal suo parlare, che scaturisce ogni volta dalla preghiera e dalla meditazione. Occorre guardarsi, ovviamente, anche dal vizio opposto all’eccessiva minuzia nel valutare l’agire personale, ossia dall’abitudine di incensarsi da sé approvando tutto in base al giudizio proprio anziché a quello divino, che si manifesta mediante un buon confessore o direttore spirituale. Il fondamentale criterio di discernimento, in definitiva, è l’adempimento della volontà di Dio in funzione del bene reale delle anime, piuttosto che dell’autoaffermazione individuale.

Una buona soluzione può essere quella di utilizzare questo spazio in primis per un’educazione a coltivare l’interiorità e la relazione col Signore, così che da essa parta lo sguardo sulla realtà del mondo contemporaneo e ad essa ritorni l’osservazione di ciò che accade intorno a noi. In tal modo potremo mantenere l’obiettività e, soprattutto, non perderemo di vista il senso soprannaturale di ogni cosa. Le analisi delle vicende politiche ed ecclesiali, per quanto imperfette e limitate, devono aiutarci a discernere le scelte che Dio vuole da noi, in maniera che non solo siamo preservati dalle minacce che incombono, ma riusciamo anche a vivere, con l’aiuto della Sua grazia, in modo a Lui gradito. Questo approccio ci consentirà di mantenerci immuni dalle derive dell’autosufficienza e della presunzione, nonché di evitare gli scogli della superbia e dell’orgoglio.

La cura dell’intimità con Dio esige indubbiamente lo sforzo di tacere ogni volta che sia opportuno e quello di allontanare le sorgenti di dissipazione. A tal fine è imperativo tenere spento il televisore il più possibile e gestire con ferrea disciplina i mezzi di comunicazione, a cominciare dal cellulare; si tratta infatti, oggi, delle principali fonti di manipolazione mentale, ossia di quella colossale opera di soggiogamento delle coscienze con cui l’impero globale della finanza ha asservito gran parte della popolazione mondiale. La libertà d’azione richiede, come imprescindibile presupposto, la libertà interiore; quest’ultima è garantita soltanto a chi sa collocare il cuore nel silenzio di Gesù, nel quale sbocciano continuamente luce e vita sempre nuove. L’occhio dell’anima, reso luminoso da questi doni, coglie allora la realtà come la vede Lui, con il Suo giudizio ad un tempo severo e traboccante di misericordia, dato che mira a liberare gli uomini da ciò che li opprime.

Questa scelta è decisamente controcorrente, in una società che glorifica la logorrea boriosa e in un ambiente ecclesiale che affoga in vaniloqui. La commistione tra l’una e l’altro risale ormai a oltre cinquant’anni fa, come ricorda un lettore che all’epoca era già adulto: «La saggia ammonizione sul rischio di farsi coinvolgere in discorsi che probabilmente non son buoni mi fa pensare – ahimè – all’immensa quantità di PAROLE che in campo ecclesiastico si sono sprecate senza portare alcun frutto. Ricordo un po’ com’era l’atmosfera del tempo, anche se allora non me ne interessavo troppo: come ci si compiaceva di entrare in questioni politiche, sociali, economiche, psicologiche che per il clero erano una novità: “Finalmente la Chiesa si apre alla modernità; abbiamo tanto da imparare dal mondo. Che bello!”. Ma la smania dei preti tuttologi che vantaggi ha portato?».

Mi sovviene a mia volta che, benché poco più che adolescente, dopo riunioni-fiume in cui ci si era profusi in proclami che promettevano cambiamenti a tutto campo, dovevo regolarmente concludere, tra me e me, che fuori nulla era mutato nel frattempo, ma tutto era rimasto com’era; unico beneficio, l’appagamento degli oratori e il compiacimento degli uditori. Non v’è chi ignori, tuttavia, che tale sbornia verbale non si è certo esaurita allora: anche oggi certe Messe assomigliano a un mare di chiacchiere in cui, qua e là, galleggia ancora qualche elemento cultuale che i preti, con tutto il loro zelo attualizzante, non son riusciti ad espellere; per avvicinare i riti all’esistenza quotidiana, hanno secolarizzato i primi e privato la seconda delle principali risorse concesse ai credenti per affrontarne le sfide. Ancor più grave è che, in tal modo, hanno estromesso Gesù Cristo dalla Liturgia per mettere al centro sé stessi, come vanitose vedettes. La conseguenza più immediata è lo spegnimento, nel culto come nella vita, del dialogo con Dio.

