Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 30 gennaio 2018

La Regola di san Benedetto ha modellato l’Occidente cristiano

Il 28 febbraio 2018 ricorreva il decimo anniversario della morte di Dom Gérard Calvet O.S.B. (1927-2008), fondatore e primo abate del monastero Sainte-Madeleine di Le Barroux. Iniziamo a ricordarlo offrendo di seguito la prima parte di Regard sur la Chrétienté (Editions Sainte-Madeleine, Le Barroux 1982, qui pp. 11-17), ripresa in libretto del dialogo dell’inverno 1982 fra Bernard-Romain-Marie Antony e Dom Gérard, originalmente pubblicato nei nn. 99, 100 e 101 del quotidiano Présent. Trad. it di fr. Romualdo Obl.S.B.
Perché i monaci?

Essenzialmente per la preghiera. La preghiera non è un’attività umana fra altre. Essa è l’attitudine essenziale mediante la quale l’uomo esprime la sua adorazione, la sua dipendenza, il suo amore, la sua azione di grazie per Colui che è la bontà infinita. Mi sembra che si parli troppo poco della bontà di Dio. È tuttavia questa bontà infinita a deliziare il monaco.
Guardate san Bruno: quando ha raggiunto il deserto delle certose, si è girato verso questi orizzonti straordinari, esclamando: “O Bonitas”. Vedeva, leggeva la bontà di Dio attraverso la sua bellezza. Ma se la creazione è un vestigio della bontà di Dio, che dire allora quando si guarda il Crocifisso?

Nella vostra ultima Lettre aux Amis du Monastère, parlate di tre fedeltà: “Fedeltà alla Regola, fedeltà alla liturgia, fedeltà inoltre a quella carità amichevole di cui gli antichi avevano il segreto, senza la quale è impensabile rifare una cristianità”. La vita moderna, che distrae i nostri contemporanei dalla contemplazione, ne offre loro come la nostalgia, ma ciò che non comprendono affatto, è la necessità di una regola.

Ciò nonostante la regola è presente ovunque. Non vi è che da guardarsi attorno. La bellezza dell’universo deriva dalla sottomissione alle leggi che ne regolano l’armonia. Guardate gli animali: sono sottomessi alla regola inflessibile dell’istinto; guardate il cielo stellato, che esempio sontuoso di obbedienza alla regola! Gli esseri umani che vogliono vivere in società sono pure essi ben costretti a sottomettersi a una legge.
La Regola di san Benedetto apporta un rimedio al peccato originale. Salva l’uomo dall’istinto selvaggio, lo sottrae al capriccio; è la condizione della sua libertà. È un miracolo di equilibrio, sovranamente adattato al bene dell’anima, alla vita consacrata, alla ricerca di Dio. Di una meravigliosa flessibilità, essa si adatta altrettanto bene agli occidentali e agli uomini di colore. Me ne sono accorto quando ci hanno inviato a fondare un monastero in Brasile. Scritta nel secolo VI, essa sembra scritta per i tempi moderni; permette ancora oggi all’uomo di convertirsi, cioè di volgersi a Dio, nell’ambito di una famiglia di fratelli, sotto il paterno governo dell’Abate.
Se i sacerdoti volessero ispirarsene, essa potrebbe essere il rimedio più appropriato alla crisi attuale del clero.

Al giorno d’oggi si ammette volentieri che la Regola di san Benedetto è stato un fattore importante di civilizzazione. Come ve lo spiegate?

La santa Regola è stata il codice di vita dei primi evangelizzatori dell’Europa. Ha dunque modellato il nostro Occidente cristiano, non come lo farebbe una teoria, ma in quanto metodo educativo. E come in ogni metodo educativo, quando se ne stravolgono alcuni elementi, l’educazione non è più ricevuta. Occorre dunque rispettare l’integrità della Regola. Credo che per noi questa è stata una grazia, il fatto di volerla osservare alla lettera, perché essa si rivela perfettamente adatta ai giovani d’oggi.
Da noi i giovani non hanno mai contestato la santa Regola; al contrario, ammirano a quale punto essa sia umana, dolce, familiare. Péguy diceva che le regole flessibili sono più esigenti delle regole dure. Si potrebbe dire che la Regola di san Benedetto è una regola flessibile, in quanto è temperata dalla carità ed è improntata a un carattere propriamente paterno e familiare.

