Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 23 settembre 2025

Monsignor Viganò / Obbedienza, unità, dottrina. Ulteriori risposte al professor Trabucco

Qui l'indice degli interventi precedenti e correlati.
Monsignor Viganò / Obbedienza, unità, dottrina.
Ulteriori risposte al professor Trabucco


Non sequitur. Ulteriori precisazioni in risposta alla replica del professor Daniele Trabucco

Non posso che condividere quasi tutto ciò che il prof. Trabucco ha argomentato in risposta al mio commento[1]. Sul blog di Duc in altum egli scrive infatti[2]:
Un santo che obbedisce a un provvedimento disciplinare ingiusto ma non contrario alla fede (come nel caso di Padre Pio) compie un atto di eroica abnegazione, perché riconosce che anche nella durezza e nell’iniquità il comando non rompe il legame con il deposito rivelato. Diversa è, invece, la situazione in cui un’autorità ecclesiastica comanda ciò che contraddice la fede: in quel caso l’ordine non è più autenticamente disciplinare, ma si trasforma in una deviazione che colpisce la stessa ratio dell’autorità. Qui il rifiuto non è ribellione, ma fedeltà.
Dato come valido questo principio – che faccio mio sine glossa – mi trovo però in difficoltà ad accettare come valida l’eccezione che Trabucco aggiunge subito dopo:
Tuttavia […] tale rifiuto non può mai tradursi in atti di natura scismatica, né in atteggiamenti che producano pubblico scandalo. Perché se è vero che disciplina e fede si completano, è altrettanto vero che la disciplina, in quanto ordine visibile, serve anche a custodire l’unità della Chiesa. E l’unità è parte del bene comune soprannaturale del Corpo mistico. Non si può, dunque, difendere la verità della fede al prezzo di lacerare la comunione ecclesiale.
È vero che «la disciplina, in quanto ordine visibile, serve anche a custodire l’unità della Chiesa. E l’unità è parte del bene comune soprannaturale del Corpo mistico». Ma l’unità che si ottiene mediante l’obbedienza è l’effetto e non la causa della professione della medesima Fede: si è uniti nella Chiesa sotto l’autorità del Romano Pontefice perché si crede la stessa dottrina, non l’inverso. Ed è questo l’errore che inficia l’argomentazione del prof. Trabucco sull’obbedienza. Il rifiuto di obbedire a un’autorità ecclesiastica, quando essa comanda ciò che contraddice la Fede, non può costituire un attentato all’unità, perché è l’ordine illegittimo del Superiore ad essere di natura scismatica e di scandalo, non la disobbedienza del suddito fedele a Dio.

Se il rifiuto di obbedire a un’autorità o a un ordine illegittimi «non è ribellione, ma fedeltà»; se la Regula Fidei è il principio supremo che trova la propria ragione nella Verità coessenziale e consustanziale a Dio[3]; se l’obbedienza stessa, come virtù morale, è ordinata al bene e quindi al Vero, perché Fede e disciplina, come afferma il prof. Trabucco, «pur diverse nell’oggetto, sono unite nel fine: la gloria di Dio e la salvezza delle anime»; come può il Professore affermare: «Non si può, dunque, difendere la verità della fede al prezzo di lacerare la comunione ecclesiale»? Posto un principio assoluto, com’è possibile derogarvi con un’eccezione che rende assoluta l’unità nell’obbedienza e relativa ad essa la Verità?

È vero il contrario: non si può difendere la comunione ecclesiale a prezzo di lacerare la Verità della Fede, perché è l’obbedienza ad essere ordinata alla Fede, e non viceversa.[4]

