Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

sabato 11 gennaio 2020

L’amicizia secondo Cicerone: una parola importante da usare con cura

Il testo che segue mostra cosa intendessero i Padri della Chiesa quando parlavano dei Semina Verbi nelle filosofie pagane (non nelle altre religioni come impropriamente affermato dal Concilio [vedi].

Oggi quando si parla di amicizia - tra i primissimi pensieri - ci figuriamo le nostre “amicizie” su Facebook. La parola amicizia in verità esprime un concetto profondo, sminuito dalla banalità dell’uso quotidiano che ne facciamo, il latino amicus ha la stessa radice di amare, letteralmente l’amico è colui che si ama, non sorprende quindi che il tema dell’amicizia è uno dei più diletti alla filosofia morale.

Si inserisce all’interno delle riflessioni fatte sul tema, un’opera snella (per numero di pagine) ma ricca di spunti di riflessione, scritta nella forma dialogica cara alla filosofia greca: il Laelius de amicitia dell’oratore romano Marco Tullio Cicerone. Il dialogo si svolge tra LelioFannio e Mucio Scevola, in occasione della morte di Scipione Emiliano, il più caro amico di Lelio; a parlare nella maggior parte del dialogo è quest’ultimo, interrotto poche volte dai suoi interlocutori. Secondo Cicerone siamo nati affinché ci fosse fra tutti una sorte di legame e l’amicizia non è nient’altro che una grande armonia di tutte le cose umane e divine, insieme con la benevolenza e l’affetto.

Ciò che cementa questo legame è la ricerca della virtù nell’altro, senza virtù non c’è amicizia; la scelta di un amico ricade su di una persona piuttosto che su di un’altra, per delle qualità che la contraddistinguono, infatti nulla è più amabile della virtù. L’amicizia è un dono della natura per accrescere la virtù, se la virtù da sola non può raggiungere quelle che sono le più alte vette, unita e associata ad un’altra virtù può raggiungerle. Ne consegue che l’amicizia non può essere compagna di vizi, se ciò che origina l’amicizia è la virtù “non è una giustificazione se si sbaglia a causa di un amico. Dal momento che la fama di virtù è stata mediatrice d’amicizia, è difficile che l’amicizia rimanga, se ci si è allontanati dalla virtù”. Non si commettono errori in nome dell’amicizia, con l’amico che sbaglia non si può essere accondiscendenti, altrimenti vengono a mancare le sue fondamenta.

Nell’amicizia quindi la sincerità è un pilastro fondamentale, non c’è più da sperare salvezza per chi abbia le orecchie tanto chiuse alla verità da non poter sentire il vero da un amico, per questo è “di un animo nobile, perfino odiare apertamente piuttosto che celare il proprio pensiero dietro un falso aspetto”. Non basta passare del tempo assieme per essere amici, frequentare gli stessi luoghi, avere gli stessi interessi, fingersi “amico” per interesse, oppure reputarsi tali per il solo fatto di “dirlo”. Se l’interesse, cementasse le amicizie, questi cambiando le distruggerebbe, con queste parole l’avvocato romano vuol dire che chi riduce l’amicizia ad un rapporto di tornaconto personale, s’inganna nel credere di avere amici e si accorge che nel giro di un periodo –più o meno lungo- scemato l’interesse, scompare anche l’amicizia simulata. Si devono scegliere, dunque, uomini saldi, costanti e stabili; ma di questo genere di individui vi è grande penuria. - Fonte

7 commenti:

Anonimo ha detto...

https://www.lanuovabq.it/it/una-donna-e-un-cardinale-per-salvare-i-cattolici-cinesi

VATICANO
Una donna e un cardinale per salvare i cattolici cinesi
EDITORIALI11-01-2020 Riccardo Cascioli
Finalmente c'è chi ha decodificato le parole urlate dalla donna cinese in piazza San Pietro al Papa, prima di venire schiaffeggiata. Era un appello accorato per ripensare la politica di riconciliazione della Santa Sede con Pechino, che sta sacrificando centinaia di migliaia di cattolici cinesi. Un gesto che fa il paio con la lettera del cardinale Zen ai suoi confratelli. Segnali di una situazione intollerabile che richiede la nostra solidarietà.

