Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 6 febbraio 2015

Giovanni XXIII e i prodromi delle deviazioni operate dal Vaticano II.

Il documento che segue conferma l'affermazione vaga di un lettore. Lo dobbiamo al diligente oltre che sapiente impegno di Paolo Pasqualucci; il che segna uno degli esempi più significativi della continuità e contiguità del nostro percorso di condivisione e di approfondimento sulla realtà ecclesiale che siamo chiamati a vivere. Dopo la lettera di Roncalli, preceduta dalla comunicazione che l'accompagna, pubblico quanto evidenziato dallo stesso Pasqualucci nella sua Sinossi degli errori imputati al Concilio Vaticano II, Editrice Ichthys, 2012 (pagg. 7-12) sulla Gaudet Mater Ecclesia, la famosa Allocuzione di apertura del concilio, che contiene i prodromi di quanto era già penetrato nella Chiesa attraverso il modernismo che diversi elementi confermano appartenere alle corde di colui che, forse non a caso, scelse il nome dell'ultimo papa conciliarista1... 
Cara Maria,
 Nell'intervento successivo al mio [il quart'ultimo nella discussione in questo articolo] sulla questione dell'attesa per il 2017, di questa mattina, "Cattolico" menziona in modo vago il rifiuto di Roncalli nei confronti di un bulgaro che voleva convertirsi. La lettera che documenta l'episodio fu pubblicata anni fa da Repubblica, cui l'aveva data mons. Loris Capovilla. Essa dimostra che il rifiuto di convertire viene da lontano e che c'è continuità fra gli errori del recente passato e del presente. Siccome me l'ero a suo tempo ricopiata, ho pensato questo. Invece di inserirla io in una risposta integrativa a "Cattolico", perché non la pubblichi con il dovuto rilievo nel blog, richiamandoti alla sua attualità? Purtroppo, è attualissima. Fanno spavento soprattutto le parole finali, da me messe in corsivo, il cui concetto ritroviamo in tutta l'azione di Roncalli e nella celebre Allocuzione di apertura del Concilio. Te la invio qui in allegato.
Lettera di A. Roncalli, 1926
Mio caro amico,
La sua lettera del 24 corrente mi rivela i suoi buoni sentimenti ed i desideri di mettere la sua vita a servizio del Signore.  Di ciò mi compiaccio.  Ella però è male informato circa gli scopi della mia visita in Bulgaria.  Il Santo Padre mi ha mandato qui per cooperare alla ristorazione della povera Chiesa cattolica di rito orientale in questo paese, costituita per lo più da poveri rifugiati della Tracia e della Macedonia, e per aiutare in generale i cattolici di rito orientale e di rito latino in Bulgaria.
Una volta mi accadde di raccomandare per un istituto di carità di Torino un giovane orfano alunno del Seminario di Sofia.  Ma non mi sono mai interessato di altro.  Sono in verità molti i giovani, specialmente allievi dei Seminari ortodossi in Bulgaria, in Romania, in Jugoslavia, in Russi, che domandano di essere accolti dal Santo Padre nei Seminari di Roma.  Ma finora non fu presa alcuna decisione:  e credo che nessuna decisione si prenderà se non previe intelligenze col Santo Sinodo delle Chiese ortodosse nei vari paesi e coi Governi rispettivi. 
Io non mi trovo quindi in condizione di corrispondere ai suoi desideri, mio caro amico. Poiché però ella me ne dà l’occasione lasci che io la inviti, come ho sempre fatto con tutti i giovani ortodossi che ebbi il bene di incontrare in Bulgaria, ad approfittare degli studi e della educazione che ella riceve nel Seminario di Sofia.  I cattolici e gli ortodossi non sono dei nemici, ma dei fratelli.  Abbiamo la stessa fede, partecipiamo agli stessi sacramenti, soprattutto alla medesima Eucaristia.  Ci separano alcuni malintesi intorno alla costituzione divina della Chiesa di Gesù Cristo.  Coloro che furono causa di questi malintesi sono morti da secoli.  Lasciamo le antiche contese, e, ciascuno nel suo campo, lavoriamo a rendere buoni i nostri fratelli, offrendo loro i nostri buoni esempi.  Ella apprenderà al Seminario molte cose, soprattutto l’amor di Gesù, lo spirito di apostolato e di sacrificio.  Più tardi, benché partiti da vie diverse ci si incontrerà nella unione delle Chiese per formare tutte insieme la vera ed unica chiesa di N.S. Gesù Cristo.
Questo è ciò che posso dirle:  che ho detto a parecchi altri bravi giovani bulgari.  Mi dispiace di non poterle aggiungere altro, in conformità ai suoi desideri.  Teniamoci uniti colla preghiera, nel Signore.  Io le auguro di cuore ogni bene ed ogni letizia.
Devotissimo suo
Angelo Gius. Roncalli
[La lettera fu passata da mons. Loris Capovilla al giornale quoditiano di sinistra “La Repubblica”, che la pubblicò in esclusiva il giorno  27 ottobre 1996.  Corsivi del relatore non dell’autore.]
* * * *

Errori nell'Allocuzione di apertura e nel Messaggio al mondo
Paolo Pasqualucci, Sinossi degli errori imputati al Concilio Vaticano II, Editrice Ichthys, 2012 (pagg. 7-12)

Non pretendiamo che la nostra sinossi degli errori imputati al Vaticano II sia completa, tuttavia ci sembra di aver individuato un numero sufficiente di errori im­portanti, cominciando in via preliminare da quelli con­tenuti nell'allocuzione di apertura e nel messaggio del concilio al mondo del 20 ottobre 1962, testi che, pur non appartenendo formalmente al Concilio, l'hanno tuttavia indirizzato nel senso voluto dall'ala progressi­sta, cioè dai Novatori neo-modernisti.

Allocuzione di apertura
Il celebre discorso di apertura di Giovanni XXIII, ol­tre a diverse profezie clamorosamente smentite dai fatti ("la Provvidenza ci sta conducendo ad un nuovo ordine di rapporti umani che... si svolgono verso il compimen­to di disegni superiori e inattesi"), contiene tre veri e propri errori di dottrina.

errore: una concezione mutila del Magistero.
È contenuta nell'incredibile affermazione, riecheggia­ta da Paolo VI nel discorso di apertura della 2a sessione del Concilio il 29 settembre 1963, secondo la quale la Santa Chiesa rinuncia a condannare gli errori: "Sempre la Chiesa si è opposta a questi errori [le false opinioni degli uomini - ndr]: spesso li ha anche condannati con la massima severità. Ora, tuttavia, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi mostrando la validità della sua dottrina, piuttosto che rinnovando condanne".
Con questa rinuncia ad usare la propria autorità (che viene da Dio) per difendere il deposito della fede ed aiutare le anime con la condanna dell'errore che ne insidia l'eterna salute, Papa Roncalli veniva meno ai suoi doveri di Vicario di Cristo. La condanna dell'erro­re, infatti, è essenziale al mantenimento del deposito della fede (che è il primo dovere del Pontefice), dal mo­mento che essa conferma a fortiori la sana dottrina, di­mostrandone l'efficacia con una puntuale applicazione. Inoltre, la condanna dell'errore è necessaria dal punto di vista pastorale perché sorregge i fedeli, sia i colti che i meno colti, con l'autorità ineguagliabile del Magistero, della quale essi possono rivestirsi per difendersi dal­l'errore, la cui "logica" è sempre più astuta e più sottile della loro. Non solo: la condanna dell'errore può indur­re l'errante al ripensamento, mettendolo di fronte alla vera sostanza del suo pensiero: come è stato detto, la condanna dell'errore è ex sese opera di misericordia.
Sostenere che questa condanna non debba più aver luogo, significa propugnare da un lato una concezione mutila del Magistero della Chiesa; dall'altro, sostituire al dialogo con l'errante, sempre perseguito dalla Santa Chiesa, il dialogo con l'errore. Tutto ciò configura un errore dottrinale, che nel testo di Giovanni XXIII sopra citato si manifesta nell'improprio accostamento fina­le, ove sembra alitare il pensiero che la dimostrazione della "validità della dottrina" sia incompatibile con la "rinnovazione delle condanne", come se quella validi­tà dovesse imporsi unicamente grazie alla forza della propria intrinseca logica. Ma in tal modo la fede non sarebbe più un dono di Dio, non avrebbe più bisogno né della Grazia per venire in essere e fortificarsi, né del­l'esercizio del principio di autorità, impersonato dalla Chiesa cattolica, per essere sostenuta. E questo è l'er­rore in senso proprio, nascosto nella frase di Giovanni XXIII: una forma di pelagianesimo, tipico di ogni con­cezione razionalistica della fede, pluricondannata dal Magistero.
La dimostrazione della validità della dottrina e la condanna degli errori si sono sempre e necessariamen­te implicate a vicenda nella storia della Chiesa. E le condanne hanno riguardato non solo le eresie e gli er­rori teologici in senso stretto, ma implacabilmente ogni concezione del mondo che non fosse cristiana; non solo quelle avverse alla fede, ma anche quelle solo diverse, religiose e non, poiché "chi non raccoglie con Me, di­sperde", ha detto Nostro Signore (Mt. 12, 30).
L'eterodossa presa di posizione di Giovanni XXIII, mantenuta dal Concilio e dal post-concilio sino ad oggi, ha fatto crollare - lo si nota già nei testi del Concilio - la tipica, ferrea armatura concettuale della Chiesa, ben presente un tempo anche ai suoi nemici e da alcuni di loro persino apprezzata: "L'impronta intellettuale della Chiesa è essenzialmente l'inflessibile rigore con cui i concetti e i giudizi di valore vengono trattati come sta­biliti, come aeterni" (Nietzsche).

errore: la contaminazione della dottrina cat­tolica con il "pensiero moderno", intrinsecamente anticattolico.
Alla proclamata rinuncia a trafiggere l'errore, a que­sta inaudita abdicazione, è connessa l'altra notissima e gravissima affermazione di Giovanni XXIII, da lui riba­dita nell'allocuzione natalizia ai Cardinali del 13 gen­naio 1963, secondo la quale la "penetrazione dottrinale" doveva aver luogo "in corrispondenza più perfetta di fedeltà all'autentica dottrina", la quale, tuttavia, doveva esser "studiata ed esposta attraverso le forme dell'inda­gine e della formulazione letteraria del pensiero mo­derno"2, poiché "altra è la sostanza dell'antica dottrina del depositum fidei ed altra è la formulazione del suo rivestimento: ed è di questo che devesi - con pazienza se occorre - tener gran conto, tutto misurando nelle forme e proposizioni di un magistero a carattere preva­lentemente pastorale".
Questi concetti furono ripetuti espressamente dal concilio nel decreto Unitatis redintegratio sull'ecumeni­smo, art. 6 (v. infra).
Il principio, già dei liberali e dei modernisti, che l'an­tica dottrina dovesse esser rivestita di una forma nuova, desunta dal "pensiero moderno", era già stato espres­samente condannato da S. Pio X (Pascendi 1907, § II, c; decr. Lamentabili, nn. 63 e 64 - Denz. 2064-5/3464­5) e da Pio XII (Humani Generis AAS 1950, 565-566). Papa Roncalli proponeva, perciò, una dottrina già for­malmente condannata come eretica (in quanto tipica dell'eresia modernista) dai suoi predecessori.
Non è possibile, infatti, applicare alla dottrina cat­tolica le categorie del "pensiero moderno" il quale, in tutte le sue forme, nega a priori l'esistenza di una verità assoluta e per il quale tutto è relativo all'Uomo, unico suo valore assoluto, divinizzato in tutte le sue mani­festazioni (dall'istinto alla "coscienza di sé"). Un pen­siero, quindi, intrinsecamente avverso a tutte le verità fondamentali del Cristianesimo, a cominciare dall'idea di un Dio creatore, di un Dio vivente, che si è rivela­to ed incarnato, per finire al modo di intendere l'etica e la politica. Nel proporre una simile contaminazione, Giovanni XXIII si mostrava discepolo del "metodo" della neo-modernistica Nouvelle Théologie già condannato dal Magistero. Per esser veramente aderente ai biso­gni dei tempi, rapportati alla missione di salvezza della Chiesa cattolica, il Concilio avrebbe dovuto approfondi­re ulteriormente le condanne rivolte in passato dai Papi al pensiero moderno (da Pio IX a Pio XII) invece di dare in pasto a quest'ultimo "lo studio e l'espressione" della "autentica" e "antica" dottrina.

errore: il fine della Chiesa è "l'unità del genere umano".
Il terzo errore è nell'enunciazione dell'unità del ge­nere umano quale fine proprio della Chiesa: "Questo si propone il Concilio Ecumenico Vaticano II, il quale... quasi prepara e consolida la via verso quell'unità del genere umano, che si richiede quale necessario fonda­mento, perché la Città terrestre si componga a somi­glianza di quella celeste «in cui regna la verità, è legge la carità, l'estensione è l'eternità»" (cfr. S. Augustinus, Epist. 138, 3)».
Qui "l'unità del genere umano" è considerata il fon­damento necessario (si noti il necessario) affinché la "città terrestre" assomigli sempre più a quella "celeste". Ma che l'espansione della Chiesa in questo mondo ne­cessitasse di quel fondamento non era mai stato in­segnato in passato, tanto più che il fine dell'unità del genere umano - unità affermata dal Papa simpliciter - è un'idea-guida della filosofia della storia elaborata, a partire del secolo XVIII, dal pensiero laico, una compo­nente essenziale della religione dell'Umanità, non della religione cattolica.
L'errore consiste qui nel mescolare alla visione cat­tolica un'idea ad essa estranea, desunta dal pensiero laico, che ex sese la nega e la contraddice, poiché quel pensiero non mira certo ad estendere il Regno di Dio, per la parte che si attua in terra nella Chiesa visibile, ma a sostituire la Chiesa stessa con l'Umanità, convinto come è della dignità dell'uomo in quanto uomo (perché non crede al dogma del peccato originale) e dei suoi pretesi "diritti".
Gli effetti negativi della mancata condanna degli er­rori del Secolo si fanno, dunque, sentire, quasi per una sorta di nemesi, anche nell'allocuzione che la propone, dal momento che essa degli errori del Secolo ne contie­ne almeno uno con certezza, accanto ai due più pro­priamente teologici.
___________________
Note di Chiesa e post concilio.
1. Fu Baldassarre Cossa, papa negli anni (1410-1415) con una legittimità sospetta, che lo fece inserire tra gli antipapi (Giovanni XXIII), noto come esponente del cosiddetto movimento conciliare, una corrente che considerava il papa inferiore alla Chiesa universale ed anche all'autorità di un concilio.
2. Sulla Gaudet Mater Ecclesia, vedi anche Il conflitto irrisolto di un altro valente studioso, il prof. Bernard Dumont, Direttore di Catholica. Stralcio il brano riguardante l'allocuzione di apertura del Concilio, con una mia notazione:
[...] La missione attribuita al concilio era offrire risposte adeguate alle angosce nate da questa situazione, ma anche discernere le aspirazioni positive e dar loro una risposta in una formulazione appropriata. Tale era la ragion d'essere del carattere essenzialmente pratico di questo concilio, indicato con l'aggettivo « pastorale » ufficialmente attribuitogli. Giovanni XXIII era stato chiarissimo a questo riguardo : non si trattava di «discutere di alcuni capitoli fondamentali della dottrina della Chiesa, e dunque di ripetere con maggiore ampiezza ciò che Padri e teologi antichi e moderni hanno già detto», bensì di operare un aggiornamento (è uno dei significati della parola aggiornamento ripetuta così di frequente), un adattamento pedagogico : « È necessario che questa dottrina certa e immutabile, che dev'esser fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo da rispondere alle esigenze del nostro tempo. (Discorso d'apertura). La traduzione letterale della versione italiana comporta una variante : « [...] sia studiata ed esposta seguendo la ricerca e la presentazione usate dal pensiero moderno », formulazione ambigua, che può intendersi nel senso di una attenzione rivolta alla capacità di comprensione degli uditori oppure di un allineamento alla forme culturali dominanti dell'Occidente.*
Ma un'ambiguità simile circonda la parola « exigence » nella versione francese. L’operazione era tanto più importante in quanto ci si trovava in presenza di un generale sconvolgimento del mondo di fronte al quale conveniva riflettere con tanta più forza quanto gli atteggiamenti adottati dopo il XIX secolo nei confronti della modernità si erano conclusi con successivi fallimenti sempre più evidenti, anche perché il discorso della Chiesa non era mai giunto ad esser formulato in termini immediatamente accessibili ai suoi destinatari.
Perché questa intenzione pastorale non ha mai dato frutti? Perché tanti sforzi dispiegati non hanno permesso di trovare i mezzi per elaborare un modello rinnovato di comprensione della modernità, e dare un impulso decisivo ad una rinascita della cultura cristiana tale da imporre rispetto ? Ci si contenterà qui di considerare due punti : l’opzione iniziale che ha dato la sua tonalità ai lavori conciliari, e la difficoltà di comprendere l'ostinazione con cui la linea posta all'inizio non è stata modificata a dispetto della sua inefficacia.[...]
___________________
*[N.d.T.: Questa citazione si riferisce ad un'altra versione del testo, rispetto a quella pubblicata sul sito Vatican.va, sul quale appare la versione corrispondente a quella francese, vedi link sopra, peraltro confermata dal testo latino presente sul sito Vaticano. Non volendo, ci troviamo di fronte ad un dilemma: dello stesso discorso circolano due versioni diverse: questa** riporta la versione citata dal Prof Dumont. Non faccio commenti, ma se si confrontano le due versioni, la cosa è piuttosto intrigante].
**Il documento in pdf di cui al link sopra (testo originale dell'Allocuzione di Giovanni XXIII ripreso dal sito papagiovanni.com), consente di confermare la discrepanza; cito: «... studiata ed esposta attraverso le forme dell'indagine e della formulazione letteraria del pensiero moderno »]. E la cosa non finisce qui, perché il testo spagnolo presente sul sito Vatican.va conserva la formulazione riscontrata dall'originale italiano: «...estudiando ésta y exponiéndola a través de las formas de investigación y de las fórmulas literarias del pensamiento moderno».