Aggiungo che chi contraddice, adultera o tace la Fede è il primo a dare scandalo, specialmente se si trova nella posizione di forza coercitiva di un Superiore ecclesiastico rispetto a un sacerdote o a un religioso; e che è dovere di ogni battezzato difendere e proclamare la sana dottrina e denunciare chi, costituito in autorità, ne abusa con gravissimo scandalo dei semplici, i quali giustamente sono abituati ad obbedire – istintivamente direi quasi – all’autorità della Gerarchia e considerano il suo traviamento come impensabile, in condizioni normali. Ciò vale specialmente per il sacerdote sottoposto alla giurisdizione dei suoi Superiori e alle sanzioni che essi possono comminargli: la disobbedienza doverosa ad un ordine abusivo e illecito comporta sanzioni canoniche per chiunque doverosamente resista, come auspicato da Trabucco. È questo lo scandalo: non il denunciare la corruzione dell’Autorità ecclesiastica. Così come è uno scandalo che eretici, scismatici, corrotti e fornicatori notori non siano perseguiti ma anzi incoraggiati, mentre viene dichiarato scismatico e scomunicato chiunque denuncia la crisi, ne indica le cause e i responsabili, i quali da sessant’anni detengono fraudolentemente il potere e ne possono abusare a piacimento.

La Comunione dei Santi – che è archetipo e modello della comunione ecclesiale – è fondata in Dio, che è Verità, non obbedienza. Dio non è obbediente, perché ciò presupporrebbe un’autorità a Lui superiore. L’obbedienza del Figlio – factus obœdiens usque ad mortem (Fil 2, 8) – è unità di volontà (idem velle) tra le Tre Divine Persone, senza un interno rapporto gerarchico tra Loro[5]. Al tempo stesso, Dio è il destinatario principale di ogni obbedienza, perché obbedendo ai Superiori cui Egli ha concesso autorità, noi obbediamo comunque a Dio. Ma non può esistere obbedienza, se il Superiore che chiede di essere obbedito non riconosce a sua volta l’autorità di Dio sopra di sé. Quell’obbedienza accetterebbe la premessa, anche solo teorica, di poter disobbedire a Dio per obbedire agli uomini, contravvenendo il precetto di San Pietro (At 5, 29) e rendendo l’autorità terrena autoreferenziale e quindi potenzialmente tirannica. In questo, il concetto di sinodalità si mostra come assolutamente eversivo dell’ordine voluto da Dio, in quanto manomette la struttura monarchica della Chiesa – sul modello di Cristo Re e Pontefice che ne è Capo – facendo risiedere la sovranità nel popolo (anche se in realtà il potere, come nelle repubbliche civili, è nelle mani di un’élite) e affermando «che Cristo abbia voluto che la Sua Chiesa fosse governata nel modo di una repubblica»[6].

Solo la sottomissione universale a un Dio verace e buono rende l’obbedienza mezzo sicuro di santità per chi obbedisce ai Superiori. Ed è per questo che abbiamo la ragione e il sensus Fidei: per discernere quando l’obbedienza è un atto virtuoso e quando invece «si trasforma in una deviazione che colpisce la stessa ratio dell’autorità».

Se il professor Trabucco riconosce la possibilità che vi siano Superiori ecclesiastici che impartiscono ordini contrari alla Fede o alla Morale (una possibilità peraltro confermata da quotidiani abusi dell’autorità contro i Cattolici tradizionali e da altrettanto quotidiane tolleranze verso scandali inauditi), egli deve anche ammettere da parte del sottoposto la possibilità che questi respinga gli ordini illegittimi del Superiore. La scala gerarchica della Chiesa consente di adire un’Autorità superiore quando ci si trova in conflitto con un’altra autorità a questa sottoposta. Ma se i vertici della scala gerarchica – in questo caso, il Romano Pontefice e i Dicasteri Romani – sono essi stessi coinvolti in un generale sovvertimento della Fede (ad iniziare dalla recente dichiarazione di Leone secondo cui “dobbiamo cambiare gli atteggiamenti” prima di poter cambiare la dottrina[7]) è evidente che il ricorso gerarchico è impraticabile e che nessuna autorità terrena può porre rimedio alla disobbedienza dei Superiori.

In sostanza: nell’evidente disobbedienza generale dell’Autorità a tutti i livelli, come può rimanere obbediente un sacerdote o un semplice fedele ad essa sottoposto, se non continuando ad obbedire a Dio piuttosto che agli uomini?

