Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 12 maggio 2021

Quando si indagano le cause delle odierne rovine... gli uomini si sono ribellati al Cristianesimo vero e fedele a Cristo e alla sua dottrina

Mi sono imbattuta nel messaggio natalizio di Pio XII del 1941(*), terzo anno di guerra, in un momento di grande smarrimento e di fumanti rovine. Parole, sentimenti, esortazioni, insegnamenti densi di saporosa, edificante sapienza, ai quali non ci resta che attingere in questo tempo in cui il fumo non si alza dalle pietre ma dal vivere quotidiano di un'umanità ancor più smarrita e sofferente, soprattutto nella sua parte non arrembante e prometeica.

La guerra sterminatrice, oggi, non è quella delle bombe e delle mitraglie, ma del sovvertimento della realtà con narrazioni arbitrarie sempre più inumane nella loro pretesa transumanante in chiave materialistica. Ma i tesori della Chiesa sono lì per la nostra edificazione; solo che dobbiamo disseppellirli perché continuino a irradiare la loro vita perenne. 
Qui possiamo verificare cos'è davvero e su quali presupposti possiamo parlare di pace, di ordine sociale e di patria comune; ma a partire dall'Unico necessario.... Per questo, tolto il preambolo natalizio, ho ripreso di seguito il discorso per intero. Ripercorriamolo con attenzione. È esattamente ciò di cui abbiamo bisogno. Se fosse scritto oggi non sarebbe meno calzante nell'analisi e nelle risposte. Solo che oggi non c'è più neppure "il suono delle campane, la luce diffusa di innumerevoli chiese e oratori, gli ornamenti dei sacri templi"... Ma c'è il grido del nostro cuore e la nostra milizia nella Comunione dei Santi, in Corde Matris. - P.S. L'immagine mostra e dimostra un pontefice, sia nelle vesti che nell'atteggiamento, in tutta la sua solenne e ieratica autorevolezza, non legata alla sua persona, ma all'investitura che gli è conferita. (M.G.)

Noi, che, in questi amari tempi di sconvolgimenti guerreschi, siamo straziati dei vostri strazi e doloranti dei vostri dolori, Noi che viviamo come voi sotto il gravissimo incubo di un flagello, dilaniante un terzo anno ancora l'umanità, nella vigilia di tanta solennità amiamo di rivolgervi con commosso cuore di padre la parola, per esortarvi a restar saldi nella fede, e per comunicarvi il conforto di quella verace, esuberante e trasumanante speranza e certezza, che si irradiano dalla culla del neonato Salvatore.

Per vero, diletti figli, se il nostro occhio non mirasse più su della materia e della carne, appena è che troverebbe qualche ragione di conforto. Diffondono, sì, le campane il lieto messaggio del Natale, si illuminano chiese e oratori, le armonie religiose rallegrano gli spiriti, tutto è festa e ornamento nei sacri templi; ma la umanità non cessa dal dilaniarsi in una guerra sterminatrice. Nei sacri riti echeggia sulle labbra della Chiesa la mirabile antifona: «Rex pacificus magnificatus est, cuius vultum desiderat universa terra» (In Nativitate Domini, in I Vesp., antiph. 1). ma essa risuona in stridente contrasto con avvenimenti, che rombano per piani e per monti con fracasso pieno di spavento, devastano terre e case per estese regioni, e gettano milioni di uomini e le loro famiglie nell'infelicità, nella miseria e nella morte. Certo, ammirevoli sono i molteplici spettacoli di indomato valore nella difesa del diritto e del suolo natìo; di serenità nel dolore; di anime che vivono come fiamme di olocausto per il trionfo della verità e della giustizia. Ma pure con angoscia che Ci preme l'animo pensiamo e, come sognando, guardiamo ai terribili scontri di armi e di sangue di quest'anno che volge al tramonto; alla infelice sorte dei feriti e dei prigionieri; alle sofferenze corporali e spirituali, alle stragi, alle distruzioni e rovine che la guerra aerea porta e rovescia su grandi e popolose città, su centri e vasti territori industriali, alle dilapidate ricchezze degli Stati, ai milioni di gente, che l'immane conflitto e la dura violenza vengono gettando nella miseria e nell'inedia.

E mentre il vigore e la salute di larga parte di gioventù, che andava maturando, si vengono scuotendo per le privazioni imposte dal presente flagello, vanno per contro salendo ad altezze vertiginose le spese e i gravami di guerra, che, originando contrazione delle forze produttive nel campo civile e sociale, non possono non dar fondamento alle ansie di coloro che volgono l'occhio preoccupato verso l'avvenire. L'idea della forza soffoca e perverte la norma del diritto. Rendete possibile e offrite porta aperta a individui e gruppi sociali o politici di ledere i beni e la vita altrui; lasciate che anche tutte le altre distruzioni morali turbino e accendano l'atmosfera civile a tempesta; e voi vedrete le nozioni di bene e di male, di diritto e d'ingiustizia perdere i loro acuti contorni, smussarsi, confondersi e minacciare di scomparire. Chi in virtù del ministero pastorale ha la via di penetrare nei cuori, sa e vede qual cumulo di dolori e di ansietà inenarrabili s'aggravi e si amplifichi in molte anime, ne scemi la brama e la gioia di lavorare e di vivere; ne soffochi gli spiriti e li renda muti e indolenti, sospettosi e quasi senza speranza in faccia agli eventi e ai bisogni: turbamenti d'animo che nessuno può prendere alla leggiera, se tiene a cuore il vero bene dei popoli, e desidera promuovere un non lontano ritorno a condizioni normali e ordinate di vita e di azione. Davanti a tale visione del presente, nasce un'amarezza che invade il petto, tanto più in quanto non appare oggi aperto alcun sentiero d'intesa tra le parti belligeranti, i cui reciproci scopi e programmi di guerra sembrano essere in contrasto inconciliabile.

Quando si indagano le cause delle odierne rovine, davanti a cui l'umanità, che le considera, resta perplessa, si ode non di rado affermare che il cristianesimo è venuto meno alla sua missione. Da chi e donde viene siffatta accusa? Forse da quegli apostoli, gloria di Cristo, da quegli eroici zelatori della fede e della giustizia, da quei pastori e sacerdoti, araldi del cristianesimo, i quali attraverso persecuzioni e martirii ingentilirono la barbarie e la prostrarono devota all'altare di Cristo, iniziarono la civiltà cristiana, salvarono le reliquie della sapienza e dell'arte di Atene e di Roma, adunarono i popoli nel nome cristiano, diffusero il sapere e la virtù, elevarono la croce sopra i pinnacoli aerei e le volte delle cattedrali, immagini del cielo, monumenti di fede e di pietà, che ancora ergono il capo venerando fra le rovine dell'Europa? No: il Cristianesimo, la cui forza deriva da Colui che è via, verità e vita, e sta e starà con esso fino alla consumazione dei secoli, non è venuto meno alla sua missione; ma gli uomini si sono ribellati al Cristianesimo vero e fedele a Cristo e alla sua dottrina; si sono foggiati un cristianesimo a loro talento, un nuovo idolo che non salva, che non ripugna alle passioni della concupiscenza della carne, all'avidità dell'oro e dell'argento che affascina l'occhio, alla superbia della vita; una nuova religione senz'anima o un'anima senza religione, una maschera di morto cristianesimo, senza lo spirito di Cristo; e hanno proclamato che il Cristianesimo è venuto meno alla sua missione!

