La lettera numero 948 pubblicata da Paix Liturgique il 24 luglio 2023 fa il bilancio – positivo, rispetto ai timori per l'applicazione – del motu proprio Traditionis custodes a due anni dalla sua pubblicazione. Riprendo si seguito, in forma narrativa, nella nostra traduzione, il testo dell'intervista ad un amico legato alla Tradizione.
Ma siamo davvero sicuri che TC sia fallito? In molte diocesi in cui soprattutto i sacerdoti non hanno opposto resistenza, la Messa tradizionale, di fatto, non c'è più. In diverse diocesi statunitensi, ad esempio, scadrà nel 2024 il termine del prolungamento di due anni a suo tempo concesso da diversi vescovi, con l'intento di assuefare i fedeli al NO. Il fallimento – nel senso che il documento è stato reso inefficace, ammesso che il Vaticano non intervenga – riguarda alcune sacche di ferma resistenza di sacerdoti e fedeli. Il dato positivo è che lo scalpore suscitato da un provvedimento così drastico e insolitamente duro, ma soprattutto discriminante in un contesto di inclusione ad oltranza, ha favorito un più diffuso interesse o anche curiosità nei confronti della messa antica non conosciuta dai più, specialmente dalle nuove generazioni; il che alla fine, in diversi casi, si è inaspettatamente tradotto in convinta frequentazione... Resta solo da continuare a resistere, pregare e sperare. Qui l'indice degli articoli su Traditionis custodes e successive restrizioni.
Il previsto fallimento del motu proprio Traditionis custodes:
riflessioni nel suo secondo anniversario
In occasione del secondo anniversario dell’iniquo motu proprio Traditionis custodes, pubblicato il 18 luglio 2021, Paix Liturgique ha intervistato un vecchio conoscente: Louis Renaudin, ritenendo che le sue riflessioni ci aiutino a guardare a giorni migliori.
Louis Renaudin parla subito del fallimento del motu proprio Traditionis custodes sotto diversi aspetti. Ma innanzitutto sottolinea il vizio di fondo di questa impresa: com'è potuto accadere che coloro che l’hanno lanciata con la motivazione di «promuovere la concordia e l'unità nella Chiesa» abbiano deliberatamente riacceso la guerra civile che il motu proprio Summorum Pontificum aveva parzialmente spento?
Nel testo stesso del motu proprio Traditionis custodes (e nella lettera che lo accompagna), papa Francesco afferma che, per giustificare la sua decisione, si basa sui risultati del sondaggio [qui - qui] condotto nel 2020 tra i Vescovi della Chiesa latina, il cui scopo era quello di verificare la loro valutazione degli effetti nelle rispettive Diocesi del motu proprio Summorum Pontificum promulgato da Papa Benedetto XVI nel 2007 (1). Ora, i risultati di questo sondaggio sono l’opposto di quello che dicono.
Lo abbiamo appreso dal fatto che il sondaggio dei Vescovi del mondo è stato oggetto di una sintesi, il cui contenuto è stato ampiamente divulgato. Lungi dall’essere negativa sull’applicazione del motu proprio Summorum Pontificum, questa sintesi era ampiamente positiva. In particolare, sottolineava la pacificazione e l'arricchimento che questa decisione aveva apportato. I Vescovi pakistani, ad esempio, si sono rammaricati che il motu proprio Summorum Pontificum non sia stato applicato nelle loro Diocesi. In realtà, le critiche sono state poche rispetto al gran numero di risposte. [qui - qui - qui]
Ci si chiede dunque come abbia fatto papa Francesco a basarsi su questo sondaggio per promulgare il motu proprio Traditionis custodes. Al che sarebbe azzardato dire che egli non abbia preso atto di questa sintesi perché, soprattutto in questo campo, ama vedere tutto di persona. Ma non si può ignorare che all’epoca circolavano diversi documenti presentati come sintesi nazionali, in gran parte negative al contrario, insistendo sul fatto che l’applicazione del motu proprio Summorum Pontificum rischiava addirittura di minare l’unità della Chiesa. In breve, ci fu una guerra di sintesi. È una procedura convenzionale.