Questo è il vero olocausto della volontà di cui parlano i mistici: saper essere obbedienti fino alla morte, e alla morte di croce, nell’obbedienza a Dio. Ma mai, per nessun motivo, poter nemmeno immaginare di obbedire cortigianamente a Superiori eretici e scismatici, per timore di infrangere «con atti di natura scismatica» l’apparente unità della loro chiesa. Perché quell’unità che essi rivendicano è un simulacro, una finzione, una grottesca impostura dietro cui si nasconde l’indifferentismo del pantheon sinodale, nel quale trovano posto tanto i conservatori di Summorum Pontificum quanto i progressisti LGBTQ+ di James Martin, la Madonna di Fatima e la Pachamama, il Vetus e il Novus Ordo. Unico dogma irrinunciabile: riconoscere il Concilio Vaticano II, la sua ecclesiologia, la sua morale, la sua liturgia, i suoi santi e martiri e soprattutto i suoi scomunicati e i suoi eretici, ossia i “tradizionalisti radicali” non addomesticabili alle nuove istanze sinodali. Sul resto, in nome dell’unità ecumenica e sinodale, Leone ha esplicitamente detto che si può tranquillamente glissare, compreso il Filioque.[8] Ma sul Vaticano II no: esso è atto fondativo di una chiesa che nasce nel 1962 e che rivendica l’autorità della vera Chiesa, dal cui Magistero prende però le distanze e si oppone.

Ci troviamo dunque dinanzi ad un’Autorità – l’autorità suprema – palesemente disobbediente a Cristo Capo del Corpo Mistico, ma che usurpando l’autorità di Cristo pretende di decidere in cosa il sottoposto debba esserle obbediente, disobbedendo ai comandi di Dio.

Possiamo anche solo immaginare di poter riconoscere come legittima questa autorità e di doverle obbedienza, per non lacerare quell’unità che la Gerarchia ha già infranto con la propria disobbedienza a Dio? Dovremmo forse ratificare i suoi abusi, rendendoci complici dei traditori della Verità?
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo 23 settembre 2025
Lini Papæ et Martyris
Theclæ Virginis et Martyris

___________________________________
[1] Cfr. qui
[2] Cfr. qui
[3] Sant’Agostino, De Trinitate, VIII, 2: Dio è la verità stessa – ipsa veritas –, e tutto ciò che è vero deriva da Lui, perché Egli è l’origine di ogni verità.
[4] Lo ricorda anche il decreto del Sant’Uffizio del 20 Dicembre 1949 a condanna del movimento ecumenico: Questa unità non può essere raggiunta se non nel riconoscimento della verità cattolica.
[5] Sant’Agostino, In Joannis Evangelium tractatus, 51, 8: L’obbedienza di Cristo non è una diminuzione della Sua divinità, ma un’espressione della Sua perfetta unione con il Padre, poiché la volontà del Figlio è una con quella del Padre.
[6] Pio VI, Breve Super soliditate del 28 novembre 1786, a condanna del febronianesimo. Questa dottrina si inserisce nel contesto dell’Illuminismo e delle tensioni tra il potere temporale degli Stati e l’autorità della Chiesa Cattolica, promuovendo una visione che limitava il primato del Papa e rafforzava l’autonomia delle Chiese nazionali e dei Vescovi locali. Febronio (pseudonimo di Johann Nikolaus von Hontheim, Vescovo di Treviri) sosteneva che l’autorità del Papa non fosse assoluta, ma derivasse dalla Chiesa universale, intesa come comunità dei fedeli e dei Vescovi. Il febronianesimo influenzò anche il Conciliabolo di Pistoia (1786), nel quale compaiono sostanzialmente identiche le medesime istanze ereticali che ritroveremo nel Vaticano II.
[7] Cfr. qui
[8] qui

30 commenti:

Anonimo ha detto...

In merito alla così cara obbedienza, vorrei chiedere lumi circa quanti Cardinali, Vescovi o semplici Sacerdoti abbiano pubblicamente criticato o preso le distanze dal fatto scandaloso della ormai nota profanazione arcobaleno della Basilica vaticana avvenuta circa due settimane fa.
Io sono a conoscenza del solo Mons. Schneider e del Card. Mueller, intervistato da Diane Montagna. Vi sono stati altri ecclesiastici a prender posizione, oppure silenzio totale?
¥¥¥

Anonimo ha detto...

L'unità non si può fabbricare, non è il prodotto di sforzi umani.