Scaviamo in fondo alla coscienza della società moderna, ricerchiamo la radice del male: dove essa alligna? Senza dubbio anche qui non vogliamo tacere la lode dovuta alla saggezza di quei Governanti, che o sempre favorirono o vollero e seppero rimettere in onore, con vantaggio del popolo, i valori della civiltà cristiana nei felici rapporti fra Chiesa e Stato, nella tutela della santità del matrimonio, nella educazione religiosa della gioventù. Ma non possiamo chiudere gli occhi alla triste visione del progressivo scristianamento individuale e sociale, che dalla rilassatezza del costume è trapassato all'indebolimento e all'aperta negazione di verità e di forze, destinate a illuminare gl'intelletti sul bene e sul male, a corroborare la vita familiare, la vita privata, la vita statale e pubblica. Un'anemia religiosa, quasi contagio che si diffonda, ha così colpito molti popoli di Europa e del mondo e fatto nell'anime un tal vuoto morale, che nessuna rigovernatura religiosa o mitologia nazionale e internazionale varrebbe a colmarlo. Con parole e con azioni e con provvedimenti, da decenni e secoli, che mai di meglio o di peggio si seppe fare se non strappare dai cuori degli uomini, dalla puerizia alla vecchiezza, la fede in Dio, Creatore e Padre di tutti, rimuneratore del bene e vindice del male, snaturando l'educazione e l'istruzione, combattendo e opprimendo con ogni arte e mezzo, con la diffusione della parola e della stampa, con l'abuso della scienza e del potere, la religione e la Chiesa di Cristo?

Travolto lo spirito nel baratro morale con lo straniarsi da Dio e dalla pratica cristiana, altro non rimaneva se non che pensieri, propositi, avviamenti, stima delle cose, azione e lavoro degli uomini si rivolgessero e mirassero al mondo materiale, affannandosi e sudando per dilatarsi nello spazio, per crescere più che mai oltre ogni limite nella conquista delle ricchezze e della potenza, per gareggiare di velocità nel produrre più e meglio ogni cosa che l'avanzamento o il progresso materiale pareva richiedere. Di qui, nella politica, il prevalere di un impulso sfrenato verso l'espansione e il mero credito politico incurante della morale; nell'economia il dominare delle grandi e gigantesche imprese e associazioni; nella vita sociale il riversarsi e pigiarsi delle schiere di popolo in gravosa sovrabbondanza nelle grandi città e nei centri d'industria e di commercio, con quella instabilità che consegue e accompagna una moltitudine di uomini, i quali mutano casa e residenza, paese e mestiere, passioni e amicizie.

Ne nacque allora che i rapporti reciproci della vita sociale presero un carattere puramente fisico e meccanico. Con dispregio di ogni ragionevole ritegno e riguardo l'impero della costrizione esterna, il nudo possesso del potere si sovrappose alle norme dell'ordine, reggitore della convivenza umana, le quali, emanate da Dio, stabiliscono quali relazioni naturali e soprannaturali intercorrano fra il diritto e l'amore verso gl'individui e la società. La maestà e la dignità della persona umana e delle particolari società venne mortificata, avvilita e soppressa dall'idea della forza che crea il diritto; la proprietà privata divenne per gli uni un potere diretto verso lo sfruttamento dell'opera altrui, negli altri generò gelosia, insofferenza e odio; e l'organizzazione, che ne seguiva, si convertì in forte arma di lotta per far prevalere interessi di parte. In alcuni Paesi, una concezione dello Stato atea o anticristiana con i suoi vasti tentacoli avvinse a sé talmente l'individuo da quasi spogliarlo d'indipendenza, non meno nella vita privata che nella pubblica.

Chi potrà oggi meravigliarsi se tale radicale opposizione ai principi della cristiana dottrina venne infine a tramutarsi in ardente cozzo di tensioni interne ed esterne, così da condurre a sterminio di vite umane e distruzione di beni, quale lo lediamo e a cui assistiamo con profonda pena? Funesta conseguenza e frutto delle condizioni sociali ora descritte, la guerra, lungi dall'arrestarne l'influsso e lo svolgimento, lo promuove, lo accelera e amplia, con tanto maggior rovina, quanto più essa dura, rendendo la catastrofe ancor più generale.

Dalla Nostra parola contro il materialismo dell'ultimo secolo e del tempo presente male argomenterebbe chi ne deducesse una condanna del progresso tecnico. No; Noi non condanniamo ciò che è dono di Dio, il quale, come ci fa sorgere il pane dalle zolle della terra, nelle viscere più profonde del suolo nei giorni della creazione del mondo nascose tesori di fuoco, di metalli, di pietre preziose da scavarsi dalla mano dell'uomo per i suoi bisogni, per le sue opere, per il suo progresso. La Chiesa, madre di tante Università d'Europa, che ancora esalta e aduna i più arditi maestri delle scienze, scrutatori della natura, non ignora però che di ogni bene e della stessa libertà del volere si può far un uso degno di lode e di premio ovvero di biasimo e di condanna. Così è avvenuto che lo spirito e la tendenza, con cui fu spesso usato il progresso tecnico, fanno sì che, all'ora che volge, la tecnica debba espiare il suo errore ed esser quasi punitrice di se stessa, creando strumenti di rovina, che distruggono oggi ciò che ieri essa ha edificato.

Di fronte alla vastità del disastro, originato dagli errori indicati, non si offre altro rimedio, se non il ritorno agli altari, a' pie' dei quali innumerevoli generazioni di credenti attingevano già la benedizione e l'energia morale per il compimento dei propri doveri; alla fede, che illuminava individui e società e insegnava i diritti e i doveri spettanti a ciascuno; alle sagge e incrollabili norme di un ordine sociale, le quali nel terreno nazionale, come in quello internazionale, ergono un'efficace barriera contro l'abuso della libertà, non altrimenti che contro l'abuso del potere. Ma il richiamo a queste benefiche sorgenti ha da risonare alto, persistente, universale, nell'ora in cui il vecchio ordinamento sarà per scomparire e cedere il passo e il posto a un nuovo.