Dopo la fedeltà alla Regola, c’è la vostra fedeltà alla liturgia. In quasi tutti i monasteri la liturgia è stata profondamente alterata. Da voi, dom Gérard, è rimasta intatta. Perché?

Potremmo dire che è per le stesse ragioni: la santa liturgia è la regola della preghiera, e questa regola di preghiera è ancora più venerabile della Regola benedettina, poiché s’identifica con il cuore, l’anima e la vita della Chiesa. Sono i salmi, il santo sacrificio della messa, il grande sacramentale dell’ufficio divino, da Mattutino e le Lodi fino alla Compieta. Amiamo la santa liturgia perché è una meravigliosa scuola di preghiera. Essa è, diceva dom Guéranger, “il magistero della Chiesa pervenuto al suo grado più alto di splendore e solennità”; permette di cogliere dalle labbra e dal cuore della Chiesa lo stesso pensiero del suo Dio. Mette in azione l’uomo nella sua interezza, con il suo corpo, la sua anima, il suo spirito, la sua intelligenza, la sua sensibilità.
I salmi sono delle grida d’amore, di pentimento e ammirazione; una specie di sfogo affettuoso verso Dio, anziché una meditazione discorsiva. La pietà degli antichi monaci era molto più semplice, più affettuosa, più cordiale, più vicina all’infanzia che al genere di meditazione analitica che è prevalso a partire dal secolo XVII.

Qual è la trama di fondo della pietà monastica?

Sono i salmi! Il salterio è il pane quotidiano della pietà monastica. Per meglio dire, è la manna del deserto. Perché i salmi parlano di Cristo e Cristo parla attraverso i salmi. Grazie all’ufficio della salmodia, nuotiamo nel grande fiume liturgico che ci penetra e ci trasforma un poco alla volta. E poi, i salmi sono ispirati. La salmodia è Dio che parla a Dio, dettandoci le formule, gli accenti e le cerimonie scelte da lui. È dunque la preghiera pubblica della Chiesa, sposa di Cristo; e la voce della Sposa raggiunge il cuore dello Sposo.
Infine, occorre dire che questa preghiera è fatta di uno splendido materiale, giacché una grande poesia sacra accompagna tutte le cerimonie della Chiesa.

Sembra d’altronde che la Chiesa di oggi, abbandonando la tradizione liturgica, abbia rinunciato alla bellezza del culto. Non vi è confusione fra bruttezza e povertà?

Esattamente. Siamo in piena confusione. Vi era nei moderni una certa intuizione, che all’inizio era buona: la bellezza non dipende da un’accumulazione di materiali, da una deriva di ornamenti e di sovrappesi. Bene. Ma hanno fatto una confusione ben più grave. Hanno creduto che la semplicità fosse una cosa facile.
Si tratta di un errore. Il canto gregoriano, per esempio, è un’arte di una grande semplicità di mezzi; ma è un’arte difficile. Semplicità non vuol dire indigenza, è ascesi della bellezza. Credendo di semplificare, hanno mutilato, hanno schematizzato, hanno soppresso la vita, hanno creato delle liturgie astratte, asciutte, disseccanti, senza poesia, senza lirismo e senza trascendenza, che cominciano a datare terribilmente.

Nelle riforme uscite dal Concilio, all’inizio non c’era un desiderio legittimo di volere riaccordare la liturgia alla sensibilità popolare?

