Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 11 luglio 2025

Dalla finestra del tempo. Pensieri di un sacerdote sui tempi del concilio.

Dalla finestra del tempo: Il dejà-vu di una Chiesa che di ripete
Dalla finestra del tempo.
Pensieri di un sacerdote sui tempi del concilio.


Negli ultimi giorni, approfittando di questi ultimi giorni di riposo a casa di mia madre, ho finalmente potuto dedicarmi a letture meno impegnative. Così, quasi per diletto, sono andato a sfogliare le pagine della cronaca degli anni ’60 e ’70 che ho ricostruito nel mio ultimo libro sulla Casa di Missione di Rimini. Mi ha divertito osservare come i miei confratelli di allora affrontarono il cambiamento conciliare, con tutte le sue novità, le aspettative, le speranze, e, diciamolo pure, anche molte utopie. Era il tempo delle aperture, dei documenti letti come slogan, delle assemblee permanenti, delle Messe autogestite e dei sogni infiniti. Tempi in cui tutto sembrava finalmente possibile, come se si potesse rifare la Chiesa da capo, questa volta “davvero vicina alla gente”, “davvero umana”, “davvero adulta”.

Era lo stesso spirito che avrebbe poi germogliato nei tardi anni Sessanta e nei Settanta: quelli del Sessantotto, della contestazione, della “fantasia al potere”, delle liberazioni da ogni vincolo, dei fiori nei cannoni. La morale sessuale veniva irrisa, la figura del sacerdote messa sotto accusa, le strutture ecclesiali decostruite, la liturgia reinterpretata, l’autorità rovesciata. Tutto ciò che veniva da prima era sospetto, tutto ciò che nasceva dal basso era sacro. Era il tempo delle lotte contro i tabù, della teologia che si faceva sociologia, della comunità che si faceva laboratorio. Un grido di liberazione inseguito, ma mai davvero compiuto. Una rincorsa utopica che lasciava dietro di sé molte fratture.

Rileggo i nomi di quei confratelli, ormai tutti morti, e mi tornano alla mente certi tentativi, neppure troppo velati, di indottrinarmi. Ricordo bene gli sforzi di alcuni per trascinarmi nelle loro visioni, per farmi aderire alle nuove parole d’ordine, per coinvolgermi in quel cantiere perenne che chiamavano rinnovamento. Ma, grazie a Dio, fui schermato. Forse perché non avevo accesso alle “stanze dei bottoni”, forse perché non mi si considerava “abbastanza aggiornato”. Eppure, col tempo, ho compreso che proprio quell’essere rimasto alla finestra, silenzioso, discreto, osservatore, mi ha salvato. Non essendo coinvolto nella macchina ideologica, non ho dovuto giustificare nulla. E ho potuto, con gli anni, mantenere intatta una certa lucidità critica, che oggi mi permette di giudicare con serenità.

Ripensando a tutto questo, mi è tornato alla mente un episodio che ha fatto notizia proprio in questi giorni: nel centro storico di Perugia, nei pressi della chiesa di San Domenico, sono apparse nella notte scritte offensive e minacciose, tracciate a vernice verde, con frasi come: «Fuori la Chiesa dalle mie mutande» e «Le chiese si chiudono col fuoco… ma coi preti dentro se no è troppo poco». Parole che, sebbene volgari, non sono nuove. Ricordo bene che negli anni Settanta, nel mio piccolo paese, qualcuno aveva scritto fuori dalla chiesa: «Se vedi un punto nero spara a vista: o è un prete o un fascista». Sono slogan che appartengono a una mentalità, a una cultura, a un impasto ideologico che non è mai stato veramente elaborato. Anzi, a volte sembra essere stato solo ripulito nella forma, ma non nella sostanza.

Ho riletto anche, alla luce di questi fatti, alcune pagine del recente documento del Sinodo, e soprattutto alcune eco della celebrazione eucaristica di ieri presieduta dal Pontefice. Tra queste, mi ha colpito una dichiarazione di una religiosa oggi molto influente nei dicasteri vaticani: «Il Borgo Laudato Si’ vuole essere un laboratorio nel quale vivere quell’armonia con il creato che è per noi guarigione e riconciliazione. L’Eucaristia dà senso e sostiene il nostro lavoro». Ecco, proprio quella parola: laboratorio. Come un déjà-vu, una musica già sentita, una formula che riappare, immutata, con la pretesa di essere nuova. E invece è antica. Antica come l’illusione di rifondare il Vangelo sulla prassi invece che sulla rivelazione, sulla relazione invece che sulla verità, sull’esperienza invece che sulla grazia.