La futura ricostruzione potrà presentare e dare preziosa facoltà di promuovere il bene, non scevra anche di pericoli di cadere in errori, e con gli errori favorire il male; ed esigerà serietà prudenti e matura riflessione, non solo per la gigantesca arduità dell'opera, ma ancora per le gravi conseguenze che, qualora fallisse, cagionerebbe nel campo materiale e spirituale; esigerà intelletti di larghe vedute e volontà di fermi propositi, uomini coraggiosi e operosi, ma, sopra tutto e avanti tutto, coscienze, le quali nei disegni, nelle deliberazioni e nelle azioni siano animate e mosse e sostenute da un vivo senso di responsabilità, e non rifuggano dall'inchinarsi davanti alle sante leggi di Dio; perché, se con la vigoria plasmatrice nell'ordine materiale non si accoppierà somma ponderatezza e sincero proposito nell'ordine morale, si verificherà senza dubbio la sentenza di S. Agostino: «Bene currunt, sed in via non currunt. Quanto plus currunt, plus errant, quia a via recedunt».(Sermo 141, c. 4: PL 83, 777)

Né sarebbe la prima volta che uomini, i quali stanno nell'aspettazione di cingersi del lauro di vittorie guerresche, sognassero di dare al mondo un nuovo ordinamento, additando nuove vie, a loro parere, conducenti al benessere, alla prosperità e al progresso. Ma ogni qualvolta cedettero alla tentazione d'imporre la loro costruzione contro il dettame della ragione, della moderazione, della giustizia e della nobile umanità, si trovarono caduti e stupiti a contemplare i ruderi di speranze deluse e di progetti abortiti. Onde la storia insegna che i trattati di pace, stipulati con spirito e condizioni contrastanti sia con i dettami morali sia con una genuina saggezza politica, mai non ebbero vita, se non grama e breve, mettendo così a nudo e testimoniando un errore di calcolo, umano senza dubbio, ma non per questo meno esiziale.

Ora le rovine di questa guerra sono troppo ingenti, da non dovervisi aggiungere anche quelle di una pace frustrata e delusa; e perciò ad evitare tanta sciagura, conviene che con sincerità di volere e di energia, con proposito di generoso contributo, vi cooperino, non solo questo o quel partito, non solo questo o quel popolo, ma tutti i popoli, anzi l'intera umanità. È un'intrapresa universale di bene comune, che richiede la collaborazione della Cristianità, per gli aspetti religiosi e morali del nuovo edificio che si vuol costruire.

Facciamo quindi uso di un Nostro diritto o, meglio, adempiamo un Nostro dovere, se oggi, alla vigilia del Santo Natale, divina aurora di speranza e di pace per il mondo, con l'autorità del Nostro ministero apostolico e il caldo incitamento del Nostro cuore, richiamiamo l'attenzione e la meditazione dell'universo intero sui pericoli che insidiano e minacciano una pace, la quale sia acconcia base di un vero nuovo ordinamento e risponda all'aspettazione e ai voti dei popoli per un più tranquillo avvenire.

Tale nuovo ordinamento, che tutti i popoli anelano di veder attuato, dopo le prove e le rovine di questa guerra, ha da essere innalzato sulla rupe incrollabile e immutabile della legge morale, manifestata dal Creatore stesso per mezzo dell'ordine naturale e da Lui scolpita nei cuori degli uomini con caratteri incancellabili; legge morale, la cui osservanza deve venir inculcata e promossa dall'opinione pubblica di tutte le Nazioni e di tutti gli Stati con tale unanimità di voce e di forza, che nessuno possa osare di porla in dubbio o attenuarne il vincolo obbligante.

