Ripubblico per chi ci legge solo ora e anche per rinnovare il nostro approfondimento degli insegnamenti che nutrono la nostra fede, ripercorrendo con fedeltà l'anno liturgico. Da ogni celebrazione e dalle provvidenziali ripetizioni, infatti, attingiamo sempre cose nuove che ci edificano e ci sostengono. Proprio della Messa qui
Domenica XVI dopo Pentecoste
(“Miserere mihi”)
Messa
La risurrezione del figlio della vedova di Naim ravvivò domenica scorsa la fiducia della Chiesa ed ora essa innalza più insistente la sua preghiera allo Sposo, che per qualche tempo la lascia su questa terra affinché il suo amore si tempri nella sofferenza e nel pianto.
In ordine alla salvezza la nostra impotenza è tale che, se la grazia non ci previene, non abbiamo neppure la preoccupazione di agire e, se essa non segue le sue ispirazioni per portarle a buon frutto, non sapremmo mai passare dal pensiero all'atto nei riguardi di una virtù qualsiasi. Se invece sappiamo essere fedeli alla grazia, la vita diventa una trama ininterrotta di opere buone.
Intróitus Ps.85, 3 et 5 - Miserére mihi, Dómine, quóniam ad te clamávi tota die: quia tu, Dómine, suávis ac mitis es, et copiósus in misericórdia ómnibus invocántibus te. Ps. 85, 1 - Inclína, Dómine, áurem tuam mihi, et exáudi me: quóniam inops, et pauper sum ego. Glória Patri… Ps.85, 3 et 5 - Miserére mihi, Dómine,… Orátio Tua nos, quǽsumus, Dómine, grátia semper et prævéniat et sequátur: ac bonis opéribus iúgiter præstet esse inténtos. Per Dóminum nostrum Iesum Christum, Fílium tuum, qui tecum vívit et regnat in unitáte Spíritus Sancti, Deus, per ómnia sǽcula sæculórum. M. - Amen. |
Introito Sal. 85, 3 e 5 - Abbi pietà di me, o Signore, poiché tutto il giorno ti ho invocato: Tu, o Signore, che sei benigno e pieno di misericordia verso quelli che ti invocano. Sal. 85, 1 - Porgi l’orecchio verso di me, o Signore, ed esaudiscimi, perché sono misero e povero. Gloria al Padre… Sal. 85, 3 et 5 - Abbi pietà di me, o Signore,… Colletta O Signore, Te ne preghiamo, che la tua grazia sempre ci prevenga e segua, e faccia che siamo sempre intenti alle opere buone. Per il nostro Signore Gesú Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i sécoli dei sécoli. M. - Amen. |
EPISTOLA (Ef 3,13-21). - Fratelli: Vi esorto a non perdervi d'animo a motivo delle tribolazioni ch'io soffro per voi e che sono la vostra gloria. A questo fine piego le ginocchia dinanzi al padre del signore Nostro Gesù Cristo da cui prende nome ogni famiglia nei cieli e sulla terra, perché vi conceda, secondo le ricchezze della sua gloria, di essere mediante lo Spirito di Lui potentemente corroborati nell'uomo interiore, in modo che Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e voi, radicati e fondati nella carità, possiate, con tutti i santi, comprendere quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza, e la profondità, anzi possiate conoscere ciò che supera ogni scienza, la medesima carità di Cristo, in modo che siate ripieni di tutta la pienezza di Dio. A lui, che può fare ogni cosa al di là di quanto quanto noi possiamo domandare o pensare, mediante la virtù che opera in noi, a lui sia gloria nella Chiesa e in Gesù Cristo per le generazioni di tutti i secoli. Così sia.Il nostro consenso al Ministero di Cristo.
Qual è l'oggetto della preghiera apostolica così solenne nel suo atteggiamento e nei suoi accenti? Ora che noi fummo testimoni di tutti i misteri della Liturgia e conosciamo perciò le ricchezze della bontà di Dio ci resta qualcosa da chiedere a Lui? Ci risponde l'Apostolo: Tutto ciò che ha fatto il Signore resta sterile, se la preghiera non è esaudita, perché il mistero del Cristo si completa soltanto in noi e sostanza, sviluppo, successo del grande dramma divino, che va da una all'altra eternità, stanno interamente nel cuore dell'uomo. Chiesa, Sacramenti, Eucaristia, tutto l'insieme dello sforzo divino, hanno un solo scopo, la santificazione dell'anima nostra. Il fine che Dio persegue è tutto qui. se Dio lo raggiunge, il mistero del Cristo è un successo; se non lo raggiunge, Dio avrà lavorato invano, almeno per l'anima che si è sottratta alla sua azione.
