Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 24 giugno 2018

Roma 23 giugno - La crisi nella Chiesa: quali radici, quali rimedi?

Messaggio di Mons. Bernard Fellay, Superiore Generale della FSSPX, alla giornata di studi sulle «Radici della crisi nella Chiesa» - Roma, 23 giugno 2018.
Questa giornata di studi è molto utile, perché è assolutamente necessario oggi risalire alle radici della crisi nella Chiesa. Lo scorso settembre, al momento della pubblicazione della Correctio filialis [qui], che ho firmato, mi auguravo che «il dibattito su queste questioni fondamentali si amplifichi, perché la verità sia ristabilita e l’errore condannato» (FSSPX.News 26/09/2017), e in questo senso aderisco pienamente all’obiettivo che vi siete prefissati: «il rifiuto di questi errori e il ritorno, con l’aiuto di Dio, alla Verità cattolica completa e vissuta, è la condizione necessaria della rinascita nella Chiesa» (presentazione del Congresso del 23 giugno 2018).

CORRISPONDENZA TRA IL CARD. OTTAVIANI E MONS. LEFEBVRE

La vostra iniziativa si iscrive nel solco di uno scambio di corrispondenza poco conosciuto tra il Cardinal Ottaviani e Mons. Lefebvre, che può fornirci un lume prezioso. Questo scambio ebbe luogo meno di un anno dopo il Concilio, nel 1966.
In effetti il 24 luglio 1966, il Card. Alfredo Ottaviani, allora Pro-Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, faceva giungere ai Vescovi una lettera che elencava i dieci errori che si erano manifestati dopo il Concilio Vaticano II. Vi si possono leggere le affermazioni seguenti, che dopo cinquant’anni mantengono tutta la loro attualità:
«Alcuni quasi non riconoscono una verità oggettiva assoluta, stabile ed immutabile, e tutto sottopongono ad un certo relativismo, col pretesto che ogni verità segue necessariamente il ritmo evolutivo della coscienza e della storia». (n. 4)
«Né minori sono gli errori che si vanno propagando nel campo della teologia morale. Non pochi, infatti, osano rigettare il criterio oggettivo di moralità; altri non ammettono la legge naturale, affermando invece la legittimità della cosiddetta etica della situazione. Opinioni deleterie vanno propagandosi circa la moralità e la responsabilità in materia sessuale e matrimoniale». (n. 9) [qui]
La contestazione della «verità oggettiva assoluta» e della «regola oggettiva della moralità», la promozione di un «relativismo» la legittimazione della «morale di situazione», tali sono le radici della crisi nella Chiesa.
Il 20 dicembre 1966 Mons. Marcel Lefebvre, all’epoca Superiore Generale dei Padri dello Spirito Santo, rispose al Card. Ottaviani con una lista di dubbi. Questi dubia non erano i suoi propri, ma quelli che vedeva introdursi nell’insegnamento ufficiale, in seguito al Concilio:
  • «Sulla trasmissione della giurisdizione dei vescovi,
  • le due fonti della Rivelazione,
  • l’ispirazione della Scrittura,
  • la necessità della grazia per la giustificazione,
  • la necessità del battesimo cattolico,
  • la vita della grazia tra gli eretici, gli scismatici e i pagani,
  • i fini del matrimonio,
  • la libertà religiosa,
  • i fini ultimi, ecc.
su tutti questi punti fondamentali la dottrina tradizionale era chiara ed era unanimemente insegnata nelle università cattoliche. Da ora in poi, numerosi testi del Concilio su queste verità, permetteranno di dubitare di esse».

Riguardo a questa chiarezza della dottrina tradizionale resa torbida a partire dal Concilio, la confessione – ventiquattro anni dopo – del Padre Henrici S.J., nel suo articolo «La maturation du Concile» (in Communio n°92, nov.-dic. 1990, p. 85 e ss.), conferma il fondamento dell’inquietudine di Mons. Lefebvre. Il teologo svizzero non esita a vedere nel Concilio «l’affrontarsi di due tradizioni differenti della dottrina teologica, che non potevano, in fondo comprendersi a vicenda!».