Quale faro splendente, essa deve coi raggi dei suoi principi dirigere il corso dell'operosità degli uomini e degli Stati, i quali avranno da seguirne le ammonitrici, salutari e proficue segnalazioni, se non vorranno condannare alla bufera e al naufragio ogni lavoro e sforzo per stabilire un nuovo ordinamento. Riassumendo pertanto e integrando quel che in altre occasioni fu da Noi esposto, insistiamo anche ora su alcuni presupposti essenziali di un ordine internazionale, che, assicurando a tutti i popoli una pace giusta e duratura, sia feconda di benessere e di prosperità.
  1. Nel campo di un nuovo ordinamento fondato sui principi morali, non vi è posto per la lesione della libertà, dell'integrità e della sicurezza di altre Nazioni, qualunque sia la loro estensione territoriale o la loro capacità di difesa. Se è inevitabile che i grandi Stati, per le loro maggiori possibilità e la loro potenza, traccino il cammino per la costituzione di gruppi economici fra essi e le azioni più piccole e deboli; è nondimeno incontestabile - come per tutti, nell'ambito dell'interesse generale - il diritto di queste al rispetto della loro libertà nel campo politico, alla efficace custodia di quella neutralità nelle contese fra gli Stati, che loro spetta secondo il gius naturale e delle genti, alla tutela del loro sviluppo economico, giacché soltanto in tal guisa potranno conseguire adeguatamente il bene comune, il benessere materiale e spirituale del proprio popolo.
  2. Nel campo di un nuovo ordinamento fondato sui principi morali, non vi è posto per la oppressione aperta o subdola delle peculiarità culturali e linguistiche delle minoranze nazionali, per l'impedimento e la contrazione delle loro capacità economiche, per la limitazione o l'abolizione della loro naturale fecondità. Quanto più coscienziosamente la competente autorità dello Stato rispetta i diritti delle minoranze, tanto più sicuramente ed efficacemente può esigere dai loro membri il leale compimento dei doveri civili, comuni agli altri cittadini.
  3. Nel campo di un nuovo ordinamento fondato sui principi morali, non vi è posto per i ristretti calcoli egoistici, tendenti ad accaparrarsi le fonti economiche e le materie di uso comune, in maniera che le Nazioni, meno favorite dalla natura, ne restino escluse. Al qual riguardo Ci è di somma consolazione il vedere affermarsi la necessità di una partecipazione di tutti ai beni della terra anche presso quelle Nazioni, che nell'attuazione di questo principio apparterrebbero alla categoria di coloro «che danno» e non di quelli «che ricevono». Ma è conforme a equità che una soluzione di tale questione, decisiva per l'economia del mondo, avvenga metodicamente e progressivamente con le necessarie garanzie, e tragga ammaestramento dalle mancanze e dalle omissioni del passato. Se nella futura pace non si venisse ad affrontare coraggiosamente questo punto, rimarrebbe nelle relazioni tra i popoli una profonda e vasta radice germogliante amari contrasti ed esasperate gelosie, che finirebbero col condurre a nuovi conflitti. Decorre però osservare come la soddisfacente soluzione di questo problema strettamente vada connessa con un altro cardine fondamentale di un nuovo ordinamento, del quale parliamo nel punto seguente.
  4. Nel campo di un nuovo ordinamento fondato sui principi morali, non vi è posto - una volta eliminati i più pericolosi focolai di conflitti armati - per una guerra totale né per una sfrenata corsa agli armamenti. Non si deve permettere che la sciagura di una guerra mondiale con le sue rovine economiche e sociali e le sue aberrazioni e perturbazioni morali si rovesci per la terza volta sopra la umanità. La quale perché venga tutelata lungi da tale flagello, è necessario che con serietà e onestà si proceda a una limitazione progressiva e adeguata degli armamenti. Lo squilibrio tra un esagerato armamento degli Stati potenti e il deficiente armamento dei deboli crea un pericolo per la conservazione della tranquillità e della pace dei popoli, e consiglia di scendere a un ampio e proporzionato limite nella fabbricazione e nel possesso di armi offensive.
    Conforme poi alla misura, in cui il disarmo venga attuato, sono da stabilirsi mezzi appropriati, onorevoli per tutti ed efficaci, per ridonare alla norma Pacta sunt servanda, «i patti devono essere osservati», la funzione vitale e morale, che le spetta nelle relazioni giuridiche fra gli Stati. Tale norma, che nel passato ha subìto crisi preoccupanti e innegabili infrazioni, ha trovato contro di sé una quasi insanabile sfiducia tra i vari popoli e i rispettivi reggitori. Perché la fiducia reciproca rinasca devono sorgere istituzioni, le quali, acquistandosi il generale rispetto, si dedichino al nobilissimo ufficio, sia di garantire il sincero adempimento dei trattati, sia di promuoverne, secondo i principi di diritto e di equità, opportune correzioni o revisioni.
    Non Ci nascondiamo il cumulo di difficoltà da superarsi, e la quasi sovrumana forza di buona volontà richiesta a tutte le parti, perché convengano a dare felice soluzione alla doppia impresa qui tracciata. Ma questo lavoro comune è talmente essenziale per una pace duratura, che nulla deve rattenere gli uomini di Stato responsabili dall'intraprenderlo e cooperarvi con le forze di un buon volere, il quale, guardando al bene futuro, vinca i dolorosi ricordi di tentativi non riusciti nel passato, e non si lasci atterrire dalla conoscenza del gigantesco vigore, che si domanda per tale opera.
  5. Nel campo di un nuovo ordinamento fondato sui principi morali, non vi è posto per la persecuzione della religione e della Chiesa. Da una fede viva in un Dio personale trascendente si sprigiona una schietta e resistente vigoria morale che informa tutto il corso della vita; perché la fede non è solo una virtù ma la porta divina per la quale entrano nel tempio dell'anima tutte le virtù, e si costituisce quel carattere forte e tenace che non vacilla nei cimenti della ragione e della giustizia. Ciò vale sempre; ma molto più ha da splendere quando così dall'uomo di Stato, come dall'ultimo dei cittadini si esige il massimo di coraggio e di energia morale per ricostruire una nuova Europa e un nuovo mondo sulle rovine, che il conflitto mondiale con la sua violenza, con l'odio e la scissione degli animi ha accumulate. Quanto alla questione sociale in particolare, che al finir della guerra si presenterà più acuta, i Nostri Predecessori e anche Noi stessi abbiamo segnato norme di soluzione; le quali però convien considerare che potranno seguirsi nella loro interezza e dare pieno frutto solo se uomini di Stato e popoli, datori di lavoro e operai, siano animati dalla fede in un Dio personale, legislatore e vindice, a cui devono rispondere delle loro azioni. Perché, mentre l'incredulità, che si accampa contro Dio, ordinatore dell'universo, è la più pericolosa nemica di un giusto ordine nuovo, ogni uomo, invece, credente in Dio ne è un potente fautore e paladino. Chi ha fede in Cristo, nella sua divinità, nella sua legge, nella sua opera di amore e di fratellanza fra gli uomini, porterà elementi particolarmente preziosi alla ricostruzione sociale; a maggior ragione, più ve ne porteranno gli uomini di Stato, se si dimostreranno pronti ad aprire largamente le porte e spianare il cammino alla Chiesa di Cristo, affinché, libera e senza intralci, mettendo le sue soprannaturali energie a servigio dell'intesa tra i popoli e della pace, possa cooperare col suo zelo e col suo amore all'immenso lavoro di risanare le ferite della guerra.
Ci riesce perciò inspiegabile come in alcune regioni disposizioni molteplici attraversino la via al messaggio della fede cristiana, mentre concedono ampio e libero passo a una propaganda che la combatte. Sottraggono la gioventù alla benefica influenza della famiglia cristiana e la estraniano dalla Chiesa; la educano in uno spirito avverso a Cristo, instillandovi concezioni, massime e pratiche anticristiane; rendono ardua e turbata l'opera della Chiesa nella cura delle anime e nelle azioni di beneficenza; disconoscono e rigettano il suo morale influsso sull'individuo e la società: determinazioni tutte che lungi dall'essere state mitigate o abolite nel corso della guerra, sono andate sotto non pochi riguardi inasprendosi. Che tutto questo, e altro ancora, possa essere continuato tra le sofferenze dell'ora presente è un triste segno dello spirito con cui i nemici della Chiesa impongono ai fedeli, in mezzo a tutti gli altri non lievi sacrifici, anche il peso angoscioso di un'ansia d'amarezza, gravante sulle coscienze.

Noi amiamo, Ce n'è testimonio Dio, con uguale affetto tutti i popoli senza alcuna eccezione; e per evitare anche solo l'apparenza di essere mossi da spirito di parte, Ci siamo imposti finora il massimo riserbo; ma le disposizioni contro la Chiesa e gli scopi, che esse perseguano, sono tali da sentirci obbligati in nome della verità a pronunziare una parola, anche perché non ne nasca, per disavventura, smarrimento tra i fedeli.

Noi guardiamo oggi, diletti figli, all'Uomo-Dio, nato in una grotta per risollevare l'uomo a quella grandezza, da cui era caduto per sua colpa, per ricollocarlo sul trono di libertà, di giustizia e d'onore, che i secoli degli dei falsi gli avevano negato. Il fondamento di quel trono sarà il Calvario; il suo ornamento non sarà l'oro o l'argento, ma il sangue di Cristo, sangue divino che da venti secoli scorre sul mondo e imporpora le gote della sua Sposa, la Chiesa, e, purificando, consacrando, santificando, glorificando i suoi figli, diventa candore di cielo.

O Roma cristiana, quel sangue è la tua vita: per quel sangue tu sei grande e illumini della tua grandezza anche i ruderi e le rovine della tua grandezza pagana, e purifichi e consacri i codici della sapienza giuridica dei pretori e dei Cesari. Tu sei madre di una giustizia più alta e più umana, che onora te, il tuo seggio e chi ti ascolta. Tu sei faro di civiltà, e la civile Europa e il mondo ti devono quanto di più sacro e di più santo, quanto di più saggio e di più onesto esalta i popoli e fa bella la loro storia. Tu sei madre di carità: i tuoi fasti, i tuoi monumenti, i tuoi ospizi, i tuoi monasteri e i tuoi conventi, i tuoi eroi e le tue eroine, i tuoi araldi e i tuoi missionari, le tue età e i tuoi secoli con le loro scuole e le loro università testimoniano i trionfi della tua carità, che tutto abbraccia, tutto soffre, tutto spera, tutto opera per farsi tutto a tutti, tutti confortare e sollevare, tutti sanare e chiamare alla libertà donata all'uomo da Cristo, e tranquillare tutti in quella pace, che affratella i popoli, e di tutti gli uomini, sotto qualunque cielo, qualunque lingua o costume li distingua, fa una sola famiglia, e del mondo una patria comune.

