Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 28 dicembre 2022

Sulla necessità del latino

Nella nostra traduzione da Crisis Magazine un interessante articolo sul latino come lingua della Chiesa universale. Vedi indice dei precedenti.
Sulla necessità del latino
La Chiesa cattolica ha bisogno del latino? Oggi la maggior parte dei cattolici romani adora in volgare, e c'è chi sostiene che con buone traduzioni disponibili, i cattolici non hanno bisogno di familiarizzarsi col latino, al di fuori di pochi specialisti.
La Chiesa cattolica ha bisogno del latino? Di recente mi sono imbattuto nel commento di un prete su Twitter che, pur cercando di provocare gentilmente i suoi seguaci, ha affermato di non ritenere che il latino fosse qualcosa di speciale o sacro. Stava parlando della Messa, ma ci sono molti che oggi nella Chiesa non vedono alcuna funzione per quella lingua venerabile. La maggior parte dei cattolici romani ora adora in volgare, e si potrebbe sostenere che con buone traduzioni disponibili, i cattolici non hanno bisogno di familiarizzarsi col latino, al di fuori di pochi specialisti.

Ora, come uno il cui latino è certamente rudimentale, non sono il miglior candidato per difendere la sacralità della lingua latina. Ma penso che il buon prete (e quelli che la pensano come lui) meriti una spiegazione sul perché esso è e dovrebbe essere sacro per i cattolici romani, anche per quelli ordinari che non sono teologi e traduttori.

In primo luogo, penso che dovrebbe essere chiaro che è il latino della Chiesa ad essere sacro e non il latino in generale. Nessuno pensa che i cattolici debbano essere in grado di leggere Cicerone o i poeti umanisti del XV secolo (sebbene Pio XII abbia commissionato una volta una traduzione del salterio in latino classico, cosa che non è piaciuta a nessuno). È il latino dei Padri della Chiesa occidentale, della Vulgata, del Canone Romano, del “Dies Irae” e di molti altri testi antichi che è sacro per i cattolici. Se non è evidente per tutti, questa questione del latino è legata al rito romano antico, poiché è una delle espressioni più antiche di questo latino, ed è stata santificata dai tanti santi che hanno adorato in quel rito nel corso dei secoli.

Il latino è stato il tramite della teologia della Chiesa occidentale sin dal III secolo dC. Dai Santi Agostino e Ambrogio nella tarda antichità, a Tommaso d'Aquino e Duns Scoto nel periodo medievale, ai pensatori scolastici della prima età moderna e alla rinascita scolastica dell'Ottocento e del Novecento, la sua precisione e chiarezza ha plasmato l'insegnamento della Chiesa. Come minimo, ci devono essere esperti in questo ambito per poter comprendere questi santi uomini le cui parole sono fondamentali per le nostre convinzioni.

Ancora più importante di questo è il fatto che il latino ecclesiastico era il mezzo in cui furono documentate le prime tradizioni della Chiesa romana, considerate di origine apostolica per la maggior parte della storia della Chiesa romana. (Sono consapevole che i teologi più scettici potrebbero dire il contrario, ma non sono assolutamente d'accordo). Anche se S. Pietro e i primi apostoli quasi certamente non parlavano questa lingua, le tradizioni che trasmettevano erano, per la maggior parte, solo in forma scritta in lingua latina quando la Chiesa si liberò dalle persecuzioni nel IV secolo.

La fede cattolica, emersa dopo la conversione di Costantino, prese forma nella lingua latina. Il Canone Romano è una delle più antiche preghiere eucaristiche esistenti, risalente alla fine del IV secolo o prima, ed è una testimonianza delle prime espressioni di fede sull'Eucaristia. La Vulgata di San Girolamo è stata la prima traduzione dell'intera Bibbia cristiana in un'unica lingua, ed è stata la versione della Bibbia in cui successivamente i teologi cattolici hanno incontrato la Scrittura.

Quando la Chiesa di Roma ha iniziato a fissare il canone della Bibbia tra la fine del IV e l'inizio del V secolo, ha identificato quali fossero i libri ispirati dal loro uso nella sua liturgia. Dato che queste tradizioni sono i fondamenti di quanto è peculiare della teologia cattolica (come le affermazioni sul primato romano, le cui prime espressioni dettagliate risalgono al IV secolo), mi sembra folle bandire del tutto il latino dalla vita della Chiesa.