CONSEGUENZE PRATICHE DEI DUBBI E DEGLI ERRORI

Ma Mons. Lefebvre non si accontentava di enumerare e di denunciare i dubbi recentemente apparsi, ma aggiungeva subito al Cardinal Ottaviani: «Le conseguenze di tutto questo sono state rapidamente elaborate e applicate nella vita della Chiesa». Seguono allora, sotto la penna di Mons. Lefebvre, le conseguenze pratiche, pastorali, di questi dubbi:
  • I dubbi sulla necessità della Chiesa e dei sacramenti, hanno portato alla scomparsa delle vocazioni sacerdotali;
  • I dubbi sulla necessità e la natura della “conversione” delle anime, hanno portato alla scomparsa delle vocazioni religiose, alla distruzione della spiritualità tradizionale nei noviziati e all’inutilità delle missioni;
  • I dubbi sulla legittimità dell’autorità e sulla necessità dell’obbedienza, hanno causato l’esaltazione della dignità umana, l’autonomia della coscienza e della libertà, che stanno sconvolgendo tutti gli ambiti fondati sulla Chiesa - congregazioni religiose, diocesi, società secolare, famiglia (…)
  • I dubbi sulla necessità della grazia per essere salvati, fanno sì che il battesimo scada alla più bassa considerazione, così che in futuro esso sarà rimandato a più tardi, occasionando la negligenza del Sacramento della Penitenza (...)
  • I dubbi sulla necessità della Chiesa come unica fonte di salvezza, sulla Chiesa cattolica come l’unica vera religione, che derivano dalle dichiarazioni sull’ecumenismo e sulla libertà religiosa, stanno distruggendo l’autorità del Magistero della Chiesa. Infatti, Roma non è più l’unica e necessaria “Magistra Veritatis”. [qui]
PROPOSTA DI RIMEDI CONCRETI

Di fronte a questi mali, Mons. Lefebvre propone rispettosamente al Sommo Pontefice dei rimedi concreti: «Il Santo Padre (…) proclami la verità con dei documenti dall’importanza straordinaria, scartando l’errore senza il timore di contraddizioni, senza il timore di scismi, senza il timore di mettere in discussione le disposizioni pastorali del Concilio».
Domanda al Papa di sostenere efficacemente i Vescovi fedeli: «Che il Santo Padre si degni:
  • di incoraggiare i vescovi a correggere la fede e la morale, ciascuno nella rispettiva diocesi come si conviene ad ogni buon pastore;
  • di sostenere i vescovi coraggiosi, esortandoli a riformare i loro seminari e a ripristinare lo studio di San Tommaso;
  • di incoraggiare i Superiori Generali a mantenere nei noviziati e nelle comunità i principi fondamentali dell’ascetismo cristiano e, soprattutto, l’obbedienza;
  • di incoraggiare lo sviluppo delle scuole cattoliche, di una stampa informata dalla sana dottrina, di associazioni di famiglie cristiane;
  • infine di redarguire gli istigatori di errori e ridurli al silenzio».
Al suo umile livello, nella Fraternità San Pio X, che fondò nel 1970, Mons. Lefebvre si è sforzato di mettere in atto questi rimedi: insegnamento tomista nei seminari, ascesi cristiana e obbedienza inculcata ai seminaristi; e intorno ai priorati scuole cattoliche, stampa cattolica, associazioni di famiglie cristiane.
Questa applicazione pratica era essenziale per il Fondatore della Fraternità: fare quello che era possibile al suo livello, con le grazie del suo stato, ma non dimenticando mai – come scrive al Cardinal Ottaviani - che «è il Successore di Pietro, e solo lui, che può salvare la Chiesa».

DALL’ESCLUSIVO ALL’INCLUSIVO… E RITORNO

Conviene aggiungere qui che, agli occhi di Mons. Lefebvre, questa applicazione pratica è un rimedio efficace al relativismo. Vuole rispondere sul piano dottrinale ma anche su quello pastorale, perché ha coscienza della dimensione ideologica delle novità postconciliari. Ora non si può rispondere in maniera puramente speculativa a un’ideologia, perché questa vedrà altrimenti davanti a sé solo un’ideologia contraria e non il contrario di un’ideologia. Tale è il modo di ragionare di questo relativismo soggettivista che diluisce «la verità oggettiva e assoluta» e «la regola oggettiva della moralità».