Viviamo in una Chiesa dove tutto è “in fase sperimentale”. Ogni proposta è un “percorso”, ogni itinerario è “da verificare”, ogni linguaggio è “da co-costruire”. Ma mai che si arrivi a un punto. Mai che si valuti con onestà se quel laboratorio ha prodotto fede viva o solo sociologia pastorale. E questa impostazione non nasce oggi, ma è l’eredità di una generazione che oggi è al potere e che continua ad applicare con ostinazione le stesse categorie che in passato hanno già mostrato la loro sterilità.

Quella generazione, formata nella contestazione e nell’antidogmatismo, ha raggiunto i vertici. Le loro convinzioni, una volta sperimentali, sono ora proclamate come indiscutibili. Le prassi diventano dogmi operativi. E guai a metterle in discussione. Mai una seria verifica sulla ricezione reale della proposta. Mai una riflessione onesta sui frutti. Se l’evangelizzazione non prende il largo, la colpa non è mai del metodo. È degli altri. Del clero che non collabora, dei fedeli che non capiscono, dei giovani che non si lasciano formare. Il laboratorio è infallibile. Chi non si converte ad esso è fuori.

Ed è proprio questo che più ferisce: l’impossibilità di dialogare. Ho parlato con molti promotori di questi “processi pastorali”. Mai che uno abbia detto: “Forse abbiamo sbagliato qualcosa”. La colpa è sempre dell’altro. Del vescovo che frena, del parroco che resiste, del fedele che non recepisce. Nessuno che dica: verifichiamo insieme, con umiltà. Nessuno che si lasci interrogare seriamente. La mentalità è divenuta sistema. E il sistema, ormai, si difende da sé.

Eppure, la realtà è sotto gli occhi: i linguaggi si sono fatti incomprensibili, le prassi stancano, le celebrazioni confondono, le comunità si svuotano. I giovani cercano altro, la gente ha sete di Dio e non di gruppi di lavoro. Ma si continua a rilanciare: un altro documento, un altro convegno, un’altra piattaforma, un’altra équipe. Si vive come in una distopia ecclesiale, dove la pastorale non serve a trasmettere la fede, ma a giustificare se stessa.

La Chiesa non è un laboratorio. Non è un centro studi pastorale. È la Sposa di Cristo, chiamata ad annunciare la verità, a trasmettere la fede, a salvare le anime. E quando dimentica questo, non è più evangelizzatrice ma autoreferenziale. Non è più sacramento di salvezza, ma macchina comunicativa.

Chi oggi prova a richiamare questa verità viene spesso accusato di essere nostalgico. Ma la vera nostalgia è per la fede che si toccava. Per la verità che si confessava. Per la liturgia che si adorava. Per il Vangelo che si predicava. Non servono altri laboratori. Serve una Chiesa che torni a inginocchiarsi davanti a Cristo, prima di sedersi a tavoli pastorali. Che si lasci giudicare dalla Tradizione, prima di giudicare la storia. Che si converta, prima di convocare. Solo così la fede tornerà a respirare. E il laboratorio potrà finalmente chiudere.
don Mario Proietti

23 commenti:

Anonimo ha detto...

Tutto da sottoscrivere!
Ma ora che fare?

Anonimo ha detto...

Audite, audite: Il blog di Messa in latino e' stato rimosso!!!!

Anonimo ha detto...

Un solo commento: non la conosco, ma grazie Don Mario!!! Abbiamo un gran bisogno di analisi lucide come la sua.

Anonimo ha detto...

Il blog di messa in latino rimosso!
Fede & Cultura Universitas
https://www.youtube.com/watch?v=yVBitPzS-ZQ

Guido Misainen ha detto...

O.T.
Ora è toccato al blog Messainlatino di essere bloccato.

Anonimo ha detto...

Ma conoscete qualche particolare?

mic ha detto...

Mi dispiace per Messa in latino credevo fosse al sicuro e fra me e me , per qualunque evenienza, pensavo; "meno male che uno dei blog che resisteranno è Messa in latino...speriamo che lo reintegrino presto!

Anonimo ha detto...

Possiamo dedurre che l'ultimo argomento trattato e' "scottante"?

Anonimo ha detto...