Ad esempio, nelle lettere 780 e 782, Paix Liturgique riferiva di una sintesi, presentata come quella della Conferenza episcopale francese, che non era altro che spazzatura caricaturale e fuorviante. Per maggiori dettagli, su questo tentativo di manipolazione (vedi qui e qui).
In definitiva la decisione papale si basava su una valutazione falsificata della situazione. Ufficialmente falsificata, ma in realtà molto nota.
Le autorità romane che discutevano di questo argomento (la Segreteria di Stato, la Congregazione per i Vescovi, all’epoca presieduta dal card. Marc Armand Ouellet P.S.S., e la Congregazione per il Clero, all’epoca presieduta del card. Beniamino Stella) erano ben consapevoli del progresso della liturgia tradizionale e ritenevano che fosse necessario fermarla finché si era in tempo. Per loro, la Santa Messa tradizionale stava mettendo in pericolo lo spirito del Concilio Vaticano II. E il testo del motu proprio Traditionis custodes è ben chiaro a questo proposito (1): l’applicazione e la sopravvivenza del motu proprio Summorum Pontificum stava quindi mettendo in pericolo l’unità della Chiesa, con gruppi che si allontanavano pericolosamente da questa unità nello spirito del Concilio Vaticano II.
Ma ditemi, dove sono questi gruppi? Di chi sta parlando papa Francesco? Degli Americani, a quanto pare, fedeli e Vescovi che sono molto «restauratori» e che sono stati stimolati dal motu proprio Summorum Pontificum. Papa Francesco era solito ricevere sulla sua scrivania foto di celebrazioni tradizionali di Vescovi americani, che lo facevano infuriare.
Mons. Michel Christian Alain Aupetit, allora Arcivescovo metropolita di Parigi, che non poteva essere considerato un amico della tradizione, disse ai fedeli della Église Notre-Dame-du-Travail di Parigi, che lo avevano incontrato nella Parrocchia di Saint-Dominique nel XIV arrondissement, a proposito di questa accusa di essere considerati un pericolo per l’unità: «Tutto questo non è per voi, ma è stato scritto per gli Americani…».
Ci si chiede se non sia stata presa di mira anche la Fraternità sacerdotale San Pio X, senza dubbio radicalmente critica nei confronti del Concilio Vaticano II. Da questo punto di vista dobbiamo riconoscerne la coerenza e la costanza, mentre le comunità ex Ecclesia Dei sono sostanzialmente intrappolate a questo riguardo dalla loro istituzionalizzazione. Ma la Fraternità sacerdotale San Pio X non sembra presa di mira dal motu proprio Traditionis custodes, perché a Roma è considerata «esterna».
Ciò a cui mira il motu proprio Traditionis custodes e stigmatizzano i documenti successivi è la diffusione «interna» della liturgia tradizionale, nelle Parrocchie ordinarie e nelle Diocesi. La cosa peggiore per i nemici della pace liturgica è il crescente successo della celebrazione della liturgia tradizionale in tutto il mondo, con un ampio sostegno episcopale in alcuni luoghi, come l’America. Hanno dovuto costruire una diga contro la marea montante.
Una marea che l’associazione Paix Liturgique ha rilevato nella sua rassegna annuale della liturgia di transizione nel mondo, come espresso nella lettera 732 del 5 febbraio 2020 (qui), che faceva il punto sulla crescita della Santa Messa tradizionale nel mondo. Il motu proprio Traditions custodes è stato promulgato per paura di veder crescere l’ondata tradizionalista, non solo in Francia o negli Stati Uniti, ma in tutto il mondo, e anche nel timore di veder spezzata «l’unità della Chiesa», che per i responsabili di Roma può essere raggiunta solo mediante la nuova liturgia e ciò che essa rappresenta.
Il che significa che lo spirito del motu proprio Summorum Pontificum era in piena realizzazione e che, per i nemici della Tradizione, il tempo stava per scadere: bisognava prendere urgentemente misure severe e drastiche per fermare quello che vedevano come un contagio dell’usus antiquior.