Infatti i «dubbi» denunciati sopra hanno per conseguenza la messa in discussione dell’essenziale, cioè della missione salvifica della Chiesa, con la promozione di quel «cristianesimo secondario» analizzato così bene da Romano Amerio. Questo perdere di vista l’essenziale annebbia l’insegnamento dottrinale e morale che fino ad allora era chiaro. Quando la missione salvifica della Chiesa non è più centrale, né prioritaria, niente più è gerarchico, né strutturato armoniosamente, e si ha tendenza a giustificare le contraddizioni, le incoerenze – che sono molto peggio dei «dubbi»!

Da qui, si fa in modo che ciò nella bocca di Nostro Signore era esclusivo: o uno o l’altro («Nessuno può servire due padroni: o infatti odierà l’uno e amerà l’altro, o si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro» Mt 6, 24), divenga conciliabile o inclusivo, come si dice oggi. Si sostituirà o l’uno o l’altro con la formula e l’uno e l’altro «che combina il cielo e la terra in un composto di cui la parte predominante che dà al composto il suo carattere è il mondo» (Romano Amerio, Iota unum, Studio delle variazioni della Chiesa cattolica nel secolo XX, edizioni Riccardo Ricciardi 1985, pag. 427). – Questo in nome di una misericordia pastorale che ingloba immigrazione, diritti dell’uomo ed ecologia…

Ecco perché Mons. Lefebvre ha insistito tanto affinché fosse lasciata alla Fraternità San Pio X un’intera libertà per «fare l’esperienza della Tradizione». Di fronte all’ideologia relativista e alle sue conseguenze che rendono sterile la Chiesa (vocazioni in declino, pratica religiosa in discesa costante…) sapeva che era necessario contrapporre in modo sperimentale i frutti della Tradizione bimillenaria. Si augurava che questo ritorno alla Tradizione permettesse un giorno alla Chiesa di riappropriarsi della medesima. Risalire alle radici della crisi è, al tempo stesso, risalire alla Tradizione: dagli effetti alle cause, dai frutti all’albero, come ci dice Nostro Signore. E in tal caso le ideologie non resistono, perché i fatti e le cifre non sono “tradizionalisti”, e ancor meno “lefebvriani”, ma sono buoni o cattivi, come l’albero che li produce.

Possa la Chiesa, a partire da questa esperienza modesta ma inconfutabile, riappropriarsi della sua Tradizione: tale era lo scopo di Mons. Lefebvre e della sua opera. E noi possiamo solo far nostra la conclusione della lettera al Cardinal Ottaviani: «Senza dubbio è temerario che io mi esprima in questo modo! Ma è con amore ardente che redigo queste righe, l’amore per la gloria di Dio, l’amore per Gesù, l’amore per Maria, per la Chiesa, per il Successore di Pietro, Vescovo di Roma, Vicario di Gesù Cristo».

6 commenti:

Anonimo ha detto...

Bella e significativa testimonianza!

irina ha detto...