O c'è già - come conseguenza di una fede condivisa: conseguenza, non prerequisito - o non c'è (poiché non puoi coinvincere ad essere uniti coloro che sanno di credere qualcosa di diverso).

Se il gesuita Martin mi lanciasse un appello all'unità nel Concilio, io anonimo "tradizionalista" reagirei esattamente come reagirebbe lui qualora io gli lanciassi un appello all'unità nella Tradizione. L'unità, tra me e lui, non c'è e semplicemente non può esserci, perché professiamo una fede diversa. Per esserci, uno dei due dovrà ripudiare la propria fede (e anche la propria concezione della morale).

E suppongo che ciò sia ben noto a tutta la gerarchia, dal Papa in giù.

Anonimo ha detto...

En lisant ces propos si éclairants de Mgr Viganò, comment ne pas se souvenir de ce que disait Mgr Lefebvre lui-même, lorsqu'il parlait du « coup de maître de Satan », à savoir le fait d'avoir conduit l'Église (clergé et fidèles) à l'autodestruction PAR L'OBÉISSANCE.
« L'Église va se détruire elle-même par voie d'obéissance… », répétait-il. Et c'est ce qui est arrivé…

Cf. https://www.youtube.com/watch?v=qXJK7E4vD9E

Alessandro ha detto...

L’obbedienza, nella visione cristiana, non è cieca sottomissione, ma atto radicato nella fede. La fede, infatti, è l’adesione libera e razionale alla verità rivelata da Dio. Da essa scaturisce l’obbedienza, che diventa risposta coerente al Dio in cui si crede.

Se l’obbedienza fosse fondamento della fede, l’atto di credere sarebbe ridotto a puro automatismo esteriore. Così come l’agire umano è ordinato alla ragione e trae da essa il suo criterio, l’obbedienza è ordinata alla fede e ne riceve il senso.

La ragione illumina l’azione, perché l’agire senza ragione diventa istinto cieco. Allo stesso modo, la fede illumina l’obbedienza, perché obbedire senza fede diventa servilismo privo di libertà.

La vera obbedienza cristiana nasce dall’amore che crede, e quindi confida.È fede che genera obbedienza, non obbedienza che genera fede. In questo si custodisce la dignità dell’uomo chiamato a rispondere liberamente a Dio.

Anonimo ha detto...

Ha ragione Mons. Viganò. Basta Trabucco, rassegnati. Non puoi farcela contro un campione dell'ortodossia...

Laurentius ha detto...

Nostra Signora della Mercede, benedici e proteggi Mons. C. M. Viganò.

Gederson Falcometa ha detto...

"Tuttavia […] tale rifiuto non può mai tradursi in atti di natura scismatica, né in atteggiamenti che producano pubblico scandalo. Perché se è vero che disciplina e fede si completano, è altrettanto vero che la disciplina, in quanto ordine visibile, serve anche a custodire l’unità della Chiesa".

Il rapporto tra dottrina e disciplina dal Concilio fino ad oggi è molto problematico. Questo in tale modo che la disciplina non significa più l'applicazione concreta della dottrina, perché tutti i cambiamenti dalla libertà religiosa alla Fiducia Supplicans sono fatti sotto la affermazione di che la dottrina rimane la stessa ciò che cambia è la disciplina. Purtroppo, all'interno di questo periodo conciliare, non è propriamente vero ciò che afferma il Prof Trabbuco.

Anonimo ha detto...

"La novità non è mai per se stessa un criterio di verità, e può essere lodevole soltanto quando conferma la verità e porta alla rettitudine ed alla virtù" (Pio XII, Menti nostrae, 23 settembre 1950)

Anonimo ha detto...