93 commenti:

Turiferario ha detto...

Scusate, ma siamo sicuri che la lettera sia di Roncalli e non di Capovilla? Un nunzio apostolico che nel 1926 scriveva cose del genere - e a un ortodosso che poteva avere tutto l'interesse a servirsene contro di lui! - era come minimo di un'imprudenza stratosferica, ai limiti dell'autolesionismo.

mic ha detto...

A prescindere dal fatto che mons. Capovilla attendibilmente avrà fornito una fotocopia dall'originale, l'"ortodosso" dell'epoca era un giovane e, come tale, poco avvezzo a insistere di fronte ad una esortazione autorevole. In più non disponeva degli strumenti di comunicazione e/o informazione alternativa che ci sono oggi. Non conosciamo il seguito della sua storia. Speriamo solo che abbia potuto incontrare un buon sacerdote cattolico. Di certo allora erano meno rari.
E di certo ancora il suo cuore lo conosceva il Signore...

Anonimo ha detto...

Magister sul prossimo Sinodo

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1350985

Anonimo ha detto...

A Napoli, negli anni '70 esisteva un gruppo di integralisti cattolici "Fede e Libertà". Avevano come simbolo la Croce di Lorena, simbolo usato dai primi cristiani, dai crociati e dai cattolici lorenesi, nelle loro guerre contro gli alsaziani protestanti. In quel periodo era l'unico gruppo dichiaratamente anticomunista, che aveva il coraggio di organizzare manifestazioni pubbliche. Quel gruppo era frequentato anche da un ragazzo greco: lo chiamavano Taki. I suoi amici erano cattolici, frequentava le scuole dei gesuiti. Insomma si sentiva molto più cattolico di tanti cattolici. Si rivolse all'allora Vescovo ausiliare di Napoli, Mons. Antonio Ambrosanio, dichiarando di voler ufficializzare la propria posizione. Il Vescovo gli rispose:
– Resta ortodosso, potrai fare molto di più per l'amicizia tra le nostre chiese!
Capito!?! Lo confermò nello scisma! Da allora Taki non volle più frequentare alcuna chiesa: fu l'inizio di un crollo spirituale, che lo condusse al suicidio. Pose fine al suo pellegrinaggio terreno sparandosi alla tempia! Se lo portano sulla coscienza tanti ecumenici modernisti. Povero Taki!"
Michele:

Ma: possa quel Gesù, che gradisce l'obolo della vedova e premia l'operaio dell'undicesima ora, accoglierlo meglio di quel suo indegno ministro.
Tatiana:

Che i Santi Isoapostoli Wladimiro, Boris e Gleb, che S. Nicola [di Bari] (2) Patrono della Russia, che S. Michele Arcangelo, patrono degli imperi cristiani, che tutti i Santi della terra russa e soprattutto Nostra Signora di Fatima (che ama quel Paese, visto che insiste tanto per farselo consacrare) preghino oggi e sempre per la madre Russia e per noi tutti.


(1) È interessante un libretto del 1887: "I pericoli del moscovitismo" di padre Felix (Napoli, Edizioni la Buona Stampa). In esso si narra , tra l'altro, quali furono le reazioni dei giornali russi, quando lo Zar Nicola I venne in visita a Roma. Titolarono a caratteri cubitali "Anime immortali di Re Romolo, di Tiberio Gracco, di Giulio Cesare, di Costantino il Grande, esultate! Il vostro erede è tornato a casa propria! ciò che era nostro tornerà nostro!" Per loro è vivo il mito della "Terza Roma".
(2) Sapevate che Napoleone e Hitler iniziarono la loro ritirata dal suolo russo proprio il 6 Dicembre, giorno della festa di San Nicola?

dal web ha detto...

Non è poi da dimenticare che il cardinale Slipyi, nel suo testamento, commina la scomunica a tutti coloro che faranno ecumenismo con il Patriarcato di Mosca.
In nome dell'ecumenismo, in Russia non esiste il proselitismo cattolico; a Pietroburgo, ad esempio, si hanno ben cinque chiese cattoliche, ma nessun sacerdote fa proselitismo tra gli ortodossi e non approfitta neppure del caso in cui la gente, resasi conto dell'ignoranza dei popi, della loro prepotenza e intolleranza, abbandona da sé la chiesa ortodossa".

Luisa ha detto...


"Il principio, già dei liberali e dei modernisti, che l'an­tica dottrina dovesse esser rivestita di una forma nuova, desunta dal "pensiero moderno", era già stato espres­samente condannato da S. Pio X (Pascendi 1907, § II, c; decr. Lamentabili, nn. 63 e 64 - Denz. 2064-5/3464­5) e da Pio XII (Humani Generis AAS 1950, 565-566). Papa Roncalli proponeva, perciò, una dottrina già for­malmente condannata come eretica (in quanto tipica dell'eresia modernista) dai suoi predecessori.
Non è possibile, infatti, applicare alla dottrina cat­tolica le categorie del "pensiero moderno"


Dunque ne deduco che Jorge Bergoglio, oggi regnante come Francesco I, quando dice che:

«Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Ha prodotto un movimento di rinnovamento che semplicemente viene dallo stesso Vangelo.",

un Vangelo dunque riletto con la chiave di lettura e secondo i criteri forniti dalla cultura del momento e che, Bergoglio dixit, avrebbe dato "frutti enormi", con quella frase, e tanti altri suoi geeti e parole, propone una visione, un pensiero condannati come eretici.

Forse per Jorge Bergoglio la dissoluzione della fede, l`apostasia, i vari scismi nei fatti anche se non ancora formali, la crisi del sacerdozio, il relativismo e l`individualismo, la liturgia, la teologia, l`ecumenismo, la religione fai da te, sono ottimi frutti.
Siccome quel pensiero è stato attualizzato e concretizzato non sol da lui, là dove si trovava in precedeenza, ma dalla grande maggioranza del clero, pongo ancora una volta la domanda: può ancora essere considerata la Chiesa di Cristo una chiesa in cui responsabili, con una superbia senza limiti, e una pugnace determinazione, tradiscono la Parola del Signore piegandola alla loro volontà, ai loro desideri, alla loro ideologia?
Rispondere NO, anche se la tentazione è grande, anche se quel NO sembra evidente, apre una tale voragine che scelgo di lasciare in sospeso quella domanda, troppo grande per me.

Anonimo ha detto...

a Pietroburgo, ad esempio, si hanno ben cinque chiese cattoliche.
Al contrario, a Mosca, l'unica Chiesa Cattolica e' la cappella dell'ambasciata francese.

Stefano78 ha detto...

@Mic, dal post precedente (agganciandomi a questo)

La sola via concretamente praticabile per ri-prendere la via della Tradizione risulta essere la chiarificazione delle ambiguità di alcuni documenti conciliari, la stesura di un Sillabo vero e proprio, la correzione delle locuzioni errate (frutto soprattutto di un immotivato ottimismo).

E questa via si può percorrere solo attraverso un percorso ermeneutico Tradizionale, necessario proprio per superare le tare criptomoderniste conciliari.

L'ermeneutica ratzingeriana, dalla quale TUTTI gli studiosi sono partiti per la critica al concilio (!), è un presidio. Da parte nostra possiamo percorrere quella stessa strada in studi, convegni, apostolato. Questo per quanto ci riguarda e perquanto ci è dato.
Questo il mio pensiero.

Luís Luiz ha detto...

Credo che nella attuale voragine bergogliana sia fondamentale la chiarezza dei concetti. Contrariamente alle altre grandi eresie, il modernismo non ha limiti concettuali fissi. Proprio per questo, è doppiamente pericoloso, per la sua capacità d'insinuarsi e anche per la possibilità che le sue ambiguità causano di rendere sospetto quello che è legittimamente cattolico. è, dunque, più che le altre, una eresia che ha bisogno dell'attenzione del magistero, per chiarire i suoi contorni. In una situazione di caos magisteriale, l'accusa di modernismo può diventare mostruosa, come mostruoso è il modernismo spudorato del bergoglismo. Più che mai, abbiamo bisogno di prudenza.

RIC ha detto...

Un nuovo sillabo per il XXI secolo fu chiesto espressamente cinque anni fa da Mons. Athanasius Schneider. Sembra passato un secolo

http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1346289

Anonimo ha detto...

Per correttezza,avendo notizie di assoluta attendibilità, in Russia è proibito ai cattolici di fare qualsiasi tipo di proselitismo, vale anche per altre religioni cristiane, a S.Pietroburgo le chiese sono 5, ma non hanno tutte il permesso di celebrare, si va una tantum ed in Ucraina sono stati cacciati tutti gli esponenti religiosi non ortodossi, anche gli Uniati, che il patriarca di tutte le Russie Kirill può vedere come fumo agli occhi in quanto si rifiutano di unirsi a lui e riconoscono il papa di Roma come guida.....chi ha avuto modo di stare un po' in Russia sa che è 'pericoloso' fare troppo sfoggio di cattolicità, alla faccia dell'ecumenismo e della favoletta che gli ortodossi sono migliori perché blablabla, da noi in Italia hanno ottenuto chiese su chiese, ma provate ad infilarvici durante le celebrazioni. Gatto russo.

mic ha detto...

L'ermeneutica ratzingeriana, dalla quale TUTTI gli studiosi sono partiti per la critica al concilio (!), è un presidio. Da parte nostra possiamo percorrere quella stessa strada in studi, convegni, apostolato.

mi sento la goccia che non riesce a incidere la pietra ;)

potresti farmi un esempio concreto di come uno studioso possa portare avanti la critica al concilio partendo dalla ermeneutica ratzingeriana, che è quella storicista, che ha messo al posto dell'oggetto-rivelazione (stabile e non transeunte) il soggetto-Chiesa (che cambia col cambiare dei tempi)?
Che poi è la stessa ermeneutica che rende possibile la rivoluzione bergogliana fatta attraverso la 'pastorale' ateotretica?

La differenza con Ratzinger, a prescindere da stile spessore personalità e cultura, sta solo nel fatto che Ratzinger ha applicato un inesorabile "festina lente". Sostanzialmente l'ha portata avanti con un residuo, che si rivela ingannevole, di simil-tradizione: molte luci e, tra esse, alcuni sparsi pensieri-fessure diventate voragini.

Per me è stato doloroso, ma ineludibile, constatarlo.
Ma neppure tu lo vuoi capire.

Stefano78 ha detto...

@Mic

Ma neppure tu lo vuoi capire

Io penso la stessa cosa di te! :)

L'ermeneutica ratzingeriana è complessa, e il libro di Lanzetta è illuminante nello sviscerarla. Partendo dal presupposto della "Continuità", con base ermeneutica posta nella Tradizione, per leggere i punti discontinui, si può e si deve (secondo me) proseguire da qui.

Lanzetta, lo dice chiaramente, è partito esattamente dalla Logica dell'Ermeneutica della Continuità, mettendo a base la Tradizione come strumento di lettura del Concilio. Con questo metodo è arrivato a spiegare che ci sono elementi di discontinuità che vanno chiariti.

Ma scusa: in relazione a che, Lanzetta, ha fatto questo ragionamento? Ha potuto dimostrare che in certi casi c'è discontinuità, proprio perché ha applicato la logica della Continuità! E chi l'ha tirata fuori questa logica (senza dimostrarla, ovviamente)?

Poi la tua speculazione sullo storicismo del teologo Ratzinger può essere affrontata. Ma non serve assolutamente a nulla, perché il dato capitale è uno soltanto: che Papa Benedetto ha detto chiaramente, sia come dottore privato che come Papa (in modo magisteriale), che il Vaticano II non deve essere letto in rottura. Che la sua giusta ermeneutica è quella che lo legge in base alla Tradizione precedente e non viceversa. Che può essere criticato, l'ha anche scritto! Che può essere chiarito. Che non è un dogma. Inoltre, nel famoso discorso alla Curia Romana, ci sono dei passaggi chiari NON STORICISTI, proprio a riguardo della DEFINIZIONE di che cosa sia il Concilio Vaticano II ("...non è una costituente, la costituzione della Chiesa non può cambiare, i Vescovi non possono cambiare la dottrina perché devono essere custodi"..).

Su queste basi Lanzetta, GEHRARDINI, ecc, PARTONO!

Dunque?

Luís Luiz ha detto...

In dubio, pro papa. Nessuno può dire che vede con chiarezza il problema dei limiti tra storia e storicismo. Dunque... E storicismo in quale senso? Hegel, Dilthey, Ortega? Ma Ratzinger à anni luce lontano da loro! Sorry, mic, ma mi sembra che sia una accusa temeraria.

mic ha detto...

Lanzetta, lo dice chiaramente, è partito esattamente dalla Logica dell'Ermeneutica della Continuità, mettendo a base la Tradizione come strumento di lettura del Concilio. Con questo metodo è arrivato a spiegare che ci sono elementi di discontinuità che vanno chiariti.

Ma è ovvio che l'"ermeneutica della continuità" esiste, anzi, se non fosse in continuità sarebbe una falsa ermeneutica...

E lo hanno dimostrato
1. Gherardini nel "Vaticano II. Un discorso da fare", diventato "Un discorso mancato"
2. Schneider nell'excursus in continuità ma non senza invocare un nuovo Sillabo

Il problema sta nella ratzingeriana ermeneutica della riforma : cioè nell'“ermeneutica della riforma”, del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto-Chiesa (parole testuali famoso discorso del 2005)

@Luis.
Se la mia è un'affermazione temeraria perché mancherebbe la diagnosi sul tipo di 'storicismo', mi dimostri, per favore in che senso l'ermeneutica di Ratzinger non sarebbe "storicista"?

Appena riesco, però ci ritorno approfondendo...

