Cork, Irlanda, 10 LUGLIO 2012 / 13:42 ( CNA ) -. Il Cardinale Raymond L. Burke è convinto che l'uso "eccessivo" della concelebrazione - la pratica dei preti che dicono messa collettivamente - può dare come risultato l'oscuramento del loro ruolo unico nella sacra liturgia.
Il capo del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, il 9 luglio, ha detto a CNA (Catholic News Agency) :
«Non credo che ci dovrebbe essere un eccessivo incoraggiamento alla concelebrazione, perché la norma è che il sacerdote offra individualmente il Santo Sacrificio della Messa. Se la cosa diventa frequente, si può sviluppare in lui il senso di essere uno dei partecipanti, invece di essere realmente il sacerdote che offre la Messa».
Uno dei più alti prelati della Chiesa cattolica americana ha parlato a CNA qualche momento dopo aver tenuto un intervento in una conferenza internazionale sulla liturgia nella città irlandese di Cork. L'evento di tre giorni, organizzato dalla Società della S. Colman per la liturgia cattolica, ha esplorato il tema « Celebrare l'Eucaristia: Sacrificio e Comunione ». L'ex arcivescovo di St. Louis ha espresso la sua preoccupazione per il fatto che, nonostante l'azione del sacerdote sia distinta, «potrebbe sembrare che egli partecipi alla Messa allo stesso livello della congregazione» se concelebra troppo spesso. «Questo è il pericolo che vedo nella concelebrazione eccessiva».
L'invito alla prudenza del cardinale riecheggia i commenti fatti recentemente dal capo della Congregazione vaticana per il Culto Divino, il cardinale Antonio Cañizares, che durante una riunione presso l'Università romana della Santa Croce il 5 marzo che «l'allargamento della facoltà di concelebrare deve essere moderato, come si può vedere leggendo i testi del Concilio Vaticano II ». Il Cardinal Cañizares ha spiegato che la concelebrazione « è un rito straordinario solenne e pubblico, normalmente presieduto dal vescovo o da un suo delegato, circondato dai suoi sacerdoti e dall'intera comunità». Ma « le concelebrazioni quotidiane fatte da sacerdoti solo 'privatamente' ... non fanno parte della tradizione liturgica latina », egli ha detto.
In un'ampia intervista che ha abbracciato vari temi, il cardinal Burke ha altresì sottolineato le ragioni per cui un sacerdote non dovrebbe improvvisare utilizzando le sue stesse parole o preghiere durante la messa, poiché egli « è il servo del rito » e «non il protagonista, che è Cristo».
« Quindi sbaglia gravemente il sacerdote quando pensa, 'come posso renderla più interessante?' o 'come posso farla meglio?' ». Burke ha anche espresso approvazione per quanto viene stabilito espressamente dal Codice canonico del 1917 - successivamente rimpiazzato dal nuovo codice promulgato nel 1983 - e cioè che un sacerdote dovrebbe «osservare accuratamente e devotamente le rubriche dei suoi libri liturgici e fare attenzione a non aggiungere altre cerimonie o preghiere a suo giudizio». Burke ha aggiunto: « Che razza di pretesa è quella di pensare di poter migliorare la liturgia che è stata tramandata nella Chiesa nel corso dei secoli? Questo è assurdo ».
Analogamente, il cardinale ha elogiato il codice del 1917 per la sua chiara affermazione secondo la quale un sacerdote in stato di peccato mortale dovrebbe astenersi dal celebrare la Messa «senza prima avvalersi della confessione sacramentale» o il più presto possibile «in assenza di un confessore», quando la Messa è «un caso di necessità» e quando ha «fatto un atto di perfetta contrizione».
« Ebbene, quel canone che era nel codice 1917 è stato semplicemente eliminato e credo che debba essere reintrodotto, perché al sacerdote che offre il sacrificio l'idea di dignità si addice in modo preminente ». Il cardinale 64enne proveniente dal Wisconsin ora risiede a Roma, dove è stretto collaboratore di Papa Benedetto XVI. Come il Pontefice attuale, anche il Cardinale Burke ritiene che qualsiasi riforma della sacra liturgia « deve essere radicata nell'insegnamento del Concilio Ecumenico Vaticano II e correttamente collegata alla tradizione della Chiesa ».
Ciò significa evitare o rimuovere diverse innovazioni, compreso l'uso regolare di «servizi di comunione» guidati da laici o da religiosi ogni volta che in una parrocchia manca il sacerdote per offrire la Messa domenicale.
Ed ha spiegato: « Non è bene per le persone partecipino ripetutamente a questi tipi di servizi la Domenica perché in questo modo perdono il senso che il Santissimo Sacramento: la Santa Comunione deriva dal sacrificio ». Ha ricordato i suoi primi anni come vescovo in cui esortava ripetutamente le parrocchie a ristabilire la Messa settimanale e gli veniva replicato da alcuni parrocchiani che preferivano «la messa del diacono» o «la messa della suora»
L'uso eccessivo di tali servizi, ha aggiunto, «può anche scoraggiare le vocazioni sacerdotali, in quanto la separazione dell'Eucaristia dalla vocazione e dalla missione del sacerdote, che è principalmente quella di offrire il Santo Sacrificio della Messa » può provocare che un giovane chiamato al sacerdozio « non veda più davanti ai suoi occhi l'identità della vocazione a cui è chiamato ». Di conseguenza, il numero delle vocazioni precipita.
Il Giudice-capo della Chiesa ritiene inoltre che vi sia una correlazione diretta tra «l'esitazione» nell'applicazione di sanzioni canoniche negli ultimi decenni e «gli abusi e le violazioni della legge della Chiesa» che si sono verificate sul piano liturgico. Tali sanzioni, ha spiegato, sono « In primo luogo le medicine primarie, che hanno la funzione di richiamare l'attenzione di una persona sulla gravità di quello che sta facendo e farla tornare indietro ».
« Le sanzioni sono necessarie », ha ripetuto.
« Se in 20 secoli della vita della Chiesa, c'è sempre stata la necessità di sanzioni, perché nel nostro secolo dovremmo pensare che improvvisamente non sono necessarie? Anche questo è assurdo ».
3 commenti:
Burke ogni volta che apre bocca dice sempre ottime cose che confermano la stima che abbiamo di lui. Parlassero così tutti i vescovi! Purtroppo però a parlar così son sempre in pochi. Aspettatevi adesso le reazioni convulse di qualche progressista "adulto".
Antonello.
Il problema e anche l'anomalia è che di queste cose i pastori ne parlano nelle intervista, ma nelle sedi opportune?
Lì purtroppo prevale la corrente egemone e certe cose le puoi pensare, ma dirle non ottiene alcun effetto.
Per questo occorre una grazia supplementare perché i ranghi tradizionali sono davvero esigui.
Inoltre tra coloro che, a volte, parlando bene, come l'esempio di Canizares mostra, la maggior parte poi, nei fatti dimostrano il contrario e razzolano malissimo!
Come fa a dire cose esemplari colui che si è mostrato e si mostra ripetutamente estimatore e protettore di una realtà come quella del Cammino neocatecumenale le cui prassi e la cui liturgia, da lui definita esemplare, sono uno scempio?
Ogni tanto c'è qualcuno che scopre qualcosa.. ma i fatti nella pastorale, dove sono?
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