Si tratta di vedere se l'intenzione eterna di Dio sarà realizzata, se i dolori e il sangue del Calvario avranno un frutto, se l'eternità futura sarà per ciascuno come Dio voleva: il risultato dipende dal cuore dell'uomo.
La nostra crescita spirituale.
Perché Dio non sia sconfitto, perché il suo amore non sia tradito, l'Apostolo chiede a Dio insistentemente per le anime nostre tre gradi di grazia nei quali si riassume tutto quello che la vita cristiana deve essere, tutto quello che dobbiamo fare per corrispondere al desiderio e all'amore di Dio.
Prima di tutto, dice l'Apostolo, dobbiamo irrobustire nello Spirito l'essere nuovo sorto in noi col battesimo, distruggere anche le minime tracce dell'uomo vecchio, l'essere adamitico, per far regnare sulle rovine l'uomo nuovo, il cristiano, figlio di Dio.
In secondo luogo egli chiede a Dio di distruggere la instabilità della nostra natura, cosa che senza la nostra cooperazione non è possibile, e di fissare nei nostri cuori il Cristo per mezzo della fede. Abitare implica continuità, adesione costante, comunione reale di vita, che sottomette al Signore tutta l'attività, ad imitazione della docilità e sottomissione che la natura umana del Cristo ebbe per il Verbo.
Eliminato così l'egoismo, la carità regnerà in noi sovrana e avremo allora statura e forza, per contemplare faccia a faccia il mistero di Dio. È questo il terzo grado della nostra crescita spirituale (Dom Delatte, Lettere di san Paolo, 2, 108).
VANGELO (Lc 14,1-11). - In quel tempo: Essendo Gesù entrato in giorno di sabato a prendere cibo in casa di uno dei principali Farisei, questi gli tenevano gli occhi addosso. Ed ecco stargli davanti un idropico. E Gesù prese a dire ai dottori in legge ed ai Farisei: È lecito o no curare di sabato? Ma quelli tacquero. Allora egli, preso per mano quell'uomo, lo guarì e lo rimandò. Indi soggiunse: Chi di voi, se di sabato gli cade l'asino o il bove in un pozzo, non lo tira subito fuori? E a queste sue parole non potevano rispondere. Notando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro questa parabola: Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non ti mettere al primo posto, ché forse non sia invitato uno più degno di te, e chi ha invitato te e lui non venga a dirti: Cedigli il posto; e allora tu non cominci a stare con vergogna all'ultimo posto. Ma, quando sei invitato, vatti a mettere all'ultimo posto, affinché venendo chi ti ha invitato, ti dica: Amico, vieni più in su; e questo allora sarà per te un onore davanti a tutti i commensali. Difatti coloro che s'innalzano saranno umiliati, e coloro che si umiliano saranno innalzati.L'invito alle nozze.
La santa Chiesa ci rivela oggi il fine che essa persegue nei suoi figli dopo i giorni della Pentecoste. Le nozze delle quali si parla nel Vangelo sono le nozze del cielo alle quali è preludio quaggiù l'unione divina, che si realizza nel sacro banchetto. L'invito divino è rivolto a tutti e non somiglia affatto agli inviti in uso sulla terra e con i quali gli sposi invitano i loro vicini ad essere puramente testimoni di una unione, che ad essi è affatto estranea. Sposo qui è il Cristo, Sposa è la Chiesa (Ap 19,7) e, essendo noi membri della Chiesa, le nozze sono le nostre nozze.
L'unione divina.
Se vogliamo che l'unione sia feconda, come la vuole l'onore dello Sposo, è necessario che l'anima serbi a lui nel santuario della sua coscienza una fedeltà non momentanea, un amore che duri oltre l'incontro nel sacro mistero della Comunione. L'unione divina vera domina l'esistenza, la riassume nella contemplazione dell'Amato, nella ricerca diligente dei suoi interessi, nella continua tendenza del cuore verso di Lui, anche quando pare che egli si sottragga allo sguardo dell'anima e al suo amore.