L’incapacità di ascoltare il Signore e di parlare con Lui ha prodotto una radicale solitudine anche tra gli uomini, ormai incapaci di vera comunione, ma risucchiati nel vortice di incontri e assemblee in cui ognuno tenta di prevalere sugli altri con la propria opinione, mentre le parole si sovrappongono alle parole, spingendo fuori della memoria quel poco che potrebbe pur esserci di buono. In tale triste situazione di conflittualità perenne, l’unica, apparente àncora di salvezza, per chierici e fedeli, sono le fughe affettive, talvolta lecite, più spesso illecite. L’assimilazione alla società corrotta del nostro tempo, del resto, non poteva portare altro frutto che l’adeguamento alla sua “morale” perversa; certo clero si è talmente aperto al mondo da essersene innamorato e, inevitabilmente, ha finito con l’odiare Cristo. Chi ancora offre la direzione spirituale, molto spesso, anziché fornire consigli pratici basati sull’esperienza di due millenni, confonde i malcapitati con le sue considerazioni intellettualistiche o psicologistiche, prive di ogni rapporto, a volte, con la realtà concreta.

Nell’ebbrezza del democraticismo imperante, molti Pastori amano apparire popolari, ma sono il più sovente despoti, ognuno al suo livello. «È stato posto il principio – prosegue il nostro lettore – che non ci siano più scomuniche di ordine teologico e morale, ma che vi siano, e come, scomuniche di carattere ideologico. Adesso si scomunica l’omofobia, il sovranismo, il populismo: l’arbitrarietà della chiacchiera è totale». Quel che si sente in certe omelie supera l’immaginabile: l’infondatezza e l’ignoranza trionfano con accenti perentori che non ammettono possibilità di replica. Il puro arbitrio individuale impazza altresì nell’applicazione alla sacra Liturgia di norme sanitarie che non sono più in vigore, casomai avessero prima una parvenza di legittimità e di ragionevolezza; qualsiasi obiezione, per quanto garbata, all’imposizione della comunione sulla mano è liquidata con fantasiosi rimandi a ciò che avrebbe fatto Gesù o con osservazioni non pertinenti sull’impurità della lingua, come se il comunicando non dovesse esser prima assolto dai peccati gravi e aver chiesto perdono di quelli veniali, così da ricevere l’Eucaristia in modo degno.

In un contesto del genere si può ben comprendere sia l’invito che l’aspirazione a migrare verso la Messa tradizionale; non tutti però, per le più svariate e sacrosante ragioni, possono permetterselo. Il consiglio generale rimane quello di andarvi se e quando possibile, cercando comunque una chiesa in cui il nuovo rito sia celebrato almeno con decoro e senza abusi. Le testimonianze di diversi lettori ci assicurano che, con la buona volontà e l’aiuto della Provvidenza, prima o poi si riesce a trovarla: sono tanti i sacerdoti che, malgrado tutto, han conservato la fede e la devozione; le posizioni estremistiche che li giudicano tutti indistintamente modernisti perduti le lasciamo a quanti si son posti fuori della comunione ecclesiastica. Nel caso di provvedimenti ingiusti contro la celebrazione della vera Messa, evitiamo la disobbedienza aperta (che non si può giustificare se non da chi si considera al di sopra dell’autorità costituita), pur mantenendo una sana libertà di coscienza per continuare a seguire la strada buona in modo discreto, senza cercare lo scontro diretto. Con le situazioni irregolari già esistenti e non risolvibili nell’immediato, poi, si può ammettere una tolleranza de facto, senza pretendere di legittimarle de iure e ancor meno crearne di nuove. Di fronte ad eventuali polemiche suscitate da questa posizione, osserviamo il santo silenzio.
Bada a tacere; non temere e il tuo cuore non si spaventi (Is 7, 4).

25 commenti:

Catholicus.2 ha detto...

Dobbiamo sopportare con pazienza le ingiurie che ci si fanno, ma quando, dinanzi a noi, una bocca sacrilega vomita bestemmie contro Dio, noi, lungi dall’essere pazienti, dobbiamo resistere all’empio e condannare la bestemmia, senza nascondere la nostra indignazione».
Sant’Agostino

Anonimo ha detto...