Certamente. C’era tutto un lavoro da svolgere, di rieducazione e nuovo radicamento. Ma sono stati commessi due errori.
In primo luogo, si è trattata con disprezzo l’anima popolare, scadendo nel facilismo e nella volgarità; poi si è agito con empietà mettendo mano al tesoro trasmesso dalla Tradizione. Supponete che si abbia cattivo gusto, supponete che si sia confusa semplicità e indigenza; può succedere. In ogni caso, c’era un’empietà flagrante nel porre mano su questi tesori che fanno parte del patrimonio dell’umanità, che gli atei riveriscono, che i protestanti rispettano. Poiché quanti hanno un po’ di senso umano sentono che ciò tocca i valori più elevati dell’anima. C’è là qualcosa d’incredibile nella storia della Chiesa.
Dunque, non fosse altro che a titolo di riparazione, siamo rimasti fedeli alla liturgia integrale. Poi ci siamo resi conto molto velocemente che eravamo i primi beneficiari di questa grande Tradizione; è grazie all’influenza dolce e regolare della liturgia che dom Innocent Lemasson ha potuto scrivere: “I nostri chiostri sono accademie di pace, di silenzio e di libertà”. Poco alla volta la liturgia trasforma la nostra anima, il nostro spirito, la nostra immaginazione, anche il nostro corpo; perché il rito liturgico educa il corpo umano, lo disciplina, lo purifica, poi mette sulle nostre labbra i cantici annunciatori della vita eterna. Adesso capite perché la liturgia fa parte “usque ad mortem” del nostro programma di fedeltà. [Fonte]

14 commenti:

Anonimo ha detto...

Sant'AGOSTINO : La continenza
Ricordiamoci di quel tal giusto che nella prosperità diceva: Io non sarò mai smosso dalla mia strada 129; e invece gli fu fatto constatare quanto fossero avventate le sue parole, mentre attribuiva alle sue proprie forze quello che gli veniva accordato dall'alto. Lo apprendiamo dalla confessione che ci fa lui stesso, quando, subito appresso, soggiunge: O Signore, nel tuo beneplacito mi avevi conferito la virtù e l'onorabilità. Quando invece mi voltasti la faccia, caddi nel turbamento 130. Il Signore nella sua Provvidenza lo abbandonò temporaneamente, e ciò fu una medicina, affinché egli stesso, nella sua micidiale superbia, non abbandonasse il Rettore. È certo, quindi che tutto in noi accade per la nostra salute, sia che combattiamo contro i nostri vizi al fine di domarli e ridurli - compito della vita presente -, sia che non abbiamo più nemici né mali da cui essere contagiati - cosa che ci sarà riservata alla fine dei tempi nel mondo avvenire -. Scopo ultimo di tutto questo è che chi si gloria, si glori nel Signore.

Anonimo ha detto...

Scusate l'ot, ma ho appena letto e l'indignazione è troppa.
Ot fino a un certo punto, visto che in questo articolo si parla di San Benedetto che ha elevato per primo il lavoro al rango (quasi) di preghiera.
Quindi si parla comunque di uno dei fattori produttivi che è da sempre contrapposto all'altro, il capitale, da cui è schiacciato.

La società anti cristiana (e quindi contro natura perché ha perso la retta ragione, non essendo cristiana) di oggi fa di tutto per mettere al primo posto il capitale.
Ora leggo dell'ultima follia della Corte di Strasburgo che ha elevato a bene superiore alla morale pubblica, la libertà di espressione.
Già detta così è evidente la follia, ma la cosa più grave è che questa libertà di espressione protegge una impresa di abbigliamento in Lituania che aveva utilizzato, per la sua pubblicità Gesù e la Madonna.
La Lituania aveva multato l'impresa per offesa alla morale pubblica.
La luciferina Corte di Strasburgo ha condannato la Lituania per aver colpito la libertà di espressione.

Giuseppe

Anonimo ha detto...

Sentite l'ultima. Com'era prevedibile il vento di regime è arrivato ad abbattere il muro successivo e lo fa con un botto decisamente assordante. (Altro che ponti!) La di Corte Strasburgo dice sì all'uso dell'immagine di Gesù e della Madonna in pubblicità.

https://www.agi.it/breakingnews/corte_strasburgo_s_a_uso_ges_e_madonna_in_pubblicit-3430592/news/2018-01-30/

Alex da roma ha detto...

