Una interessante riflessione, pubblicata da Opportune Importune, che trae spunto da quella di Paolo Pasqualucci. Da non disattendere come ulteriore contributo alla prossima Conferenza di Aprile, a Roma [qui].
Negli scorsi giorni è stato pubblicato un intervento del Card. Müller dal titolo Autorità del Papa e Magistero della Chiesa (qui). Il prof. Paolo Pasqualucci ha risposto con un commento encomiabile, Riflessioni sulla questione dell'infallibilità pontificia e sulle divisioni nella Chiesa (qui), che condivido totalmente. Vorrei tuttavia aggiungere qualche osservazione.
Io credo che - al di là del commento del card. Müller sui limiti dell'autorità papale, chiaramente influenzati dalla neo-dottrina conciliare sulla collegialità - ci troviamo oggi dinanzi ad un pericolo concreto e da non sottovalutare. Questo pericolo è stato determinato da una situazione di cui è causa lo stesso Bergoglio, autore allo stesso tempo di un'impostazione autoritaria del papato aliena al cattolicesimo e contestualmente di una sua ridicolizzazione, di una forma di discredito sistematicamente perseguita in parole, opere ed omissioni: epurazioni e licenziamenti; discorsi livorosi ed accuse generiche contro la Curia romana; nomine e promozioni discutibilissime di Prelati dalla reputazione più che compromessa; interventi sconcertanti al Sinodo sulla Famiglia e manipolazione delle sue procedure interne; difesa di principi inconciliabili con la Fede e la Morale cattolica, esternazioni qualunquiste, frasi demagogiche, silenzi sconcertanti su temi importantissimi, udienze concesse a coppie omosessuali, travestiti, abortisti; interventi palesemente favorevoli ad un sincretismo più volte condannato dal Magistero; creazione di commissioni segrete per la Messa ecumenica, l'abolizione del Sacro Celibato o l'istituzione delle diaconesse la cui esistenza era stata inizialmente smentita ma che poi sono venute alla luce; azioni di riforma finanziaria o morale sbandierate ai quattro venti e mai portate a serio compimento. Oltre ad un'opera di propaganda mediatica perseguita con metodi da regime totalitario da parte di cortigiani tanto faziosi quanto privi di qualsivoglia credibilità, non di rado sconfessati dalla loro stessa imperizia.
Un papato, quello di Bergoglio, che appunto unisce l'autoritarismo intollerante verso la Tradizione ad un'azione di sfrontato appoggio alle correnti più eversive del progressismo, e che in forza di questo stesso autoritarismo delega l'autorità magisteriale e di governo, in chiave parlamentarista, alle diocesi e soprattutto alle Conferenze Episcopali. Le quali, com'è ormai evidente, hanno il solo scopo di avvallare ordini precedentemente impartiti senza alcuna reale partecipazione al processo decisionale.
Dinanzi a questa realtà, della quale molti esponenti della Chiesa iniziano a manifestare le proprie perplessità e preoccupazioni, la reazione è duplice: un sostegno al neo-papato rivoluzionario bergogliano da parte della componente che con l'attuale papa si identifica; e dall'altra il tentativo di ridimensionare il Papato cattolico, assumendo e riproponendo con maggior forza la nuova dottrina conciliare sulla collegialità in modo da evitare gli eccessi di governo e magistero di Bergoglio.
Non è chi non veda che sostenere acriticamente l'azione di Francesco sia un'operazione non scevra da interessi, in coloro che vogliono portare a compimento le istanze rivoluzionarie del Vaticano II. Ma quello che non mi pare si sia sufficientemente evidenziato è che il ridimensionamento dell'autorità del Papa rischia di non essere un modo per porre un freno a questo papato, bensì al Papato in genere, finendo per rendersi più o meno volontariamente responsabili di quella svolta ultraprogressista che a parole si vuole scongiurare.
L'autorità papale è regolata da norme canoniche che poggiano su ben precise basi dottrinali immutabili, solennemente definite dalla Chiesa con atti irreformabili: è significativo che l'intervento del Card. Müller, tanto generoso di citazioni del Vaticano II, non abbia ritenuto di dover ricordare la proclamazione del dogma dell'Infallibilità Papale contenuta nella Costituzione Apostolica Pastor Aeternus di Pio IX, che ne costituisce il riferimento principale:
«Perciò Noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi della fede cristiana, per la gloria di Dio nostro Salvatore, per l'esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei popoli cristiani, con l'approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell'infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa. Se qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione - Dio non voglia! - sia anatema».