Il silenzio è una grande disciplina, anche io sono sul punto di i iniziare sul serio questo esercizio intanto non c è peggior sordo di chi non vuol sentire, tuttavia la parola giusta al momento giusto ha una carica che arriva sempre a segno.

Anonimo ha detto...

Se Sant'Atanasio avesse evitato la disobbedienza aperta e pensato a conservare solo la sua "sana libertà di coscienza", dove saremmo ora?

Anonimo ha detto...

Concordo in pieno con il commento di Catholics e con quelle delle 14:24.
"Nel caso di provvedimenti ingiusti contro la celebrazione della vera Messa, evitiamo la disobbedienza aperta (che non si può giustificare se non da chi si considera al di sopra dell’autorità costituita" : SBAGLIATO: AGLI ORDINI ILLEGITTIMI NON SI È TENUTI AD OBBEDIRE e LA MESSA DI SEMPRE NON PUÒ ESSERE PROIBITA (indulto perpetuo di San Pio V).
PURTROPPO È FIN TROPPO DIFFUSA LA PIAGA DELLA FALSA OBBEDIENZA (per ignoranza, pavidità, convenienza o errata concezione del rapporto fra autorità e Verità (conservatorismo)).
"Le posizioni estremistiche che li giudicano tutti indistintamente modernisti perduti le lasciamo a quanti si son posti fuori della comunione ecclesiastica".
A parte il fatto che al non tutti li considerano "modernisti perduti", Don Elia invita alla prudenza nel giudicare quando proprio lui, una riga dopo, parla di persone che si sono poste "fuori della comunione ecclesiastica".
Ma dovrebbe ben sapere che neppure un eretico è fuori dalla comunione ecclesiastica se l'eresia è soltanto materiale e "Don Elia" non può giudicare il foro interno di persone che neppure conosce.
O forse crede che siano "fuori dalla comunione ecclesiastica" tutti quelli che non la pensano come lui?

Enrico Maria Radaelli ha detto...

Mi si permetta di intervenire raccogliendo ciò che ho scritto alle pp. 359-60 del mio Al cuore di Ratzinger. È lui il Papa, non l'altro:
San Tommaso, nell’articolo dove il Dottore si chiede Se un suddito sia tenuto a correggere il suo prelato (e si noti il verbo indicante un vero e proprio dovere, non una libera disponibilità), conferma: « Non spetta ai sudditi nei riguardi del loro prelato la correzione, perché essa, mediante la coercizione della pena, è un atto di giustizia. Ma la correzione fraterna, che è un atto di carità, spetta a tutti nei riguardi di qualunque persona, verso la quale siamo tenuti ad avere la carità, quando in essa troviamo qualcosa da correggere » (S. Th., II-II, 33, 4).
Su tali salde basi dottrinali, col Canone 212 del CIC la Chiesa si premura disporre che la correzione filiale trovi i modi più garbati ma anche più solleciti per manifestarsi appieno: « I fedeli, … hanno il diritto, e anzi talvolta il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto dei Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità della persona ».
E con ciò sappiamo che dunque un suddito, un meschinello qualsiasi, non solo può, ma deve, se la sua prudenza e il suo consiglio glielo suggeriscono e così lo spingono, compiere l’atto di carità di avvicinarsi, col più vivo rispetto, e anche pubblicamente, al prelato che ritiene in errore, e dargli così modo di valutare le cose alla luce dei rilievi postigli in mano anche dal più infimo anellide dei fedeli.

Un meschinello qualsiasi

Anonimo ha detto...

"Don Elia", come De Mattei e altri intellettuali che erano di riferimento fino a qualche tempo fa, si sono involute in un pensiero contorto, hanno cambiato bersaglio. Prima combattevano il nemico modernista, ora con la scusa del modernismo attaccano le persone che non vanno loro a genio. Pazienza.

Catholicus ha detto...

Purtroppo è accaduto anche al bravo Alessandro Gnocchi, autore anni fa, con Mario Palmaro (R.I.P.) di ottimi saggi di apoligetica cattolica ( Catholic Pride, Il pianeta delle scimmie, La bella addormentata, ecc); fa tanta tristezza assistere a simili " inversioni a U", a simili birate di 180 gradi. Che il Signore ci risparmi altre simili delusioni, sono così pochi i componenti del " piccolo resto" di evangelica memoria....

Anonimo ha detto...

Il vostro articolo su Cionci Radaelli è stato cancellato: oggi l'ho letto e stassera mi dice indisponibile?