Cesare Baronio ha detto...

Bene,, apprendiamo quindi che il cosiddetto "san" Giovanni XXIII ha compiuto un atto gravemente peccaminoso in danno dell'anima di un seminarista scismatico (ed eretico, visto che tali sono gli Eterodossi) che voleva convertirsi. Un'altra prova del fatto che la setta conciliare non ha nulla a che vedere con la Chiesa di Cristo, e che i santi che proclama valgono come il due di briscola. Paolo VI e Giovanni Paolo II non sono da meno, con o senza la ridicola aureola progressista che gli impone Bergoglio.

Luís Luiz ha detto...

Ma, cara mic, l'onere della prova - sopratutto della prova contro un papa - è dell'accusatore; il papa è innocente fino prova in contrario. O no?

Quello di subordinare la dottrina ai tempi si trova già nel molinismo, come si legge chiarissimamente nelle Provinciali di Pascal. Se si vuole veramente fare la storia del caos bergogliano, si deve tornare molto indietro il Concilio V2.

mic ha detto...

Nessuno può dire che vede con chiarezza il problema dei limiti tra storia e storicismo.

In effetti stando ad alcune affermazioni, sembrerebbe che per Ratzinger possano cambiare alcuni aspetti in base all'evoluzione che di essi avviene nel tempo; il che è vero ma occorre chiare bene i termini del discorso. Ed è in questo modo che contrappone alla 'discontinuità' la 'continuità' così come la indica lui.

E allora vediamo che "l'ermeneutica della riforma del rinnovamento nella continuità dell'unico soggetto chiesa" (espressione che va presa tutta intera perché scindendola se ne perde il senso pieno con tutte le sue implicazioni) consiste, per Ratzinger, “in questo insieme di continuità e discontinuità a livelli diversi".
Dunque il concilio esclude la discontinuità, ma questa non sarebbe tale da escludere la continuità.
Insomma, praticamente si afferma la 'continuità' contrapponendola alla 'discontinuità' ammettendo (com'è possibile) che questa possa esistere a livelli diversi, quando si tratta, appunto di fattori contingenti che cambiano nel tempo.

Il problema sta nello stabilire quali sono gli elementi fondanti e quelli contingenti che possono cambiare. Ad esempio, quando Ratzinger porta ed esempio i martiri a proposito della "libertà di coscienza", che essi avrebbero rivendicato (!?), ripreso da Rhonheimer. Insomma i martiri sarebbero morti per un ideale libertario, allora non sviluppato oggi sì, anziché per fedeltà a Cristo...

mic ha detto...

riprendo uno spezzone di quanto ne ho scritto:

... Il problema nasce quando, in mezzo alle vicende storiche ed ai mutamenti che esse innescano nella società, la Chiesa, anziché procedere sui binari che la tengono ben salda nella verità, cambia direzione lasciandosi penetrare dalle logiche mondane. E allora occorre verificare se davvero si distinguono i condizionamenti teologici e storici dai principi che non possono essere disattesi e se davvero «la dottrina del Vaticano II sulla libertà religiosa non implica alcun riorientamento del dogma, ma piuttosto un riorientamento della dottrina sociale della Chiesa e, più precisamente, una correzione del suo insegnamento sulla funzione e i doveri dello stato»; per cui si sarebbe verificato «piuttosto un riorientamento della dottrina sociale della Chiesa e, più precisamente, una correzione del suo insegnamento sulla funzione e i doveri dello stato».

Il problema è anche che questa asserita riforma nella continuità arriva a gabellare la testimonianza dei Martiri per una rivendicazione di libertà – stando alle asserzioni di Rhonheimer che riprende appunto il citato discorso del 2005 – col pretesto che allora non esisteva lo stesso concetto di libertà di coscienza di oggi. «E precisamente in rapporto a questo insegnamento dei papi del XIX secolo che si trova il punto di discontinuità, sebbene si manifesti nello stesso tempo una continuità più profonda ed essenziale, come spiega Benedetto XVI nel suo discorso: “Il Concilio Vaticano II, riconoscendo e facendo suo con il decreto sulla libertà religiosa un principio essenziale dello stato moderno, ha ripreso nuovamente il patrimonio più profondo della Chiesa”.
Questo principio essenziale dello stato moderno e nello stesso tempo la riscoperta di questo patrimonio profondo della Chiesa costituiscono, secondo Benedetto XVI, il chiaro rigetto di una religione di stato: “I martiri della Chiesa primitiva sono morti per la loro fede in quel Dio che si era rivelato in Gesù Cristo, e proprio così sono morti anche per la libertà di coscienza e per la libertà di professione della propria fede”».[16]

Si tratta di un'affermazione sorprendente perché la testimonianza dei martiri non è altro che la confessione della loro Fede in Cristo Signore per la quale hanno dato la vita. Essi seguivano e non rinnegavano una Persona, non un ideale libertario di cui si può rischiare di fare un assoluto. Di assoluto c’è solo Dio. Ed è Cristo-Dio che i martiri cristiani hanno testimoniato con la vita, non la loro libertà di religione... Inoltre sembra estremamente pericoloso questo rovesciamento di fronte che induce ad interpretare gli eventi del passato con le categorie odierne. Non vorrei fosse un effetto della “tradizione vivente in senso storicistico”, centrata sul presente e le sue contingenze e che non solo oltrepassa il passato senza tener conto dell’eodem sensu eademque sentenzia; ma, addirittura, anziché interpretare il presente alla luce del dogma rivelato, reinterpreta anche il Magistero perenne alla luce di quello transeunte e trasferisce la sua contingenza al Dogma svuotandolo di tutta la sua pregnante e feconda vitalità che è la stessa in tutte le epoche.

Anonimo Pisano ha detto...

In dubio, pro papa.
In dubio, pro Papa "dubbio"?
Non penso.

mic ha detto...

In effetti Ratzinger dice che i martiri "proprio così sono morti anche per la libertà di coscienza" oltre che per fedeltà a Cristo. Ma ugualmente non metterei le due cose sullo stesso piano.

Rr ha detto...

Quindi in sintesi:
GXXIII era un criptomodernista, ergo un criptoeretico che MAI avrebbe dovuto diventare papa. Indisse un concilio per riabilitare la suddetta eresia, concilio che fu portato avanti e completato da Montini nel solco di quella eresia, rammodernata. I successivi pontefici non si discostarono in modo
INEQUIVOCABILE da quanto sopra.

LA conclusione logica di una mente raziocinante è che allora i sedevacantisti, i sedeprivazionisti, i lefebvriani hanno RAGIONI da vendere.
Sto esagerando, estremizzando ?
ma 2+2 fa ancora 4 ?
RR

Paolo Pasqualucci ha detto...

In questa DISCUSSIONE A MIO AVVISO IMPORTANTE E COSTRUTTIVA, mi sembra valida la correzione di rotta apportata dall'ultimo intervento di Mic: il canone ratzingeriano su cui dibattere non e' "ermeneutica nella continuita'" o "della continuita'" bensi' "ermeneutica della riforma nella continuita'". Mi sembra che questo sia il concetto affermato in ultimo da JR. Il problema e' dunque accertare se "la riforma" (le novita' introdotte dal Vat. II) sia "in continuita'" con la tradizione e l'insegnamento della Chiesa oppure no. Naturalmente, per JR lo e', nonostante le due (esattissime) critiche da lui a suo tempo indirizzate a due testi di un Concilio pastorale e non dogamtico, giusta le quali egli sembrava voler aprire alla possibilita' di una discussione degli studiosi sul Concilio, come rispettosamente richiestogli da mons. Gherardini e da altri (quorum ego). Invece, Papa Ratzinger, dopo aver socchiuso la porta, l'ha richiusa, stabilendo di fatto una sorta di dogma ermeneutico, e cioe' che le riforme introdotte dal Vat. II sono state a priori "riforma nella continuita'", per cui l'unica ermeneutica valida e ammissibile e'quella della giustificazione del prinicipio della "riforma [avvenuta] nella continuita'". Cosi', alla fine, egli ha di fatto ingessato il dibattito che stava timidamente nascendo all'interno della Chiesa.

Aveva dimostrato un coraggio enorme con il motu proprio Summorum Pontificum, che gli aveva attirato l'odio di quasi tutto l'episcopato e cardinalato. Sarebbe stato certo troppo chiedergli di contribuire a mettere in discussione il Concilio! Questo lo dico, per esser il piu' obiettivo possibile. Ma non credo si sia trattato solo di mancanza di ulteriore audacia. Credo si tratti anche di convinzioni personali. Qui entra in ballo lo "storicismo" personale di JR. Per non esser troppo lungo, mi fermo qui, ripromettendomi di riprendere il discorso. Ribadendo pero' che, dal punto di vista metodologico: in questo nostro discutere non possiamo farci influenzare in modo errato dal principio d'autorita', cosa che comporterebbe l'accettare il suddetto
canone ratzingerianno solo perche' posto dal Papa. Nel discuterlo, sempre con il dovuto rispetto (e' ovvio), non credo si manchi di riguardo al Papa che l'ha proposto. La situazione attuale della Chiesa, del resto, non ci impone di andare "ad rem", senza guardare in faccia a nessuno? Siamo pur battezzati e milites Christi!

Anonimo ha detto...

In effetti Ratzinger dice che i martiri "proprio così sono morti anche per la libertà di coscienza".
Per la libertà delle coscienze di SCEGLIERE CRISTO.
QUESTA l'unica libertà di coscienza che la Chiesa ha sempre conosciuto e difeso. Se, in qualche situazione si e' appellata alla "libertà di coscienza " come la intendono i liberali, e' sempre come argomento "ad hominem", in situazioni nelle quali si trovava a confrontarsi con poteri laici avversi. Insomma:"Voi dite che ognuno deve essere lasciato libero di seguire la propria coscienza, QUALUNQUE scelta gli suggerisca. Premesso che avete torto, visto che VOI, non noi, affermate ciò, SIATE COERENTI con cio' voi, non noi, affermATE".

Rr ha detto...

La libertà di coscienza...
mi appello a chi è più istruito di me: esisteva ai tempi dei martiri, i primi intendo, il concetto di "libertà di coscienza" ? La filosofia greca e romana avevano parlato di coscienza e della sua libertà ? nel senso in cui la intendiamo noi moderni ?

RR

mic ha detto...

Per la libertà delle coscienze di SCEGLIERE CRISTO.

Di fatto l'aggiunta fa parte di un'ermeneutica. Ratzinger non l'ha esplicitato.

E, se così fosse, non ci sarebbe bisogno di affermare che tutte le religioni si equivalgono. E di invitare alcuni aspiranti cattolici a non convertirsi: esortazione attribuibile, come abbiamo visto, ad ognuno dei papi post-conciliari, con vette mai da nessuno raggiunte, da parte del "regnante"...

Anonimo ha detto...

mic ha detto...
Per la libertà delle coscienze di SCEGLIERE CRISTO.
Se così fosse, non ci sarebbe bisogno di affermare che tutte le religioni si equivalgono. E di invitare alcuni aspiranti cattolici a non convertirsi: esortazione attribuibile, come abbiamo visto, ad ognuno dei papi post-conciliari, con vette mai da nessuno raggiunte, da parte del "regnante".
Infatti, il Vat. II e' proprio un'altra religione. Religione che e' nata il 7 dicembre 1965, quando fu approvata D.H.

mic ha detto...

esisteva ai tempi dei martiri, i primi intendo, il concetto di "libertà di coscienza" ? La filosofia greca e romana avevano parlato di coscienza e della sua libertà ? nel senso in cui la intendiamo noi moderni ?

E' esattamente quel che intende affermare Ratzinger. All'epoca dei martiri cristiani non esisteva il concetto di coscienza (e relativa libertà di espressione) così come lo intendiamo oggi.
Dunque possiamo affermare con Ratzinger: “I martiri della Chiesa primitiva sono morti per la loro fede in quel Dio che si era rivelato in Gesù Cristo, e proprio così sono morti anche per la libertà di coscienza e per la libertà di professione della propria fede”.

Certo che, astraendo completamente il discorso in questa mappa concettuale, anche i martiri di oggi nel MO muoiono per la libertà di professione della propria fede, così come muoiono per l'espressione della loro fede i fanatici islamisti, o altri che credono in qualcosa fino a dare la vita...

Ma non possiamo dire che si tratti della stessa cosa che morire per fedeltà a Cristo Signore, una Persona che è Dio e non un ideale astratto di alcun genere...

Luís Luiz ha detto...

“I martiri della Chiesa primitiva sono morti per la loro fede in quel Dio che si era rivelato in Gesù Cristo, e proprio così sono morti anche per la libertà di coscienza e per la libertà di professione della propria fede”»

Onestamente, non vedo qui un problema dottrinale; il papa dice che i martiri cristiani, che si opponevano alla religione di Stato (un fatto), erano martiri anche della libertà di coscienza, perchè questa libertà era condizione della loro fede cristiana.
Perchè se non c'era questa libertà, non potrebbero essere cristiani. Un raggionamento chiarissimo: se una cosa deve essere, deve essere anche la loro condizione di realtà. Non c'è un problema di fede qui, ma un problema di ragione e di fatto. Dov'è lo storicismo qui?

mic ha detto...

Per dirla ancor meglio, mi pare si confonda un dato di Fede con un "diritto civile".
Non credo siano da porsi sullo stesso piano, a meno che non si espunga il Soprannaturale...
Non attribuisco questa intenzione a Ratzinger, ma vedo il rischio di questo esito in quel tipo di affermazione.

Luís Luiz ha detto...

E mi sembra che l'affermazione della continuità suprastorica del soggetto Chiesa è una prova chiara di non storicismo, per il quale la storicità è la realtà radicale - come direbbe Ortega y Gasset, il suo grande teorico - di tutto. Vuol dire che la Chiesa è nella storia, ma che non cambia con la storia, solo cambiano i suoi rapporti contingenti colle realtà contingenti.

Queta è una discussione fondamentale e passionante, e ringrazio profondamente a questo brillante blog la possibilità di questa discussione. Grazie.

Luís Luiz ha detto...

In dubio, pro papa.
In dubio, pro Papa "dubbio"?
Non penso.


Esattamente. Ma Benedetto XVI non è un papa dubbio. E proprio qui è fondamentale la questione della legittimità dell'elezione di Bergoglio.

mic ha detto...

Vuol dire che la Chiesa è nella storia, ma che non cambia con la storia, solo cambiano i suoi rapporti contingenti colle realtà contingenti.

Questo è pacifico. Ma, come ho detto sopra, l'inghippo sta nel confondere alcuni principi con le realtà contingenti.

mic ha detto...

Perchè se non c'era questa libertà, non potrebbero essere cristiani

Ma questa libertà, come tutti gli altri ambiti di espressione della libertà, è implicita nella "libertà dei figli di Dio", raggiunta per la Fede in Cristo.

Ho spiegato sopra le implicazioni 'spurie' consentite da questo tipo di discorso.

mic ha detto...

Mi sono ricordata di questo bellissimo e nutriente documento, che mi pare confermi la mia visuale di allora e attuale. Dice Paolo Pasqualucci:

... 4. I Martiri sono morti per render gloria a Dio e convertire i pagani, assai più che per la “libertà religiosa”. Bisogna quindi accertare se le testimonianze rimasteci dei primi Martiri mostrino in loro il desiderio di sacrificarsi per la libertà religiosa nel senso moderno del termine, per tutti e per tutte le religioni, come diritto universale della persona. Rileggendo gli Atti e le Passioni dei Martiri non si trova però traccia alcuna, a mio avviso, di riferimenti a siffatta “libertà”. Si ha anzi l’impressione che ai Martiri, che sembravano letteralmente posseduti dallo Spirito Santo, di questa famosa libertà importasse assai poco. Non voglio dire, con questo, che non sarebbero stati contenti di goderne. Non sono Donatista. Voglio solamente dire che nella loro testimonianza la sua rivendicazione resta generalmente implicita, come se costituisse un elemento secondario. Importava loro, soprattutto, non cadere nel grave peccato di apostasia. La morte era consapevolmente accettata e persino invocata per render gloria a Dio e come sacrificio per la conversione del mondo pagano. “Potessi io persuadere voi a farvi cristiani!” gridava alla folla persecutrice il martire Pionio mentre veniva condotto al supplizio, respingendo l’invito pressante ad abiurare per salvarsi la vita.