OT
Mic per favore potresti dare risalto a due info che ti do per certo come parrocchiano di SSTrinta Pellegrini ARoma:
Ogni sabato dopo la Santa Messa delle 18:30 adorazione Eucaristica
Da domenica 11 febbraio c è una adorazione di 40 ore continua ininterrotta giorno e notte, fino a martedì 13. Chi vuole può partecipare. In sacrestia potete trovare anche un planino per iscriversi.

irina ha detto...

Bisogna iniziare a ritirarsi in luoghi impervi pregando e lavorando a maggior gloria di Dio.

Anonimo ha detto...

Spunti di riflessione nell'anniversario della morte dell'abate Prosper Guéranger (30 gennaio 1875)

Quanto alle tradizioni su riti e cerimonie, le sette d'Oriente le hanno conservate tutte con rara fedeltà, e se talvolta vi si trovano mescolati aspetti superstiziosi, esse attestano comunque un fondo primitivo di fede, mentre da noi la progressiva diminuzione delle pratiche esteriori denunzia invece la presenza di un razionalismo segreto che fa vedere i suoi risultati.La Chiesa greca ha generalmente conservato con grande cura, se non il genio, almeno le forme della liturgia. Abbiamo detto altrove come Dio l'ha predestinata, almeno per un tempo, con l'immobilità dei suoi antichi usi, a rendere una testimonianza irrinunciabile alla purezza delle tradizioni latine. È per questo che Cirillo Lukaris si arenò in maniera così vergognosa nel suo progetto di iniziare la chiesa orientale alle dottrine del razionalismo d'Occidente. Comunque lo spirito di discussione e di puntiglio di Marco d'Efeso è rimasto nel seno della chiesa greca, e produrrà i suoi frutti naturali dal momento in cui questa chiesa sarà chiamata a fondersi nelle nostre società europee. La chiesa greca deve senza fallo passare per il protestantesimo prima di ritornare all'unità, e si ha ben ragione di credere che la rivoluzione sia già avvenuta nel cuore dei suoi pontefici. In un analogo ordine di cose la liturgia, forma ufficiale di una credenza ufficiale, rimarrà stabile o varierà a seconda della volontà di chi esercita il potere. Così non è possibile eresia liturgica dove il simbolo è già minato, ove non si trova altro che un cadavere di cristianesimo, cui soltanto gli impulsi oppure un galvanismo imprimono ancora qualche movimento, finché, cadendo a pezzi dalla putrefazione, diverrà del tutto incapace di ricevere stimoli esterni, come da tempo non aveva più sentito il tocco della vita.È dunque solo in seno alla vera Chiesa che può fermentare l'eresia antiliturgica, vale a dire quell'eresia che si pone come nemica delle forme del culto. Soltanto dove c'è qualche cosa da distruggere il genio della distruzione cercherà di introdurre tale deleterio veleno.

(Prosper Gueranger, L'eresia antiliturgica e la Riforma protestante, Chieti, 2011, pp. 13-14)

Anonimo ha detto...

Secondo i giudici di Strasburgo, le figure di Gesù e Maria sono lecitamente utilizzabili nelle pubblicità purché non siano «gratuitamente offensive o profane» e non incitino «all’odio». Una decisione che farà senz’altro indignare alcuni (stavo per scrivere «molti», ma meglio smetterla di sognare) eppure, a suo modo utile. Perché ricorda che la legalità ha definitivamente divorziato dalla giustizia, e perché scoperchia una volta di più il nostro odierno degrado, con l’incapacità – pure da parte di una Corte tanto illustre – di comprendere come lo spot che si serve del sacro sia già blasfemo di suo, a prescindere, senza bisogno di espliciti sberleffi, bestemmie a caratteri cubitali o outing satanici.
Paradossale, poi, che il tutto venga giustificato in nome dell’immancabile «libertà di espressione». E la libertà dei cristiani di non essere offesi? Quella può andare a farsi benedire, evidentemente. Perché oggi, si sa, il consumatore viene prima del credente, anzi forse egli è il solo vero credente rimasto, quello non cerca la salvezza ma i saldi; che ha nel Black Friday il suo Natale e che, alla preoccupazione del peccato, antepone quella del parcheggio. Da questo punto di vista la sentenza di Strasburgo potrebbe essere letta, a ben vedere, come espressione della più rigorosa ortodossia religiosa. Altro che laicità: ad avere la meglio, qui, non è la pluralità del pensiero, ma il monoteismo del Mercato. [...]
(giuliano Guzzo)