Il richiamo all'ordine, all'obbedienza, alla disciplina dei ribelli rivoluzionari modernisti è quanto di peggio si possa vedere e sentire oggi, nella catastrofica situazione in cui ci troviamo. Un tale richiamo sarebbe andato bene sotto i papi preconciliari : San Pio X, Pio XI, Pio XII. Ma come in tutte le rivoluzioni, anche in quella modernista prima si è preteso il diritto di insorgere, disubbidire, deridendo e dileggiando l'autorità costituita ( come offendevano Papa Sarto ! quelli sì erano da richiamare all'ordine!) e poi si è pretesa cieca ubbidienza al regime tirannico instaurato. Questa è la realtà attuale, e non c'è barba di professore, ordinario o incaricato, che possa inficiarla, invalidarla. Viva quindi la Resistenza Cattolica Antimodernista!... come gridavano i sessantottini ai miei tempi : "lotta dura, senza paura", ma stavolta non per distruggere l'ordine costituito, ma per ripristinare la civiltà cristiana, cattolica. Cath....us

Anonimo ha detto...

L' unitá è conseguenza di una fede una, e non invece il fine primario, la causa prima a cui sottomettersi. VERO! Un' unitá basata sul miscuglio di idee varie contradditorie e religioni multiple non ha a che spartire con l' unitá. È solo finzione davanti ad un dittatore pur tollerante che sia o meno. É il tipico gad massonico architetto universo ove si accetta tutto ed il contrario purchè a esso sottomessi....ove poi il libero culto é fasullo mentre è reale l'uno padrone assoluto spietato. Giustamente l' unitá deriva dall' unica fede dei molti. E non si può imporre di adulterare la unica fede per mantenere una facciata di finta unitá. Non esiste unitá tra errore e verità.

Anonimo ha detto...

La posizione di Viganò (ma anche della maggior parte dei tradizionalisti "dissidenti" a vario titolo e grado), così come si delinea dalle sue molteplici dissertazioni ed interventi, lascia supporre una dottrina della fede concepita come una entità astratta, quasi fondativa dell'essere della Chiesa, un corpus unico, perfetto e immutabile; paradigmatico rispetto ad ogni altro elemento e carattere costitutivo della Chiesa e soprattutto avulso dal contesto di genesi e approfondimento del dogma, da cui in realtà deriva il proprio significato e funzione. Contesto di unità, reciprocità e interrelazione, in cui la natura del vincolo gerarchico garantisce la fondatezza spirituale e veritativa della fede; questo pur nella sua perfettibilità, nei parziali errori (del magistero ordinario) e limiti di declinazione , presenti a causa dagli esiti di un compito affidato ad uomini imperfetti e segnati dal peccato. Questa garanzia promana dal Cristo stesso, Fondatore, Maestro e Sommo Sacerdote, mediante la successione apostolica ordinata dall'alto in basso. In questo modo, svincolando la dottrina della fede dall'organismo che la contiene e la vivifica, se ne viene a perdere la grazia divina che la rende per ogni fedele, viva, vivificante e formativa - per così dire - della propria anima. Certamente questo "svincolamento" della fede può permettere facilmente di poter dire che si può e addirittura si deve rispondere (in questo contesto di emergenza) direttamente a Dio. Ma a quale prezzo? e con quale esiti? Anche tanti eresiarchi affermavano cose simili, nel loro tempo, rispetto alla dottrina e liturgia della Chiesa o alla sua espressione morale.. Loro molto probabilmente hanno perso tutto, alcuni furono arsi da vivi, in perenne monito. Certamente è proprio il Signore che sta permettendo tutta questa immane crisi, perché vuole vedere se rimaniamo fedeli anche di fronte al peggio del peggio, quando l'intelletto non si spiega più nulla e la volontà sembra declinare le sue forze. Nel punto più buio della notte il Signore è li e si erge nell'intimo di ogni cuore a lui affezionato e fedele, anche se umiliato. Si, fedele a Lui, cioè al Suo Corpo Mistico, visibile anche nelle sue gerarchie, delle quali nessuno può veramente giudicare quanto e fino a che punto siano traviate. Si, fratelli, dobbiamo rimanere proprio ORA , cioè nella peggiore congiuntura possibile, fedeli a questa Chiesa sfigurata, parzialmente pervertita, ma certamente non del tutto, perché è di fede che "portae inferi non praevalebunt".

Anonimo ha detto...

"«Papa León, ¡escúchanos! Somos huérfanos». ¿Cómo puede haber «diálogo» con los católicos tradicionales después de que Francisco suprimiera la Ecclesia Dei y todas las instituciones de diálogo?"

https://rorate-caeli.blogspot.com/2025/09/pope-leo-listen-to-us-we-are-orphans.html

Gederson Falcometa ha detto...

