Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 22 febbraio 2022

Bergoglio nomina vescovo il teologo che “arruolò” l’anti-Ratzinger et alia

Don Roberto Repole è da qualche giorno il nuovo arcivescovo-metropolita di Torino e di Susa (due sedi oggi riunite in persona episcopi). 
Non meriterebbe parlarne se non fosse che è il teologo che nel 2018 ha curato la pubblicazione degli undici volumetti della Libreria Editrice Vaticana “La teologia di papa Francesco” che Benedetto XVI rifiutò di recensire. Ne abbiamo dato notizia in diretta [qui].
A suo tempo, nel corso di una conferenza stampa, mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, cercò di far credere all’opinione pubblica che Benedetto XVI approvasse tale iniziativa e il nuovo paradigma teologico che vi era esposto. Lo fece manipolando la lettera con cui invece Benedetto XVI aveva addirittura negato la propria recensione. Fu tale lo scandalo che il Viganò fu costretto a dimettersi, ma papa Francesco lo fregiò incarico particolare nella stessa Segreteria per la Comunicazione.
Curatore della collana in predicato è il teologo torinese don Roberto Repole che, nell’occasione, si servì di colleghi teologi — in linea con la sua attitudine a mantenersi in un dialogo vivo con la cultura del mondo contemporaneo — i quali si erano già distinti per la loro opposizione al magistero dei precedenti pontificati mentre, nell'attuale, finalmente si trovano nel loro elemento. Tra essi il tedesco Peter Hünermann che «durante il mio pontificato si è messo in luce per aver capeggiato iniziative anti-papali ... inoltre attaccò in modo virulento l’autorità magisteriale del Papa specialmente su questioni di teologia morale», come ha scritto [qui] Benedetto XVI nella sua lettera di diniego a recensire la collana.

Per la stessa collana, sempre nella linea del cosiddetto pensiero umile sbandierato da Bergoglio e dai suoi corifei, è anche la scelta di affidare la trattazione della teologia morale di papa Francesco a don Aristide Fumagalli che, nell’occasione, in linea con l'Amoris laetitia — per la quale notoriamente sono stati ignorati i Dubia di 4 cardinali e gli appelli di diversi studiosi e pastori [qui] —, non mancò di promuovere il «matrimonio progressivo», che apre la porta all’idea che azioni intrinsecamente cattive possano diventare, all’interno del matrimonio progressivo, l’unico bene possibile in un dato momento... 

Lo stesso don Repole. in uno dei libretti, presenta l’ecclesiologia bergogliana: Il sogno di una Chiesa evangelica, dove le sue idee si intrecciano a quelle del suo mentore. Una linea ecclesiologica di rottura rispetto alla Communionis Notio della Dottrina della Fede, inviata nel 1992 a tutti i vescovi del mondo per chiarire che la Chiesa universale non è il risultato della somma o della comunione delle Chiese particolari, ma «è una realtà ontologicamente e temporalmente previa ad ogni singola Chiesa particolare» (n. 9). Com'è ormai più che evidente, invece per Bergoglio vale la linea Kasper «per cui non si possa intendere l’universalità della Chiesa come realtà previa all’esistenza delle Chiese locali». Un passo avanti nell'ottica dell’ossessione per la sinodalità che caratterizza l'attuale pontificato [qui - qui - qui]. 