Anonimo ha detto...


Papa Francesco continua indefessa mente nel suo metodico lavoro di demolizione della morale cattolica e naturale.

Ultimi dati, dal NBQ e LSNews:

-- A seminaristi catalani in Barcellona ha detto che bisogna assolvere sempre in confessione anche quando chi si confessa non appare affatto pentito.
-- Pochi giorni fa ha detto che in Kenia sbagliano a considerare l'omosessualità un crimine, punibile penalmente. È un peccato, ha detto, ma non dovrebbe essere un crimine, un reato sanzionato dalle leggi. Occorre misericordia, più misericordia.
-- A questo proposito il famoso gesuita americano Martin, tenace e vocale propagandista gay all'interno della Chiesa, ha mandato una lettera al papa chiedendogli cosa intendeva dire definendo l'omosessualità un peccato?
Risposta: è un peccato però in certe situazioni concrete, anche compiere l'atto disordinato del peccato omosessuale, può non essere peccato. Dipende dalla situazione.
Lo stesso modo di ragionare impiegato dal papa quando ha sdoganato i rapporti sessuali adulterini tra le coppie eterosessuali divorziate conviventi more uxorio.
La logica non è il forte di papa Francesco, che ignora del tutto il principio di identità e non contraddizione. Forte e sempre più determinata appare comunque la sua volontà di non lasciare pietra su pietra della morale naturale e cattolica, in nome di una falsa nozione di misericordia.
Di fronte a questo scempio, cosa dobbiamo fare, starcene in silenzio, cercando il raccoglimento "mistico" con Gesù, come sembra suggerire don Elia, perché dobbiamo sempre essere obbedienti all'autorità, se non vogliamo cadere nel peccato di superbia?
O non dovremmo metterci a gridare tutti dai tetti?
Z.

mic ha detto...

Il discorso di don Elia vale per lui e per la sua coscienza e in quanto tale va rispettato.
Ma ognuno di noi sa perché continua a non tacere, pur consapevole dei rischi e delle pecche ma anche di cos 'è che lo muove e mettendosi continuamente in discussione.
Appena riesco approfondirò il discorso...

Anonimo ha detto...

Omelia - BEATI I POVERI IN SPIRITO - p. Alessandro M. Apollonio, FI
https://www.youtube.com/watch?v=TeNmdNPf_Is
Omelia della s. Messa del 29 Gennaio 2023, IV Domenica del Tempo Ordinario, Anno A, tenuta da p. Alessandro M. Apollonio, FI.

Anonimo ha detto...

Il peccato è menzogna e distorsione spesso violenta del reale. Il peccato abituale altera il pensiero, il sentire ed il volere. Se la nostra società è quella che è dipende dal fatto che viviamo da secoli in un crescendo di menzogne e violenze che si moltiplicano reciprocamente tra pubblico e privato e viceversa.


Anonimo ha detto...

Atanasio aveva dalla sua il pronunciamento di Nicea. Diamine...

Anonimo ha detto...

@ mic31 gennaio, 2023 22:33
"Il discorso di don Elia vale per lui e per la sua coscienza e in quanto tale va rispettato"

No, mic, non è così.
"Don Elia" non dice che vale per lui, ma indica e predica ciò chiaramente come un principio valido per tutti, stigmatizzando nel contempo coloro tale principio non seguono.

Anonimo ha detto...

Anonimo delle 05:03,
I tradizionalisti, oltre al Concilio di Nicea, hanno dalla loro altri 19 Concili dogmatici e parecchio magistero definitivo (e pertanto irriformabile).
Hanno dalla loro anche una esplicita condanna del modernismo.
E poi non vorrà paragonare il modernismo all'arianesimo? Il modernismo comprende e supera di molto l'arianesimo.

Anonimo ha detto...

Ognuno ha i suoi tempi, se Don Elia ora ha bisogno di silenzio che taccia serenamente; se un altro viceversa in silenzio è già stato o sentirà la necessità di stare in silenzio tra qualche anno, benissimo. Ognuno si muova liberamente. Viceversa se andiamo a fare gli esercizi spirituali a Roccacannuccia, quando è tempo di silenzio, in silenzio Si Deve stare, Tutti.

Anonimo ha detto...