Questo spiegherebbe il fallimento del motu proprio Traditionis custodes e di tutti i testi successivi perché era troppo tardi, perché la Santa Messa tradizionale si era ormai affermata. Anzi, era già troppo tardi sotto San Paolo VI, quando infuriava la grande persecuzione, perché la Santa Messa tradizionale, che rappresenta la purissima dottrina di Roma, non poteva morire. I processi ai sacerdoti perseguitati per la Messa che celebravano sono stati il seme della sua diffusione.
Alla fine, quindi, la realtà prevarrà e renderà inefficace una decisione basata su una valutazione radicalmente errata: la liturgia tradizionale non è un elemento di divisione nella Chiesa, ma al contrario un lievito di pace e di comunione. È come se un padrone accusasse il suo bravo cane da guardia, che protegge la casa del padrone e i suoi beni più preziosi, di essere un cane rabbioso. È il carattere di questo padrone pazzo che la gestione di papa Francesco e di molti Vescovi sta ora mettendo in campo con il motu proprio Traditionis custodes.
Si parla di molti Vescovi, trattandosi soprattutto di quelli che nel corso degli anni avevano stabilito ottime relazioni ecclesiali con le loro comunità tradizionali, e che ora si trovano costretti ad accusarle di qualcosa che non sono… anche se di fatto non tutti i Vescovi hanno avuto buoni rapporti con la Tradizione. Ma anche questi Vescovi ostili sanno che i loro fedeli tradizionalisti esistono, che stanno crescendo, che hanno aperto scuole, creato un apostolato giovanile, attirando sempre più giovani – mentre i fedeli «classici» che sono gli ultimi a partecipare alla Messa nelle Parrocchie si stanno estinguendo – e che quindi non è facile sradicarli…
Prendiamo l’esempio dell’Arcidiocesi di Parigi: a mons. Michel Christian Alain Aupetit è stato abbastanza facile eliminare due Sante Messe tradizionali parrocchiali domenicali celebrate nei quartieri popolari, dove sapeva di non rischiare di suscitare troppo clamore, ma si è guardato bene dal toccare le grandi comunità dove non poteva fare nulla senza suscitare scalpore.
Egli comunque è riuscito ad abolire le Sante Messe feriali per cui il rischio per lui era minore. Il caso della soppressione della Santa Messa tradizionale degli studenti a Saint-Francois-Xavier è più interessante perché, alla fine, mons. Laurent Bernard Marie Ulrich fu costretto a revocare parzialmente questa decisione assurda (Messa nello spazio più piccolo della Chapelle Notte Dame du Lys) per paura del clamore che questa misura aveva suscitato… Ricordiamo i Rosari che radunarono centinaia di studenti a Saint-Francois-Xavier per diverse settimane…
Di fatto anche i Vescovi non hanno fatto il gioco del motu proprio Traditionis custodes. Per alcuni nel farlo si è creato un altro problema. Molti lo hanno fatto solo a metà. E la maggioranza non ha cambiato nulla. Bisogna dire che le comunità dei Vescovi stanno scomparendo; essi non hanno più le truppe per opporsi all’onda della tradizione e semplicemente non hanno più i mezzi, né in termini di materiale umano né organizzativo, con in più il timore di essere accusati di autoritarismo e clericalismo dai media «classici» (si vedano gli articoli di Jean-Marie Guénois sul quotidiano Le Figaro) e sui social network.