La religione cristiana, in quanto unica vera, perché l’unica sicuramente rivelata, era incomparabile (oltre che incompatibile) con le altre. Battersi per l’universale libertà di coscienza in religione avrebbe significato metterla sullo stesso piano delle altre, tutte false perché non rivelate da Nostro Signore. Esse non venivano da Dio ma dagli uomini, in particolare il paganesimo, impestato dal Demonio (Salmo 96, 5; 1 Cr 10,20). I Martiri volevano la libertà di martirio, di morire per la loro fede, e sembravano disinteressarsi completamente della libertà di professarla come una religione uguale alle altre, tra le altre. Quando S. Perpetua, condotta con gli altri a morire nell’Arena di Cartagine, vide che per dileggio e per farli in qualche modo apostatare volevano far indossare a tutti loro indumenti usati nelle iniziazioni ai misteri pagani, esclamò, ottenendo il contrordine: “Siamo giunti al martirio spontaneamente, proprio perché la nostra libertà non venisse incatenata (ne libertas nostra obduceretur); abbiamo rinunciato alla nostra vita proprio per non esser costretti a fare cose simili: questo era il patto che avevamo concordato [con le autorità]”*2. Quale libertà temevano venisse loro conculcata, quella “religiosa”, di “culto”, da riconoscersi per di più su di un piano di parità anche alle false religioni? No: era la libertà di poter correre subito con tutta l’anima e persino con gioia verso Cristo Risorto, grazie al “battesimo di sangue”! [...]

http://www.internetica.it/continuit%C3%A0-discontinuit%C3%A0-Pasqualucci.htm

Anonimo ha detto...

Interessante leggere anche qui:

http://chiesaepostconcilio.blogspot.it/2011/10/catholica-intervista-mons-gheradini.html

Marco P. ha detto...

Il pretendere i martiri cristiani arruolati sotto le insegne liberali prima che sotto quelle di Cristo mi sembra un grande abbaglio, è un grande abbaglio.
Se così fosse significherebbe che le insegne di Cristo sottostanno a quelle liberali, ma ciò è impossibile, essendo Cristo Gesù vero Dio e quindi superiore a tutto e tutti, fuorchè alle altre due Persone della S.ma Trinità, uguali a Lui per essenza.
Al tempo dei primi martiri cristiani, la religione cattolica era proibita e i cristiani perseguitati (prima dai giudei e poi dai romani) e loro morivano proprio per questo, perché non potevano rendere il degno culto al Signore, così rispondendo ad una domanda della propria coscienza che loro sapevano giusta.
Non morivano perché chiunque fosse “libero” di professare ciò che voleva, ma perché fosse possibile adorare Gesù Cristo. Sostenere che per questo, implicitamente furono martiri anche per l’ideale illuminista della libertà di coscienza è una forzatura, al pari della seconda conclusione circa il conseguente loro rifiuto della religione di stato. Credendo alla divinità rivelata di Gesù Cristo, poiché la Fede della Chiesa è immutabile, venendo come dono dal Signore uguale per tutti coloro che la accettano, è evidente che essi credevano e morivano per tutto ciò che la Chiesa avrebbe poi insegnato con continuità, pur non avendolo Essa ancora reso esplicito, tra tali insegnamenti, ad es. anche la necessità per la religione cattolica di essere religione di stato (Sillabo, sentenza LXXVII).
Ora pretendere che i principi liberal rivoluzionari siano contenuti in quelli cattolici è proprio il mettere in pratica ciò che chiese Giovanni XXIII, di esprimere la fede di sempre con le forme del pensiero moderno, in questo caso con le sue categorie. Ma questo come illustra il prof. Pasqualucci è stato più volte condannato, con continuità, dalla Chiesa docente. Se non è possibile esprimere la dottrina di sempre con le categorie moderne e con questo “addomesticare” la prima, non è neppure possibile fare il contrario: utilizzare la Tradizione per interpretare la modernità, con questo cercando di ricondurre la seconda nell’alveo della prima perché le due posizioni sono in antitesi.

Felice ha detto...

Credo che nessuno darebbe la propria vita per la libertà di coscienza! E credo anche che la continuità del CV 2 con la Tradizione bimillenaria andrebbe dimostrata, e dove non ci fosse ripristinata, non, come ha fatto Benedetto XVI, proclamata, anche contro le evidenze. La debolezza del pensiero di Benedetto XVI è emersa lampante nel discorso tenuto ai preti romani il giorno 14 febbraio 2013. Il quel discorso egli affermava l'esistenza di due "concilii", l'uno, ufficiale, fatto dai padri che volevano fare la volontà di Dio l'altro, fatto dai mass media, che ha avuto l'effetto di indebolire la fede, snaturare la dottrina, devastare la liturgia, svuotare conventi e seminari, etc. Come se fossero stati i giornalisti a insegnare dottrine eretiche dalle cattedre dei seminari, a devastare la liturgia e le chiese, a promulgare un novus ordo Missae in totale discontinuità con la Tradizione. La continuità tra pre e post CV 2 non esiste, e basta partecipare ad una Messa vetus ordo e ad una novus per rendersene conto, e finché non verrà ripristinata, in tutti gli ambiti. le conseguenze negative rimarranno.

Luís Luiz ha detto...

In dubio pro papa e anche In dubio pro Concilio. Naturalmente, letto secondo la Tradizione, con le ambiguità corrette dal Magistero como nel caso classico del subsistit.

Luís Luiz ha detto...

Ma chi ha detto che la libertà alla quale si riferisce il Papa sia la libertà del liberalismo? É una questione di "analisi transcendentale": senza una libertà di coscienza non sarebbe *possibile* la professione di fede dei martiri, cosÍ come senza "ci sono numeri" non si può dure 2+2=4. Questo è un problema di ragione (la coscienza dei martiri) e di fatto (il martirio), non di Fede. Non può, dunque, essere una eresia.

Gederson Falcometa ha detto...

"Il metodo: l’ermeneutica storicista di Dilthey

Dove trovare il metodo per questa rilettura adattata dei dogmi? Occorre fare intervenire un filosofo tedesco che ha influito sulla teologia tedesca e di cui si trova il segno in Joseph Ratzinger: Wilhelm Dilthey (1833-1911), il padre dell’ermeneutica e dello storicismo.
L’ermeneutica, come abbiamo visto, è l’arte di interpretare i fatti o i documenti.
Lo storicismo vuole considerare il ruolo della storia nella verità. Per Dilthey, come per Schelling ed Hegel, che erano degli idealisti, la verità si comprende solo nella sua storia. Ma, mentre per Schelling ed Hegel la verità si sviluppa da se stessa secondo un processo dialettico ben noto, per Dilthey invece occorre fare una distinzione:
- Nelle scienze fisiche lo sviluppo consiste nell’esplicare (Erklären), e questa è una funzione puramente razionale.
- Nelle scienze umane, invece, la verità progredisce per comprensione (Verstehen), e questo include le potenze appetitive dell’anima. In tal modo, la verità si sviluppa secondo il processo di reazione vitale del soggetto nei confronti dell’oggetto, secondo il rapporto di reazione vitale tra lo storico, che si china su dei fatti storici, e l’impatto della storia.
In tal modo, la ricchezza emotiva dello storico va ad arricchire l’oggetto studiato. Il soggetto entra nell’oggetto, fa parte dell’oggetto. La storia si carica dell’energia emotiva dei lettori, tale che i giudizi sul passato sono continuamente colorati dalle reazioni vitali dello storico o del lettore. Ora, è al termine di ogni epoca che appare pienamente il senso di questa stessa epoca, sottolinea Dilthey, e questo è molto vero; così che ad ogni termine suddetto occorre procedere ad una nuova revisione.
Applichiamo tutto questo: la data del 1962, quella dell’inizio del Concilio Vaticano II, sembrava il termine di un’epoca moderna, e quindi si potevano – e si dovevano – rivisitare, riguardare tutti i fatti storici, i giudizi del passato, specialmente sulla religione, per trarne i fatti significativi e i principi permanenti, non senza colorarli a nuovo con le preoccupazioni e le emozioni del presente.
In questo senso, Hans Georg Gadamer (nato nel 1900) ritiene che la vera conoscenza storica non consiste, per l’interprete, nel volersi disfare dei suoi pregiudizi – sarebbe il peggiore dei pregiudizi – ma nel prenderne coscienza e nel trovarne dei migliori. Non si tratta di un circolo vizioso, dicono gli ermeneuti, ma di un sano realismo che si chiama «il circolo ermeneutico».
Applicata alla fede, questa prospettiva purifica necessariamente il passato da ciò che s’era aggiunto in maniera provvisoria al nocciolo della fede, e questa revisione, questa retrospettiva, aggrega necessariamente alla verità i coloriti delle preoccupazioni del presente. Vi è dunque un duplice processo: da una parte la rilettura del passato che consiste nella purificazione del passato, uno sfrondamento dalle sue sovrapposizioni parassitarie, una messa in evidenza dei suoi presupposti impliciti, una presa di coscienza delle sue circostanze passeggere, una tenuta in conto delle reazioni emotive del passato o delle filosofie del passato; dall’altra, deve esserci un arricchimento dei fatti e delle idee storiche per mezzo della reazione vitale attuale, che dipende dalle nuove circostanze dell’epoca attuale, nonché dalla mentalità e dunque dalla filosofia attuali."

Continua...

Gederson Falcometa ha detto...

"È proprio a questa ermeneutica che l’esperto del Concilio, Joseph Ratzinger, invitava l’assemblea in vista della redazione dello «schema XIII» che doveva diventare la Gaudium et spes, in un articolo scritto prima della quarta sessione del Concilio. Ciò che egli diceva dei principi della morale vale anche per il dogma:
Le formulazioni dell’etica cristiana, che devono poter raggiungere l’uomo reale, quello che vive nel suo tempo, rivestono necessariamente la colorazione del suo tempo. Il problema generale, cioè il fatto che la verità è formulabile solo storicamente, si pone per l’etica con una acutezza particolare. Dove si ferma il condizionamento temporale e dove comincia il permanente, al fine di poter ritagliare e far risaltare come si deve il primo per procurare lo spazio vitale al secondo? Ecco una questione che non si può mai fissare in anticipo senza equivoci: in effetti, nessuna epoca può distinguere ciò che permane se non dal suo proprio punto di vista passeggero. Per riconoscerlo e praticarlo, dunque, occorrerà condurre sempre una nuova lotta. Poste tutte queste difficoltà, non bisognerà attendersi troppo dal testo conciliare su questa materia (18)." La fede in pericolo per la ragione, don Tissier Bernard de Mallerrais -http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV145_Tissier_La_fede_in_pericolo_2.html

Gederson Falcometa ha detto...

"Benedetto XVI reclama la purificazione del passato della Chiesa

Per quanto incerta e provvisoria, questa purificazione del passato è proprio ciò che reclama Benedetto XVI per la Chiesa, ed è anche una costante della sua vita. Lo dice lui stesso:
… il mio intento di fondo, particolarmente durante il Concilio, è sempre stato quello di liberare dalle incrostazioni il vero nocciolo della fede, restituendogli energia e dinamismo. Questo impulso è la vera costante della mia vita (19).

Nel suo discorso del 22 dicembre 2005, Benedetto XVI enumera le purificazioni del passato operate dal Vaticano II e le giustifica rispetto al rimprovero di «discontinuità», invocando lo storicismo:

Innanzitutto occorreva definire in modo nuovo la relazione tra fede e scienze moderne […]. In secondo luogo, era da definire in modo nuovo il rapporto tra Chiesa e Stato moderno, che concedeva spazio a cittadini di varie religioni ed ideologie […]. Con ciò, in terzo luogo, era collegato in modo più generale il problema della tolleranza religiosa – una questione che richiedeva una nuova definizione del rapporto tra fede cristiana e religioni del mondo.
È chiaro – concede Benedetto XVI - che in tutti questi settori, che nel loro insieme formano un unico problema, poteva emergere una qualche forma di discontinuità e che, in un certo senso, si era manifestata di fatto una discontinuità, nella quale tuttavia, fatte le diverse distinzioni tra le concrete situazioni storiche e le loro esigenze, risultava non abbandonata la continuità nei principi.
In questo processo di novità nella continuità – si giustifica Benedetto XVI - dovevamo imparare a capire più concretamente di prima che le decisioni della Chiesa riguardanti cose contingenti – per esempio, certe forme concrete di liberalismo o di interpretazione liberale della Bibbia – dovevano necessariamente essere esse stesse contingenti, appunto perché riferite a una determinata realtà in se stessa mutevole. Bisognava imparare a riconoscere che, in tali decisioni, solo i principi esprimono l’aspetto duraturo, rimanendo nel sottofondo e motivando la decisione dal di dentro. Non sono invece ugualmente permanenti le forme concrete, che dipendono dalla situazione storica e possono quindi essere sottoposte a mutamenti.

Benedetto XVI chiarisce la sua giustificazione con l’esempio della libertà religiosa:
Il Concilio Vaticano II, con la nuova definizione del rapporto tra la fede della Chiesa e certi elementi essenziali del pensiero moderno, ha rivisto o anche corretto alcune decisioni storiche, ma in questa apparente discontinuità ha invece mantenuto ed approfondito la sua intima natura e la sua vera identità.
Il Concilio Vaticano II, riconoscendo e facendo suo con il Decreto sulla libertà religiosa un principio essenziale dello Stato moderno, ha ripreso nuovamente il patrimonio più profondo della Chiesa (20)." La fede in pericolo per la ragione, don Tissier Bernard de Mallerrais - http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV147_Tissier_La_fede_in_pericolo_4.html

Marco P. ha detto...

La libertà di coscienza "buona" è quella che porta ad aderire alla Verità e ad Essa sottomettersi.
Quella "cattiva" è quella di aderire a ciò che si ritiene giusto.

La seconda è stata condannata (ad es. Gregorio XVI Mirari vos) in quanto erronea perché relativizza la Verità e perciò la nega.
La seconda non è propedeutica alla professione di Fede ma è la base per negarla.
La libertà di coscienza "buona" è dono del Creatore che così ha creato l'uomo e quindi non bisogna combattere per questa, essendo già data, bisogna invece combattere contro chi tale libertà la vuole negare, cioè satana e i suoi simili, tale combattimento è spirituale. Invece le battaglie e le rivoluzioni sono state fatte per la seconda libertà di coscienza, quella "cattiva", perché era da "conquistare" per liberarsi della prima (e qui si vede chi ispira che cosa).
Per questo a me crea difficoltà l'affermazione che i Martiri cristiani sarebbero morti per la libertà di coscienza: se si intende quella dono di Dio, non si può morire per ottenere qualche cosa che Dio ci ha già dato, si può morire invece per ciò che ci viene impedito di fare dagli altri (rendere il culto pubblico a Dio);se si intende quella liberale allora si c'è chi è morto per questa ma non per un motivo di Fede ma per poterla negare.

Gederson Falcometa ha detto...

"Il problema sta nello stabilire quali sono gli elementi fondanti e quelli contingenti che possono cambiare. Ad esempio, quando Ratzinger porta ed esempio i martiri a proposito della "libertà di coscienza", che essi avrebbero rivendicato (!?), ripreso da Rhonheimer. Insomma i martiri sarebbero morti per un ideale libertario, allora non sviluppato oggi sì, anziché per fedeltà a Cristo..."