In definitiva, il latino della Chiesa è un legame vivo con il suo antico passato. In un mondo che sta cambiando radicalmente, persino caotico, tali collegamenti non sono solo dotazioni ornamentali, ma fondano l'identità della Chiesa in un'epoca di confusione. A volte penso che chi è al di fuori della Chiesa lo comprenda meglio degli stessi cattolici. Ancora oggi, nella nostra società secolare, i film dell'orrore continuano a inserire frasi latine nei loro dialoghi per incarnare una sorta di potere antico, buono o cattivo. Nel Medioevo, gli imperatori bizantini mormoravano alcune parole latine al momento della loro incoronazione, molto tempo dopo che aveva cessato di essere una lingua parlata nella Roma orientale, per sottolineare il loro legame con l'Impero Romano dell'imperatore Costantino il Grande.

Naturalmente, ci sono molte altre ragioni oltre a quelle storiche per cui i cattolici conoscano almeno un po' di latino, specialmente per scopi liturgici o devozionali. Il lungo sviluppo del latino, affinato da santi e da innumerevoli semplici fedeli nel corso dei secoli, gli conferisce una duttilità e un'espressività uniche e insostituibili.

Sono sensibile a due critiche su questo punto. Una è che aspettarsi che i laici conoscano il latino è elitario o in qualche modo crea una disuguaglianza tra coloro che possono e non possono capirlo. Quanto a questo presunto elitarismo, non lo sento così spesso come prima, ma ricordo che i cattolici di una certa convinzione amavano proclamare che i cattolici di oggi rappresentavano "il laicato più istruito della storia". Stando così le cose, non sarebbe certo “elitario” pretendere che i cattolici conoscano alcune preghiere latine, come il Pater Noster o l'Ave Maria? (Sebbene i cattolici americani tendano a condividere la mancanza di competenza o addirittura l'interesse dei loro concittadini per le lingue straniere, il che potrebbe rendere questo più difficile.)

Un'altra critica che prendo più seriamente è che il culto cristiano dovrebbe essere razionale; che si dovrebbe capire cosa si sta dicendo quando si prega Dio. È vero che il culto di Dio non deve somigliare a un culto misterico pagano, ma si può prenderlo nel verso sbagliato, facendo della preghiera e della liturgia una mera questione di trasmissione di informazioni.

Qualcosa come il 60 per cento della comunicazione umana è non verbale, per non parlare del tono, dell'inflessione e di altre fonti di significato "non razionali" che vanno oltre ai contenuti del linguaggio. E, naturalmente, per la Messa sono disponibili da tempo messali e opuscoli in doppia lingua, quindi - se questa è l'obiezione - si può seguire cosa sta succedendo in una Messa in latino. In ogni caso, la liturgia è espressiva del più grande mistero dell'universo, e chi può aspettarsi di “capirlo” tutto in una lingua qualsiasi?

Immagino che parte dell'obiezione all'uso del latino sia peculiare della nostra epoca. Fin dagli anni Sessanta, l'ossessione per il “multiculturalismo” ha reso i cattolici eccessivamente sensibili al loro passato “trionfale”. C'è del vero in questo. I cattolici in passato spesso propagandavano il latino come se fosse la lingua universale della Chiesa universale piuttosto che della Chiesa occidentale. La "latinizzazione" di diverse Chiese orientali nel passato attesta questo fatto (sebbene questo fenomeno sia più complicato di quanto si possa pensare). In ogni caso, il latino non è l'unica lingua sacra della Chiesa universale, poiché la maggior parte delle sue prime definizioni di fede sono in greco (e nella liturgia romana nella forma del Kyrie).
Sospetto che parte dell'obiezione all'uso del latino sia peculiare della nostra epoca. Fin dagli anni Sessanta, l'ossessione per il “multiculturalismo” ha reso i cattolici eccessivamente sensibili al loro passato “trionfale”.