Quanto ai sacerdoti diocesani bisogna continuare a ripeterlo: essi sono le principali vittime del motu proprio Traditionis custodes, e nel contesto di questa analisi ciò è abbastanza normale perché sono quelli particolarmente bersagliati dalla paura di un contagio diffuso. È quindi logico che siano loro i destinatari delle misure più vessatorie, mentre i sacerdoti della Fraternità sacerdotale San Pio X, «esterni», non lo sono, e i sacerdoti delle comunità ex Ecclesia Dei, situati in una zona intermedia, nel limbo, non lo sono affatto. Roma e i Vescovi preferiscono tenere i sostenitori della Santa Messa tradizionale nei ghetti, piuttosto che vederli «inquinare» la Chiesa…
Ma potete stare certi che i giovani sacerdoti diocesani vittime di questo andazzo e che hanno felicemente approfittato delle aperture offerte da Papa Benedetto XVI non capiscono né approvano il significato del motu proprio Traditionis custodes e stanno imparando a resistere come i loro predecessori di mezzo secolo fa, a lasciarsi scivolare le cose alle spalle, a lasciar passare la tempesta e ad aspettare giorni migliori, che non mancheranno di arrivare.
In Francia, dopo il covid, il rapporto della Commissione indipendente sugli abusi sessuali nella Chiesa, il motu proprio Traditionis custodes, mai l’autorità dei Vescovi è stata così svalutata dal loro buon clero, che li vede non più padri ma servili ripetitori di decisioni ostili.
C’è anche una ragione molto più importante per il fallimento di Traditionis custodes. Si tratta del ruolo che i laici stanno svolgendo e svolgeranno in questa vicenda, come fin dalla promulgazione della Nuova Messa. Il paradosso è che è stato il Concilio Vaticano II a dichiarare che i laici sono la forza trainante della Chiesa [esiste il sensus fidelium -ndT]. Ebbene, sì, lo sono, ma non nel modo in cui avrebbero voluto i Padri più progressisti del Vaticano II, che pensavano a cattolici laici impegnati e clericalizzati.
Erano convinti che questi laici sarebbero diventati la punta di diamante delle innovazioni più selvagge, mentre temevano che una buona parte del clero sarebbe stata più difficile da manipolare.
I chierici, molto segnati da un conformismo corporativo, distaccato dalla realtà, si sono in gran parte immersi nella nebbia delle novità; quanto ai laici «impegnati», sono gradualmente scomparsi nel nulla; sono rimasti quelli che hanno continuato ad andare a Messa la domenica e che si sono dimostrati padri e madri prudenti. Nel senso di «buoni padri», come dicono gli avvocati, per descrivere coloro che conservano e amministrano con prudenza i loro beni. Si tratta di quei padri e quelle madri che si sono preoccupati di trasmettere la loro fede ai figli, che li vogliono nutrire con cose buone e non con veleno o cibo contaminato. Sono stati questi bravi padri e madri a dare per primi l’allarme sugli eccessi ecclesiastici e teologici che non capivano e non capiscono tuttora, a cercare buoni Catechismi e buone Messe.
Lo si spiega come appena detto, perché hanno la responsabilità di famiglie da proteggere, ma anche perché essi vivono nel mondo reale e non in quello virtuale dei chierici dal linguaggio conformista. Vivere nel mondo reale significa essere obbligati a capire le cose e le situazioni, e ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni.
Tutto ciò è sorto da un’opinione cattolica «conservatrice» nel senso migliore del termine. Paix Liturgique ha citato più volte nelle sue lettere gli incredibili risultati dei sondaggi pubblicati nel 1976 dal quotidiano Le Progrès, il giornale di Lione (lettere 698, 699 e 701) che mostrano la prima prova certa di ciò che pensavano realmente i laici cattolici francesi in quel momento terribile in cui lo spirito del Concilio Vaticano II era dilagante.
Ecco alcuni dati del sondaggio: il 52 per cento dei Cattolici praticanti si è detto «preoccupato»; il 48 per cento dei Cattolici praticanti pensava (nel 1976!!!) che la Chiesa si fosse spinta troppo oltre nelle sue riforme – cosa penserebbero oggi!!! –, il 42 per cento dei Cattolici praticanti pensava che le riforme avessero avuto l’effetto di allontanare la Chiesa dalla sua dottrina originaria; e infine, al culmine del caso Lefebvre (ricordiamo che siamo nel 1976), il 26 per cento dei Cattolici praticanti approvava le posizioni di mons. Marcel François Lefebvre sull’applicazione delle decisioni del Concilio Vaticano II… La cosa straordinaria era l’autismo della Chiesa di Francia, che non cercava di capire e continuava a distruggere e sradicare.