Non solo i martiri, ma anche Cristo sarebbe morto in la croce per la nostra salvezza e per la libertà di coscienza. Quindi, quale le consequenze di questa affermazione di Ratzinger? Ancora sulla libertà religiosa, alcuni Padre della Chiesa ha diffeso la libertà dei pagani, degli eretici, degli eterodossi e di membri di altri religioni?

mic ha detto...

Per questo a me crea difficoltà l'affermazione che i Martiri cristiani sarebbero morti per la libertà di coscienza: se si intende quella dono di Dio, non si può morire per ottenere qualche cosa che Dio ci ha già dato, si può morire invece per ciò che ci viene impedito di fare dagli altri (rendere il culto pubblico a Dio);se si intende quella liberale allora si c'è chi è morto per questa ma non per un motivo di Fede ma per poterla negare.

Quoto!

Gederson Falcometa ha detto...

Difficile è sappere come l'ermeneutica della riforma nella continuità (una conttradizione nei termini...) se relaziona e risolve il problema sollevato per Ratzinger nel testo "Elogio della coscienza", come se può leggere:

"Nell’attuale dibattito sulla natura propria della moralità e sulle modalità della sua conoscenza, la questione della coscienza è divenuta il punto nodale della discussione, soprattutto nell’ambito della teologia morale cattolica. Tale dibattito ruota intorno ai concetti di libertà e di norma, di autonomia e di eteronomia, di autodeterminazione e di determinazione dall’esterno mediante l’autorità. La coscienza vi è presentata come il baluardo della libertà di fronte alle limitazioni dell’esistenza imposte dall’autorità. In tale contesto vengono così contrapposte due concezioni del cattolicesimo: da un lato sta una comprensione rinnovata della sua essenza, che spiega la fede cristiana a partire dalla libertà e come principio della libertà e, dall’altro lato, un modello superato, "pre-conciliare", che assoggetta l’esistenza cristiana all’autorità, la quale attraverso norme regola la vita fin nei suoi aspetti più intimi e cerca in tal modo di mantenere un potere di controllo sugli uomini. Così "morale della coscienza" e "morale dell’autorità" sembrano contrapporsi tra di loro come due modelli incompatibili; la libertà dei cristiani sarebbe poi messa in salvo facendo appello al principio classico della tradizione morale, secondo cui la coscienza è la norma suprema, che dev’essere sempre seguita, anche in contrasto con l’autorità. E se l’autorità — in questo caso: il Magistero ecclesiastico — vuol parlare in materia di morale, può certamente farlo, ma solo proponendo elementi per la formazione di un autonomo giudizio alla coscienza, la quale tuttavia deve sempre mantenere l’ultima parola. Tale carattere di ultima istanza proprio della coscienza viene ricondotto da alcuni autori alla formula secondo cui la coscienza è infallibile."http://www.clerus.org/clerus/dati/1999-05/10-2/Elogiocoscienza.rtf.html

Gederson Falcometa ha detto...

Cerca il primo erro elencato nel testo è interessante che il discorso di appertura del Concilio parla della sua raggione, come se può vedere:


"Non perché manchino dottrine false, opinioni, pericoli da cui premunirsi e da avversare; ma perché tutte quante contrastano così apertamente con i retti principi dell’onestà, ed hanno prodotto frutti così letali che oggi gli uomini sembrano cominciare spontaneamente a riprovarle, soprattutto quelle forme di esistenza che ignorano Dio e le sue leggi, riponendo troppa fiducia nel progressi della tecnica, fondando il benessere unicamente sulle comodità della vita. Essi sono sempre più consapevoli che la dignità della persona umana e la sua naturale perfezione è questione di grande importanza e difficilissima da realizzare. Quel che conta soprattutto è che essi hanno imparato con l’esperienza che la violenza esterna esercitata sugli altri, la potenza delle armi, il predominio politico non bastano assolutamente a risolvere per il meglio i problemi gravissimi che li tormentano."

Lasciare le condannazioni perché SEMBRA che gli uomini sono convinti per una reta norma di onestà universale (quale?) pone il genero umano nel luogo dei cattolici, come principio del Magistero (oggi questo è più chiaro in Francesco). Le condannazioni magisteriali sono per i cattolici, non sono per gli uomini. Difficile è sappere il ruolo del Spirito Santo in questa opera, perché è lui che convince gli uomini dal peccato, da giustizia e del giudizio personalmente e tramite il magistero. Però, gli uomini moderni sono convinti per una reta norma universale di onestà che il Papa non dice da dove viene e nè che cosa sia. Per quelli che accusano pelagianesimo, sarà che qui non trovano il suo profumo?

Il curioso è che ci sono 50 anni di questo ottimismo ingenuo. Sembra che gli uomini riprovano gli errori da solo, ma esistono due ermeneutiche per un solo Concilio. Prova provata che gli uomini da solo non fanno la condannazione di nessunoerrorre, fanno il contrario. Ma se la esistenza di 50 anni dell'ermeneutica della rottura prova che il principio è falso, perché il Papa Benedetto XVI invece di chiedere alla Chiesa di fare l'ermeneutica della continuità, non ha fatto questa ermeneutica lui stesso?

Pio XII ha fatto il suo discorso programmatico attraverso la Summi Pontificatus (1939). In questa enciclica quello che se può leggere è un anti-discorso di appertura del Concilio. Più realista da questo discorso, Pio XII denuncia la dimenticanza della legge naturale e della carità e parla del pericolo dello Stato diventare un altro "dio". Tutto che Papa Pacelli ha affermato in questa enciclica, sembra avere cambiato in 1962. Però, non aveva cambiato...

ilfocohadaardere ha detto...

A proposito della "Coscienza" in J.Ratzinger:
"Vorrei solo cercare di indicare il posto dell’idea di coscienza nell’insieme della vita e del pensiero di Newman. Le prospettive così guadagnate approfondiranno lo sguardo sui problemi attuali e apriranno collegamenti con la storia, cioè condurranno ai grandi testimoni della coscienza e alle origini della dottrina cristiana sulla vita secondo la coscienza. A chi non viene in mente, a proposito del tema "Newman e la coscienza", la famosa frase della Lettera al Duca di Norfolk: "Certamente se io dovessi portare la religione in un brindisi dopo un pranzo — cosa che non è molto indicato fare — allora io brinderei per il Papa. Ma prima per la coscienza e poi per il Papa"? Secondo l’intenzione di Newman questo doveva essere — in contrasto con le affermazioni di Gladstone — una chiara confessione del papato, ma anche — contro le deformazioni "ultramontanistiche" — un’interpretazione del papato, il quale è rettamente inteso solo quando è visto insieme col primato della coscienza — dunque non ad essa contrapposto, ma piuttosto su di essa fondato e garantito. Comprendere ciò è difficile per l’uomo moderno, che pensa a partire dalla contrapposizione di autorità e soggettività. Per lui la coscienza sta dalla parte della soggettività ed è espressione della libertà del soggetto, mentre l’autorità sembra restringere, minacciare o addirittura negare tale libertà. Dobbiamo quindi andare un po’ più in profondità, per imparare a comprendere di nuovo una concezione, in cui questo tipo di contrapposizione non vale più.Per Newman il termine medio che assicura la connessione tra i due elementi della coscienza e dell’autorità è la verità. Non esito ad affermare che quella di verità è l’idea centrale della concezione intellettuale di Newman; la coscienza occupa un posto centrale nel suo pensiero proprio perché al centro c’è la verità. In altre parole: la centralità del concetto di coscienza è in Newman legata alla precedente centralità del concetto di verità e può essere compresa solo a partire da questa. La presenza preponderante dell’idea di coscienza in Newman non significa che egli, nel XIX secolo e in contrasto con l’oggettivismo della neoscolastica abbia sostenuto per così dire una filosofia o teologia della soggettività. Certamente è vero che in Newman il soggetto trova un’attenzione che non aveva più ricevuto, nell’ambito della teologia cattolica, forse dal tempo di Sant’Agostino. Ma si tratta di un’attenzione nella linea di Agostino e non in quella della filosofia soggettivistica della modernità. In occasione della sua elevazione al cardinalato, Newman confessò che tutta la sua vita era stata una battaglia contro il liberalismo. Potremmo aggiungere: anche contro il soggettivismo nel cristianesimo, quale egli lo incontrò nel movimento evangelico del suo tempo e che, per la verità, costituì per lui la prima tappa di quel cammino di conversione che durò tutta la sua vita.

ilfocohadaardere ha detto...

(segue)
"La coscienza non significa per Newman che il soggetto è il criterio decisivo di fronte alle pretese dell’autorità, in un mondo in cui la verità è assente e che si sostiene mediante il compromesso tra esigenze del soggetto ed esigenze dell’ordine sociale. Essa significa piuttosto la presenza percepibile ed imperiosa della voce della verità all’interno del soggetto stesso; la coscienza è il superamento della mera soggettività nell’incontro tra l’interiorità dell’uomo e la verità che proviene da Dio. È significativo il verso, che Newman compose in Sicilia nel 1833: "Amavo scegliere e capire la mia strada. Ora invece prego: Signore, guidami tu!". La conversione al cattolicesimo non fu per Newman una scelta determinata da gusto personale, da bisogni spirituali soggettivi. Così egli si espresse nel 1844, quando era ancora, per così dire, sulla soglia della conversione: "Nessuno può avere un’opinione più sfavorevole della mia sul presente stato dei romano-cattolici". Ciò che per Newman era invece importante era il dovere di obbedire più alla verità riconosciuta che al proprio gusto, addirittura anche in contrasto con i propri sentimenti e con i legami dell’amicizia e di una comune formazione. Mi sembra significativo che Newman, nella gerarchia delle virtù sottolinei il primato della verità sulla bontà o, per esprimerci più chiaramente: egli mette in risalto il primato della verità sul consenso, sulla capacità di accomodazione di gruppo. Direi quindi: quando parliamo di un uomo di coscienza, intendiamo qualcuno dotato di tali disposizioni interiori. Un uomo di coscienza è uno che non compra mai, a prezzo della rinuncia alla verità, l’andar d’accordo, il benessere, il successo, la considerazione sociale e l’approvazione da parte dell’opinione dominante. In questo Newman si ricollega all’altro grande testimone britannico della coscienza: Tommaso Moro, per il quale la coscienza non fu in alcun modo espressione di una sua testardaggine soggettiva o di eroismo caparbio. Egli stesso si pose nel numero di quei martiri angosciati, che solo dopo esitazioni e molte domande hanno costretto se stessi ad obbedire alla coscienza: ad obbedire a quella verità, che deve stare più in alto di qualsiasi istanza sociale e di qualsiasi forma di gusto personale. Si evidenziano così due criteri per discernere la presenza di un’autentica voce della coscienza: essa non coincide con i propri desideri e coi propri gusti; essa non si identifica con ciò che è socialmente più vantaggioso, col consenso di gruppo o con le esigenze del potere politico o sociale.

È utile, a questo punto, gettare uno sguardo alla problematica attuale. L’individuo non può pagare il suo avanzamento, il suo benessere, a prezzo di un tradimento della verità riconosciuta. Neppure l’umanità intera può farlo. Tocchiamo qui il punto veramente critico della modernità: l’idea di verità è stata nella pratica eliminata e sostituita con quella di progresso. Il progresso stesso "è" la verità. Tuttavia in quest’apparente esaltazione esso diventa privo di direzione e si vanifica da solo. Infatti, se non c’è nessuna direzione, tutto quanto può essere altrettanto bene progresso quanto regresso"
(Card. J.Ratzinger,di + Joseph Card. Ratzinger "Il Sabato", 16 marzo 1991)

ilfocohadaardere ha detto...

Secondo me, questo brano chiarifica tante cose, laddove ce ne fosse bisogno (per me, ad esempio, ce n'è sempre...). Sursum corda!
p.s. quando penso a Joseph Ratzinger/Benedetto XVI, penso a lui mentre celebra qualche solenne Messa Pontificale....e riconosco nel suo celebrare l'Eucaristia la Verità. Quello di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI è stato un percorso a tappe, un cammino di crescita evidentissimo secondo me. Alla fine, è prevalso in lui Cristo,cioè è "diminuito" lui, il teologo, lo scienziato, ed è cresciuto il Verbo....ne sono intimamente convinto. E' stato e rimane un faro nelle tenebre, ed ancora non abbiamo tutti gli elementi per comprenderlo sino in fondo. Credo che li avremo presto...

Anonimo ha detto...

“I martiri della Chiesa primitiva sono morti per la loro fede in quel Dio che si era rivelato in Gesù Cristo, e proprio così sono morti anche per la libertà di coscienza e per la libertà di professione della propria fede”»

I martiri sono morti unicamente per dare testimonianza del Vangelo, come era stato loro comandato da Gesù Cristo e non “anche” “per” la libertà di coscienza, cioè “per”(ché) fosse garantita ai sudditi dell’impero romano tale libertà di coscienza/di religione (che tra l’altro era assicurata a tutti, eccetto che per chi, come veniva ritenuto per i cristiani, turbasse l’ordine pubblico).

Certo, se il cristianesimo non fosse stato vietato, ai tempi, i cristiani non sarebbero stati uccisi.

Allora si può dire che essi furono uccisi perché testimoniarono la Verità per (complemento di fine) consentire ai pagani di raggiungere la salvezza attraverso Cristo e per (complemento di fine) essere fedeli a Dio ed al suo comando e che a causa del divieto di professare la religione cristiana (l’unica, credo, all’epoca vietata), cioè a causa della mancanza di libertà di professare quella religione, subirono il martirio.

Parificare fine e causa con quel “anche per” interposto tra “la loro fede” (fine) e “la libertà di coscienza/religione” (a causa della cui mancanza furono uccisi) sembra un sofisma che ha il preciso effetto di sostituire, all’unica Verità per (complemento di fine) la cui testimonianza i cristiani furono martirizzati, la libertà di professare qualsiasi erronea religione, idolo per il quale nessun cattolico, se e in quanto tale, potrebbe mai offrire la propria vita.


Quanto fosse lontano dalla mente e dal cuore dei martiri cristiani la questione della libertà dell’errore in materia religiosa lo dimostra poi Ambrogio che, non molto tempo dopo, si oppose alla restaurazione dei culti pagani, e, quando una piccola folla di cristiani, guidata dal vescovo locale, diede l'assalto a una sinagoga e la bruciò, si oppose all’ordine del governatore romano che la sinagoga venisse ricostruita a spese del vescovo, sostenendo che quell'incendio non era affatto un crimine, ma un "atto glorioso" affinché "non possa esserci luogo in cui Dio è negato".

Anna

Gederson Falcometa ha detto...

"Certamente se io dovessi portare la religione in un brindisi dopo un pranzo — cosa che non è molto indicato fare — allora io brinderei per il Papa. Ma prima per la coscienza e poi per il Papa"? Secondo l’intenzione di Newman questo doveva essere — in contrasto con le affermazioni di Gladstone — una chiara confessione del papato, ma anche — contro le deformazioni "ultramontanistiche" — un’interpretazione del papato, il quale è rettamente inteso solo quando è visto insieme col primato della coscienza — dunque non ad essa contrapposto, ma piuttosto su di essa fondato e garantito."

La coscienza può sbagliare, quindi, fare un brindisi prima per la coscienza e poi per il Papa, non è stato cosa che Lutero ha fatto? Se non è così, come doveva se portare il Papa davanti un uomo como Lutero?

Se questo è un principio vero, anche il Papa deve fare un brindisi prima per la coscienza e poi per il papato. Sembra che Francesco tutti i giorni fa un brindisi per la coscienza di Bergoglio, sarà che un giorno fara un brindisi per il Papa?

mic ha detto...

Mi piacerebbe che il papa emerito potesse leggere questo scritto di Anna e darci la sua risposta....

Gederson Falcometa ha detto...