Ma la reazione contro il latino, che cerca di sostituirlo completamente con il volgare, perpetua gli errori dei latinizzatori imponendo una tradizione estranea a ciò che è unico e prezioso per un'altra tradizione, a un aspetto cruciale della sua forma essenziale. Si può amare la propria tradizione, apprezzarne l'unicità, senza denigrare quella degli altri, immaginando che sia totalmente priva di significato o che debba assorbire ogni altra tradizione alla maniera originaria. La lingua madre della Chiesa occidentale è unica e inestimabile, e non riuscire a preservarla è come guardare la cattedrale di Notre Dame bruciare e pensare: “Niente di grave. Comunque era vecchia.»

Si potrebbe non essere convinti da tutto ciò e pensare ancora che la Chiesa cattolica possa cavarsela bene senza il latino. Bisogna ammettere che c'è del vero in questo. Il latino è solo una necessità per la Chiesa occidentale. Non abbiamo alcuna promessa da parte di nostro Signore che ci sarà sempre una Chiesa occidentale, solo che la stessa Chiesa universale sarà preservata.

Ma allora è proprio questo il punto. Alcuni oggi sembrano volere che qualcosa di identificabile come "la Chiesa occidentale" scompaia, forse perché considerano il suo passato irrimediabilmente contaminato dal razzismo, dal colonialismo, dal sessismo, dal trionfalismo o da altri "ismi". I crescenti sforzi, anche da parte dello stesso Vaticano, per spogliare la Chiesa romana delle sue forme storiche e creare una generica Chiesa moderna per i moderni, suggeriscono un tale motivo.

Sarebbe un disastro, secondo me. Spogliare la Chiesa occidentale delle sue caratteristiche più riconoscibili non farà che accelerare la sua fine perché allora diventerebbe indistinguibile da qualsiasi altra istituzione. Si suppone che i cattolici credano che Cristo abbia fondato una Chiesa visibile, riconoscibilmente distinta dal "mondo".

Per questo vanno conservate, per quanto possibile, le più antiche tradizioni della Chiesa universale, comprese quelle della tradizione latina. La fede cristiana non è argilla storicamente informe che può essere rimodellata a piacimento senza conseguenze. Solo mantenendo le sue forme antiche può sperare di sopravvivere e fiorire; e in questo senso, è ancora molto necessario conoscere e amare il latino da parte dei cattolici di rito occidentale.
Darick Taylor* 
*Darrick Taylor insegna storia al Johnson County Community College di Overland Park, Kansas.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
_______________________________________________
Aiutate Chiesa e Post-concilio per incrementare le nostre traduzioni
IBAN - Maria Guarini
IT66Z0200805134000103529621
Codice BIC SWIFT : UNCRITM1731

17 commenti:

Anonimo ha detto...

La Chiesa è nata e si è sviluppata in più lingue. La prima nazione a cristianizzarsi fu l’Armenia (che, ancora oggi, prega in armeno). Per secoli, una grandissima fetta di cristianità pregava in greco (anche a Roma). Fin dall’inizio c’è sempre stata cura che i fedeli capissero quello che si diceva durante le preghiere, poi il latino prese il sopravvento più per ragioni politiche che religiose.
Oggi, finalmente, il rapporto con Dio è tornato a svolgersi nella semplicità delle lingue parlate dai fedeli, sia per la preghiera pubblica che per quella privata. La fede cristiana è rapporto diretto e personale con un Dio che si mette accanto a noi sul cammino della nostra vita e che vuole abitare il nostro cuore amante ed amato, non è la ripetizione misterica di formule in lingue ignote.

mic ha detto...

L'anonimo che ripete i luoghi comuni modernisti può trsrre qualche spunto da qui
https://chiesaepostconcilio.blogspot.com/p/il-latino-una-lingua-sacra-da.html

Anonimo ha detto...

Togliere il latino dalla scuola per tutti è stata una delle più feroci mazzate buoniste inferte al popolo sovrano. In particolare per la sua struttura grammaticale e sintattica. Certamente sarebbe stato necessario disporre di insegnanti appassionati del latino e consapevoli delle sue possibilità terapeutiche sull umano pensiero. Forse allora mancavano già insegnanti tanto amanti del latino in grado da trasmetterlo con entusiasmo alle loro caprette caprette.

Anonimo ha detto...

L'anonimo dovrebbe leggere anche quel che diceva sul latino un certo Giovanni XXIII!