Altrettanto indicativa è l'omissione della menzione della Nota explicativa praevia di Lumen gentium, che Paolo VI dovette aggiungere posteriormente al documento per rettificare - seppure solo in parte - alcuni punti che si prestavano ad interpretazioni eterodosse:
«Il Collegio non si intende in senso strettamente giuridico, ma è un ceto stabile. […] Uno diventa membro del Collegio in virtù della consacrazione episcopale, e mediante la comunione gerarchica col capo del Collegio. […]. Il parallelismo tra Pietro e gli Apostoli da una parte, e il Sommo Pontefice e i Vescovi dall’altra, non implica la trasmissione del potere straordinario degli Apostoli ai Vescovi. […] Infatti deve accedere la canonica o giuridica determinazione da parte dell’autorità ecclesiastica. Il Collegio dei Vescovi è anch’esso soggetto di supremo e pieno potere sulla Chiesa universale. Il Collegio necessariamente e sempre cointende col suo capo […]. Il Romano Pontefice è il capo del Collegio e può fare da solo alcuni atti, che non competono in nessun modo ai Vescovi».
Mi pare si possa trovare conferma che questa omissione non è del tutto accidentale proprio dalle parole del Card. Müller: «Il Papa, nella misura in cui, come capo del collegio episcopale, è il principio dell'unità della Chiesa nella verità». Anzitutto, come ha precisato la Nota praevia, sarebbe opportuno parlare di corpo episcopale, giacché il titolo di collegio compete solo a quello degli Apostoli. In secondo luogo, la formulazione «nella misura in cui, come capo del collegio episcopale, è il principio dell'unità della Chiesa nella verità» dà adito a ritenere che laddove il Papa agisca senza coinvolgere il collegio episcopale, la sua funzione di principio dell'unità della Chiesa venga meno, giacché quel «nella misura in cui» suona limitativo della suprema, diretta ed universale autorità del Romano Pontefice. E sarebbe il caso di ricordare che l'autorità e la giurisdizione dei Vescovi è trasmessa da Dio per il tramite del Papa, e limitatamente alla loro diocesi; e che la partecipazione alla suprema autorità del Papa è concessa al corpo dei Vescovi o ad una parte di essi sempre e solo dal Papa, che di quell'autorità è il titolare unico.
Pensare di poter mettere mano a queste norme, o anche solo interpretarle in senso conciliarista, dietro l'alibi di arginare la tirannide di Bergoglio fa semplicemente il gioco di chi ne ha favorito l'elezione e di chi oggi lo sostiene con malcelato entusiasmo.
Non dimentichiamo che, tra i metodi perseguiti dalla Rivoluzione, uno dei più efficaci e perversi è quello di creare le premesse alla destabilizzazione screditando l'autorità che si vuole abbattere. Avere dei governanti disonesti e che si disinteressavano delle legittime necessità dei sudditi fu la premessa della Rivoluzione Francese. Avere oggi un papa che con il proprio comportamento intemperante, con le proprie sconsiderate esternazioni, con il proprio atteggiamento peronista e demagogico crea divisione in seno alla Chiesa e scredita l'immagine e la sacralità del Romano Pontefice anche dinanzi al mondo è la premessa per l'abbattimento del papato, e non - come vorrebbero alcuni ingenui - un tentativo di restituirlo al proprio prestigio riconducendolo nei limiti della propria funzione universale di magistero e di governo.
Così l'intervento di Müller e la prospettata conferenza di Roma del prossimo Aprile a mio parere potrebbero essere tanto più rivoluzionari e pericolosi, quanto più ammantati di buone intenzioni, inficiate però da una visione democratica ed assemblearista del Papato. Poiché se si dovessero accogliere le istanze collegialiste del Concilio sotto la spinta emotiva del momento, ci si troverebbe un domani a vedere depotenziata l'autorità papale anche - e direi specialmente e soprattutto - quando la Chiesa dovesse darsi un Papa degno di tal nome, fermo nella dottrina e nella disciplina, autorevole nel Magistero ad intra e nelle relazioni politiche e diplomatiche ad extra, giustamente autoritario nel porre fine alla crisi che affligge la Chiesa da ormai cinquant'anni. A quel punto, questo Papa si dovrebbe scontrare con quello stesso collegialismo che oggi paradossalmente potrebbe essere giudicato necessario da chi si lascia condizionare dalla contingenza momentanea e, appunto, da una situazione creata ad arte.