Per quel pochissimo che conosco della teologia degli anni intorno al CVII, l'impianto di questi libri era una selezione dei dubbi contemporanei, dove di tanto in tanto veniva tirato fuori anche Gesù Cristo ma, il protagonista era il dubbio declinato in tutti i casi possibili. Se non ricordo male nel mondo laico era il tempo dei libri e dei film della incomunicabilità, caratteristici della cultura d'Oltralpe; libri che facevano intelligente ed impegnato.Era la cultura protestante che varcava le Alpi, portandoci problematiche che non avevamo. Non nostre. Sicuramente la Chiesa Cattolica si è fatta canzonare dai tormentati, incomunicabili del nord Europa. I Cattolici che vivono in paesi atei, protestanti, oppure nei paesi cosiddetti laici, o sono Cattolici doc, oppure, prima o poi, diventano come i loro connazionali.
Non abbiamo fatto argine verso un'onda culturale che nostra non era, dalla quale non avevamo niente da imparare, dalla quale abbiamo imparato ben poco, mentre abbiamo disimparato, dimenticando, il nostro retroterra culturale.
Non stupisce la sintonia tra il Cardinale OTTAVIANI e Monsignor LEFEBVRE; due Cattolici, senza dubbi, senza se e senza ma, nessuno dei due aveva bisogno del dubbio, del tormento, dell'incomunicabilità, per essere cattolico vivo, lo erano. La loro Fede era certa e al momento opportuno li ha messi in condizione di smascherare il nemico. Fede certa loro e di pochi altri Cattolici. I più infondo cattolici non lo erano più, forse senza neanche saperlo.

Anonimo ha detto...

Santo Padre, Ella recentemente è tornato sulla questione del “proselitismo”

Rientrando dalla Svizzera, sull’aereo ha detto ai giornalisti: “Oggi è stata una giornata proprio ecumenica ed a pranzo abbiamo detto una bella parola: nel movimento ecumenico dobbiamo togliere dal dizionario una parola, proselitismo. Chiaro? Non si può avere ecumenismo con proselitismo.” (http://www.lastampa.it/2018/06/21/vaticaninsider/rifugiati-il-papa-aiutiamo-lafrica-a-crescere-basta-sfruttarla-rFx7E5ASgIDrXVmIrdD3UI/pagina.html).

Ebbene, forti dell’esempio dei Santi (di cui vogliamo essere indegni e sempre incapaci imitatori), forti di ciò che la Chiesa ha sempre affermato, Le diciamo, Santo Padre, che su questo non potremo seguirla.

Noi continueremo a pregare per la conversione all’unica e vera Chiesa di Cristo (quella Cattolica) di chi si trova al di fuori di essa. Così come continueremo ad insegnare la necessità e la bellezza della Verità Cattolica e a difenderla -costi quel che costi- da chi ne vuole sminuire l’importanza o perfino distruggerla. A tal proposito, ci addolora tantissimo il doverLe dire che con queste sue parole, Ella, dà manforte a chi nutre questa pretesa.

Santo Padre, ci chieda tutto, ma non ci chieda di tradire la Verità Cattolica. Verità per cui tanti sono arrivati ad offrire il proprio sangue!

No, questo non ce lo può chiedere.
E’ proprio la grandezza della sua autorità e del ruolo che ricopre (il più alto che ci sia sulla terra) che non le dà questa autorità. Perché la sua autorità è nell’essere Vicario di Cristo ed è Cristo che ha fondato la sua Chiesa come unica arca di salvezza.

Indegnamente pregheremo per Lei affinché possa capire la grave responsabilità che si sta prendendo con queste parole. Sono infatti parole che scandalizzano le anime. Non solo il cattolico che potrebbe non capire più il perché doverlo essere, ma anche chi dovesse trovarsi fuori della Chiesa, che in tal modo si sentirebbe più che legittimato a perseverare nell’errore.

Santo Padre, noi amiamo il Primato Petrino e il suo sublime mistero, ma non le nascondiamo che queste parole ci fanno sentire sempre più orfani di una guida sicura, di un pastore che protegga adeguatamente la Verità, che ci confermi nell’amore all’unica e santa Chiesa di Cristo.
Il Cammino dei Tre Sentieri

Anonimo ha detto...

Oggi pomeriggio, mentre pedalavo serenamente sulla pista ciclabile vicino casa, mi è tornata in mente quella vecchia canzone dei Nomadi, di tanti anni fa, che diceva più o meno così :
“sarà una bella societààà / basata sulla libbertààà (1) / però spiegateci perché / se noi non siamo come voi (2) / ci disprezzate come mai / ma che colpa abbiamo noi (3)”,
e poi così proseguiva :
“e se noi non siamo come voiii / e se noi non siamo come voiii / una raggione ci sarà / ma se non la sapete voi / ma che colpa abbiamo noi”

Note:
(1) avanti, c’è posto per tutti: buddisti, induisti, talmudisti, islamisti, ecc. (ma n on cattolici amanti della Tradizione, però, eh?)
(2) cari Bergoglio, Galantino, Parolin, Paglia, ecc.;
(3) poveri cattolici tradizionalisti.