Anonimo ha detto...

In un'epoca di ipocrisia sovrana è perfino difficile comprendere il senso di queste parole intorno alla vera amicizia. Oggi si mercanteggia spontanea/mente su tutto anche su quelle che dovrebbero essere le virtù più stimate, più custodite, più preziose, più care. Gli amici non riconoscono, scriveva Fortini, né noi li riconosciamo.

Laelius ha detto...

Chi osserva un vero amico, osserva come una immagine di se stesso. Se si cancella dalla natura il legame dell'amicizia, né casa, né città, né alcuna civitas può rimanere ben salda; se manca l'amicizia subentra la discordia che porta all'instabilità sia nelle case, sia nelle città, sia nelle comunità".

Anonimo ha detto...

Le considerazioni sull'amicizia mostrano che tra settari non ci può essere vera amicizia: non si mettono in gioco, preferiscono trincerarsi dietro criteri assolutistici.
Può sussistere amicizia vera tra un cristiano e un pagano? Thomas Merton ha dimostrato di sì, ma molti lo considerano un cristiano troppo aperto.

Anonimo ha detto...

L'amicizia può sussistere tra persone oneste, prima di tutto con se stesse. Tra persone che sono. Difficile che si sia, prima che la vita abbia disciolto le maschere dietro le quali si recita la parte prescelta. Molti, nell'età dell'ipocrisia, recitano convinti di non stare recitando. Non si tratta di apertura o di chiusura, si tratta di verità o di finzione. Nell'età della ipocrisia si finge per educazione, per formazione, per cultura, per manipolazione capillare 24 ore su 24. Per aprirsi e/o chiudersi occorre essere sinceri, occorre essere stati sinceri con se stessi, aver saputo sopportare il dolore che la verità porta con sé ed aver imparato a relazionarsi con il prossimo con verità risanatrice e non con un conformista assenso del momento.
Thomas Merton ha cercato di gettare grandi ponti sul possibile e sull'impossibile morendo a causa di un ventilatore quando ancora non aveva iniziato la sua vecchiaia. In tanti lo abbiamo amato, è stato un passaparola per molti. Un viaggiatore in treno disse, ad una mia amica immersa in un libro di Maerton, molti sono entrati in convento per lui e di più ne sono usciti.

Anonimo ha detto...

Bellissimo dialogo, che trasferisce in termini assoluti (nel senso originario del termine, "sciolti da tutto") una situazione storica contingente: gli inquieti sviluppi seguiti alla morte di Cesare (44-43 a.C.), allorché l'erede Ottavio (poi Ottaviano, quindi Augusto) si appellava alle antiche "amicizie" di Cesare per avere mezzi e denaro utili a vendicare il padre adottivo ucciso, presentando in ottica tipicamente romana e morale un tentativo di conquista del potere. Cicerone, tuttavia, cerca di dimostrare con questa libello, filosofico ma anche politico, che nessuna azione illecita, specie se volta a sovvertire la concordia ordinum della res publica, può trincerarsi dietro giustificazioni a prima vista nobili, ma presto smascherate da un'analisi che abbia il proprio centro nella virtù

Anonimo ha detto...

“Ogni amicizia umana, è riverbero dell’originale struttura dell’essere”.
(L. Giussani, da “All’origine della pretesa cristiana”)

Nella compagnia generata da Te, lo impariamo
come un bambino l’abc della vita.
Come un bisogno fondamentale.
Per poter mostrare, senza reticenze, il fondo del nostro cuore.
La nostra passione, la nostra preoccupazione,
ciò che ci pesa, ciò che ci dà respiro.
Il nostro desiderio, ciò per cui ci spendiamo,
il giogo dolce e il carico leggero.
Una confidenza, che accoglie, capisce e corregge.
E sorregge.
Reciproca.
In una fedeltà che si rinnova.
Ad ogni mattino.
Portare i pesi gli uni degli altri.
E addentrarci, insieme, nella stoffa dell’essere.
Promessa di una comunione perfetta.
E senz’ombra.
La virtù dell’amicizia.
In Te, che ci hai chiamato amici.
(Franca Negri)