Maria vai su fede s cultura, sta parlando luigi casalini di messa in latino e puoi dare forse un aiuto

Anonimo ha detto...

Chi tocca i fili muore?

Catholicus ha detto...

Qualcuno si fa ancora illusioni su di un improbabile dietrofront di papa Leone rispetto al motus in fine velocior del suo predecessore, tutto teso a portare a termine l'autodemolizione della fede cattolica bimillenaria? la dura realtà smentisce giorno dopo giorno ogni pia illusione, facciamocene una ragione...mons. Viganò, ci sia di sostegno lei, rimane solo lei a poterci guidare in questa notte tempestosa che avvolge quella che fu un tempo la gloriosa Chiesa di Cristo, Una, Santa, Cattolica e Apostolica, la Santa Romana Chiesa. LJC

Anonimo ha detto...

Quanto scrive giustamente don Mario Proietti mi sollecita una riflessione: che differenza c'è tra i centri di potere nel mondo ecclesiastico odierno e i centri di potere nella società laica, nelle istituzioni nazionali e sovranazionali, in primis l'Unione europea?

Catholicus ha detto...

che differenza c'è? nessuna, caro amico Anonimo 18:45, rispondono tutti ad ununica cabina di regia, sono tutti eterodiretti, come i governi degli stati euroatlantici ( Usa non più, grazie a Dio), come la UE, l' OMS, l' ONU, la BCE, ecc. Ricordo quando Klaus Schwab disse testualmente " le linee guida le decidiamo noi ( del WEF, del Club di Davos) poi i governi le attuano. Questo vale anche per la ex Chiesa Cattolica, la sua gerarchia, i suoi papi, nessuno escluso, dal 1958.

Anonimo ha detto...

Rimosso Messa in Latino, ogni tanto la DI ci azzecca
Claudio Gazzoli

Anonimo ha detto...

Sinodalità come Parola in Codice. Annunciate il Vangelo, piuttosto. Mons. Marian Eleganti.
https://www.marcotosatti.com/2025/07/11/sinodalita-come-parola-in-codice-annunciate-il-vangelo-piuttosto-mons-marian-eleganti/

Anonimo ha detto...

Sì, è dal 1958 che sono arrivati al papato. Eppoi se vogliamo proprio dirla tutta, la meta finale è un robusto genocidio mondiale. Due guerre mondiali nel 1900 più un numero di guerre regionali in contemporanea(30 mi disse una suora missionaria negli anni 90 del secolo scorso). E si continua con ammazza ammazza inventandosi pandemie messe a punto in laboratorio, con guerre ancora più pretestuose per appropriarsi dei beni altrui, quindi anche ladri, intanto si muore per improvvisi malori come se niente fosse.Nella traversata dello Stretto di Messina un giovane nuotatore è morto per unattacco cardiaco. Anche questo riarmo europeo, sotto sotto mira ad altre carneficine. Perché vogliono sfoltire la popolazione mondiale. E la Chiesa socializza.

Anonimo ha detto...

# Il commento delle 22:36 che sproloquia di "robusto genocidio mondiale" in atto a partire dal 1900 è da ricovero.

Anonimo ha detto...

Credo che intorno agli anni novanta alcuni compresero che tutto il sistema facilitativo globale in ogni campo dello scibile umano, nei fatti favoriva il famoso analfabetismo di ritorno ovunque. Fu allora, credo, che almeno in Occidente, si perseguì scientemente l'analfebetismo enciclopedico, perché rendeva più facile l'arrivo al potere e la possibilità di conservarlo a lungo. Analfabetismo più ampia corruzione dei costumi, che nessuno stigmatizzava, rendevano interi popoli incapaci di lavorare con le mani ed ignoranti del necessario mentre internet entrava in caricaaa! nelle menti del mondo intero. Tutto diventò più facile per lorsignori. Fummo falsamente distratti col covid, mentre nei fatti eravamo in pieno ebetismo nazional/popolare diffuso globalmente da lorsignori. Non si sarebbe potuto pianificare un governo mondiale se le persone, i popoli, tranne le eccezioni sempre presenti, non fossero state spinte, dolcemente, negli abissi del molle, del pressapoco, del relax.Questa tecnica assomiglia molto a quella dei modernisti del secolo scorso che avevano in mente di riformare Roma con Roma..e vi riuscirono. Come sentetizzò il Prof.Radaelli, la chiesa insegna anche quando sbaglia. E così è stato. È impossibile sottomettere quei miliardi di popoli terrestri se non li fiacchi. E si possono fiaccare in due modi o con la schiavitù esplicita o con quella implicita, Roma con Roma, ma prima devi condurre Roma sul molle al passo dei tempi, senza dare nell'occhio.