Evidentemente, la libertà religiosa, la comunione ai divorziati risposati e la benedizione degli omosessuali non sono dottrina cattolica. Inoltre, lo stato di incertezza riguardo alle dottrine di fede è molto chiaro. Non c'è dottrina che non sia stata negata da membri del clero. Quindi, cosa abbiamo a che fare con il Concilio Vaticano II? Cos'è la dottrina della fede come entità concreta?

Qui sul blog, l'altro giorno è stato pubblicato un testo sui pericoli del razionalismo. Se non ricordo male, uno di questi pericoli è l'errore dell'eternità del mondo. È certamente un grande pericolo, perché molti cattolici, quando affermano che "portae inferi non praevalebunt", escludono il dogma della grande apostasia e professano la fede sia nell'eternità del mondo che nell'eternità della Chiesa militante.

Anonimo ha detto...

Ci sono cattolici tradizionali per i quali Francesco non era il papa (invalida rinuncia di Benedetto con conferma venuta da eresie “papali” di Francesco), che però non si sognano di uscire da se stessi dall’unica Chiesa di Cristo. Dichiarare, determinare, pontificare non compete loro e perciò semplicemente resistono come cattolici conservando la fede e la liturgia “di sempre”. Costi quel che costi.

Anonimo ha detto...

Questo commento presenta degli errori sostanziali, pur essendo chi lo ha scritto sicuramente in buona o buonissima fede.

"La posizione di Viganò... lascia supporre una dottrina della fede concepita come una entità astratta, quasi fondativa dell'essere della Chiesa, un corpus unico, perfetto e immutabile; paradigmatico rispetto ad ogni altro elemento e carattere costitutivo della Chiesa e soprattutto avulso dal contesto di genesi e approfondimento del dogma, da cui in realtà deriva il proprio significato e funzione."

La Fede È fondativa dell'essere della Chiesa: senza la Fede la Chiesa non esisterebbe.
La Fede È un corpus unico, perfetto e immutabile: "fede", uguale "credere nella rivelazione di Gesù Cristo", rivelazione che per dogma si ferma agli Apostoli. Gli eventuali approfondimenti, formulazioni, spiegazioni non devono né aggiungere né togliere nulla a tutto ciò, pena l'eresia e una Fede non più cattolica
La Fede È paradigmatica... Se non fosse paradigmatica, cioè normativa, non sarebbe Fede ma alla pari con le opinioni umane, che hanno tutt'altra ed ovviamente inferiore sostanza e peso, e che normative non lo sono affatto in quanto si possono avvicinare più o meno alla Verità ma sono tutte più o meno fallaci, per incompetenza, disinformazione, incompletezza, errori di giudizio e così via.
Perciò queste caratteristiche della Fede che Viganò sottoscrive non sono elementi negativi, come il commento vorrebbe supporre, ma positivi. Ed essendo essi non la "posizione di Viganò" ma essi stessi verità di fede, dovrebbero essere sottoscritti da ogni fedele, non solo dal Monsignore e dai quattro gatti che lo seguono.

Anche il resto dell'argomentazione del commento è fallace. Ma avendo già Viganò sbugiardato tutte queste obiezioni nelle sue risposte a Trabucco, è inutile che io ripeta con le mie povere parole ciò che lui ha già scritto con la maestria che gli dobbiamo riconoscere.

Anonimo ha detto...

Molto sinteticamente: il prof. Trabucco, che seguo sempre con interesse, dovrebbe dire come evitare che, in onore della Sacra obbedienza e unità, continui a serpeggiare ideologia sulfurea all'interno della Chiesa. In una parola: che si continui a porgere l'altra guancia al cattolico "adulto", progressista, modernista, politicamente corretto, e questo in nome dell'unità e, talora, a spese della Verità.
¥¥¥

Anonimo ha detto...

Da quello che disse BXVI, se non ricordo male, gli scritti dei teologi, studiosi e simili non fanno testo, la stampa è libera, ma il contenuto no. Una raccolta di pensieri di xy. Poi se vogliamo essere onesti c'è talmente tanto da studiare e da capire, sul serio, di essenziale che non basta una vita di novanta anni in clausura.