La questione della coscienza in uno testo della rivista La Civiltà Cattolica del secolo XIX:

La coscienza è un ultimo giudizio pratico intorno all'obbligazione di fare o di non fare una cosa. Se si prescinde da Dio obbligante, perchè superiore e perchè padrone di tutto l'uomo, l'obbligazione è impossibile, e si dovrà cadere o nella tirannia che l'uomo possa per sè stesso obbligare un altro uomo suo pari, o nella follia che l'uomo obblighi sè stesso. Dunque il liberalismo che esclude Dio, esclude il concetto vero di coscienza, ed è un assurdo il dire con l'Opinione che la libertà di coscienza è la più divina e più umana tra le libertà.
Ma ci si dirà, voi andate in filosofiche sottigliezze. Per coscienza noi intendiamo una interna persuasione di dover operare o non operare o di essere liberi ad operare, senza alcun riguardo a Dio. Egregiamente! Dunque voi direte che la libertà di operare secondo tale persuasione è la più divina ed umana delle libertà? Incarniamo la vostra dottrina in fatti evangelici e in fatti storici dei nostri tempi.
Erodiade adultera concubina di Erode tendeva insidie a San Giovanni Battista, perchè questi diceva ad Erode non essergli lecito tenere per moglie la moglie del suo fratello. Rechiamo il passo del Vangelo (Marc. 6) «Erode temeva Giovanni conoscendolo uomo giusto e santo; e lo conservava, ed udendolo, faceva molte cose; e volentieri l'udiva. Or avvenne che Erode nel suo di natalizio fece un convito ai principi, ai tribuni e ai primarii della Galilea, e la figliuola di Erodiade entrò e danzò, e piacque ad Erode, ed a coloro ch'erano con lui a mensa. Ed il Re disse alla fanciulla: Domandami ciò che vuoi, ed io tel darò. E giurò dicendo: Io ti donerò tutto ciò che chiederai, fosse anche la metà del mio regno. Ed essa uscì e disse a sua madre: Che chiederò? Ed ella disse: La testa di Giovanni Battista. E subito frettolosamente si fe' innanzi al Re e fe' la sua dimanda dicendo: Voglio che subito tu mi dia il capo di Giovanni Battista. Si afflisse il re: ma a cagione del fatto giuramento e per rispetto di coloro che erano con lui non volle contristarla. E subito mandato un carnefice, comandò che si portasse il capo in un piatto. E così decapitò Giovanni nel carcere e ne fu portata la testa in un piatto, e la diede alla fanciulla, e questa la diede alla sua madre.» Qual fiero tiranno! Eppure Erode in sua mente si persuadeva dover fare ciò che fece, atteso il giuramento e il riguardo ai convitati. Questa persuasione era in lui coscienza? Se discorriamo secondo la teorica del liberalismo che prescinde da Dio e ammette la libertà di pensiero, dobbiam dire che fosse, ed Erode godeva in ciò della libertà più divina e umana. Ma questa sua persuasione era un giudizio pratico derivato da un giudizio vero della esistenza di una obbligazione o almeno liceità di far ciò che fece? Il suo errore era invincibile? Poteva egli essere in buona fede? Nella teorica dei nostri avversarii, Erode avea il diritto di far quell'atto e doveva goder di pienissima libertà a farlo.
Della stessa guisa uno che intende assassinare un imperatore o un re o ad accoppare con una sassata un ministro di Stato, perché è persuaso di fare cosa a sé e agli altri settarii grata, e l'ha giurato, costui secondo la teorica della libertà di pensiero e di quella di coscienza, vuol essere rispettato nè farà cosa colpevole innanzi alla società, giacché la libertà di coscienza è la prima libertà di tutte le altre e la più divina e la più umana.
La dottrina pertanto che deriva da principii della setta liberale è una dottrina che dà impunità a tutti i delitti ed è la dottrina che giustifica il regicidio, e dalla quale consèguita eziandio che non meritano punizione i delitti politici quali che sieno. Ed i ladri, gli assassini, gli adulteri, ogni fior di ribaldi nella libertà di pensiero e di coscienza avranno la giustificazione de' loro misfatti. La libertà di coscienza La Civiltà Cattolica 1890 -http://pascendidominicigregis.blogspot.com.br/2012/04/la-liberta-di-coscienza.html

Anonimo ha detto...
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Paolo Pasqualucci ha detto...

Vorrei solo POSTILLARE due o tre cose a questa interessantissima discussione, per me assai proficua, ringraziando per la citazione e l'attenzione:
1. @ Rr : "i sedevacantisti, i sedeprivazionisti, i lefebvriani hanno ragione da vendere". Rammento che i "lefebvriani" non sono affatto sedevacantisti. Quando i Papi per disgrazia professano ambiguita' ed errori (il che mai e' avvenuto in documenti dogmatici) abbiamo il diritto e il dovere di farglielo notare, anche con rispettosa energia, se necessario; non abbiamo il diritto di dichiarare la Sede vacante. Per dichiarare vacante la Sede (lo ripeto) bisognerebbe dimostrare che il Papa in questione e' eretico in senso formale ossia che vuole pervicacemente, intenzionalmente attentare in tutto o in parte al dogma della fede. Ma chi puo' fornire questa dimostrazione? Non certo i fedeli. Solo un altro Papa, con un giudizio postumo di condanna, dal valore prevalentemente morale o forse un Concilio ecumenico, con un giudizio anch'esso postumo o che mettesse esplicitamente sotto processo ancor vivo il suddetto Papa, per eresia.
2. @ L. Luiz: "la liberta' come condizione della loro fede cristiana". Gli Apostoli pero' continuavano la loro opera di conversione dei peccatori anche quando erano inprigionati (Atti, 26). Si deve allora dire che la liberta' di coscienza o religiosa non sia necessaria al cristiano, dal momento che egli se la prende, come facevano gli Apostoli, affidandosi per il resto alla Provvidenza? Nello stesso tempo, il cristiano mira a convertire tutti, senza distinzione. E cio' significa voler giungere ad una societa' e ad uno Stato cristiani, per l'appunto, dove il problema della liberta' di coscienza non si pone piu' per il cristiano. Si pone caso mai per gli altri culti, tollerati od autorizzati che siano. Storicamente osserviamo che ci sono state tante conversioni nelle condizioni piu' difficili, nella persecuzione, nella morte fra le torture. Ma ci sono state anche tante conversioni favorite dalla fine delle persecuzioni, da un clima di pace, come quello che si era instaurato, per esempio, a partire dall'editto dell'AD 313, che fece del cristianesimo "religio licita". Cosa cerco di dire, con cio'? Che la liberta' puo' essere "condizione della nostra fede" ma puo'anche non esserlo. Non mi sembra si debba comunque considerare una condizione assoluta. Se c'e' bene, se non c'e' bene lo stesso. Non puo' comunque costituire uno dei fini essenziali dell'esistenza della Chiesa, a pari liberta' con le altre religioni (come sembra si ritenga oggi). Ne' rappresentare un valore cui dedicare l'opera della nostra santificazione quotidiana.
3. @ Sulla Allocuzione di Giovanni XXIII. Solo per notare quanto segue. Il Papa, per giustificare la rinuncia alle condanne, disse che gli uomini sembravano aver cominciato "spontaneamente a riprovare le false dottrine e opinioni, i pericoli"(per l'anima?) perche' avevano finalmente capito il valore della "dignita' della persona umana e la sua naturale perfezione". Ebbene, stava gia' cominciando la Rivoluzione Sessuale. Alla fine degli anni 50 appparve, mi sembra, il primo film di Brigitte Bardot. Nel 1961, se non erro, era entrata in commercio la pillola in America e nel 62 usci' subito il primo best-seller di una scrittrice americana, che incitava le donne a godersi la vita senza problemi, tanto adesso c'era la pillola! Un bell'esempio di condanna degli errori da parte degli uomini stessi, non c'e' dubbio. Negli schemi di costituzione fatti naufragare dai neomodernisti in Concilio, dal Papa letti riga per riga, c'era tuttavia gia' la condanna articolata delle deviazioni emergenti. La Curia aveva fatto il suo dovere.

Anonimo ha detto...

Anna e Mic:
“I martiri della Chiesa primitiva sono morti per la loro fede in quel Dio che si era rivelato in Gesù Cristo, e proprio così sono morti anche per la libertà di coscienza e per la libertà di professione della propria fede”»
Suppongo che il dilemma interpretativo stia tutto in quel "propria": se "propria" è in generale, di chiunque, qualunque essa sia, argh, il terreno si fa scivoloso e può portare lontano; ma se stiamo parlando di martiri cristiani, forse c'è qualche aggettivo sottinteso che avrebbe solo dovuto essere esplicitato, mentre resta racchiuso un po' cripticamente in quel "propria", che io vorrei intendere come la loro, dei martiri cristiani.
Morire per la fede cristiana era anche morire per la libertà di coscienza di essere cristiani e di poter professare la medesima fede cristiana. Se poi uno lo vuole applicare in generale e dire che è stato un esempio anche per altri, nel senso di resistere di fronte a un'ingiustizia... uno può anche farlo, anche se non c'entra un tubo (non ci vuole il cristianesimo, per morire per le proprie idee, l'han sempre fatto tutti gli uomini dotati di spina dorsale).
O dite che mi sto arrampicando sugli specchi?
humilitas

Silente ha detto...

Degno di interesse antropologico, tale anonimo delle 10:12 e delle 10:52.
Beh, così per divertirci, abbozziamo una risposta.
A Mosca le chiese cattoliche "latine" sono almeno tre: la Cattedrale metropolitana dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, sede vescovile dell'arcidiocesi metropolitana di Mosca, la chiesa di San Luigi dei Francesi (che non è esattamente "la cappella dell'ambasciata francese", né per dimensioni, né per collocazione) e la chiesa dei Santi Pietro e Paolo. A queste si devono aggiungere due parrocchie di rito greco cattolico.
Ancora, ed è la parte più divertente: il suddetto anonimo afferma testualmente che: "in Ucraina sono stati cacciati tutti gli esponenti religiosi non ortodossi, anche gli Uniati". Faccio presente che la Chiesa Cattolica è presente in Ucraina con ben quattro riti: latino, greco-cattolico (gli Uniati), ruteno e armeno. La Chiesa Cattolica in Ucraina ha una sede arcivescovile maggiore, cinque sedi arcivescovili, dodici sedi vescovili, cinque esarcati (fonte: "Catholic Dioceses in
Ukraine" - www.gcatholic.org).
L'affermazione: "in Ucraina sono stati cacciati tutti gli esponenti religiosi non ortodossi, anche gli Uniati" è quantomeno bizzarra, visto che i cattolici (Uniati compresi), complessivamente, rappresentano la seconda confessione del paese. Sarebbe così cortese questo anonimo da fornirci qualche documentazione in merito a questa notizia-bomba non comparsa in alcun organo di stampa? Ci sta veramente dicendo che tutti gli "esponenti religiosi non ortodossi" (vescovi e religiosi di rito latino, greco cattolico, ruteno, armeno e poi, a seguire, rabbini, imam, pastori protestanti, testimoni di Geova, monaci buddisti, Hare Krishna, mormoni, adepti di Scientology, sciamani della steppa eccetera), sarebbero stati "cacciati dall'Ucraina?". Ci perdoni, questo anonimo, ma la sua affermazione preliminare "avendo notizie di assoluta attendibilità" risulta, allo stato dei fatti, piuttosto imbarazzante.
Incomincio a sospettare che i danni procurati da trasmissioni tipo "Voyager" o "Adam Kadmon" siano superiori al previsto.

Rr ha detto...

So bene che i "lefebvriani" non sono sedevacantisti, ne' sedeprivazionisti.
La mia frase era provicatoria.. Sara' deformazione professionale, ma mi sembra di avere a che fare con colleghi che, di fronte ai sintomi di una grave patologia, confermati dagli esami clinici e strumentali, non osano formulare la diagnosi perche' e' il loro primario che ha provocato la malattia con un esperimento fallace.
E continuano a redigere cartelle cliniche, e a chiedere esami, ed ad indignarsi se qualche studentello o specializzando dice: - ma guardate che il paziente e' peggiorato da quando ha iniziato quel trattamento, diverso dai consueti-
Quando i pazienti saranno morti tutti, ed il giudice avra' condannato il primario, allora si decideranno a trarre le conclusioni . Ma sara' tardi.
Rr
PS: la Scuola di Francoforte- Reich e company- predata il CVIi di almeno 10 anni. Ma chissa' se Roncalli, in quel di Parigi, tra un pranzo ed una cena, ne aveva avuto sentore. E se non erro, il Muro di Berlino era stato costruito un anno prima, cosi come c' era appena stata la crisi di Cuba. Ed in Vietnam cominciava l' escalation...

Rr ha detto...

Silente,
e' possibile che si tratti di una specie di " hasbara" anti russa, piuttosto checdi un effetto "Kazzinger"
Rr

Anonimo ha detto...

Secondo il magistero della Chiesa i comandamenti sono stati dati, attraverso il popolo ebraico, a tutti gli uomini. Il primo, il più importante, comandamento impone (non consiglia, comanda) agli uomini, a tutti gli uomini, di amare Dio, l’unico Dio esistente, l’unico vero Dio (la SS Trinità come insegnatoci da Gesù e dalla sua Chiesa), con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente. Sta scritto: « Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto » (Mt 4,10). I. «Adorerai il Signore Dio tuo e lo servirai» « Temerai il Signore Dio tuo, lo servirai [...]. Non seguirete altri dei » (Dt 6,13-14).

Spiega il CCC: “Il primo appello e la giusta esigenza di Dio è che l'uomo lo accolga e lo adori”. Anche se “alleggerisce” un po’ la portata della Parola di Dio, che è un vero e proprio comando (proviene da un’autorità, la massima, usa l’imperativo, prevede pesanti conseguenze negative in caso di inosservanza – eterno fuoco e stridor di denti, in assenza di sincero pentimento, come ha spiegato poi chiaramente Gesù), il CCC prosegue ammettendo che “l’uomo ha l'obbligo di accogliere le sue parole e di aderire ai suoi comandi con pieno riconoscimento della sua autorità”. Aggiunge che “il dovere di rendere a Dio un culto autentico riguarda l'uomo individualmente e socialmente. È « la dottrina cattolica tradizionale sul dovere morale dei singoli e delle società verso la vera religione e l'unica Chiesa di Cristo ».

Gli uomini, dunque, devono riconoscere e adorare l’unico vero Dio trinitario. Individualmente (altrimenti è dannazione dopo la morte e anche sulla terra, dato che Dio è il vero bene) e socialmente (altrimenti l’umanità si autodemolisce, privata del suo principio e fonte vitale: gli effetti della scristianizzazione dell’occidente li abbiamo tutti sotto gli occhi e non abbiamo ancora visto niente).

Mi chiedo: come può conciliarsi con il primo comandamento il riconoscimento della libertà di coscienza/religione ?

Un partito ateo o agnostico, che non crede o che non conosce la verità su Dio, coerentemente considera le religioni, tutte indistintamente, come oggetto di un diritto o una libertà del singolo. Dio non esiste o non si sa se esista e come sia. Non ha una realtà ontologica. Dunque l’unica cosa che esiste è l’esigenza che l’uomo ha di Dio, il pensiero che ha su Dio. L’ateo e l’agnostico si occupano quindi del diritto o meno del cittadino di inventarsi il Dio che vuole e di praticare il culto al proprio “Dio”, assicurandogli questa libertà, se questa pratica è ritenuta utile socialmente o quanto meno innocua, o negandola, se ritenuta nociva.

Ma una confessione religiosa, che dovrebbe, per definizione ri-legare gli uomini a quel Dio dal quale si erano allontanati (mi piace questa scelta etimologica del termine) e che dovrebbe ritenere la propria credenza vera ontologicamente (e non frutto del pensiero umano), come può una confessione religiosa insegnare ai suoi fedeli che essi sono liberi di aderire a qualunque religione ? Come può la Chiesa, custode della rivelazione, custode di quel primo comandamento, insegnare al gregge del Signore che ogni fedele è libero di apostatare ?
Intendo dire che la libertà interiore è un dono di Dio che possiamo constatare. E’ un fatto. Si può essere costretti a comportamenti esteriori ma mai a credere o a non credere, ad amare o a non amare qualcosa. In questo senso siamo da sempre liberi. La Chiesa ha poi sempre insegnato che Dio ci creati liberi di credergli, di amarlo, di sceglierlo o di respingerlo, di tradirlo, di abbandonarlo.