Da questa Roma, centro, rocca e maestra del Cristianesimo, città più per Cristo che per i Cesari eterna nel tempo, Noi, mossi dal desiderio ardente e vivissimo del bene dei singoli popoli e dell'intera umanità, a tutti rivolgiamo la Nostra voce, pregando e scongiurando che non tardi il giorno che in tutti i luoghi, dove oggi l'ostilità contro Dio e Cristo trascina gli uomini alla rovina temporale ed eterna, prevalgano maggiori conoscenze religiose e nuovi propositi; il giorno, in cui sulla culla del nuovo ordinamento dei popoli risplenda la stella di Betlemme, annunziatrice di un nuovo spirito che muova a cantare con gli angeli: Gloria in excelsis Deo, e a proclamare, come dono alfine largito dal cielo, a tutte le genti: Pax hominibus bonae voluntatis. Spuntata l'aurora di quel giorno, con qual gaudio Nazioni e Reggitori, sgombro l'animo dai timori di insidie e di riprese di conflitti, trasformeranno le spade, laceratrici d'umani petti, in aratri, solcanti, al sole della benedizione divina, il fecondo seno della terra, per strapparle un pane, bagnato sì di sudore, ma non più di sangue e di lacrime!

In tale attesa e con questa anelante preghiera sulle labbra, mandiamo il Nostro saluto e la benedizione Nostra a tutti i Nostri figli dell'universo intero. Scenda la Nostra benedizione più larga su quelli - sacerdoti, religiosi e laici - che soffrono pene e angustie per la loro fede: scenda anche su quelli che, pur non appartenendo al corpo visibile della Chiesa cattolica, sono a Noi vicini per la fede in Dio e in Gesù Cristo, e con Noi concordano sopra l'ordinamento e gli scopi fondamentali della pace; scenda con particolare palpito d'affezione su quanti gemono nella tristezza, nella dura ambascia dei travagli di quest'ora. Sia scudo a quanti militano sotto le armi; farmaco ai malati e ai feriti; conforto ai prigionieri, agli espulsi dalla terra natìa, ai lontani dal domestico focolare, ai deportati in terre straniere, ai milioni di miseri che lottano a ogni ora contro gli spaventosi morsi della fame. Sia balsamo a ogni dolore e sventura; sia sostegno e consolazione a tutti i miseri e bisognosi i quali aspettano una parola amica, che versi nei loro cuori forza, coraggio, dolcezza di compassione e di aiuto fraterno. Riposi infine la Nostra benedizione su quelle anime e quelle mani pietose, che con inesauribile generoso sacrificio Ci hanno dato di che potere, sopra le strettezze dei Nostri mezzi, asciugare le lacrime, lenire la povertà di molti, specialmente dei più poveri e derelitti tra le vittime della guerra, facendo in tal modo sperimentare come la bontà e benignità di Dio, la cui somma e ineffabile rivelazione è il Bambino del presepe che della sua povertà volle farci ricchi, mai non cessano, per volger di tempi e sciagure, di esser vive e operanti nella Chiesa.
A tutti impartiamo con profondo amore paterno dalla pienezza del Nostro cuore la Benedizione Apostolica. 
* (PIO PP. XII, Radiomessaggio Nell'alba e nella luce nella vigilia del Natale 1941, [A tutti i popoli del mondo], 24 dicembre 1941: AAS 34(1942), pp, 10-21.)

27 commenti:

Anonimo ha detto...

BENEDIZIONI ALLE COPPIE GAY
Germania, scisma in corso. I vescovi battano un colpo 11-05-2021
[ Parroci e sacerdoti tedeschi hanno deciso di disobbedire al papa e di benedire le coppie dello stesso sesso. La rottura, annunciata da tempo, si è consumata platealmente in un centinaio di chiese aderenti all'iniziativa #liebegewinnt (l'amore vince). Ambigua la posizione dell'episcopato tedesco. Che ora è chiamato a reagire a un atto di disobbedienza ] Tratto da
https://www.lanuovabq.it/it/germania-scisma-in-corso-i-vescovi-battano-un-colpo

Anonimo ha detto...

A Macerata non si può stare in ginocchio durante la messa!! Parlano di provocazione. Ma che pena quei due miscredenti servi sciocchi, della psicopolizia bergogliosa.

Anonimo ha detto...

Attenti a come parlate... su Salvini e Meloni potete dire quello che volete, le più gravi offese e gli insulti più volgari... ma non toccate il Presidente, non lo nominate neanche altrimenti vi troverete oggetto di perquisizione da parte della procura.
Che brutto clima amici miei... libri censurati, perquisizioni in atto

Anonimo ha detto...

In Francia si può dire "Gesù gay" col bollino di stato. Alla radio pubblica la canzone "per lottare contro l'omofobia". Il Consiglio di Stato approva. Ma se critichi il gender o l'Islam ti sanzionano, processano e trascinano in tribunale e in Parlamento. C'è libertà di pensiero, sì, ma solo di pensiero unico...
Giulio Meotti

Anonimo ha detto...

Restrizioni senza precedenti, leggi liberticide in cantiere, perquisizioni per reati d’opinione, utenti bannati tra censure e algoritmi dementi: stiamo scivolando nel regime della sorveglianza. E se solo scrivi “ribelliamoci” incorri nelle sanzioni di cui sopra... (Marcello Veneziani)

Il commento di Veneziani accompagna un tweet del perquisito e perseguito Gervasoni che recita: "Il vero capo del regime sanitocratico è M. ma ancora qualcuno dell'opposizione si appella a lui. Ci sono o ci fanno?"

Anonimo ha detto...

Un mondo, una moralità trapassata, l'uomo oggi, postmoderno verso il transumano, si concentra, medita sul sesso, idolo intorno al quale si costruisce la vita comunitaria, religione, diritto, cultura, economia; via la propaganda, la pornografia, il mercimonio della sessualità le masse vivono di una masturbazione mentale e fisica ininterrotta. Siamo in una bolla erotica compulsiva, che ha spento ogni anelito alle 'egregie cose' che neanche più vengono riconosciute, mentre quotidianamente si attende lo stimolo sempre più ideologizzato che viene dai contenuti delle mutande, motori di pensieri, parole opere ed omissioni della goduria sempre rinnovabile. Bisogna far uscire l'umanità da questa schiavitù. Difficile quando la chiesa è anch'essa in bolla goduriosa estrema. Credo se ne uscirà, stremati in pieno idiotismo, solo per nausea

Anonimo ha detto...

Leggere, stampare, conservare l’analisi di Marco Proietti su @atlanticomag: libertà individuale vs “nuova normalità”

http://www.atlanticoquotidiano.it/quotidiano/liberta-individuale-contro-la-nuova-normalita-una-tirannide-mascherata-dal-pandemicamente-corretto/

....
Da uomini liberi, siamo consapevoli che la libertà è innanzitutto responsabilità individuale. Per questo respingiamo la visione di uno Stato che possa surrogarsi alla volontà individuale e che possa eticamente ergersi a buon padre in grado di ‘proteggerci’ dai rischi e dalle connesse responsabilità.

Dunque meno regole, meno burocrazia, meno saggi e guru televisivi con il ditino alzato a raccontarci cosa è moralmente riprovevole: la costruzione di una “nuova normalità” è un passo verso la coartazione degli uomini, e ci avvicina verso la tirannide, mascherata dal pandemicamente corretto quale novello dogma laico, che stabilisce a priori cosa è giusto e sbagliato.

Non esiste una “nuova normalità”, se non nel triviale progressismo di chi guarda al futuro come un mondo in cui poter ingessare il libero pensiero all’interno di steccati (e divisioni) ideologici, dal quale noi certamente ci allontaniamo.

