Il riferimento è al Documento di sintesi del Cammino sinodale delle Chiese in Italia, pubblicato nell'ottobre 2025, che sarà votato dalla terza Assemblea sinodale in programma a Roma il 25 ottobre... Qui l'indice degli articoli dedicati al Sinodo sulla sinodalità. Il vero problema è la sinodalità [vedi]
Il pericolo di una formazione ecclesiale delegata
Ho letto attentamente il documento che sarà sottoposto all’approvazione dei vescovi. E nella libertà della parresia che il Vangelo chiede a ogni fedele, dico con cuore sincero: è bene rifletterci prima di approvare.
L’impostazione di diverse istanze presenti nel testo risente di un linguaggio e di un impianto culturale che il mondo stesso ha già superato o sta superando. Questo rende il documento vecchio prima ancora di nascere. È la sorte che tocca a chi perde la dimensione profetica per inseguire il mondo: il mondo passa, cambia idea rapidamente, e chi lo insegue finisce per restare sempre indietro.
Lo abbiamo già visto nel revival di concetti e parole d’ordine degli anni Settanta, riesumati e proiettati nel nuovo millennio: non hanno generato né unità né rinnovamento, ma solo ambiguità, disorientamento e divisione.
Non è questo il mandato che Cristo ha affidato alla sua Chiesa, né è lo spirito del Concilio Vaticano II [E invece no. Si sta dipanando sotto i nostri occhi e tenta di imporsi una nuova 'forma' di esercizio del ministero petrino, già potenzialmente inquinato dalla "collegialità", alla quale si aggiunge ora, del tutto inopinatamente, la cosiddetta "conciliarità" trasformata in "sinodalità" introdotta dalla Lumen Gentium,22. Vedi anche altri prodromi nella 'conversione del papato' (Evangelii gaudium). Approfondimenti qui -ndr].
Trovare un linguaggio moderno per facilitare l’inculturazione cattolica in una società smarrita è necessario; aderire ai linguaggi del mondo, invece, è un errore. Il Vangelo non si adatta, non si mescola, non si travasa nei codici della cultura dominante. Nel mondo il messaggio di Gesù Cristo resterà sempre incompatibile, come olio e acqua: possono toccarsi, ma non confondersi.
Oggi il Vangelo ci ammonisce con una domanda che taglia come spada: «Quando il Figlio dell’uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra?» (Lc 18,8). È una domanda che non possiamo eludere, perché non riguarda soltanto il futuro, ma il presente della Chiesa.
Il documento sinodale presenta ambiguità ecclesiologiche, dottrinali e morali. Confusione tra peccato e peccatore. Fa slittare il discorso missionario da un piano teologico a uno dialogico, attenuando il mandato di evangelizzare consegnato da Cristo. Sostituisce la missione con la conversazione, la testimonianza con l’ascolto, l’annuncio con la mediazione. E apre a una visione antropologica e sociale della Chiesa che assume toni quasi politici, riducendo la salvezza a orizzonte terreno.
Ma il punto più critico, a mio avviso, riguarda i processi formativi. Si introduce una nuova idea di formazione ecclesiale che prevede percorsi “tenendo conto dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere”. Espressioni simili non appartengono alla teologia cattolica, bensì a un sistema concettuale sviluppato in ambiti estranei alla visione cristiana dell’uomo.
L’effetto è grave: la Chiesa si vincola a un linguaggio che non le appartiene, e in tal modo si obbliga a cercare competenze fuori di sé, in esperti che non condividono la sua antropologia. È l’inizio di una dipendenza culturale che finirà per modellare la formazione pastorale secondo criteri esterni al Vangelo.
Una Chiesa che parla di affettività e sessualità con categorie nate dal relativismo contemporaneo non forma più secondo Cristo, ma secondo il mondo. In questo modo perde la sua voce materna e magisteriale, la stessa che san Giovanni XXIII prefigurava in quella Chiesa “Madre e Maestra” capace di istruire, consolare e guidare.
Il problema reale si pone nel momento in cui si chiede il soccorso di competenza. Chi dovrebbe formare i nostri operatori pastorali? A chi bisogna rivolgersi? E qui diventa chiaro il riferimento alla prassi già nota nelle scuole statali e ai programmi di formazione supportati da associazioni di riferimento. Il rischio è che l’educazione ecclesiale venga delegata a esperti senza visione cristiana, trasformando la pastorale in un laboratorio psicologico e la formazione in un processo di adattamento culturale. Permettendo questo, si smarrisce la certezza che solo la grazia, non la teoria, rinnova il cuore dell’uomo.
Allora la domanda che sorge è chiara: perché? Cui prodest?
Chi ha pensato tutto questo e lo sta proponendo ai vescovi ha forse qualche conflitto d’interesse in corso?
Tutto va bene quando si parla di accogliere, ascoltare, accompagnare.
Ma formare significa orientare al vero, non negoziare la verità.
Siamo prudenti e accorti.