irina ha detto...

DOVE GESÙ DICE BIANCO, RATZINGER DICE NERO.
Maurizio Blondet 30 gennaio 2018 0 Comments

di Enrico Maria Radaelli

https://www.maurizioblondet.it/gesu-dice-bianco-ratzinger-dice-nero/

Anonimo ha detto...

Diritto alla blasfemia. Ma vale solo contro il Dio dei cristiani :(

Anonimo ha detto...

La blasfemia, la bestemmia e l'irrisione del sacro, checché ne pensi e dica la cosca di Strasburgo, attirano l'ira di Dio e debbono essere riparate,

O augustissima Trinità - Padre, Figliolo e Spirito Santo - che, pur da tutta l'eternità in Te e per Te infinitamente felice, ti degni di accettare benignamente l'omaggio che dalla universa creazione s'innalza fino al tuo trono eccelso; distogli, Te ne preghiamo, i tuoi occhi e storna il tuo udito divino da quegli sventurati che, o accecati dalla passione o trasportati da impulso diabolico, iniquamente bestemmiano il tuo nome e quello della purissima Vergine Maria e dei Santi. Trattieni, o Signore, il braccio della tua giustizia, che potrebbe ridurre al nulla coloro che osano farsi rei di tanta empietà. Accetta l'inno di gloria, che incessantemente si leva da tutta la natura: dall'acqua della fonte che scorre limpida e silenziosa, fino agli astri che risplendono e si volgono con giro immenso, mossi dall'Amore, nell'alto dei cieli. Accogli in riparazione il coro di lodi che, come incenso innanzi agli altari, sale da tante anime sante che camminano, senza mai sviarsi, nei sentieri della tua legge e con assidue opere di carità e di penitenza si studiano di placare la tua giustizia offesa; ascolta il canto di tanti spiriti eletti che consacrano la loro vita a celebrare la tua gloria, la lode perenne che in tutte le ore e sotto tutti i cieli ti offre la Chiesa. E fa che un giorno, convertiti a Te i cuori blasfemi, tutte le lingue e tutte le labbra servano ad intonare concordi quaggiù quel cantico che risuona senza fine nei cori degli angeli: Santo, Santo, Santo è il Signore Dio degli eserciti. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Così sia!

(Pio XII)

Anonimo ha detto...

Che tristezza ….

Sulla liturgia rimasta intatta … tutto è incentrato sui salmi, non un riferimento alla Santa Messa, se non un frettoloso tra virgole, la liturgia per eccellenza, tutto ridotto alla preghiera, quando nella Santa Messa, deturpata ed oltraggia dal NO, si celebra il Santo Sacrificio, non un cenno ..


Che tristezza …. un fatto estetico, di bellezza …

Che tristezza …. Il riconoscimento che “vi era nei moderni una certa intuizione, che all’inizio era buona: la bellezza non dipende da un’accumulazione di materiali, da una deriva di ornamenti e di sovrappesi.”

Che tristezza .. il male sarebbe che si sono state prodotte “liturgie astratte, asciutte, disseccanti, senza poesia, senza lirismo e senza trascendenza, che cominciano a datare terribilmente”

Che tristezza .. nelle riforme uscite dal Concilio, sarebbe stato legittimo il desiderio di riaccordare la liturgia alla sensibilità popolare ….