Anonimo ha detto...

Se preghi per la conversione dei peccatori compi la maggiore delle opere di carità, nei riguardi di Dio e del prossimo. Estingui la sete di Gesù in croce, il quale desidera ardentemente che tutti trovino la rigenerazione nel lavacro del suo Preziosissimo Sangue. È per mezzo della tua preghiera che la Divina Provvidenza ha, da tutta l'eternità, voluto salvare quegli infelici. A cominciare da te stesso.

Anonimo ha detto...

La Dottrina sociale individua come uno dei rischi maggiori per le attuali democrazie il RELATIVISMO etico.
Se, infatti, non esiste una verità ultima che guida l'azione politica, allora idee e convinzioni di ogni tipo possono essere facilmente strumentalizzate per fini di potere: «una democrazia senza valori si converte facilmente in un TOTALITARISMO aperto o SUBDOLO» (CDSC 407).

mic ha detto...

La libertà che la Chiesa promuove trova il suo pieno sviluppo e la sua autentica espressione solo nell'apertura e nell'accettazione della verità. "In un mondo senza verità la libertà perde la consistenza, e l'uomo è esposto alla violenza delle passioni e a condizionamenti aperti od occulti" (Centesimus annus, n. 46).

Anonimo ha detto...

Stupendo !
Non ci si puo' "vergognare" di essere "fattore" di NSGC , di essere stato incaricato di badare alla Sua Vigna , alle Sue anime . Il "pastore" , come tutti gli uomini, e' stato profumatamente pagato da NSGC col Suo Preziosissimo Sangue e' stato riscattato a caro prezzo .Stare al servizio del Sommo Bene e' un privilegio , un onore incommensurabile .
S.S. Trinita' Spirito Santo avvampa il cuore ,l'anima ,la mente dei Tuoi pastori affinche' non abbiano piu' un momento di requie per se' stessi ma solo per Te!

Anonimo ha detto...

La sfida potentissima della fede cristiana è condensata nell’episodio degli Atti in cui San Paolo parla agli ateniesi, riferendosi al “Dio ignoto” che considerano a partire dai loro poeti (filosofi).

Se ciò che oggi crediamo è una fede anche in eventi passati, accaduti quasi venti secoli fa, da subito la fede ha costituito un guardare in avanti. Anche dalla croce, dove il condannato sta in una posizione che non permette di volgersi indietro.

liberamente trasposto da Spe Salvi

La fede sorregge il credente nella sfida della vita, plasmando in modo nuovo come si vive e non solo come informazione ricevuta dal passato, accantonabile se ci fosse qualcosa di più recente che ci interessa. La fede parla di vita, di vita eterna. Gli ateniesi in larga maggioranza riservarono a San Paolo un’alzatina di spalle o di sopracciglia. Parlare di resurrezione dai morti è sovrumano e all’uomo ebbro del suo ragionare questo disturba.
E anche parlare di vita eterna oggi pare inutile: interessa vivere questa vita, difendendola (magari con un vaccino dai plurimi risvolti discutibili) fino a renderla infernale.

Mai come oggi la morte è temuta o persino provocata, ma come termine e non come passaggio; ancor meno come affaccio su una questione eterna come la mia perdizione o la mia salvezza!
Così la possibilità della morte diventa la leva per chi agita la paura o l’argomento da tacere mentre ci si sente onnipotenti e non si vorrebbe mai pensare che i giorni finiscono.

Siamo così abituati al calendario, agli orari, agli appuntamenti, che la nozione stessa dell’eternità non la riusciamo a concepire altrimenti da un protrarsi di questo schema, mentre -per la fede- ci tuffa non solo in un’atemporalità, ma nell’oceano di infinito amore (il paradiso) o di definitiva separazione da esso (l’inferno), in cui il prima e il dopo non esistono più.

prosegue

tralcio ha detto...

termino

Che cosa “sa” la fede cristiana di tutto questo? Anche quello che dice non può costituire la totalità di un Oltre, la misura di un Altro. L’uomo che crede ha la percezione di questo limite, ma la sua fede ne annuncia la prospettiva, anzi la certezza.

Questo già basta, per “vivere di fede”, come quegli ateniesi che diedero retta a San Paolo.
Guai se l’uomo “possedesse Dio” fino a farne una dimostrazione scientifica, ingabbiandolo in un ragionamento: Dio finirebbe con l’essere un prodotto dell’uomo e del suo pensiero.

Non è così, ma la fede arriva ad utilizzare la ragione per inseguire la Luce.
La vede, ne fa esperienza, ne fa memoria, ne fa argomento di discussione, soprattutto ne fa una ragione di vita. Anche di fronte alla morte, non nell’ansia, ma nella Provvidenza che non consiste in un generico “beneficio divino” che sembrerebbe così quasi un capriccio di un’entità lontana e minacciosa.

La fede cristiana dice altro e lo dice dalla croce guardando verso la vita oltre la morte!

Il peccato è identificato come distruzione dell'unità del genere umano, come frazionamento e divisione tra gli uomini e da Dio, che fa del mondo la Babele delle lingue e della separazione. La redenzione, dalla croce di Cristo, è il ristabilimento dell'unità, che ci chiama alla vita eternamente, ma intanto ci fa vivere il tempo di questa vita con un altro piglio, un’altra logica avendo a che fare anche con la edificazione del mondo, in un modo così speciale che -in un mirabile connubio di ora et labora- il genere umano vive grazie a pochi; se non ci fossero quelli, il mondo perirebbe...

Non ci è dato forse di costatare nuovamente, proprio di fronte alla storia attuale, che nessuna positiva strutturazione del mondo può riuscire là dove le anime inselvatichiscono?

Riformulato con termini più acconci ha detto...

Col documento 'Antiquum ministerium' viene istituito il “ministero” di catechista. Iniziativa patetica: saranno sempre i soliti cooptati dalla chiesa modernista ma con un surplus di boria in più perché “hanno fatto il corso” (e se naturalmente è gestito dagli stessi che sfornano già preti atei e/o disagiati stiamo freschi proprio...) e perché hanno ricevuto un “ministero”. Saranno superficiali come lo sono sempre stati (nella maggior parte dei casi) ma ora avranno anche il timbro di “patentati”. Notare poi il clericalismo di ritorno (ammesso se ne sia mai andato) che sa solo “pretizzare” il laico per dargli una dignità che già avrebbe di suo, salvo tuonare sul “clericalismo” quando conviene. Le solite “riforme” di questo pontificato: tutto cambia perché nulla cambi.
Ridateci Origene e poi ne riparliamo, grazie!

Anonimo ha detto...

Il diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Il Grande Reset lo farà la Verità, che avrà l'ultima parola in questa gigantesca costruzione del bipensiero che hanno edificato mattone su mattone. L'edificio crollerà con un effetto domino devastante in senso catartico e verticale. Noi nel frattempo facciamo quello che possiamo per farla emergere.
La Bibbia ha sempre ragione, su tutto, scienza inclusa. Che se ne facciano una ragione, gli scienziatih.