 Ed ora a Don Roberto Repole è arrivato il “premio” per aver saputo “arruolare” i teologi adeguati in quell’occasione, ma soprattutto per aver ben recepito il cambio di paradigma. Lui stesso è stato relatore a un incontro, dal titolo ambiguo, di cristiani omosex. Emblematica (il titolo dice tutto) la sua tesi di dottorato in teologia sistematica (2001) presso la pontificia Università Gregoriana in Roma: «Chiesa pienezza dell’uomo. Oltre la postmodernità: G. Marcel e H. de Lubac». E così è stato nominato, a soli 55 anni, arcivescovo-metropolita di Torino, anticamera per il cardinalato. In una Chiesa irriconoscibile.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Oggi nel Vangelo si sente una frase del Signore che è molto citata, spesso in latino: “Portæ inferi non prævalebunt". Insomma, come dire: per male che possano andare le cose, Dio non ci abbandonerà, non può abbandonare la Sua Chiesa.
Corretto. Egli non ci abbandona, perché – dice san Paolo – se anche noi siamo infedeli, Egli rimane fedele. Tuttavia, Dio ha accettato una terribile limitazione – se mi consentite l’espressione – alla propria onnipotenza: la libertà umana. Per cui sì, Dio non ci abbandona. Ma cosa succede se noi lo abbandoniamo? Dio rimane fedele; ma se noi ci ribelliamo a Lui, quale sarà la Sua reazione? Ci aspettiamo senz’altro una spettacolare irruzione divina che metta le cose a posto. Vediamo che la Chiesa sembra talvolta sfaldarsi in certo marciume ed attendiamo l’intervento di Dio. Ma per il momento cosa abbiamo visto? Per ora la risposta di Dio è il silenzio. È il vuoto. È l’aridità.
E se fosse questa la Sua risposta? Il salmo 49, ad un certo punto, presenta una dura requisitoria di Dio contro il Suo popolo peccatore: voi continuate a blaterare di teologia, ma cosa fate? Non rispettate le mie parole, rubate, vi abbandonate all’impurità, con la bocca ne dite di ogni, sparlate l’un l’altro. Nella traduzione dei LXX, a queste durissime accuse segue inaspettatamente la dichiarazione divina: “Questo hai fatto e io ho taciuto” (in latino: hæc fecisti, et tacui).
Non mi spaventa il castigo di Dio. Anzi, è consolatorio, persino se io fossi tra i castigati: perché almeno Dio si mostrerebbe, farebbe giustizia, si rapporterebbe con noi, pur se nella Sua ira.
Mi spaventa molto, invece, questo silenzio di Dio. Non si tratta di pensare ad una ripicca di Dio, ma piuttosto di una conseguenza della nostra autosufficienza: l’uomo vuol fare da solo? Vuol fare senza Dio? Ebbene, ecco che Dio lo lascia agire, pare quasi ritirarsi dalla creazione e lasciare che l’uomo agisca, da solo, nella propria follia. E Dio tace.
Questo può avvenire nella Chiesa? Fino alla fine, no: Dio non può abbandonarci in eterno. Ma per un certo periodo (quanto lungo?) forse può succedere. Almeno fino a quando durerà il nostro orgoglio auto-distruttore, almeno fino a quando non si troveranno dieci giusti per salvare tutta l'umanità.
Qualcuno potrebbe contestarmi che il testo evangelico, che ho citato all’inizio, esclude tutto questo. In realtà, penso dobbiamo chiederci: veramente la Scrittura si adempie nei modi in cui noi attendevamo e attendiamo (parlo specialmente delle promesse di Dio e delle profezie)? Pensiamo al Messia: se avete letto l’Antico Testamento, voglio chiedervi: veramente leggendo Isaia, Geremia, il Pentateuco, la prima cosa che vi viene in mente è che il Figlio di Dio, seconda Persona della Trinità, si incarna in una vergine di un oscuro villaggio galileo e poi finisce crocifisso dai pagani su istigazioni della gerarchia giudaica e poi risorge dopo tre giorni, sale in Cielo e manda lo Spirito Santo?
Con questo voglio dire: le promesse di Dio si adempiono certamente, ma in genere in modo molto diverso da quello che ci saremmo aspettati. La lettura più ovvia del testo biblico generalmente non è mai del tutto esatta (o completa). Per cui certamente le porte degli inferi non prevarranno, ma cosa significa questo concretamente? La verità è che non lo sappiamo e che il futuro potrebbe riservarci molte sorprese.

Fuori tema, ma non troppo.. ha detto...

Ieri ho letto l'articolo,oggi,ritornandovi, mi e' piaciuto ingrandire questo viso.
E' bello. E' bello gia' di suo perche' mamma e papa'l'hanno fatto così ma non e' quella bellezza terrena che volevo sottolineare, bensì la bellezza dell'anima che scaturisce da questo volto sereno, in cui corpo e anima (almeno in foto)sono pacificati. Un'immagine di ordine, di pulizia, fuori e dentro; di pensieri in ordine, così come il Padre il Figlio e lo Spirito Santo Sono in ordine.Guardo questo viso e mi da' gioia,mi da' serenita',vedo su di lui il riflesso della luce di Dio.
https://gloria.tv/post/R7ZNDSMCJsHx1R6QK3v89AxQY

Si puo' fare il Prete con la dignita'che e' dovuta dall'essere Amministratore delle cose di Dio? O e' meglio che si spoglino delle vesti che li distinguono dall'essere carpentieri,idraulici,homeless ecc.ecc.?
Per esercitare la carita' nelle bidonville e' necessario non farsi riconoscere per la propria vocazione?

Se non altro Bergoglio si mostra per quello che è ha detto...

Bergoglio qualche giorno fa ha nominato Walter Ricciardi – sì proprio lui, il talebano vaccinista consigliere di Roberto Speranza, uno dei membri più visibili e loquaci sui giornali della Banda del Siero – membro ordinario della Pontificia Accademia per la Vita (PAV).
Ricciardi ha avuto – e magari ha ancora – seri problemi di conflitti di interessi in relazione alle case farmaceutiche. Il Vaticano, e il pontefice regnante, che ha ricevuto due volte discretamente il CEO di Pfizer, Albert Bourla, sono dei testimonial eccellenti per il siero genico (ricordate l’assurdo slogan dell’ “atto di amore?). La nomina di Ricciardi fa pensare che a questa sconsiderata politica della Santa Sede non siano estranei consigli e suggerimenti del talebano vaccinista.

Anonimo ha detto...

"Dio e Chiesa non sono concetti sacri; nella Chiesa deve entrare la democrazia, la Chiesa deve adeguarsi ai tempi, (negazione aperta della Parola); il passato non si cancella, ma quella Chiesa è finita per sempre! Il prete non deve stare a pregare, a celebrare, deve occuparsi solo di carità!"
L'inquietante Vescovo di Torino Don Repole, modernista.

Anonimo ha detto...

Assistenti sociali mancati?