È davvero impressionante! E le chiese si sono svuotate dal 1965 in poi. Masse di laici hanno smesso di praticare e di seguire i loro Parroci, perché si sentivano trascinati da un vento di follia. Inoltre, nel grande vento di «libertà religiosa» che soffiava da Roma, i figli dei praticanti smisero di praticare e a loro volta diedero vita a non praticanti. È così che siamo passati dalla maggioranza della popolazione francese praticante prima del Concilio Vaticano II a meno del 2 per cento di oggi.
Si tratta di una valutazione del fallimento… Come tutti i sociologi della religione, che osservano, con molto compiacimento, che la religione è morta in Francia. Allo stesso tempo, i sondaggi commissionati dall’associazione Paix Liturgique tra il 2000 e il 2019 in Francia e nel mondo hanno sempre dimostrato che la maggioranza dei fedeli cattolici rimasti nella chiesa non condivide le idee della rivoluzione clericale e, per dirla in poche parole, diffida dei preti.
Diffida. Infatti i Vescovi sono stati svalutati nella mente dei loro giovani chierici, ma lo stesso vale per i chierici che sono svalutati nella mente dei laici che vogliono conservare la fede. Questi chierici devono capire che i laici di oggi diffidano di orientamenti incomprensibili e talvolta blasfemi e che, d’ora in poi, prima di seguire i venti di follia che soffiano nella Chiesa da mezzo secolo, vogliono capire. Tutte le sciocchezze che si dicono oggi sulla sinodalità a cui la Chiesa si è impegnata non aiutano! [vedi]
Altre indicazioni su questa situazione: oltre al calo della pratica religiosa, c'è il vertiginoso calo della partecipazione finanziaria dei laici alla vita della Chiesa. Niente più culto (buono), niente più contributo volontario dei fedeli per la Chiesa…
È per questo che molti di loro si avvicinano alle cappelle tradizionali. Le famiglie con bambini vogliono dare loro il meglio, non il dubbio, l’incomprensibile o il cattivo. Inoltre, queste cappelle sono cresciute notevolmente dopo il covid, quando, per ordine dei Vescovi, le Parrocchie ordinarie non fornivano più il culto e i sacramenti.
Si potrebbe pensare che in generale, non vogliano obbedire alle nuove regole ma la situazione è più complessa: prima di tutto, vogliono capire cosa significano veramente queste novità prima di aderirvi, e se non ritengono che esse siano buone, non le seguiranno né con i piedi né… con il portafoglio!
Si deve essere coerenti! Non si può pretendere che i laici riflettano, che li si consideri protagonisti della Chiesa di domani, e poi costringerli a sottomettersi a ogni legge iniqua.
Strana situazione… in cui, secondo i principi della sinodalità, tutti i laici hanno gli stessi diritti dei chierici, che ormai non esercitano altro che una semplice «diaconia», ma allo stesso tempo non possono avere opinioni diverse da quelle degli apparatčiki [burocrati sovietici assoggettati al partito - ndT.], il tutto in un sistema sempre più centralizzato. In teoria, le pratiche sinodali dovrebbero permettere ai laici di esprimersi, ma sappiamo per esperienza che i sistemi sinodali, dal Concilio Vaticano II in poi, sono stati quasi esclusivamente sistemi di manipolazione dei gruppi.
Insomma, siamo sempre più favorevoli a dare importanza ai laici… alla sola condizione che questi siano d’accordo con i commissari dei soviet!
Ma la realtà ci raggiungerà, soprattutto perché è la realtà della Chiesa, che ha parole di vita eterna. I Vescovi «buoni» non resteranno sempre in silenzio e verranno in aiuto delle pecore senza pastori, sacerdoti e laici, che custodiscono il Catechismo e la Santa Messa cattolica.