Se la Chiesa rinuncia a essere maestra dell’uomo, smette anche di esserne la madre.
Fermarsi, in questo momento, non significa arrestare un cammino, ma salvarlo dal precipizio.
E torna alla mente il detto popolare più saggio: la via per l’inferno è lastricata di tanta, ma tanta, buona volontà.
Nel documento la buona volontà non manca, anzi abbonda, nel desiderio di pacificare tutti, tutti e tutto.
Non so se vi sia anche la buona fede: lo spero sinceramente.
Il dubbio nasce quando la ragione si trova davanti all’evidenza che chi scrive conosce, chi conosce sa, e chi sa non può fingere che ciò che propone sia privo di conseguenze.
Il monito di Paolo oggi ci sia di insegnamento: «Rimani saldo in tutto quello che hai imparato e che credi fermamente» (2Tm 3,14). Mi chiedo, con amarezza e con fede: che cosa abbiamo imparato davvero dalla Parola di Dio, dal Catechismo e dal Magistero? Crediamo fermamente in ciò che vi è scritto? Se qualcuno non lo ha chiaro, allora forse è tempo di tornare a impararlo di nuovo.
don Mario Proietti
7 commenti:
Se invece che parlare di "genere" (che comunque anche in grammatica è maschile / femminile; in alcune lingue c'è anche il neutro, riferito alle cose o ad animali il cui sesso non è identificabile) si tornasse ad una catechesi in cui i maschi stanno con i maschi e le femmine con le femmine, sarebbe molto meglio. Bambini e bambine, adolescenti maschi e adolescenti femmine, uomini e donne hanno bisogno di un nutrimento spirituale ed una istruzione religiosa diversi, come si faceva una volta con i gruppi all'interno delle parrocchie divisi per sesso.
L'attuale appiattimento sulle esigenze femminili fanno fuggire i maschi, piccoli e grandi. Ancor più faranno fuggire l'appiattimento sui princìpi femministi e ancora di più ancora quello sui principi gender e LGBT. La Chiesa va a grandi passi verso l'abisso, diabolicamente convinta che non si debba cambiare rotta ma accelerare il passo. Meglio chiamarsi fuori da questa folle corsa suicida, perché arrestarla è pressoché impossibile, a meno di un miracolo che però non sembra profilarsi ancora all'orizzonte.
La tensione tra prassi e verità nel Cammino sinodale italiano
Cari amici, dopo l’articolo sul nodo più delicato, propongo ora una lettura d’insieme del Documento di sintesi del Cammino sinodale delle Chiese che sono in Italia, Lievito di pace e di speranza. Il testo parla di futuro e di rinnovamento; nello stesso tempo emerge un dilemma che non consente distrazioni: nel desiderio di rendere la Chiesa più accogliente e missionaria, si profila un’eclissi delle verità che la definiscono.
Il Documento dichiara l’obiettivo di una “conversione sinodale e missionaria” delle comunità. L’intento indica una direzione nobile. La questione si colloca nel metodo proposto e nel linguaggio assunto.
1) L’orizzonte che sovrasta il Mistero
Le pagine adottano un lessico che presenta la Chiesa come “rete di relazioni” e “soggetto comunitario e storico della missione” (n. 12). Ricorre anche l’idea di “ricevere dal mondo ciò che lo Spirito suscita nella storia” (n. 21) e che “l’ascolto reciproco è parte costitutiva della missione” (n. 22). Il profilo sacramentale e soprannaturale arretra. La Chiesa non appare primariamente come Corpo mistico di Cristo e sacramento universale di salvezza, bensì come organismo relazionale che si costruisce nel processo dialogico. La comunione viene esposta con ampiezza; la costituzione gerarchica resta in secondo piano. Così la sinodalità si trasforma in dinamica che rischia di ascoltare se stessa. L’esito è una Chiesa compagna di viaggio, più che segno efficace di salvezza.
2) L’ambiguo labirinto pastorale
Il documento propone “percorsi di accompagnamento e integrazione ecclesiale” per “conviventi, separati risposati, persone omoaffettive e transgender” (n. 30). Si richiede inoltre l’avvio di équipe per “percorsi di formazione alle relazioni e alla corporeità-affettività-sessualità, anche tenendo conto dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere” (n. 31b).
L’intenzione di vicinanza pastorale è evidente. La scelta delle categorie introduce un cambio di paradigma. Le espressioni “orientamento sessuale” e “identità di genere” appartengono a un impianto antropologico non cristiano, perché separano la persona dal dato creaturale. L’assunzione di questo linguaggio orienta la formazione verso competenze esterne alla Chiesa e affida il cuore educativo a specialisti privi di visione cristiana dell’uomo.
L’effetto è una supremazia della prassi. La misericordia non viene collegata in modo esplicito alla conversione, mentre il criterio morale risulta attenuato. La distinzione tra peccato e grazia scivola in periferia e la pastorale perde il suo tratto profetico.