Bergoglio ha dimostrato di essere ingestibile e di volersi sottrarre non solo ad ogni controllo, ma anche ai prudenti e moderati consigli tanto del Sacro Collegio quanto dell'Episcopato. Ma questa non è e non può essere la giustificazione per ridurre l'autorità del Papa, anzi proprio il contrario: egli dovrebbe essere invitato a farsi da parte, a dimettersi, proprio per tutelare la somma autorità papale, l'infallibilità cui egli deliberatamente non ricorre, l'autorità che la sua persona volontariamente umilia e scredita anche solo nel modo in cui si veste, in cui celebra, in cui si mostra in pubblico.
La prossima Conferenza di Roma, prevista per il mese di Aprile, dovrà guardarsi quindi dal cadere in un astuto tranello che potrebbe rivelarsi ben più controproducente di quanto non si possa immaginare.
20 commenti:
AL colpisce ancora:
La astinenza dai rapporti in una coppia adultera non è più l'unica possibilità per il perdono sacramentale parola dei Vescovi dell'Emilia Romagna sdoganano un nuovo allucinante documento datato 15 gennaio 2018
http://www.imola.chiesacattolica.it/home_diocesi/news/00000474_Indicazioni_sul_capitolo_VIII_dell_Amoris_Laetitia.html
concordo con Pasqualucci, il collegialismo non è la soluzione. D'altronde, non si vedono soluzioni nemmeno nell'attendismo dei due cardinali...
Tra le altre cose, il collegialismo sarebbe espressione degli stessi porporati che hanno eletto Bergoglio al soglio... Insomma, daccapo.
Ossequi,
GMZ
Nell’articolo che propongo agli amici del blog, Francesco Lamendola ci presenta la figura di un papa ipocrita e menzognero, e di un clero in gran parte complice, e per il rimanente pavido e paralizzato dalla falsa obbedienza (il colpo da maestro di Satana, come lo definiva mons. Léfèbvre).
L’ occasione è fornita da quello che Lamendola definisce “il negazionismo di Bergoglio in materia di terrorismo islamico omicida”, che questo incredibile personaggio vorrebbe farci considerare alla stregua di semplici uccisioni di fidanzate o di suocere, ritenendoci, evidentemente, dei perfetti idioti (la sua ostinazione nel propalare menzogne spudorate ha davvero qualcosa di diabolico…): vedere, cioè leggere, per credere:
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2327_Lamendola_Bergoglio_negazionista.html
quando sento parlare di "collegialità" non so se ridere o se piangere. Quale collegialità? quella di un sinodo, asnzi, due, a cui si fa dire ciò che non ha detto? la collegialità del "approva ciò che dico io se no son legnate".
il modo per arginare e correggere le derive assolutiste del papato sono racchiuse in una semplicissima frase, vecchia come il cucco: servus servorum Dei.
Secondo varie fonti ad aprile, anche seguendo le indicazioni di Stella,si dovrebbe aprire ai probi viri, cioè laici sposati che fanno i preti, oltre ai diaconi che già spadroneggiano in tutte le parrocchie, insomma il modello sudamericano, con Tdl a corollario, si pensa addirittura ad un motu proprio del jefe, e così il suo sogno di chiesa da strada è completo, intanto chiude per ordine del jefe il monastero trappista di Mariawald in Germania, che papa Benedetto XVI aveva cercato di rivitalizzare in tutti i modi e ci era quasi riuscito..........la misericordia avanza implacabile. no comment.
" il ridimensionamento dell'autorità del Papa rischia di non essere un modo per porre un freno a questo papato, bensì al Papato in genere, finendo per rendersi più o meno volontariamente responsabili di quella svolta ultraprogressista che a parole si vuole scongiurare."
Concordo pienamente.
Anna
La soluzione a questo pontificato non sta nel ridimensionamento del papato o nella collegialità. Stampiuttosto nel coraggio dei laici, in presenza dell'omertà dei consacrati, di alzare la voce protestare e anche chiedere un concilio / concistoro per costringere Bergoglio a ripudiare gli errori e abbracciare la Fede Cattolica oppure per condannarlo. La soluzione è nel concistoro. Ricordo che il nostro ruolo di fedeli laici non è da poco...anche se oggi il potere è tutto nelle mani della gerarchia... nella chiesa originaria, erano i fedeli insieme ai consacrati che pregavano per scegliere, con l'aiuto dello Spirito Santo i vescovi ed anche il Papa! Che in alcuni casi sono stati effettivamente scelti (sia papi che vescovi) tra i semplici fedeli, è solo dopo consacrati. Pertanto non dobbiamo rinunciare ad alzare la voce e a far pesare il nostro ruolo. I consacrati che sono nella Verità ci seguiranno.sia lodato Gesù Cristo Avanti con Maria Santissima.