Diego B. ha detto...

Vorrei contribuire con un'osservazione frutto della mia personale esperienza. Il suono ha sempre ricoperto un ruolo fondamentale in tutte le culture a tutti i livelli. Non è un mistero che un onesto ricercatore possa osservare in tutte le religioni pre-cristiche quegli elementi che Iddio ha seminato affinché tutti i popoli, partendo ognuno dalle proprie culture, potesse giungere in maniera del tutto naturale ad amare Cristo e a riconoscerlo, ed uno di questi è il suono.
Qaulche esempio:
Giappone - lo studio del Kotodama (言霊) è relativo alle pratiche delle Vie marziali (per intenderci sono tutte quelle che termina con il suffisso "DO" come Aikido, Judo, Karate-do, Shodo, etc..) e, per quanto sia conosciuto poco e praticato meno, ha svolto un ruolo fondamentale nello sviluppo delle arti marziali tradizionali prima e delle vie marziali dopo;
India - il suono primordiale, l'AUM (o OM), che è generatore dell'intero universo;
Fisica - il suono è un'onda che incide in maniera profonda sulle persone e anche sugli animali, non per questo certe frequenze sono studiate anche a scopi militari/polizia come ad esempio quello per disperdere le folle.
Dire che un suono è equivalente all'altro è una castroneria tipica da salotto perbenista.
E se questo vale per la vita quotidiana ancor più vale per quella spirituale.
La Santa Messa tradizionale coinvolge tutti e cinque i nostri sensi così che essi possano essere "direzionati" verso Dio e consentire uno sviluppo spirituale anche se il fedele all'inizio non ne è cosciente e questo è proprio garanzia di qualcosa che è autentico e non è mera auto-suggestione.
Frequentando il rito antico si cambia, che lo si voglia o meno, ed è questo che dà fastidio in ultima. Il resto (lingua latina, complessità delle cerimonie, solennità, pizzi e merletti, etc...) sono solo pretesti per attaccare la Santa Messa e l'azione che produce sulle persone.
Attaccare le creature di Dio perché non si può colpire Dio stesso è tipico del demonio.


Anonimo ha detto...

OT
In mezzo ai saluti ai fedeli italiani a fine udienza generale, distaccandosi dal testo scritto, Francesco, guardando i presenti in Aula Paolo VI, ha affidato loro una intenzione ben precisa: “Una preghiera speciale per il Papa emerito Benedetto che nel silenzio sta sostenendo la Chiesa”. “Ricordarlo – ha detto il Pontefice –, è molto ammalato, chiedendo al Signore che lo consoli e lo sostenga in questa testimonianza di amore alla Chiesa fino alla fine”.

Nel Mater Ecclesiae
Poche parole, quelle di Papa Francesco, che lasciano intendere una situazione delicata delle condizioni di salute di Benedetto, il quale lo scorso 16 aprile ha compiuto 95 anni. Joseph Ratzinger, dopo pochi mesi dalla rinuncia nel febbraio 2013, continua a vivere nel Monastero Mater Ecclesiae all’interno dei Giardini Vaticani. È assistito dalle Memores Domini e dal segretario personale, monsignor Georg Gänswein, che negli anni ha sempre raccontato di una vita trascorsa tra preghiera, musica, studio e lettura.

Anonimo ha detto...

La Chiesa crede che un'Ora Santa trascorsa davanti al Santissimo Sacramento faccia meglio al benessere del mondo piuttosto che giornate intere passate a parlare di "progresso" nella totale dimenticanza del fatto che l'unico vero progresso consiste nella diminuzione delle tracce del peccato originale; crede che un aumento della grazia santificante in un'anima abbia molto più valore dell'aumento del credito internazionale; crede che un gruppo di suore di clausura in preghiera sia più efficace per preservare la pace mondiale rispetto a un gruppo di politici che discutono sulla pace.

(Fulton J. Sheen)

Anonimo ha detto...

Secondo Francesco Benedetto è «gravemente malato», secondo il Cardinal Müller «sta bene nonostante le infermità dell'età di 95 anni».

Anonimo ha detto...


