Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 15 maggio 2021

Monasphère, la famiglia all’ombra del monastero. Come una volta

L’idea di tre imprenditori francesi è una sfida lanciata al mondo contemporaneo in crisi di evangelizzazione: ricreare quel particolare microcosmo fatto di piccole comunità cristiane attorno a un centro spirituale che ha creato la civiltà medievale.  Si chiama monasphère ed è la singolare iniziativa, a metà strada tra il vocazionale e il marketing, che tre padri di famiglia francesi hanno deciso di introdurre per vivere in modo originale una sorta di Opzione Benedetto [qui - qui - qui - qui].

Il nome è un gioco di parole con l’unione di due parole sphère (sfera) e monastere (monastero) dovrebbe significare l’idea di un monastero come centro di una sfera, dove tutto gira attorno al monastero. La sfera sarebbero le case abitate da famiglie che, lasciato l’anonimato e lo straniamento delle grandi città si rifugiano in provincia ed eleggono il monastero come centro propulsivo della propria chiamata. La pandemia ha acuito il problema della solitudine e il vescovo di Fréjus-Toulon Dominique Rey si è detto così entusiasta dell’idea tanto che ha benedetto l’iniziativa invitando a partire dalle abbazie benedettine di Bargemon e di Cotignac. Il progetto è ancora allo stadio embrionale, ma le premesse per la partenza ci sono tutte.

Anzitutto la motivazione dei tre. Due di loro Damien Thomas y Charles Wattebled hanno sempre coltivato il desiderio di vivere vicino a un centro spirituale con altre famiglie cristiane. La speranza è quella di trovare un equilibrio tra la vita di fede e il ritmo della vita quotidiana. Ovviamente il mastice che deve tenere legato tutto è Cristo. I due si sono così dati da fare e hanno dato vita ad un’iniziativa immobiliare volta a recuperare insediamenti abitativi vicino ai monasteri di cui la Francia è disseminata. Contemporaneamente hanno illustrato l’idea a un loro amico, Pierre-Edouard Stérin, che di mestiere fa l’investitore e ha così deciso di destinare i primi fondi all’operazione. Un sondaggio lanciato attraverso una rete social ha fatto il resto: i tre hanno ricevuto 850 risposte in 5 giorni col 62% di persone interessate o molto interessate a comprar casa vicino a un centro spirituale francese. Su linkedin, poi, oltre 100mila visita, 250 messaggi privati e già 5 offerte di costruttori edili pronti a partire.

Il vescovo si è raccomandato di non creare però dei kolchozy (le aziende agricole collettive dell’Unione Sovietica dove tutto era in comune, anche la miseria e la sopraffazione) perché «le famiglie devono formare parte di una realtà locale a livello umano e spirituale senza trascurare le parrocchie». Vero, anche se le parrocchie oggi sono proprio il centro propulsore della crisi di fede. Comunque, il concetto è chiaro: non chiudersi a riccio, non creare oasi, ma irradiare una vita piena e i frutti della fede. Il resto verrà da sé. Se funziona è la prova che il Medioevo è ancora capace di insegnarci qualcosa. - Fonte 

7 commenti:

Anonimo ha detto...

La Francia si sta incamminando sulla strada giusta, preghiamo affinché trovino i consacrati giusti.

Catacumbulus ha detto...

Molto interessante.

Da tempo sto pensando di andarmene dall'Italia e pensavo alla Svizzera. Questa formula aggiunge un suggerimento morfologico su cui riflettere attentamente.

giacomo muraro ha detto...

Qualche timido tentativo esiste già presso i priorati della FSSPX.

anima errante ha detto...

l'opzione Benedetto è una bella idea, e questa versione monastica lo è anche di più
ma da per scontata una cosa che non è affatto così scontata: che coloro che vogliono decristianizzare il mondo siano disposti a lasciarci in pace nel nostro 'piccolo resto'
invece costoro, ispirati dal Diavolo, sono dei grandi rompic#####ni e faranno di tutto per metterci i bastoni tra le ruote e costringerci a uniformarci al male

"Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura "... ha detto...