Può forse la Sposa mistica fare per Dio meno di quello che fanno le spose del mondo per lo sposo terreno (1Cor 7,34)?
Solo a queste condizioni l'anima raggiunge la vita unitiva e vi raccoglie frutti.
Condizioni dell'unione.
Per raggiungere questo pieno dominio del Cristo sull'anima e sui suoi movimenti, dominio che rende l'anima veramente sua e la sottomette a lui come la Sposa è sottomessa allo sposo (1Cor 11,8-10) è necessario eliminare qualsiasi rivalità. Vediamo anche troppo spesso che il Figlio nobilissimo del Padre (Sap 8,3), il Verbo divino che rapisce i cieli per la sua bellezza, trova quaggiù delle pretese rivali, che gli contendono il cuore delle creature da lui sottratte alla schiavitù e chiamate a condividere la gloria del suo trono. Quante volte egli non è tenuto in scacco anche in quelle anime nelle quali finisce per trionfare pienamente? E tuttavia non si impazienta, non si allontana per un giusto risentimento, ma ripete per anni il suo insistente invito (Ap 3,20), misericordiosamente aspettando che il tocco segreto della grazia e il lavorio dello Spirito Santo superino le inconcepibili resistenze.
L'umiltà.
Chi vuole ottenere un posto eminente al banchetto di Dio deve custodire particolarmente l'umiltà. Caratteristica dei Santi è l'ambizione della gloria futura, ma essi sanno che per ottenerla devono in questa vita tanto scendere nella miseria del loro nulla quanto nella vita futura vogliono salire. Attendendo il giorno in cui ciascuno riceverà secondo i suoi meriti, nulla perdiamo considerandoci al di sotto di tutti e il posto che ci è riservato nel regno dei cieli non dipende dall'apprezzamento nostro o altrui, ma solo dalla volontà di Dio che esalta gli umili.
Più siete grandi, più dovete abbassarvi in tutte le cose e troverete così grazia davanti a Dio, dice l'Ecclesiastico, perché Dio solo è grande (Eccli 3,21-22).
Seguiamo dunque, magari solo per interesse, il consiglio del Vangelo, e convinciamoci di meritare in tutto l'ultimo posto. L'umiltà non è sincera nei rapporti sociali, se non aggiungiamo alla poca stima di noi stessi la stima degli altri, rendendo onore a tutti (Rm 12,10), sottomettendoci volentieri a tutti in ciò che non interessa la coscienza, profondamente convinti della nostra inferiorità e della nostra miseria; davanti a Colui che scruta i reni e i cuori (Ap 2,23).
Una sentita carità verso il prossimo, che ci porta a metterlo davanti a noi, senza alcuna affettazione, nelle circostanze varie della vita di tutti i giorni è la miglior prova di una sincera umiltà verso Dio.
Preghiamo
La tua grazia, o Signore, ci preceda, ci accompagni e ci spinga sempre verso le opere buone.
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 493-496)
3 commenti:
RESTA con me Signore, perché è necessario averTi presente per non dimenticarTi. Tu sai con quanta facilità Ti abbandono.
RESTA con me Signore, perché sono debole ed io ho bisogno della Tua fortezza per non cadere tante volte.
RESTA con me Signore, perché Tu sei la mia vita e senza di Te vengo meno nel fervore.
RESTA con me Signore, per mostrarmi la Tua volontà.
RESTA con me Signore, perché desidero amarTi ed essere sempre in Tua compagnia.
RESTA con me Signore, se vuoi che Ti sia fedele.
RESTA con me Gesù, perché quantunque la mia anima sia assai povera, desidera essere per Te un luogo di consolazione, un nido d’amore.
RESTA con me Gesù, perché si fa tardi e il giorno declina… cioè passa la vita… si avvicina la morte, il giudizio, l’eternità… ed è necessario raddoppiare le mie forze, acciocché non venga meno nel cammino e per questo ho bisogno di Te. Si fa tardi e viene la morte!… M’inquietano le tenebre, le tentazioni, le aridità, le croci, le pene, ed oh! Quanto ho bisogno di Te, Gesù mio, in questa notte d’esilio.