Don Elia, è uno dei pochi sacerdoti che oltre a difendere la retta dottrina difende anche dal pericolo di derive scismastiche ( presenti in una parte del tradizionalismo) e che minano l'unione con la Chiesa visibile (Corpo mistico di Cristo). Inoltre, denuncia anche la mancanza di carità (regina delle virtù) in una parte del mondo tradizionalista, poiché si riduce a pure forme intellettualistiche prive di una corrispondente vita di ascesi...La verità va difesa tutta intera, non soltanto una parte. Bravissimo don Elia

Anonimo ha detto...

I tradizionalisti? Credo ogni cattolico. Ad ogni modo indipendentemente dall'arianesimo il discorso è semplice : Atanasio combatteva professi eretici tali già dichiarati

Anonimo ha detto...

@ anonimo 01 febbraio, 2023 19:35
"Atanasio combatteva professi eretici tali già dichiarati"

In verità combatteva anche i semi-ariani, cioè i sostenitori del compromesso, quelli che oggi sono chiamati conservatori (non c'è bisogno di far nomi)

Anonimo ha detto...

Anonimo delle 19:35,
Professi eretici già dichiarati DA CHI?
Non certo dalla "chiesa docente".
Quasi tutti i vescovi aderirono al semiarianesimo e ci aderì pure papa Libero : Atanasio fu condannato dall'autorità legittima e fu anche esiliato e scomunicato.
Nonostante ciò non smise di combattere i semiariani.
Dalla sua aveva "solo" un dogma di fede, contro di lui c'era l'autorità della chiesa.
La sua situazione non era diversa da quella dei cattolici tradizionalisti di oggi, tranne il fatto che i modernisti negano molte più verità di fede di quante ne negassero gli ariani e i semiariani.
Il modernismo è inoltre già stato condannato come "sintesi di tutte le eresie".

Anonimo ha detto...

Anonimo delle 15:45,
Don Elia dovrebbe pensare innanzitutto alla carità delle anime che ha direttamente in cura e, soprattutto, alla sua carità personale!
Come può permettersi di vedere e condannare presunte mancanze di carità in persone che neppure conosce personalmente?
È questo un comportamento caritatevole?
I toni livorosi che usa nei confronti di fedeli che lui giudica scismatici (fra cui i lefebvriani, che scismatici non sono) sono tutt'altro che un'esempio di carità.

Anonimo ha detto...

@ Anonimo02 febbraio, 2023 02:46

Verissimo quanto lei dice qui.
Quella di "don Elia" contro la FSSPX è una guerra giurata del tutto ideologica.
D'altronde ricordo bene che su questo stesso blog anni fa in occasione di rimostranze simili egli riconobbe direttamente di avere nientemeno che il dente avvelenato contro i lefebvriani.

D'altro canto, scorrendo il sito della FSSPX non sono riuscito a trovare un solo accenno riguardante i suoi velenosi attacchi. Evidentemente qui la carità nella totale discrezione nei suoi confronti supera di gran lunga quella da lui sbandierata "per il bene delle anime" che lui vuole salvare dalla perdizione (quella - a suo dire- perdizione)

Catholicus ha detto...

@Anonimi 2:46 e 10:31 : concordo pienaamente con entrambi, cari amici, quanto a ciò che sostenete riguardo a Don Elia; confesso amaramente che in un primo tempo mi aveva entusiasmato, con i suoi toni altisosanti e carismatici, ma poi, col tempo, notando le sue giravolte ed i supoi toni minacciosi, ho fatto presto a ricredermi totalmente su di lui, e adesso non leggo più niente di lui, ho cancellato il suo blog dalla mia rubrica, e ne ho guadagnato in serenità e pace spirituale; personalmente, ho una grande ammirazione per la FSSPX, almeno fino al 2012, e considero il suo Fondatore come uno dei più grandi santi del secolo scorso (alla faccia delle fasulle canonizzazioni dei papi del Concilio e postconcilio)...

Lodate Dio! ha detto...

Dal giorno 14 di Febbraio ricomincerà l’itinerario di preparazione alla Consacrazione a San Giuseppe, chi vorra'avvalersene trovera' nel sito a seguire le singole tappe giornaliere. A lode e gloria di Dio e della Sua SS.Madre!
https://crociatasangiuseppe.blogspot.com/

Anonimo ha detto...

Questo annuncio di silenzio per l'anno in corso è una fakenews: nella settimana dopo a questo articolo ne è uscito regolarmente uno successivo, come sempre.