Ecco, questo è il senso di smarrimento che prende un semplice, umile cattolico tradizionalista (cioè rimasto legato, sentimentalmente ma anche dottrinalmente, liturgicamente e pastoralmente, alla Chiesa cattolica preconciliare, ai suoi santi, ai suoi papi, ai suoi sacerdoti) di fronte al disprezzo mostrato nei suoi confronti dal clero modernista, dal papa in giù, a scendere, fino al curatino di campagna; domande angosciose alle quali non sa darsi una risposta, né essa gli viene fornita dal clero modernista che lo respinge, lo dileggia, lo emargina, lo demonizza. Insomma, ma qual'è questa ragione? ce la volete dire? oppure fate come con don Minutella, don Pasceddu, don Carballo, e tanti altri? (puniti senza esplicito capo d'accusa, senza possibilità di difendersi, senza appello

tralcio ha detto...

Quali radici?

1-Aver rinnegato parti essenziali e specifiche della rivelazione di Gesù di Nazaret
2-Non essere innamorati di Lui, ma usarlo per portare avanti altri "valori" e altre "priorità"
3-Non credere (di fatto) alla Sua Presenza Reale, riducendo il culto e la liturgia a forma

Questo cristianesimo "anonimizzato" (Rahner) e "desustanziato" è un surrogato di quello vero. Per essere innamorati bisogna conoscere, ma si è smesso di conoscere Cristo, vero Dio e vero uomo, preferendo buttarsi solo sull'uomo, fatto "dio" e servito senza servire Dio.


Quali rimedi?

1-amare Gesù significa essere portati al Padre e fare la Sua volontà
2-solo i puri di cuore vedranno Dio
3-bisogna stare con Gesù, da innamorati. L'innamorato agisce in modo "strano", inadatto alle logiche perbeniste, benpensanti, economiche, democratiche e razionaliste del mondo.
4-bisogna sapere che il mondo è soggetto al principato dell'Avversario e che Gesù l'ha vinto.
5-bisogna sapersi nelle mani di Dio: quelle che fanno la differenza, anche con strumenti miseri e limitati, come un peccatore che sia aperto alla conversione e sia umile.
6-io + Dio siamo già la maggioranza: non preoccupiamoci di come la pensano i più.
7-adorare il Signore nel Santissimo Sacramento, celebrandolo, mettendolo al primo posto.

tralcio ha detto...

Giovanni il Battista vive dell'essenziale: è venuto al mondo per un intervento miracoloso di Dio sui suoi genitori. Ha sussultato nel grembo della sua mamma al primo incontro con Gesù, che era nel grembo della Madonna, mentre Ella pronunciava una magnifica preghiera di lode. Ha ricevuto un nome che spezzava le regole stantie degli uomini, sciogliendo la lingua di suo padre. Ha vissuto di poco o nulla nel deserto, rimanendo puro delle logiche del mondo. Ha battezzato il popolo, preparandolo alla manifestazione pubblica del Verbo di Dio. Ha riconosciuto pubblicamente per primo l'Agnello di Dio. Ha subito il martirio dicendo al mondo, persino al re, che non è lecito cambiare la volontà di Dio.

Oggi la Chiesa vive l'essenziale? Testimonia Cristo? O parla d'altro? Quali sono i suoi principali argomenti? Dove conducono? A chi conducono? A chi danno fastidio? A Erodiade Amoris laetitia sarebbe piaciuta più delle parole del Battista. E' un dato di fatto.
E un'intercomunione, cioè un agnello di Dio in stile oktoberfest e tavolata finale avrebbe evitato tanti problemi: vuoi mettere i tarallucci e vino, i wurstel con la birra tra canti e danze, invece della crudi(l)tè della testa di Giovanni servita in tavola sul vassoio ...