Per tornare al motu proprio Traditionis custodes… «Quale padre tra voi, se il figlio […] gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe?» chiede Cristo (Lc 11, 11). Il Papa di ieri ha dato loro il pane che chiedevano. Aspetteranno pazientemente che il Papa di domani dia loro il pane, e non come un’elemosina, ma come ciò a cui hanno diritto in tutta libertà come figli di Dio. Nel frattempo, pregano, aspettano e fanno tutto il possibile per aiutare i sacerdoti, i religiosi e le religiose che soffrono.
________________________(1) «Intendo accompagnare il motu proprio Traditionis custodes con una lettera, per illustrare i motivi che mi hanno spinto a questa decisione […] A distanza di tredici anni ho incaricato la Congregazione per la Dottrina della Fede di inviarVi un questionario sull’applicazione del motu proprio Summorum Pontificum. Le risposte pervenute hanno rivelato una situazione che mi addolora e mi preoccupa, confermandomi nella necessità di intervenire» (lettera ai Vescovi di tutto il mondo per presentare il motu proprio «Traditionis custodes» sull’uso della Liturgia Romana anteriore alla Riforma del 1970).
[Redazione e traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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l'impegno di Chiesa e Post-concilio per le traduzioni
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9 commenti:
Dalle «Omelie sul Levitico» di Origene, presbitero
(Om. 9, 5. 10; PG 12, 515. 523)
Cristo Pontefice è la nostra propiziazione
Una volta all'anno il sommo sacerdote, lasciando fuori il popolo, entra nel luogo dove sta il propiziatorio con i cherubini su di esso. Entra nel luogo dove c'è l'arca dell'alleanza e l'altare dell'incenso. Là a nessuno è permesso di entrare fuorché al Pontefice.
Ora se considero che il mio vero Pontefice, il Signore Gesù Cristo, vivendo nella carne, durante tutto l'«anno stava col popolo, quell'«anno, di cui egli stesso dice: Il Signore mi ha mandato a predicare la buona novella ai poveri, a promulgare un anno di grazia del Signore e il giorno di remissione (cfr. Lc 4, 18-19) noto che una volta sola in quest'anno, nel giorno cioè dell'espiazione, entra nel santo dei santi, il che significa che, eseguito il suo compito, penetra nei cieli e si pone davanti al Padre per renderlo propizio al genere umano, e per pregare per tutti coloro che credono in lui.
Conoscendo questa sua propiziazione con cui rende il Padre benevolo verso gli uomini, l'apostolo Giovanni dice: Questo dico, figlioletti miei, perché non pecchiamo. Ma anche se siamo caduti in peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre, Gesù Cristo giusto, ed egli stesso è il propiziatore per i nostri peccati (cfr. 1 Gv 2, 1).
Ma anche Paolo ricorda questa propiziazione, quando dice di Cristo: Dio lo ha posto quale propiziatorio nel sangue di lui mediante la fede (cfr. Rm 3, 25). Perciò il giorno della propiziazione durerà per noi fino a che non abbia fine il mondo.
Dice la parola divina: E imporrà l'incenso sopra il fuoco davanti al Signore, e il fumo dell'incenso coprirà il propiziatorio che è sopra l'arca dell'alleanza, e non morirà, e prenderà del sangue del vitello, e col suo dito lo spargerà sul propiziatorio sul lato orientale (cfr. Lv 16, 12-14).
Insegnò agli antichi Ebrei come si doveva celebrare il rito della propiziazione per gli uomini, che si faceva a Dio. Ma tu che sei venuto dal Pontefice vero, dal Cristo, il quale col suo sangue ti rese propizio Dio e ti riconciliò col Padre, non fermarti al sangue della carne, ma impara invece a conoscere il sangue del Verbo, ed ascolta lui che ti dice: «Questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati» (Mt 26, 28).