Anna (continua)

Anonimo ha detto...

Questa, dagli atei e dagli agnostici, è chiamata libertà di religione. Ma la Chiesa, che sa che Dio c’è, sa Chi è e conosce ciò che vuole dagli uomini e per gli uomini (perché glielo ha rivelato), non può chiamarla così, come se ritenesse la fede un prodotto del pensiero dell’uomo, un’opinione. La Chiesa deve chiamarla con parole di verità, deve chiamarla libertà di scegliere Dio o il suo avversario, il bene o il male, di salvarsi o di dannarsi. Libertà di osservare il primo comandamento o di non osservarlo, con tutte le sue conseguenze.

Con tutte le sue conseguenze. Perché non è la stessa cosa scegliere il bene o il male, obbedire a nostro Signore o disobbedirgli, amarlo o disinteressarci di Lui. La “Chiesa della misericordia” ce lo ha fatto un po’ scordare, ma Dio è anche perfettissima giustizia. E ci chiederà il conto delle nostre scelte. La sua misericordia non annulla la sua giustizia. E infatti per redimerci ha espiato Lui, per noi, il peccato originale dell’uomo.

L’espressione “libertà di religione”, allora, confonde. Perché porta a ritenere la libertà di rifiutare l’unico vero Dio, una scelta priva di conseguenze negative.

In diritto si chiamano libertà tutti quei comportamenti che il cittadino può compiere senza incorrere in alcuna sanzione (ad esempio, andare a passeggio dove ci pare). Non sono libertà quei comportamenti che sono vietati e che perciò sono sanzionati, se commessi. Ciascuno può scegliere “liberamente” di compiere un atto vietato (ad esempio uccidere un uomo), e infatti non pochi uomini fanno questa “libera” scelta, ma poi finiscono in galera per vari anni.

La proclamazione, da parte della Chiesa, della “libertà di religione”, del “diritto alla scelta della confessione religiosa” mi sembra in aperto contrasto con il primo comandamento. E’ come se dicesse ai fedeli (a cui si rivolge il suo insegnamento) che possono scegliere liberamente dove andare a passeggio, invece che dire loro che sono, sì, materialmente “liberi” di trasgredire il primo comandamento, di rifiutare Dio, ma che tale scelta comporta l’inferno per l’eternità (salvo pentimento sincero e conversione). E’ come se invitasse tutti coloro che rifiutano o non conoscono l’unico vero Dio trinitario a restare nei giardinetti che hanno scelto per il loro passeggio o tutt’al più si limitasse a sussurrare che il proprio giardinetto è più grazioso degli altri (ma i gusti, si sa, sono gusti).

Tra l’altro ormai, non solo non si osa più nemmeno un timido invito, anche per un breve gelato, nel graziosissimo giardinetto della Chiesa cattolica, ma se qualcuno, raggiunto dalla grazia di Dio per vie dirette o per mezzo di qualche triste preconciliare col rosario in mano che nascostamente infierisce sugli altri col suo rigido “proselitismo”, si convince che lì, e solo lì, c’è la salvezza, lo si riaccompagna graziosamente indietro perché bisogna costruire tanti carinissimi ponticelli tra tutti i giardinetti per passeggiare tutti assieme prima in uno, poi nell’altro e poi nell’altro ancora, per poi abbattere le recinzioni e realizzare finalmente un unico giardinetto mondiale in cui tutti potranno “liberamente” vivere felici e contenti.

Anna

P.S. Il modo fumoso, sfuggente, ambiguo e contraddittorio di esprimersi dei neomodernisti è uno scudo gigantesco a difesa della diluizione, dispersione, demolizione del depositum fidei che nasconde ed è anche un arma potentissima. Perché chi vuole contrastare quei castelli di carte e fumo deve faticare parecchio e maneggiare una roba viscida e molla che appena la prendi da un lato ti sguscia via dall’altra, rischiando lo sfinimento.

Anonimo ha detto...

humilitas: ... O dite che mi sto arrampicando sugli specchi?

Forse. Perdonami se non vado oltre, ma è stancante inseguire cavilli, arzigogoli e ma anche vari (non mi riferisco a te). Ermeneutiche delle ermeneutiche delle ermeneutiche. Da sfinimento. E meno male che parliamo di “magistero”.

Anna

Luís Luiz ha detto...

Per favore, lasciamo stare il Papa Benedetto XVI. L'accusa di eresia può portare solo confusione e divisione. Il problema si chiama bilderbergoglismo, il matrimonio antinaturale, mostruoso e osceno tra il cattolicesimo e la massoneria, i grandi di questo mondo. Questo è il nemico.

Luís Luiz ha detto...

Mi piacerebbe che il papa emerito potesse leggere questo scritto di Anna e darci la sua risposta....

Malachi Martin, nel suo classico Windswept House , chiamava il cardinale Ratzinger di cardinale Reinenvernunft. Non per caso. La risposta a Anna è facilissima per quelli che hano letto un po`di Kant: la libertà di coscienza è condizione di possibilità della fede dei martiri romani. Il testo del papa-filosofo non dice assolutamente niente sul liberalismo, ma può servire a una lettura non opposta alla Tradizione (ermeneutica della continuità, appunto) del testo più controverso del Concilio. Cioè: il proprio dell'esempio ratzingeriano è appunto che la libertà dei martiri NON era la libertà di Stuart Mill o dei giacobini o di Bush/Obama.

Si salvi chi può ha detto...

La risposta a Anna è facilissima per quelli che hanno letto un po`di **Kant**.
E se NON volessi MAI leggere Kant? A parte il fatto che ne posseggo l'opera omnia, donatami da un professore Massone (della massoneria di obbedienza francese di piazza del Gesù, quella che accetta anche atei e donne), leggere Kant è obbligatorio per un cattolico? Si rende conto, caro Luis Luiz, che, con questa sua affermazione svaluta anche ciò che ha detto di buono? In soldoni (mi è piaciuto tanto il sunto della dottoressa Rr) lei ha bisogno di invocare l'illuminismo per chiarire ciò che ha detto? Non le sembra di imbarcarsi in un vicolo cieco?

Luís Luiz ha detto...

Un ultimo intervento per mostrare la genialità del Papa: i martiri romani erano martiri del bilderbergoglismo. Erano martiri proprio perchè negavano l'unità e l'identità di tutte le religioni. Morivano per non essere bergogliani. Esempio più chiaro e più bello, impossibile.

E sull'accusa di massonismo all'analisi transcendentale, cosa posso rispondere? È massonico dire che senza "ci sono numeri" non si può dire "2+2=4"? Purtroppo, la filosofia ha un suo dominio proprio, e negarlo, mi spiace, è pura barbarie.

tontolone ha detto...

Cioè: il proprio dell'esempio ratzingeriano è appunto che la libertà dei martiri NON era la libertà di Stuart Mill o dei giacobini o di Bush/Obama.
Da cosa si dovrebbe arguire?

Anonimo ha detto...

VIVA IL BUON SENSO E LO SPIRITO PRATICO FEMMINILE:
So bene che i "lefebvriani" non sono sedevacantisti, ne' sedeprivazionisti.
La mia frase era provicatoria.. Sara' deformazione professionale, ma mi sembra di avere a che fare con colleghi che, di fronte ai sintomi di una grave patologia, confermati dagli esami clinici e strumentali, non osano formulare la diagnosi perche' e' il loro primario che ha provocato la malattia con un esperimento fallace.
E continuano a redigere cartelle cliniche, e a chiedere esami, ed ad indignarsi se qualche studentello o specializzando dice: - ma guardate che il paziente e' peggiorato da quando ha iniziato quel trattamento, diverso dai consueti-
Quando i pazienti saranno morti tutti, ed il giudice avra' condannato il primario, allora si decideranno a trarre le conclusioni . Ma sara' tardi.

mic ha detto...

Caro Luìs,
non ti sembra che Kant abbia espunto il Soprannaturale e imbastardito la metafisica, con il primato della ragione e con l'immanenza degli imperativi categorici?

Se la sua 'coscienza' non è direttamente quella illuminista, è da lì, da quel tipo di critica che nasce. E non è neppure quella illuminata dalla Fede che ti fa scegliere la Verità innanzi tutto e non corre il rischio di essere quella erronea invischiata nelle suggestioni delle scienze umane, confondendo il piano dei diritti con quello della Fede e quando intendo Fede intendo quella nel Dio trinitario rivelata da Gesù, non le fedi in generale...

Stefano78 ha detto...

A mio avviso molti leggono il famoso discorso dell' "ermeneutica" in modo ideologico e preconcetto.

Ci sono dei passaggi che forniscono delle chiavi generali di lettura delle locuzioni ratzingeriane, sia a riguardo della discontinuità (che prima di quel momento non era mai stata dichiarata da nessuno!) presente in alcuni documenti Conciliari, sia a riguardo della "libertà di coscienza" e la "Libertà religiosa", sia a riguardo della Costituzione della Chiesa (definita IMMODIFICABILE nella sua dottrina!), sia a riguardo della CONTINGENZA di alcuni provvedimenti Conciliari poiché rispondono a determinati elementi legati ai tempi!

NESSUNO aveva mai detto che nel Concilio vi erano questi vari e diversi livelli di magistero e di cogenza! NESSUNO aveva mai relativizzato il Concilio, definendolo come una parte della Tradizione ecclesiale, da leggere in "continuità"! Nessuno aveva relativizzato alcuni provvedimenti conciliari, definendoli suscettibili di cambiamento poiché relativi ai tempi (e voi gridate alo storicismo! Io esulto perché certe cose non sono DOGMA!), confermando di più che si tratta di provvedimenti pastorali assolutamente criticabili e discutibili!

Mi chiedo perché mai vi siate "dimenticati" di citare questo: "Così, ad esempio, se la libertà di religione viene considerata come espressione dell'incapacità dell'uomo di trovare la verità e di conseguenza diventa canonizzazione del relativismo, allora essa da necessità sociale e storica è elevata in modo improprio a livello metafisico ed è così privata del suo vero senso, con la conseguenza di non poter essere accettata da colui che crede che l'uomo è capace di conoscere la verità di Dio e, in base alla dignità interiore della verità, è legato a tale conoscenza"

Sta dicendo che la "libertà di religione" può anche non essere accettata! Chi l'ha mai detto? Alcuni di Voi stanno dicendo IL CONTRARIO. Stanno dicendo che Ratzinger ha sdoganato, con l' "ermeneutica della riforma" l'impossibilità di criticare ciò che sono "i punti di sottofondo" del Concilio. La libertà di religione è uno di questi!

Ratzinger ha detto apertis verbis che il Concilio è composto di parti contingenti, che si può criticare se un principio conciliare è diversamente inteso (e lo è universalmente, a riguardo della libertà di religione ad esempio), che la discontinuità esistente (l'ha detto solo lui che esiste!) è da ricondurre ad un "principio generale" che non è negato (questo "ricondurre", secondo voi non genera nulla? Pasqualucci ha scritto un articolo molto bello a riguardo, proprio in merito alla "tensione con la modernità").

Ratzinger spiega anche perché e come la volontà dei "Padri" si sia "avvicinata" alla modernità. In che modo voleva farlo. E qui sta parlando di uno specifico modo di intendere questo avvicinamento, che è IL SUO. E questo si riallaccia a ciò che dicevo prima riguardo la diversità di intendere questo "dialogo", CHE NON E' UGUALE nei vari pontificati!

L'antefatto di Ratzinger evidenzia quell' "ottimismo" nel ritenere le tensioni con la modernità superate o superabili! Infatti, davanti al FALLIMENTO di questo dialogo, che si sperava potesse portare a far riconoscere il Cristianesimo in modo "spontaneo" come Religione Vera ed Unica, egli si rifugia nell'impossibilità di risolvere le tensioni poiché la tentazione esiste sempre. Non condanna la modernità strictu sensu, ma nemmeno l'assolve, rifugiandosi nel "pericolo del relativismo" che però sarebbe un "macro pericolo" rispetto anche alla modernità stessa. E anche questo è certamente opinabile.

Stefano78 ha detto...

Ma poi Ratzinger continua, e dice che il "dialogo" con la Modernità è a valle del dialogo tra Fede e Ragione e che tale dialogo deve, da parte della Chiesa, mostrare le Ragioni della Fede e dimostrare l'armonia tra le due "ali" dell'uomo. Ecco ancora un'altra lettura SUA del Concilio.

Tutto questo dimostra che c'è la necessità di avere una lettura autoritativa, ermeneutica e definitiva, del Concilio. Ma dimostra pure che il discorso "mancato" non può rimanere MORTO anche fra noi. CHIUSO da un pregiudizio inappellabile che si ferma a spaccare in quattro una frase ambigua ("L'ermeneutica della riforma nella continuità del Soggetto Chiesa"), senza analizzare il significato che lo stesso autore le da!

Anonimo ha detto...

Rr,

in proposito della sua domanda, se i sedevacantiste hanno avuto ragione di negare Papa Giovanni XXIII come papa,

rispondo che, anche se Lei o lui o qualcuno individuo ha le evidenze certe che qualcuno è eretico, fino a quanto l'autorità competente le giudica non possiamo escludere lui della Chiesa...

Ma se noi non li denunciamo ai nostri superiori, come possiamo dire che siamo cattolici...?

Per questo motivo, i sedevacantiste sono cattolici finti, perché negano in teoria e in pratica la natura gerarchica della Chiesa, e pongono se stessi come giudici...


Romano

Storico ha detto...

Ma se noi non li denunciamo ai nostri superiori, come possiamo dire che siamo cattolici...?
Per questo motivo, i sedevacantisti sono cattolici finti, perché negano in teoria e in pratica la natura gerarchica della Chiesa, e pongono se stessi come giudici...
Romano
Caro Romano,
stando a ciò che narra una fonte penso, al di sopra di ogni sospetto, (uno stimato sacerdote spesso citato su queste pagine) Padre Saenz y Arriaga S.J., l'autore del libro "Sede Vacante. Montini Non es papa", inviò delle copie dei suoi studi ai cardinali Siri, Ottaviani, Felici, Bacci ed altri. I cardinali in questione, non gli dissero "Padre, Lei ha torto". Stando a ciò che narra don Curzio, gli dissero:"Padre, i suoi ragionamenti filano, tutto si trova. Allora, si metta nei nostri panni. Dichiariamo che la Sede è vacante? Non siamo piu' nel Medio Evo. Secondo voi, quanti nel clero e nel popolo ci seguirebbero? La grande stampa da che parte si metterebbe? I poteri politici, poi, non sono amici della Chiesa, nemmeno in paesi un tempo cattolici. Ne approfitterebbero per colpire la Chiesa ancora di più. Per non parlare delle confusione di tante anime semplici. Lei, padre, faccia ciò che ritiene in coscienza piu' giusto. Noi pregheremo ed attenderemo. Se Lei raccoglierà piu' seguito di ciò che pensiamo, forse vorrà dire che alcuni dei nostri sono esagerati. In tal caso usciremo allo scoperto e sia ciò che Dio vuole. Chissà che il Signore non risolva Lui in qualche modo (conversione di Montini? Morte ed elezione di uno di noi? Eventi prodigiosi? un intervento esplicito e diretto di Dio? La fine del mondo? )". Peccarono di eccesso di prudenza? Di scarso spirito soprannaturale? Fecero "armiamoci & partite" con il povero Padre Saenz? Certo è che, penso erano ben coscienti che qualunque scelta operavano, temevano di dover dar conto al Signore. Chissà se fecero la scelta giusta.

murmex ha detto...