Copiato e incollato :
Silvio Brachetta
Ecco, guardate le facce ridenti e oramai rilassate dei due preti, che si spreteranno a breve. Sembra che siano tornati dalla luna, in tempo per la conferenza stampa. Tra gli applausi delle pecore plaudenti e le strizzate d’occhio del vescovo, i due convoleranno a nozze con il mondo, dopo la sceneggiata della vestizione e spoliazione successiva.
Ma i formatori, i docenti al seminario, le guide spirituali, non si sono mai accorti di nulla? Non percepiscono mai, nella loro ottusità senza rimedio, le migliaia di vocazioni fasulle? Questi conciliari spenti e limitati, dopo avere svuotato chiese e seminari per decenni, vorrebbero ora riempirli di mondani, di preti che ridono, di preti spretati?
Questa è la cifra della Chiesa di oggi: altri due preti spretati che ridono, senza vedere l’ombra scura di qualcuno che sghignazza dietro a loro.

./. séguito e fine. ha detto...

Copiato e incollato
CASO SPRETATI IN UMBRIA: I VESCOVI COMINCIANO A RIFLETTERE?
“Siamo innamorati di due donne” titolava ieri La Nazione. Titolo felicemente esplicativo, visto che non mancano casi, anche in Toscana, di preti e frati convolati ad unione con maschi. Esplicativo sì, ma molto relativamente lenitivo.
Non mi soffermo a commentar la vicenda, una delle tante, ahinoi: altri l’ha fatto con maggior competenza. M’interessa, ora, riportare il pensiero del Presidente della Conferenza Episcopale Umbra, mons. Renato Boccardo, che apre uno spiraglio sulla necessità di una profonda riflessione sulla formazione dei sacerdoti.
Dichiara il Presule: “Nel pieno rispetto delle scelte personali, che generano sofferenza nei diretti interessati e nelle rispettive diocesi, va rivalutato attentamente l’iter formativo che porta al sacerdozio. Alla luce di queste decisioni dobbiamo approfondire anche il ruolo che i seminari hanno nel percorso vocazionale. È bene ricordare che il celibato è un orientamento ‘altro’ che si dà alla propria affettività e sessualità e lo si può vivere in pienezza con il cuore colmo di gioia solo rispondendo pienamente alla chiamata del Signore. Le scelte di questi sacerdoti vanno accompagnate con la preghiera. È un momento di prova per le Chiese locali”.
Al di là di alcune espressioni anche troppo misericordiose, è interessante il fermo richiamo alla totale gioiosa donazione a Cristo di tutto il suo essere da parte del sacerdote e all’indispensabile ripensamento sulla capacità formativa dei seminari da settant’anni a questa parte, e pertanto alle responsabilità della gerarchia, vertice compreso, del postconcilio. Si tratta di un problema complesso da esaminare in tutte le sue implicazioni, che la dichiarazione di mons. Boccardo sottintende, a livello certo locale ma soprattutto centrale.
Voglio sperare che lo spiraglio aperto dal vescovo umbro suoni come monito-scossone ai confratelli nell’episcopato e li investa di un compito grave sicuramente ma altrettanto sicuramente esaltante: la rinascita del sacerdozio cattolico fondato sulla retta dottrina sempre professata dalla Chiesa con conseguente più meditata formazione dei fedeli, anche di quelli che oggi applaudono in chiesa al termine della Messa i preti disertori, ulteriore segno dello sconquasso postconciliare. Base fondamentale per la ricostruzione della Chiesa Cattolica che giorno dopo giorno appare sempre più come una città bombardata.
https://www.facebook.com/groups/460589750712022/

Anonimo ha detto...


L'intervento del vescovo umbro è comunque caramelloso, all'acqua di rose,
nello stile appunnto della Chiesa d'oggi.
Non sono certo interventi come questo che possono dare una scossa.