Si Mic la pregherei di dare risalto a questa storia analoga a quella dei francescani dell'Immacolata, che ntanto chiude per ordine del jefe il monastero trappista di Mariawald in Germania, che aveva recuperato la tradizione ed il VO, che aveva moltissime vocazioni, che papa Benedetto XVI aveva cercato di rivitalizzare in tutti i modi e che pochissimi ribelli modernisti hanno fatto commissariare perchè odiavano il vo.
Papa Francesco secondo Massimo D'Alema: "In questo momento è il principale leader della sinistra" - Il Fatto Quotidiano
Ottimo articolo. Concordo pienamente.
La discussione sul papato, grazie all'impostazione che si ricava per esempio dall'intervento del card. Mueller, potrebbe prendere sin da ora una piega sbagliata, se cade nella "tentazione conciliarista", come giustamente detto.
Il fatto è che, per andare alla radice del problema, bisognerebbe aprire finalmente una discussione seria sul Vaticano II, come chiedeva di fare, tra gli altri, un teologo autorevole come mons. Brunero Gherardini. Ma questo non sembra possibile, allo stato: il Concilio è un tabù che nessuno osa toccare, fra i Vescovi e i Cardinali, anche quelli "di riferimento". Al massimo si accennano delle critiche di carattere generale a qualche suo aspetto e tutto finisce lì, senza approfondire. C'era stata per un momento una speranza, anni fa, quando Benedetto XVI accennò alle insufficienze della Gaudium et Spes e della dichiarazione Nostra Aetate sulle religioni non cristiane (la prima non offre una visione soddisfacente della modernità, la seconda delle religioni non cristiane). Ma si trattò di un accenno che rimase senza seguito ed anzi non fu proprio B. XVI a coniare la formula che fu interpretata come un certificato di ortodossia del Concilio? Ossia che in esso si sarebbe pienamente realizzata "la riforma secondo un'ermeneutica della continuità"?
Sunt lacrimae rerum. Però non dobbiamo demordere nell'opera della critica fondata, consapevole e paziente. Sono sicuro che questo vuole da noi il Signore: tener duro, innanzitutto per la sua Gloria e l'onore della Chiesa, senza perder la calma e con la massima determinazione.
Chi sa se si farà, questo Convegno di Aprile. Ma intanto l'occasione è buona per mantenere aperto il discorso critico sulla "collegialità spuria" inaugurata dal Concilio, all'origine della presente crisi del papato come istituzione.
PP
Propongo un commento di Roberto buffagni sul sito opportune importune
Caro Monsignore,
per usare la sua analogia con la rivoluzione francese, la strada collegiale è la strada che tentò Mirabeau: porre termine al potere assoluto, di diritto divino, del re per restaurarlo come re costituzionale, in un compromesso simile al "per grazia di Dio e volontà della nazione" con cui si legittimò Vittorio Emanuele III di Savoia. La strada si rivelò chiusa, sia per il rifiuto di Luigi XVI, sia soprattutto perchè la dinamica rivoluzionaria era ben più trascinante di quel che prevedesse Mirabeau (e chiunque altro). In questo caso mi sembra ancor più pericoloso, il tentativo, perchè venendo da una fronda interna alla gerarchia ecclesiastica, è più che possibile che Bergoglio colga la palla al balzo e accetti la proposta, volgendola a suo vantaggio. Si avrebbe così un plebiscito, manipolato come di solito i plebisciti, e una grave per non dire irreparabile modifica della fonte di legittimazione dell'autorità papale, non più soltanto divina ma 50% divina, 50% umana, con conseguenze imprevedibili nei dettagli ma rovinose nell'insieme, perchè un papa umanamente legittimato = una Chiesa e una dottrina umanamente legittimate, pertanto revisionabili ad libitum e in aeternum. Insomma, peggio la toppa del buco.
http://querculanus.blogspot.it/2018/01/un-inganno-durato-cinquantanni.html
Padre Scalese replica a Baronio sulla sua Lettera si sacerdoti...
Letto la replica di Padre Scalese alla lettera di Baronio.
Direi che la lettera di Padre Scalese sta a Baronio, come molti commenti, su questo stesso blog, stanno all'ultimo libro di Radaelli.
Questa frattura avvenuta nelle menti e nei cuori di tanti di noi è un frutto certo del Vaticano secondo, della sua gestazione (chissà dove comincia), della sua nascita, della sua crescita infelice.