RESTA Gesù con me, perché in questa notte della vita e dei pericoli ho bisogno di Te. Fa’ che Ti conosca come i Tuoi discepoli allo spezzar del pane… cioè che l’Unione Eucaristica sia luce che dissipa le tenebre, la forza che mi sostiene e l’unica beatitudine del mio cuore.
RESTA con me Signore, perché quando arriva la morte, voglio stare unito a Te, se non realmente per la Santa Comunione, almeno per la grazia e per l’amore.
RESTA con me Signore, Te solo cerco, il Tuo amore, la Tua grazia, la Tua volontà, il Tuo cuore, il Tuo spirito, perché Ti amo e non chiedo altra ricompensa che aumento di amore. Amore solido, pratico. AmarTi con tutto il mio cuore sulla terra, per seguire amandoTi con perfezione per tutta l’eternità.
Così sia.
Omelia Dominica XVI Post Pentecosten
Il Vangelo di oggi ..la sfida che pone Cristo che non è altro che carità
L'introito di oggi...
"Abbi pietà di me, o Signore, poiché tutto il giorno ti ho invocato". Chiediamoci quale è la ricaduta giornaliera, nella nostra vita del nostro essere cattolici. Chiediamoci se siamo anche noi in un cattolicesimo imborghesito per cui la religione è una cosa mentre la nostra vita sociale è altro perché non ci può essere cattolicesimo senza ricadute pratiche nella vita quotidiana.
Un miracolo che è una sfida
https://m.youtube.com/watch?v=i13Vx8C4WTM&
ESSERE OSPITALE CON CHI POI TI RICAMBIERA', NON E' ALTRO CHE SPIRITO DI AVARIZIA (S.AMBROGIO)
E’ curato l’idropico, nel quale il gonfiore invadente della carne rendeva gravosi i doveri dell’anima ed estingueva l’ardore dello spirito. In secondo luogo si ha un insegnamento sull’umiltà, quando in quel convito nuziale viene bandita l’aspirazione ai primi posti: ma tutto ciò con tono indulgente, affinché la gentilezza del modo di consigliare escludesse ogni severità repressiva, il ragionamento avesse il vantaggio di raggiungere l’effetto della persuasione, e l’avvertimento correggesse l’affetto. A questa esortazione è strettamente unita, direi quasi porta a porta, quella sulla misericordia, la quale, secondo la definizione data dall’affermazione del Signore, si dimostra ai poveri e agli sciancati,poichè essere ospitale con chi poi ti ricambierà, è piuttosto spirito di avarizia che di carità.
Infine ad uno dei convitati, come ad un veterano che ha terminato il suo servizio nella milizia, Gesù Cristo dona per ricompensa il precetto del disprezzo delle ricchezze. Infatti colui che, assorbito dalle preoccupazioni carnali, si procura dei possedimenti terreni, non saprebbe ottenere il regno del cielo, poiché il Signore dice: Vendete tutti i vostri beni e seguitemi (Mt.19,21); così come chi acquista dei buoi poiché Eliseo ha ucciso tutti quelli che aveva e li ha divisi al popolo (I Re,19,21); quanto a colui che prende moglie, egli pensa alle cose del mondo, non a quelle di Dio. Ciò non per condannare il matrimonio ma perché la verginità è chiamata ad un onore più grande perché “la donna non maritata e la vedova si danno pensiero delle cose del Signore, per essere sante di corpo e di spirito;[la maritata, invece, si preoccupa delle cose del mondo e come possa piacere al marito]” (I Cor.,7,34).
Ma per rientrare in grazia con le persone sposate, come noi l’abbiamo fatto sopra per quelle vedove, noi non rigettiamo l’opinione seguita da molti, nel pensiero dei quali tre generi di persone sono escluse dalla società di questo grande festino: i Gentili, gli Ebrei, gli eretici. Perciò l’Apostolo ci dice di fuggire l’avarizia (Rom.1,29) perchè, impediti alla maniera dei Gentili, dall’ingiustizia, dalla malizia, dall’impudicizia, dall’avarizia, non possiamo giungere al regno di Cristo perché “nessun avaro, nessun impudico, che è quanto dire nesun idolatra, partecipa al regno di Cristo e di Dio” (Ef.5,5).
XVI DOMENICA DOPO PENTECOSTE
Lc.144,1-11
S.AMBROGIO,
Liber 7 in Lucae cap.14
Breviario Romano, Mattutino, Lezioni del III Notturno
Posta un commento