Ave Maria ! ha detto...

S. ROSARIO MESE DI MAGGIO
12 Maggio 2021
Don Luca Paitoni
https://www.youtube.com/watch?v=JujoapELMNQ
S. Rosario completo - 3 corone
Per tutto il mese di Maggio Diretta streaming - ore 20:30

Per favore , vi prego di condividere la diretta sulle vostre pagine Youtube o Facebook . L'Immacolata vi colmera' di benedizioni !

Come ben osservato da un figlio spirituale di P.Pio attraverso la Radio Buon Consiglio , noi chiediamo alla SS.Vergine di pregare per noi ma dobbiamo anche fornirLe le pallottole infuocate delle Ave Maria !

Anonimo ha detto...

Cerimonie condotte da donne in abiti liturgici, gruppi che suonano Imagine di John Lennon, slogan Lgbt (“L’amore vince”). «Lo scisma è già realizzato in modo latente»
Centinaia di sacerdoti in circa ottanta città della Germania hanno sfidato il divieto del Vaticano e hanno benedetto ieri centinaia di coppie gay. Le celebrazioni, in un tripudio di bandiere arcobaleno, sono state perlopiù poco partecipate ma l’iniziativa mantiene comunque un significato “politico-religioso” molto importante. La Chiesa cattolica tedesca, infatti, si conferma sempre più distante dalla Santa Sede e dalla Chiesa universale.....

Anonimo ha detto...


"il peccato è identificato come distruzione dell'unità del genere umano.."

È la prospettiva di de Lubac, "nuovo teologo" in odor d'eresia, sottoscritta da Ratzinger, per giustificare poi l'idea di una unità del genere umano da ricostituire (nuovo compito della Chiesa) e l'idea di una salvezza "comunitaria".
Ma il peccatto fu commesso prima dell'esistenza del genere umano. Fu commesso da Adamo ed Eva insieme. Disobbedirono, per orgoglio. Il peccato è pertanto innanzitutto violazione dell'ordinamento morale stabilito da Dio, violazione che può avvenire a diversi livelli. Il peccato è un atto innanzitutto individuale, così come la responsabilità penale è individuale, secondo ratio e senso comune. È violazione di un ordine di origine sovrannaturale e offesa a Dio, che pone il reo sotto l'ira di Dio.
L'ira di Dio infatti si abbattè su Adamo ed Eva, facendo loro perdere la somiglianza con Dio e cacciandoli dal Paradiso terrestre. Di Dio, è rimasta nell'uomo l'immagine non cancellata ma oscurata dal peccato originale, ereditario, che ci obbliga ad una lotta continua contro noi stessi per poter fare, con l'aiuto della Grazia di NS, la volontà di Dio e vincere la tendenza al male che è in noi.
Nella Spe Salvi la tradizionale concezione cattolica del peccato non compare.

Catholicus ha detto...

La teologia di Ratzinger non mi è mai piaciuta; ultimanente, poi, con le sue uscite irritate per chi voleva che ammettesse che anche gli ebrei ( talmudisti) devono essere evangelizzati e convertirsi a Cristo, me lo hanno reso ancir più indigesto. Non è cattolicesimo il suo, almeno non quello del si si, no no, ma quello nuovo del si, ma anche. Una negazione del orincipio del " terzo escluso" ed un rinnegamento frlle parole di Cristo " nessuno va al Padre se non per mezzo del Fihlio'. Impoddibile seguirlo, quindi...

Anonimo ha detto...

Un discorso attualissimo, lunghissimo, ma molto importante, e scusate la banalità, ma ricordo le parole della mia nonna, diceva che la vita è una ruota che gira in continuazione e prima o poi ci ritroviamo tutti allo stesso punto. Si questo discorso attualissimo,molto pertinente alla situazione nazionale, europea e mondiale, in molti paesi ci stanno missili e bombe pure oggi a distruggere per il resto ci accumuna un virus letale che di vittime e macerie ne ha fatto e ne sta facendo in ogni parte del mondo.. La Pace? Senza Dio Nulla... Prevale solo il male. Bisogna ritrovare la strada smarrita che i Comandi di Dio e, Cristo ci ha tracciato... La Pace si fonda sul rispetto, la giustizia e l'amore, bisogna ritrovarli.
Angela Volo

mic ha detto...

Dal libro di Cleonice Morcaldi, figlia spirituale di Padre Pio

Ho ascoltato ieri la Messa celebrata da un padre. Dio mio che fretta! Una fretta impressionante! Sembrava che gli bruciasse il tappeto sotto i piedi. Era in convento. E celebrava sull’altare del Padre. Mi ha detto che «abbrevieranno ancora la santa Messa, e con la Messa le altre preghiere. Il rosario pure ha fatto il suo tempo, è troppo lungo, la gente si stanca».
Il bene si accorcia e il male si allunga. Nei cinema, nei teatri, davanti alla televisione, la gente non si stanca, ci sta ore e ore, di giorno e di notte. Il diavolo intensifica il suo lavoro senza mai fermarsi; i ministri di Dio tagliano, accorciano ogni cosa: Messa, confessione, preghiere, funzioni, prediche, catechismi.

«I figli delle tenebre sono più accorti dei figli della luce!». Su questa decadenza dolorosa il Padre non si pronunziava, diceva solo:

«Facciamo quello che abbiamo sempre fatto, quello che han fatto i nostri Padri».

Ora mi spiego perché, alcuni anni fa, mi diceva:
«Non vorrei scendere mai dall' altare! Vorrei celebrare sessanta Messe
al giorno».
Quello che allora non capivo, lo spiego oggi. Voleva moltiplicare il numero delle sue Messe, per riparare la decadenza di oggi.
Quel «tremendo mistero» che faceva tremare il Padre, mentre si appressava all’altare di Dio, è ridotto a una lettura frettolosa che stordisce. Dio mio, abbi pietà della tua Chiesa! Le Messe del Padre e quelle dei buoni sacerdoti riparino tanta rovina, prevista e pianta da quel cuore trafitto, che si immolava per te e per i tuoi redenti.

mic ha detto...

Il 13 maggio 1917, nello stesso giorno in cui a Fatima apparve ai tre pastorelli la Madonna del Rosario, Sua Santità Papa Benedetto XV consacrava nella Cappella Sistina l’Arcivescovo eletto di Sardi "in partibus infidelium" Monsignor Eugenio Pacelli, futuro Papa Pio XII.

tralcio ha detto...

Non sono parole d'altri tempi!
Ma d'altri tempi è chi le ha scritte.

Scritte durante la guerra (non dopo), presente chi perderà e non ancora chi vincerà.
Scritte mentre già veniva operato il bene, in silenzio, mentre il male divorava urlando.
D'altri tempi è la coscienza cristiana e cattolica di scriverle da dentro la guerra.

Anche allora c'erano velleità di resettare il globo e l'umanità.
E c'erano anche dei battezzati a farsene protagonisti.