# Si cominciò a pregare in latino invece che in greco per ragioni più politiche che religiose?

Chi l'ha detto? Diffondendosi nella parte occidentale dell'impero romano, cominciarono le traduzioni in latino dei sacri testi e la liturgia cominciò ad essere in latino. Fu un processo spontaneo, la politica non c'entra niente.
Si dimentica che nei Messali OV accanto al latino c'è sempre la traduzione nella lingua volgare di competenza. Per i paesi di lingua neolatino (Italia, Francia, etc) capire il latino del testo, giovandosi della traduzione posta accanto, non è affatto difficile.
Il problema non esiste.
Può esistere per fedeli di altre lingue (inglese, tedesco etc). Ma i fedeli come facevano in passato? Il latino era studiato, assieme alla sua letteratura, dalle classi colte, quindi l'ostacolo era relativo.
Il popolo si faceva una sua interpretazione a senso.
In tutte le religioni si mantiene una lingua liturgica antica come lingua sacra, immutabile.
I mussulmani obbligano tutti i seguaci ad imparare il Corano a memoria nell'arabo dell'epoca di Maometto anche se non conoscono l'arabo e non ci capiscono niente. E i cattolici nei paesi orientali europei che celebrano la Messa in slavo ecclesiastico appunto (staroslavo) fino a che punto lo capiscono?
Forse bisognerebbe che i detrattori del latino liturgico leggessero i vari interventi di Pio XII a difesa della necessità del latino.
La permanenza del latino, oltre a garantire la purezza dogmatica, mantiene il senso della tradizione, recitando noi oggi le stesse preghiere con la stessa lingua di chi le ha recitate per secoli prima di noi. La presenza del latino nella liturgia favorisce anche la prsenza del latino nella scuola e lo studio dell'antichità classica, il che sarebbe un ottimo antidoto alla presente decadenza culturale.
Sarà un caso, ma molti eretici del passato come prima cosa chiedevano che il rito fosse celebrato nella lingua nazionale, anche prima di Lutero.
T.

Anonimo ha detto...


Preghiamo dunque per la salvezza dell'anima di Joseph Ratzinger,
ormai molto malato, vicino al Giorno del Giudizio, secondo quanto ha fatto capire papa Francesco.
Z.

Anonimo ha detto...

@28 dicembre, 2022 10:45
Ma..che sia malato e' una novita'?!?

Anonimo ha detto...

Senectus ipsa morbus.

Anonimo ha detto...

Da quello che ho capito la lingua fissatasi nella liturgia, nella religione, sia in oriente che in occidente, era quella parlata da tutti, quella della koine, la vulgata, cioè le lingue classiche arrivate al livello di comprensione universale, semplificate, ma non impoverite. Momento spirituale e culturale in cui l unica Parola abbraccia moltitudini. La battaglia per il latino oggi diventa prioritaria per ridare sostanza al pensiero dell'uomo contemporaneo. Direi che il latino oggi può ridare consistenza al pensiero odierno liquido evaporante.

Anonimo ha detto...

Ma come...???... Ti piace il latino? Sei un bambino! Il latino è una lingua bellissima,specialmente se usato e parlato bene. Nulla ha da togliere rispetto a tante lingue usate oggi.

Guareschi e il latino ha detto...

l latino è una lingua precisa, essenziale. Verrà abbandonata non perché inadeguata alle nuove esigenze del progresso, ma perché gli uomini nuovi non saranno più adeguati ad essa. Quando inizierà l’era dei demagoghi, dei ciarlatani, una lingua come quella latina non potrà più servire e qualsiasi cafone potrà impunemente tenere un discorso pubblico e parlare in modo tale da non essere cacciato a calci giù dalla tribuna. E il segreto consisterà nel fatto che egli, sfruttando un frasario approssimativo, elusivo e di gradevole effetto “sonoro” potrà parlare per un’ora senza dire niente. Cosa impossibile col latino."
Vi immaginate un talk show in latino?
IMPOSSIBILE .

Anonimo ha detto...

Il latino essendo lingua "morta" cioè Non più di uso comune, risulta immutata
E in questo modo riesce a Conservare al meglio la Dottrina e la Veritas
Alessio Micelli

Anonimo ha detto...


Si possono immaginare i Canti Gregorianni, i Salmi cantati in chiesa, in una lingua che non sia il latino?