Ma soprattutto, che tristezza….. .. il problema sarebbe che si è trattata con disprezzo l’anima popolare (non Dio e il culto a lui dovuto, non la fede, non la salvezza delle anime, messe in pericolo da questo rito protestantizzato e ambiguo)

Che tristezza ….. l’empietà …. riferita al mettere mano su questi tesori … “che fanno parte del patrimonio dell’umanità, che gli atei riveriscono, che i protestanti rispettano. Poiché quanti hanno un po’ di senso umano sentono che ciò tocca i valori più elevati dell’anima”.



Che tristezza ….

Effetti del rientro in “piena comunione” con Roma ?????


Da Wikipedia:

La riconciliazione con la Santa Sede
Il definitivo distacco da Lefebvre avvenne nel 1988, quando Papa Giovanni Paolo II fu costretto a scomunicare Lefebvre. Padre Gérard, allora, inviò una lettera di supplica al Pontefice affinché regolarizzasse la posizione della comunità, in quanto Lefebvre aveva ordinato in essa diversi sacerdoti dal 1976 al 1987, e si rimise senza condizioni alle decisioni della Santa Sede. Alla fine dello stesso anno il cardinale Ratzinger, prefetto della "Congregazione per la dottrina della fede", accordò all'abbazia benedettina di Le Barroux lo Statuto Canonico e dopo pochi mesi (1989) fece emettere il decreto di erezione del monastero di Santa Maddalena del Barroux nominando Padre Gérard Calvet Primo Abate[7].
Il cardinale Mayer, che si era adoperato molto per sanare la situazione, benedì ufficialmente l'abbazia[8].


Il lascito spirituale
Gérard Calvet lascia una considerevole, fondamentale eredità culturale e spirituale che, a partire da scelte e convinzioni solo apparentemente formali sulla liturgia e sulla vita monastica, dischiude una visione autenticamente storica della contemporaneità e dell'evoluzione dei costumi nei rapporti con le pratiche di fede. Essa ha indotto molti a riflettere sull'importanza dei valori della continuità in materia di liturgia, a fronte di pulsioni troppo superficialmente "innovatrici", e sullo stesso concetto di "innovazione". Quest'ultimo, rapportato all'attività religiosa o anche più semplicemente spirituale, deve essere vissuto solo come elemento transeunte di un continuum meta-storico che si esprime nel rito e nella liturgia, luoghi al tempo stesso spirituali e fisici dove la fede degli uomini può concretarsi ed essere trasmessa nella comunità, di generazione in generazione[11].

Anna

irina ha detto...

Da non perdere, La linea dell'Arcangelo San Michele:

https://www.riscossacristiana.it/scriptorium-recensioni-rubrica-quindicinale-di-cristina-siccardi-270118/

"Il Monastero irlandese è poco accessibile e visitato da pochissimi turisti l’anno. Si trova sull’indomito e selvaggio isolotto di Skelling a 17 km dalle coste del Kerry..."

Un posticino per noi.

Anonimo ha detto...


@ Irina 20:48

Admirable Radaelli ! Il faut de l'héroïsme — je dis bien : de l'héroïsme — pour rappeler, comme il le fait, à des fidèles (et même à des théologiens) qui n'en ont plus la moindre notion, aveuglés qu'ils sont par la passion ou par l'ignorance, ou par les deux à la fois, ce qu'est la Vérité. La Vérité ! La Foi Catholique ! La Foi de l'Église de Toujours ! (Ne craignons pas de mettre des majuscules à des mots aussi augustes.)

Lire, et faire lire, son "Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo", livre incisif, capital, d'une urgence tragique, si je puis m'exprimer ainsi.

Et commencer par l'article publié hier sur le site de Maurizio Blondet, et signalé par Irina :

https://www.maurizioblondet.it/gesu-dice-bianco-ratzinger-dice-nero/

Un immense merci à Enrico Maria Radaelli !




viandante ha detto...

@Irina
Grazie del link suggerito. Molto interessante.