Non ti sembri poi senza senso il fatto che è sparso sul lato orientale. La propiziazione ti è venuta dall'oriente. Di là è infatti il personaggio che ha nome Oriente, e che è diventato mediatore di Dio e degli uomini. Sei invitato quindi per questo a guardare sempre ad oriente, da dove per te sorge il sole di giustizia, da dove per te sempre nasce la luce, perché tu non abbia mai a camminare nelle tenebre, né quell'ultimo giorno ti sorprenda nelle tenebre. Perché la notte e l'oscurità dell'ignoranza non ti si avvicinino di soppiatto; perché tu abbia a trovarti sempre nella luce della conoscenza, e nel giorno luminoso della fede e sempre ottenga il lume della carità e della pace.
Dai «Discorsi» di sant'Efrem, diacono.
(Disc. sul Signore, 3-4. 9; Opera, ed. Lamy, 1, 152-158. 166-168)
La croce di Cristo, salvezza del mondo
Il nostro Signore fu schiacciato dalla morte, ma a sua volta egli la calpestò come una strada battuta. Si sottomise spontaneamente alla morte, accettò volontariamente la morte, per distruggere quella morte, che non voleva morire. Nostro Signore infatti uscì reggendo la croce perché così volle la morte. Ma sulla croce col suo grido trasse i morti fuori dagli inferi, nonostante che la morte cercasse di opporsi.
La morte lo ha ucciso nel corpo, che egli aveva assunto. Ma con le stesse armi egli trionfò sulla morte. La divinità si nascose sotto l'umanità e si avvicinò alla morte, la quale uccise e a sua volta fu uccisa. La morte uccise la vita naturale, ma venne uccisa dalla vita soprannaturale. Siccome la morte non poteva inghiottire il Verbo senza il corpo, né gli inferi accoglierlo senza la carne, egli nacque dalla Vergine, per poter scendere mediante il corpo al regno dei morti. Ma una volta giunto colà col corpo che aveva assunto, distrusse e disperse tutte le ricchezze e tutti i tesori infernali.
Cristo venne da Eva, genitrice di tutti i viventi. Ella è la vigna, la cui siepe fu aperta proprio dalla morte per le mani di quella stessa Eva che doveva, per questo, gustare i frutti della morte.
Eva, madre di tutti i viventi, divenne anche causa di morte per tutti i viventi.
Fiorì poi Maria, nuova vite rispetto all'antica Eva, ed in lei prese dimora la nuova vita, Cristo. Avvenne allora che la morte si avvicinasse a lui per divorarlo con la sua abituale sicurezza e ineluttabilità. Non si accorse, però, che nel frutto mortale, che mangiava, era nascosta la Vita. Fu questa che causò la fine della inconsapevole e incauta divoratrice. La morte lo inghiottì senza alcun timore ed egli liberò la vita e con essa la moltitudine degli uomini.
Fu ben potente il figlio del falegname, che portò la sua croce sopra gli inferi che ingoiavano tutto e trasferì il genere umano nella casa della vita. Siccome poi a causa del legno il genere umano era sprofondato in questi luoghi sotterranei, sopra un legno entrò nell'abitazione della vita. Perciò in quel legno in cui era stato innestato il ramoscello amaro, venne innestato un ramoscello dolce, perché riconosciamo colui al quale nessuna creatura è in grado di resistere.
Gloria a te che della tua croce hai fatto un ponte sulla morte. Attraverso questo ponte le anime si possono trasferire dalla regione della morte a quella della vita. Gloria a te che ti sei rivestito del corpo dell'uomo mortale e lo hai trasformato in sorgente di vita per tutti i mortali.
Tu ora certo vivi. Coloro che ti hanno ucciso hanno agito verso la tua vita come gli agricoltori. La seminarono come frumento nel solco profondo. Ma di là rifiorì e fece risorgere con sé tutti.
Venite, offriamo il nostro amore come sacrificio grande e universale, eleviamo cantici solenni e rivolgiamo preghiere a colui che offrì la sua croce in sacrificio a Dio, per rendere ricchi tutti noi del suo inestimabile tesoro.
Diocesi di Vittorio Veneto: il vescovo usa TC per sopprimere il rito antico e lo fa nella maniera più subdola. Quando il sacerdote preposto chiede la dispensa per motivi di salute (che erano e sono reali e gravi) ne piazza uno che è ostile alla Tradizione e che di ciò non ne fa mistero.