Mi accuserete di essere semplicistica . Invece a me piace essere semplice , memore del Vangelo , dell' Imitazione di Cristo , dell'esempio altissimo di santi non dotti ( fanciulli Martiri , curato d' Ars ... ).Non ha senso affermare che noi comprenderemmoa fondo il magistero di Benedetto se avessimo letto Kant (ammetto di averne una vaghissima reminiscenza liceale )o approfondito il concetto di ermeneutica ... Il magistero deve essere chiaro per se stesso , no n occorrono approfondite indagini par scoprire il significato autentico da dare alle parole papali , studiando tomi immensi di suoi studi precedenti o sue biografie ; queste possono chiarire il !perchè " di certi enunciati , che comunque rimangono lì , col significato inequivocabile che deriva dal significato REALE , OGGETTIVO delle parole . Il magistero deve essere di tale chiarezza da poter essere "sfarinato " (come si esprime Radaelli )dal più umile dei curati di campagna alla più umile delle vecchiette . E direi , leggendo le encicliche preconciliari , che questo avveniva . Ora non più . Riguardo a Benedetto XVI , mi duole dirlo , perchè sono stata felicissima della sua elezione , sperando di avere finalmente una guida sicura . Ancor prima del pontificato di Bergoglio , però , ho cominciato a percepire stonature , e ho cominciato ad approfondire basandomi sul magistero perenne,infallibile della Chiesa . Su RadioSpada chi voglia può trovare una collazione di insegnamenti benedettiani che contraddicono tale magistero . Purtroppo è così , anche se è difficile da accettare . Per questo non vedo reale discontinuità tra i pontificati , per quanto l'ultimo sia di una dirompenza (provvidenzialmente?) inaudita .

murmex ha detto...

Quanto detto si collega col tema del sedevacantismo . Io non darei l'etichetta di non cattolici a coloro che lo ritengono l'unica spiegazione . Infatti : dovendo applicare il principio di non contraddizione (penso che si tratti proprio di un dovere , correggetemi se sbaglio )l'alta stima del Papato(propria di ogni cattolico ) porta inevitabilmente a dubbi morali in questo senso . Senza per questo arrogarsi un'autorità pubblica che non ci compete .

mic ha detto...

Peccarono di eccesso di prudenza? Di scarso spirito soprannaturale? Fecero "armiamoci & partite" con il povero Padre Saenz? Certo è che, penso erano ben coscienti che qualunque scelta operavano, temevano di dover dar conto al Signore. Chissà se fecero la scelta giusta.

Storico. Lei nomina con disinvoltura un testo poco noto e si basa su un'affermazione di don Curzio ma non cita alcuna fonte di un suo scritto al riguardo... non possiamo fare discorsi così approssimativi su una materia così grave.

murmex ha detto...

Leggo ora l'interessante intervento di Storico . Grazie al Cielo se noi non siamo rivestiti di autorità ! Il dilemma deve essere stato straziante : da un lato la possibilità di favorire gli avversari , scandalizzare i fedeli , fomentare l'anarchia ; dall'altro quello di permettere a un eventuale impostore di spadroneggiare . Il tutto condito con quella diffidenza di sè che presumo abbiano anche i grandi prelati .Forse in loro ha covato la speranza di poter , rimanendo al loro posto , influire in bene .Fatte le debite proporzioni , penso che questo dilemma molti di noi lo sentano .

mic ha detto...

porta inevitabilmente a dubbi morali in questo senso . Senza per questo arrogarsi un'autorità pubblica che non ci compete .

Cara murmex,
un dubbio morale resta un dubbio. Se non si è in grado di trarre conclusioni, è meglio sospendere il giudizio. Possono esserci molti elementi che non conosciamo, oltre a non avere l'autorità pubblica...

Concordo sui tuoi dubbi su Benedetto XVI. Anche i miei sono recenti e non ho letto Radio Spada, di cui apprezzo l'impegno ma trovo abbia contenuti molto variegati per stile e tendenze che abitualmente non consulto se non cum grano salis non avendo il tempo di approfondire se non quel che incontro già da qui che non è poco.
E mi basta quel che ne ho già detto per affermare una continuità di fatto.
Ma ora pare si sia rotta una diga e francamente non so cosa dire. Probabilmente Bergoglio non è neppure l'apice, occorrerà vedere il prossimo pontificato, se prosegue sulla stessa strada attuando la rivoluzione annunciata e parzialmente attuata con molti gesti, proclami, una effettiva svalutazione del pontificato, ma scarse riforme concrete o se non ci sarà una sana inversione di tendenza.

murmex ha detto...

Sì , è vero , mic , meglio non esprimerli , i dubbi ,e sospendere il giudizio ; anch'io allo stato delle cose non voglio più farlo .Vedo che buoni Sacerdoti seguono questa via , insegnando bene , mostrando l'errore , senza indicarne la provenienza

mic ha detto...

Forse in loro ha covato la speranza di poter , rimanendo al loro posto , influire in bene .Fatte le debite proporzioni , penso che questo dilemma molti di noi lo sentano .

In fondo è così. Ma francamente, non so a cosa quei prelati siano stati messi di fronte.
Ciò che diceva don Luigi Villa su Paolo VI non lascia tranquilla neppure me (basti pensare all'ephod e alla formella di bronzo sostituita a san Pietro di cui esistono le foto, devo pensare autentiche... e altri indizi filo-massonici). Ma non mi spiego l'inerzia - se tale è - con il timore di scandalizzare i semplici. Meglio uno scandalo che faccia esplodere bubboni infetti, che può permettere un risanamento, piuttosto che un temporeggiamento o un ritrarsi che sarebbe più vigliaccheria che prudenza. Che diventa complicità...

Sono turbata da tante cose, che penso più grandi di noi. Continuo ad affidarmi e vado avanti.

mic ha detto...

parzialmente attuata con molti gesti, proclami, una effettiva svalutazione del pontificato, ma scarse riforme concrete o se non ci sarà una sana inversione di tendenza.

Pur rimanendo l'incognita sul sinodo tuttora in corso... E anche qui vedremo se utilizzerà le sue abili gimkane o se verrà allo scoperto. Solo in questo caso la parte sana della Curia o del clero potrebbe tradurre in atti concreti quelle che adesso sono semplici dichiarazioni di netto dissenso.

murmex ha detto...

Cara mic , le affermazioni di Benedetto riportate su quel sito sono documentate ,con pubblicazione virgolettata in versione inglese ed italiana . Molte non le conoscevo , mi interessano non per "autotorturarmi , " ma perchè mi sforzo di guardare in faccia la realtà (anche se non mi piace )E la realtà , duramente , mi pare ci dica di non farci illusioni (come quella del pur stimabile Socci ) Dimostrata l'invalidità dell'elezione di Bergoglio e l'invaidità della abdicazione di Benedetto mi pare che le cose non cambierebbero molto , se non forse per il "festina lente "di cui parli . L'unica speranza è in un grande intervento divino . Ciò non esime , ovviamente , dal meritorio impegno di questo blog e di altre realtà VERAMENTE cattoliche .

Rr ha detto...

Avendo accettato un pontefice dalla dubbia elezione una prima volta ( Roncalli versus Siri) e poi ancor un altro (Montini vs Siri, ancora) forse poi sperarono poi in quelli che, apparentemente, erano stati eletti validamente.
Ma il sassolino era diventato valanga, ed ora non la si puo' piu' fermare, umanamente parlando.
Aspetteranno il crash, e poi i sopravvissuti avranno il coraggio finalmente di parlare. Forse...
Rr

mic ha detto...

E la realtà , duramente , mi pare ci dica di non farci illusioni (come quella del pur stimabile Socci ) Dimostrata l'invalidità dell'elezione di Bergoglio e l'invaidità della abdicazione di Benedetto mi pare che le cose non cambierebbero molto , se non forse per il "festina lente "di cui parli .

Su questo sono d'accordo. La realtà è quella che è. D'altronde pensando a Maradiaga, Tagle & C. insieme a molti altri compresi i nuovi cardinali di cui all'imminente concistoro, ho paura che - salvo un miracolo - il prossimo conclave non si presenti molto promettente circa una possibile restaurazione. E quel che mi fa più male è che, più passa il tempo, più la divaricazione non solo generazionale tra la chiesa-conciliare e la Chiesa aumenta addirittura a ritmi accelerati e difficilmente controllabili....
Siamo di fronte ad incognite paurose su tutti i fronti.
Se non fossimo radicati nel Signore, ci sarebbe di che inorridire. Ma in Lui tutto ha senso, anche se in questo momento navighiamo a vista e tra molti scogli.

Cattlico ha detto...

cara Rr, sui conclavi del 1958 e del 1963 ci sono fortissimi sospetti: i documenti resi noti dalla FBI americana (la fumata bianca, la lotta attorno alla stufa, l'uscita di Roncalli due giorni dopo, ecc.; l'intervista di Siri rilasciata poco prima della sua morte, nella quale egli diceva che nel Conclave del '58 erano successe cose terribili, ma che non poteva parlare perché era legato dal segreto). Dopo il Conclave del '63, il 29 giugno (otto giorni dopo) si legge che ci sia stata la messa nera nella Cappella Sistina, alla quale avrebbero preso parte Montini e Jean Villot (un ringraziamento per l'lezione ), e nella quale i partecipanti avrebbero giurato d demolire la Chiesa Cattolica. Villot, poi, è colui che ebbe un fortissimo alterco con papa Luciani, la sera prima della morte di quest'ultimo, che aveva deciso di destituirlo l'indomani, nelll'ambito di un radicale rinnovamento della Curia (rinnovamento che fu impedito dalla sua morte).
Il condizionale è d'obbligo, ma non può fugare dubbi e sospetti, brutti perché relativi alla Chiesa, alla sposa di Cristo.

tralcio ha detto...

Gentile Mic,
essere "radicati nella fede" dovrebbe (ognuno può farsi l'esame di coscienza) equivalere a vivere la presenza di Gesù.

Se Lo crediamo qui, adorandolo nel sacramento, vivendo la Sua messa unendoci al suo sacrificio, chiedendo il perdono dei peccati, pregando come esercizio della "memoria" che aggiunge la sapienza della fede a quella della ragione e forgia la volontà, allora viviamo con Lui.

La sua presenza non è automaticamente la sua azione. I discepoli si agitarono sulla barca in tempesta, mentre Gesù dormiva. Destatosi chiese loro conto della fede: infatti agli occhi di Gesù la nostra fede essenzialmente riguarda la Sua presenza, non già un obbligo, per Lui, di agire come noi vorremmo nei tempi che noi vorremmo.
Se però stiamo con Lui, nulla ci può mancare, anche andando per una valle oscura.

Questa premessa è per vivere con una certa umiltà e serenità l'indignazione che tende a montare, inquietandoci. E serve a pregare anche per chi detestiamo. Anche quando la Madonna dice di pregare per qualcuno, non necessariamente ne approva l'agire: ma certamente vuole che chi ha fede preghi per la conversione, compresa quella di chi stesse criticando il fratello per cui pregare. Specialmente per chi:

a) ritenga i dogmi una costrizione.
b) non conosce i dogmi, ma apprezza seguaci delle varie religioni e filosofie nella misura in cui essi si sottomettano all’obbligo della tolleranza.
c) predica la tolleranza verso le idee a prezzo della loro relativizzazione per un concetto relativistico della verità, che eluda ogni forma di intolleranza".
d) viva il distacco dalla motivazione religiosa della morale può essere indicato come "idea base".
e) ritiene l’uomo la misura di tutte le cose.
f) perciò la dignità umana si esprime nella subordinazione dell’uomo a nessun’altra legge che non sia quella che egli si dà sul momento.
g) predica uno "spiritualismo" che fa presa modificando la retta fede in Cristo
h) snobba la Rivelazione, preferendo la Riforma, in nome del progresso
i) l’oppositore di Dio, Satana, è chiamato "padre della menzogna" (Gv 8,44). La lotta di Satana contro Dio è una lotta contro la verità.
l) sostituisce il primato di una verità oggettiva con quello della dignità umana: una vera rivoluzione nell’autocomprensione della Chiesa.

Insomma (diciamolo pure): per chi è un po' frammassone, a maggioranza semplice o qualificata nel "parlamentarismo" sinodal concistoriale...

mic ha detto...

Amici miei, voci ne circolano tante; ma personalmente mi sono state smentite le due versioni di cattolico su Siri.
Conosco una sua testimonianza diretta ad un membro della curia del quale non ho motivo di dubitare, che è diversa e precisa.
Non so però a quale dei due conclave si riferisca (attendibilmente al secondo): la sua mancata elezione si deve al fatto di aver rilasciato una intervista alla stampa poco prima del conclave, nella quale esprimeva tutti i suoi intenti di restauratore, che qualcuno fece in tempo a far trapelare tra gli elettori all'ultimo momento poco prima dell'extra omnes. Fu questo a bruciare la sua nomina, data per certa.

mic ha detto...

Quoto tralcio,
preghiamo per tutti costoro e anche per ogni tipo di infangatori. Che il Signore ci aiuti a starne lontani, offrendo tutto a Lui...

Paolo Pasqualucci ha detto...

@ Cattolico. Quali sono le fonti di tutte queste voci, alcune delle quali mirabolanti? Ci sono fonti attendibili? Mi permetto di dubitarne. A certe dichiarazioni dello stesso Siri non saprei che peso dare, si potrebbero interpretare anche in senso figurato.

@ L'attesa di un intervento divino perche' la crisi della Chiesa sembra ormai irrisolvibile in termini umani.
Lo pensiamo tutti, mi sembra, che si avvicini sempre piu' il giorno angoscioso del redde rationem, anche se non necessariamente della Parusia, se nella Chiesa non si mutera' rotta, magari a cominciare dal prossimo Sinodo di ottobre; redde rationem nel quale la Chiesa verrebbe coinvolta assieme all'intera societa' occidentale, sempre piu' corrotta e nemica di Dio, con la complicita' di una parte degli uomini di Chiesa, purtroppo. In quest'ottica preoccupa assai l'ulteriore deteriorarsi della situazione tra "Occidente" e Russia, per la questione dell'Ucraina orientale. Il presidente francese avrebbe dichiarato oggi, al ritorno da Mosca, che, "ci abbiamo provato, ma se non si arrivera' ad un accordo, si andra' verso la guerra". O giu' di li'. Spero che i giornalisti abbiano frainteso. Altrimenti bisognerebbe dire: siamo impazziti, quale guerra, con quali eserciti? Quelli rosa-arcobaleno, dai quadri ed armamenti scheletrici, dell'Occidente attuale? E per che cosa? Per difendere la liberta' delle "Femen"? E contro chi, contro la Russia? Interventi militari mirati in Ucraina contro i filorussi ed eventualmente i russi, da parte di forze NATO? Vogliamo scherzare?
Sembra di esser di colpo tornati al clima del 1938 prima degli Accordi di Monaco, che sacrificarono la Cecoslovacchia ad una pace precaria e fasulla, o addirittura alla vigilia del settembre del 1939. Bisogna riconoscere che l'attuale ministro degli esteri italiano ha preso pubblica e decisa posizione contro ogni "opzione militare". Speriamo che il nostro governo (pur pessimo per tanti aspetti) tenga comunque duro su questa linea. Nell'ottenebramento del giudizio dei vertici "occidentali", cecita' che in genere precede nei governanti errori fatali, e' sicuramente all'opera il Castigo. Preghiamo comunque affinche' non scoppi davvero una guerra dalle conseguenze irreparabili, che la divina Misericordia ci conceda ancora un po' di tempo da dedicare alla "buona battaglia" per la rinascita della Chiesa.

mic ha detto...

Cari amici,
chiuderei questi commenti con l'edificante messaggio di Paolo Pasqualucci.
Vi invito a intervenire sull'articolo che pubblicherò domani.
Ne avremo ancora da vedere e da dire! E molto più da pregare e da vivere, nel Signore...

Anonimo ha detto...

Aleteia 05/11/2014 Parroci e religiosi:espulsione collettiva dalla Crimea....