Segue
3) Missione e identità: la sociologia che eclissa la soteriologia
Molte pagine valorizzano la pace, la giustizia, il disarmo e il “lavoro in rete con altri soggetti della società civile” (n. 25). Il discorso assume così una tonalità orizzontale. Il simbolo del “lievito” non rimanda più con chiarezza al Vangelo che trasforma, bensì a un processo umano che si auto-alimenta.
La missione viene presentata come scambio e riconoscimento. L’annuncio della salvezza in Cristo rischia di essere percepito come una voce tra le altre. L’evangelizzazione arretra di fronte alla conversazione permanente. La Chiesa diventa piattaforma di mediazione sociale; il Sangue di Cristo non appare più come causa e misura della salvezza.
4) Conversione pastorale o conversione dottrinale?
Il documento persegue una conversione delle prassi. Quando la prassi si erge a criterio, la dottrina viene filtrata e, alla lunga, svuotata. La fede non genera più la pastorale, viene generata dalla prassi. Questo è il profilo di quella che si può definire pre-eresia della prassi: non una negazione formale della verità, bensì la sua diluizione in un linguaggio neutro.
5) Il voto dei pastori: atto di coscienza cattolica
La Terza Assemblea Sinodale affronterà il voto sul Documento di sintesi. La posta in gioco riguarda la direzione della pastorale per gli anni a venire. Il voto non coincide con un atto di cortesia istituzionale. Si configura come atto di coscienza cattolica.
Chiediamo ai Pastori di esaminare “riga per riga” se il linguaggio adottato mantiene il primato della grazia e della Croce sulla sociologia; di discernere con fermezza le proposte che introducono ambiguità morali o dissolvono l’appello alla conversione nella logica dell’inclusione; di verificare con prudenza i passaggi formativi che delegano l’educazione ecclesiale a esperti senza visione cristiana.
La vera conversione missionaria nasce dalla Verità di Cristo. L’accoglienza perde senso quando smette di chiamare le cose con il loro nome. Il compito dei Pastori custodisce la Verità rivelata; il voto esprime fede, non diplomazia. In questa luce il “lievito di pace e di speranza” può essere fermento evangelico e non surrogato del Vangelo.
Ritengo che questo documento, Lievito di pace e di speranza, abbia un intento comprensibile: invita a “rinnovare le strutture e i linguaggi per essere più accoglienti e credibili”. Tuttavia, la vera credibilità nasce dalla fedeltà alla verità. La sinodalità non è la ricerca del consenso, ma l’ascolto dello Spirito. L’obbedienza alla Verità è la condizione della comunione. Quando la verità cede alla prassi, la comunione diventa compromesso. Quando la misericordia si separa dalla grazia, l’inclusione diventa ambiguità.
Pertanto, desidero ribadire l’invito risuonato ieri nella Santa Messa: un appello di un Apostolo, dunque di un Vescovo, rivolto a un altro vescovo. San Paolo parla a Timoteo e, attraverso di lui, oggi parla a ciascuno dei vescovi italiani: «Figlio mio, rimani saldo in quello che hai imparato e che credi fermamente. Conosci coloro da cui lo hai appreso e conosci le Sacre Scritture fin dall’infanzia: esse possono istruirti per la salvezza, che si ottiene mediante la fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia, perché l’uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona. Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù, che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annuncia la Parola, insisti al momento opportuno e non opportuno, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e insegnamento» (2Tm 3,14–4,2).
Questa parola è oggi profezia per la nostra Chiesa. Ascoltarla significa restare ancorati nella verità, custodire la fede ricevuta, difendere la purezza del Vangelo e confermare i fratelli nella speranza che non inganna.
Don Mario Proietti
"...rinnovare le strutture e i linguaggi per essere più accoglienti e credibili”
Certo, rinnovare = buttare via il ciarpame vaticansecondista e sessantottesco che inquina e soffoca l'annuncio cristiano...
Rinnovare i linguaggi = riscoprire il linguaggio della Tradizione, a partire dal Vangelo e poi Padri e dottori della Chiesa, Santi, mistici...
Rinnovare le strutture = riscoprire la parrocchia dopo la orgia di gruppi e gruppuscolo e il fallimento di Unità/Comunità Pastorali...
Leggere i testi di questo sacerdote mi fa venire l'orticaria.
Claudio Gazzoli
Anonimo 15,11
Concordo pienamente con lei.
Nella formazione dei sacerdoti tener conto del c.d. "orientamento sessuale" e della c.d. "identità di genere"? Ma questo è solo il modo untuoso ed ipocrita con il quale si costringe a tener conto delle perversioni sessuali di ogni tipo, appunto dallo "orientamento" omosessuale al "transgenderismo" che è solo la forma più recent
e di perversione.
Restano sempre una minoranza i deviati di ogni tipo e tuttavia sembrano esser diventati una legione. Questo perché chi è al potere non li ostacola o li favorisce.
Bergoglio in particolare ha seminato questa sventura dentro la Chiesa e ne vediamo sempre più i frutti.
ar
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