Che dire ora? ha detto...

LEONE COME GRETA
Durante la prima Messa “green” della storia, ieri a Castegandolfo, un Leone XIV vestito di verde (altrimenti che green sarebbe?) ha affermato la necessità della “conversione”.
A Cristo? No, all’ambientalismo: “Dobbiamo pregare per la conversione di tante persone – ha affermato Prevost - dentro e fuori della Chiesa, che ancora non riconoscono l'urgenza di curare la casa comune. Tanti disastri naturali che ancora vediamo nel mondo, quasi tutti i giorni in tanti luoghi, in tanti Paesi, sono in parte causati anche dagli eccessi dell'essere umano, col suo stile di vita. Perciò dobbiamo chiederci se noi stessi stiamo vivendo o no quella conversione: quanto ce n'è bisogno!".
Caspita. Quindi si può essere dentro la Chiesa e non essere “convertiti”... al green. Mentre quelli fuori debbono convertirsi…anche loro al green.
Come Bergoglio, ne più né meno. Come Greta Thunberg.

Intendiamoci: che il consumismo, lo spreco, la bulimia di beni materiali indotti dal capitalismo siano anticristiani non ce ne corre. E se il Papa li denuncia fa benissimo. Un cattolico deve essere distaccato dai beni materiali e estraneo al consumo ipertrofico. Ma qui è ben diverso: si auspica una “conversione “ che non è a Cristo, ma è all’ideologia ambientalista. Tutta la malizia infatti sta nel termine “conversione”, in una perversa imitatio (l’ennesima) della dottrina di sempre. Prevost parla di “legge naturale” e intende i diritti umani dell’Onu. Parla di “conversione” e intende l’accettazione dell’ambientalismo. Un incubo.

Il cattolicesimo e il papato sono divenuti una parodia di se stessi. Da sessant’anni, dal Concilio Vaticano II, sono un grottesco simulacro di ciò che dovrebbero essere. In una rincorsa sempre più folle e disperata alla ideologie dei potenti di turno. Ora c’è persino la Messa “green”, l’ennesima buffonata di una lunga serie.
La Chiesa da maestra si è fatta allieva. Non è il papa che insegna a Greta Thunberg, ma Greta Thunberg (e chi le sta dietro) che insegna al papa. Che si fa grottesco ripetitore. Tutto questo mi inquieta, mi mette i brividi.
Prevost è il Bergoglio dal volto umano. Cambiano i modi e lo stile, resta ahimè la sostanza. L'autodissoluzione della Chiesa.

Catholicus ha detto...

Caro amico 23:02 " che dire ora"? niente, purtroppo, non ci dono più parole, siamo alla frutta, anzi al digestivo, dopo aver trangugiato una serie di bocconi avvelentati, a partire dall' antipasto invitante ( l' aggiornamento roncalliano, la Chiesa che non giudica più, preferendo usare la misericordia) per finire con un altrettanto invitante chef compito e forbito, ma anch'egli aduso a somministrar pietanze avvelenate ( sostegno a campagna vaccinale, elogio sperticato al CV II, al suo predecessore, all'ecumenismo massinico, e adesso alla liturgia ambientalista, omaggio alla dea Pachamama)

Anonimo ha detto...

Ho tanti difetti ma il Signore mi ha fatto la grazia di non essere un minus habens comunista

Anonimo ha detto...

Ha ragione in realta

Anonimo ha detto...

Un leone invece che un lupo mannaro suo predecessore. Ma non dice San Pietro in una sua epistola che il diavolo è come un leone ruggente pronto a divorarci?
Leone XIV più che un leone sembra un gattino che fa le fusa a destra e a manca, per il momento del tutto inincidente sugli errori e orrori del passato. Vedremo come prosegue...
Ma se il buon giorno si vede dal mattino, non solo si deve constatare che il buon giorno non è affatto buono ma anche stare in guardia per il futuro.
Perché l'approccio prevostiano è del tutto diverso da quello franciscano, si, ma solo nell'apparenza e non nella sostanza, dove il fantasma bergoglione aleggia in modo sinistro per condizionare tutta la Chiesa e continuare a perseguire la rivoluzione.