Quando questo sacerdote rimette il mandato per "incompatibilità" dopo aver celebrato solo due volte, allora il nostro specialista tira fuori il testo di TC e si finge sorpreso di non averlo letto bene prima e di aver permesso fino a quel giorno il rito antico.
Tra un po', chissà, uscirà qualche altro motu proprio e si perderà qualche altra diocesi. E così discorrendo. Tra 20 anni conteremo i superstiti e penso che li conteremo sulle dita di una mano nella speranza che le dita non siano anche troppe per farlo.
Offriamo al Signore questa persecuzione. Non saprei che altro fare.
Anonimo E' un caso ha detto...
che a ciò che mi risulta, in diverse apparizioni RICONOSCIUTE, la Madonna si è mostrata vestita da monaca carmelitana?^
Non credo che sia mai apparsa con indosso abiti di altri Ordini .
19 luglio, 2023 20:39
Data la manifesta malafede della banda di modernisti di Vittorio Veneto, non vi resta che una cosa da fare: piantarla in asso! Vi sono degli ottimi sacerdoti, che non fanno parte della setta conciliare, che saranno ben contenti di celebrare per voi tutti il Santo Sacrificio della Messa.
27 luglio, festa di San Pantaleone di Nicomedia, medico, Megalomartire, nella Chiesa di San Filippo Neri...
“Il comune orientamento verso est durante la preghiera eucaristica è essenziale, non si tratta di qualcosa di casuale. Non è importante lo sguardo rivolto al sacerdote, ma lo sguardo al Signore. Non si tratta qui di un dialogo, ma di una adorazione comune, l’andare incontro a Colui che viene.”
"Dove non è possibile rivolgersi insieme verso oriente in maniera esplicita, la croce può servire come l’oriente interiore della fede. Essa deve trovarsi al centro dell’altare ed essere il punto cui rivolgono lo sguardo tanto il sacerdote che la comunità orante. Può trattarsi tanto della croce della passione, che rappresenta Gesù sofferente che lascia trafiggere il suo fianco per noi, da cui scaturiscono sangue ed acqua – l’Eucaristia e il Battesimo –, come pure di una croce trionfale, che esprime l’idea del ritorno e attira l’attenzione su di esso. In tal modo seguiamo l’antica invocazione pronunciata all’inizio dell’Eucaristia: «Conversi ad Dominum» – Rivolgetevi al Signore.”"
(Joseph Card. Ratzinger, Papa Benedetto XVI)
"Contrariamente a quanto è stato a volte sostenuto, è del tutto conforme alla costituzione conciliare, è addirittura opportuno che, durante il rito della penitenza, il canto del Gloria, le orazioni e la preghiera eucaristica, tutti, sacerdote e fedeli, si voltino insieme verso Oriente, per esprimere la loro volontà di partecipare all’opera di culto e di redenzione compiuta da Cristo. Questo modo di fare potrebbe opportunamente essere messo in atto nelle cattedrali dove la vita liturgica deve essere esemplare."
(Robert Card. Sarah)
... due conservatori...
Il più bel credo è quello che prorompe dal tuo labbro nel buio, nel sacrificio, nel dolore, nello sforzo supremo di una infallibile volontà di bene; è quello che , come una folgore, squarcia le tenebre dell'anima tua; è quello che, nel balenare della tempesta, ti innalza e ti conduce a Dio.
Da "I Consigli di Padre Pio".
Chiedo scusa: c’è proprio bisogno di “provocare” con siffatti articoli la “reazione” degli acerrimi nemici della santa tradizione liturgica?
L’articolo potrebbe essere un “soave” invito ad affilare le armi persecutorie.
Mi domando se l’Autore o gli Autori dell’articolo invece che farsi trasportare, come avviene spesso a noi fedeli “tradizionali” , dall’entusiasmo del momento abbiano qualche volta riflettuto sull’esortazione cautelativa del Signore nostro Gesù Cristo: “Prudenti come serpenti e candidi come colombe”.
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