Interessante la replica a Baronio di Padre Scalese.
Sempre un po' patetici però, secondo me, coloro che reiterano continuamente l'adagio secondo cui il Concilio non è stato applicato correttamente.
Le ambiguità, le innovazioni e rotture non sono reali? Non sono forse parte integrante di quello spirito conciliare così spesso evocato?
Tutto questo fermo restando il fatto che un concilio fosse necessario, come più fonti riferivano.
Personalmente credo però che se la Chiesa sopravvive ancora non è grazie al Concilio, seppur applicato in modo incompleto, ma al fatto che il Signore riesce a scrivere anche su righe storte.
Insomma, si tratta di rispondere alla crisi.
http://itresentieri.it/ordinare-anziani-sposati-risolvere-la-crisi-delle-vocazioni-piuttosto-perche-non-ci-si-chiede-il-motivo-di-questa-crisi/
Dov'e' la conversione se ci manca l'ardore , il cuore in fiamme !
La risposta non puo' essere che sentimentale : non piu' tutto di Dio ma un po' di Dio e un po'...
Leggiamo queste bellissime parole del Santo Curato d’Ars: “Quando vedete un sacerdote, dovete dire: ‘Ecco colui che mi ha reso figlio di Dio e mi ha aperto il cielo per mezzo del santo Battesimo, colui che mi ha purificato dopo il peccato, colui che nutre la mia anima.’ Il sacerdote è per voi come una madre, come una nutrice per il neonato: ella gli dà da mangiare e il bimbo non deve far altro che aprire la bocca. La madre dice al suo bimbo: ‘Tieni, piccolo mio, mangia’. Il sacerdote vi dice: ‘Prendete e mangiate, ecco il Corpo di Gesù Cristo. Possa custodirvi e condurvi alla vita eterna’. Che belle parole! Il sacerdote possiede le chiavi dei tesori del cielo: è lui ad aprire la porta; egli è l’economo di Dio, l’amministratore dei suoi beni.”
Tolto questo, che rimane?
"... un Concilio è fatto, innanzi tutto, dai Vescovi. Che poi questi si servano dell’opera di teologi e periti (che possono essere piú o meno ortodossi), è vero; ma alla fin fine sono i Vescovi che approvano i documenti finali; ed è a loro che è garantita l’assistenza dello Spirito Santo." (p. Scalese nel suo commento al testo di Cesare Baronio).
L'assistenza dello Spirito Santo nel Vaticano II è stata solo generale, cioè non infallibile, perché Paolo VI e i Padri si rifiutarono di definire alcunché, e lo stesso Paolo VI lo ricordò e sottolineò almeno in due occasioni in seguito.
Ergo, l'argomento del p. Scalese non regge.
In più, mettiamoci il fatto che Papa Montini era sempre stato un ammiratore proprio di quei teologi neomodernisti che poi guidarono di fatto quel Concilio (de Lubac in testa).
E che la maggioranza dei Vescovi, allora come oggi, 'fiutava l'aria' regolandosi col guardare all'atteggiamento e ai sottintesi desiderata del Papa allora regnante...
Caro p. Scalese, se per caso mi legge, segua il mio consiglio: si informi meglio su Paolo VI e la sua mentalità filomodernista. E sul neomodernismo dei suoi Successori.
'Assisi 1986', tanto per fare un solo esempio, non le dice nulla? Eppure fu attuata da Giovanni Paolo II in nome del Vaticano II e come sua esplicitazione pratica.
Mi permetto di segnalare la mia risposta - che si è voluta molto posata - al cortese commento di padre Scalese:
http://opportuneimportune.blogspot.com/2018/01/lettera-ad-un-sacerdote-la-risposta-di.html
La replica di Baronio a Padre Scalese
https://opportuneimportune.blogspot.it/2018/01/lettera-ad-un-sacerdote-la-risposta-di.html
Letto: LETTERA AD UN SACERDOTE - LA RISPOSTA DI BARONIO A PADRE GIOVANNI SCALESE,
Vien da piangere, andati al macello ignari, fidandosi di chi ti cammina al fianco. Come ci si fida dei padri, delle madri, degli insegnanti, degli amici di famiglia che poi ti tradiscono, ti vendono, abusano di te, ti ammazzano. Questo è l'insegnamento che tacito è fluito dalla chiesa, che tradiva NSGC, nella società. Questo insegnamento criminale ha dato forma e contenuto al nostro oggi.
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