Vale la pena rileggere il Santo Padre: "Né sarebbe la prima volta che uomini, i quali stanno nell'aspettazione di cingersi del lauro di vittorie guerresche, sognassero di dare al mondo un nuovo ordinamento, additando nuove vie, a loro parere, conducenti al benessere, alla prosperità e al progresso. Ma ogni qualvolta cedettero alla tentazione d'imporre la loro costruzione contro il dettame della ragione, della moderazione, della giustizia e della nobile umanità, si trovarono caduti e stupiti a contemplare i ruderi di speranze deluse e di progetti abortiti. Onde la storia insegna che i trattati di pace, stipulati con spirito e condizioni contrastanti sia con i dettami morali sia con una genuina saggezza politica, mai non ebbero vita, se non grama e breve, mettendo così a nudo e testimoniando un errore di calcolo, umano senza dubbio, ma non per questo meno esiziale".

Mediti chi oggi va cianciando accordi, dichiarazioni firmate e bla bla vari senza la croce.

Allora si potevano già osservare la distruzione e il sangue.
Oggi forse di sangue ce n'è meno, ma di devastazione in fondo alle anime ancor di più.
E' anche questa una guerra, con la sua propaganda e il potere di confondere le masse.
La messa a punto di quelle teorie di manipolazione del pensiero, persino sulla messa!

Allora il Santo Padre scriveva così: "gli uomini si sono ribellati al Cristianesimo vero e fedele a Cristo e alla sua dottrina; si sono foggiati un cristianesimo a loro talento, un nuovo idolo che non salva, che non ripugna alle passioni della concupiscenza della carne, all'avidità dell'oro e dell'argento che affascina l'occhio, alla superbia della vita; una nuova religione senz'anima o un'anima senza religione, una maschera di morto cristianesimo, senza lo spirito di Cristo; e hanno proclamato che il Cristianesimo è venuto meno alla sua missione! Scaviamo in fondo alla coscienza della società moderna, ricerchiamo la radice del male: dove essa alligna?

Poteva scrivere anche questo: "Noi guardiamo oggi, diletti figli, all'Uomo-Dio, nato in una grotta per risollevare l'uomo a quella grandezza, da cui era caduto per sua colpa, per ricollocarlo sul trono di libertà, di giustizia e d'onore, che i secoli degli dei falsi gli avevano negato. Il fondamento di quel trono sarà il Calvario; il suo ornamento non sarà l'oro o l'argento, ma il sangue di Cristo, sangue divino che da venti secoli scorre sul mondo e imporpora le gote della sua Sposa, la Chiesa, e, purificando, consacrando, santificando, glorificando i suoi figli, diventa candore di cielo".

Questa Roma non c'è nel suo vicario come lo ritiene il mondo al quale solo si rivolge.
Oggi il mistero pare quello di un vaccino o di un'assemblea, di illuminante c'è solo il progresso e di futuro solo quello di un'uniformità nell'essere come vogliono farci essere.

Eppure resta un Santo Padre nell'indefettibilità della promessa di Dio. Un resto fedele.
Celato agli occhi mondani, saldamente nelle mani di Dio. Perchè la gioia sia piena!

Anonimo ha detto...

https://www.maurizioblondet.it/tanto-casa-tua-se-non-la-rubo-io-la-ruba-qualcun-altro/

“Tanto casa tua, se non la rubo io, la ruba qualcun altro”
Maurizio Blondet 13 Maggio 2021
Quello che sta succedendo davvero in queste ore a Gerusalemme, nel Quartiere Shaik Jarrah

Un ebreo (americano N.B.) si presenta a casa di una palestinese a Gerusalemme, pretendendo che gli lasci la propria casa. Alla donna che protesta, l’americano risponde che tanto, se non fosse stato lui, altri gliela avrebbero RUBATA.....

Anonimo ha detto...

Israele è una società naturale sorta da una parziale presa del territorio, come gran parte degli Stati esistenti (Sant’Agostino non era un arabo). Si possono criticare i presupposti ideologici (meno pericolosi di quelli dell’ebraismo cosmopolita secolarizzato), condannare i soprusi, difendere i diritti della Chiesa e dei Cristiani che a diverso titolo vi vivono, ma auspicarne la distruzione è aberrante. D’altronde, San Pietro raggiunse Roma che è la nostra Gerusalemme in terra. Gerusalemme è una grande reliquia che deve essere conservata. Ricordo che la prima cosa che fecero i simpatici palestinesi, all’indomani del riconoscimento dello Stato palestinese, fu la distruzione della tomba di Giuseppe sventuratamente inclusa in quel territorio. Anch’io vorrei una Terra Santa libera e cristiana, ma mi appare evidente che il suo inglobamento nella Umma sarebbe la più grande disgrazia.
(Andrea Sandri)

mic ha detto...

Realista e ben calibrato il commento di Andrea Sandri.
La situazione è senza via d'uscita perché, salvo sacche sparpagliate di autentico pacifismo e desiderio di convivenza di due entità sia pure così diverse, si tratta di realtà irriducibili che, lungi dal riconoscersi vicendevolmente, sembrano e sono votate alla distruzione reciproca... Per questo quella porzione di mondo, esigua solo geograficamente, è e resta una polveriera con influenze nefaste a largo raggio...

Anonimo ha detto...


Tutte queste citazioni di articoli di Blondet, un autore che sembra appartenere al fronte dell'antisemitismo patologico. Cos'è questo blog, una succursale del blog di Blondet?
Appare abbastanza equilibrato invece il commento di Sandri.

Anche chi è favorevole all'esistenza dello Stato di Israele e non ne auspica la distruzione, deve ammeettere che tale Stato è nato soprattutto da una conquista militare, come del resto la gran parte degli Stati esistenti. Infatti gli arabi, come si sono insediati da quelle parti? Non erano zone originarie loro. Le tribù arabe del deserto gravitavano periodicamente verso le coste, ma non vi risiedevano in modo stanziale. Prima l'impero Macedone poi quello romano consolidarono una civiltà urbana che ebbe negli arabi del deserto sempre dei potenziali nemici. Gli arabi nabatei, con la regina Palmira cercarono di fondare un regno indipendente, che fu però distrutto dai romani. Gli arabi per secoli servirono come ausiliari di cavalleria negli eserciti romani e persiani.
Conquistarono quelle zone con la forza strappandole all'impero romano d'Oriente, in attuazione della politica conquistatrice voluta da Maometto. Si presentavano agli arabi locali, cristiani, come seguaci indipendenti del "profeta Gesù", aizzandoli contro il governo bizantino, mal sopportato per ragioni fiscali e religiose.

Il diritto di basa anche sulla forza. Una società, un popolo, uno Stato si mantengono e si difendono non grazie ai buoni sentimenti ma se sono convinti della loro ragion d'essere e disposti a combattere per mantenersi. I mali di Israele non sono tanto le eventuali brutalità contro i singoli palestinesi quanto le concessioni allo spirito del secolo, la mentalità laica predominante nella società, la resistenza alla conversione a Cristo.
Ma se il Signore ha permesso dopo tanti secoli la ricostituzione di uno Stato israeliano, un motivo ci dovrà pur essere e va probabilmente ricercato nelle giusta interpretazione delle profezie evangeliche e di S. Paolo sulla futura conversione di quell'Israele che stava rifiutando il vero e unico Messia.