Anonimo ha detto...

Cioé questo commento dice papale papale: non importa ciò che fa la gerarchia apostata ( 2tess.2) , conta seguirla e subirla comunque tanto... non prevarranno( dato che nel caso di apostasia le porte inferi sono loro). Ora riflettiamo:1) certo non praevalebunt ma sugli apostati hanno giá prevalso pure sulla primazia 2) non prevarranno su chi resta fedele non sugli apostati, per cui è più facile che siano scomunicati e scismatici da Cristo i tedeschi e soci americani e vari pro sodoma, e non gli scomunicati formalmente ma non in sostanza 3)seguire chi erra nella fede è sempre sbagliato. E ce lo dice san Pietro con san Giovanni. ( Atti)
4)Gesù non ha taciuto ed è stato scomunicato dalla chiesa. Quella era la Chiesa fino al Deicidio. Che é continuata poi con Pietro e Apostoli. Gesù ha dato l' esempio di lasciarsi scomunicare .5)oggi pare che siamo nella stessa situazione. Anche oggi non prevarranno ma potrebbe essere che non sia il vaticano a sopravvivere come non lo fu il sinedrio. La profezia di san Malachia ( e non solo) ci hanno preavvisati.Lo stesso Gesù ci ha pre-avvisati.

Aloisius ha detto...

Ma di quale disobbedienza stiamo parlando?
Dobbiamo individuare il limite della disobbedienzaa e distinguere la disobbedienza del clero da quella dei fedeli.

Il clero rischia sospensione a divinis e la scomunica, ma solo in casi estremi, e salvo il diritto di difendersi.
Gli ultimi casi sono quelli di Mons. Viganò e di don Pompei, che partendo da critiche fondatissime, sono passati a negare la legittimità del potere dei superiori, sino al Papa, in difesa di Dio e della Verità.
Ma questa disobbedienza estrema parte da un giudizio che, pur essendo condivisibile nel merito, è in opposizione a tutta la Chiesa/istituzione,
Perché si basa, in sostanza, su un giudizio personale di eresia contro i rappresentanti della stessa, ma senza avere il potere canonico di dichiarare formalmente come eretici e usurpatori i propri superiori. E rinunciando anche alla difesa, perché negano la legittimità dell' autorità giudicante.

Riconoscere la legittimità di questo comportamento, vuol dire riconoscere che un singolo membro del clero possa decidere che i propri superiori, dal Papa in giù, sono decaduti ipso iure dalle loro cariche per eresia manifesta, usurpazione di potere e quindi scismatici dalla Verità, come detto e ripetuto da Mons. Viganò.

Di contro, altri cardinali e vescovi come Burke, Sarah, Strickland, Muller, Schneider, parlano in difesa della Verità e della dottrina bimillenaria senza disconoscere l' autorità di chi rappresenta la Chiesa istituzione.
Ma per tale motivo i “duri e puri” li disprezzano perché “conservatori/traditori/impuri”, quindi guide inaffidabili.

Questo è il limite di cui parlava, mi sembra di capire, il prof. Trabucco, che cioè si possa difendere la Verità come sempre insegnata dalla Chiesa, e disobbedire quando si impone di non seguirla, ma senza disconoscere e screditare pubblicamente l' autorità di chi rappresenta la Chiesa istituzione.
A costo di subire sanzioni ed emarginazione, cioè la croce.

I fedeli hanno una posizione più facile, perché possono disobbedire facilmente senza incorrere in scomuniche, salvo casi estremi di rilievo pubblico, ed essendo impossibile la “sospensione a divinis” del fedele.
Ad esempio il mio parroco impone la Comunione nella mano, io lo so e cambio Messa (ovviamente quando non posso assistere al Rito antico); quando sono stato preso alla sprovvista, ho detto no e ho girato tacchi.
Se nell'omelia, o nelle interviste aeree, si dicono nefandezze, le faccio uscire dall' altro orecchio senza lasciare traccia, disobbedisco nella mia vita privata e mi sforzo di seguire la via stretta sempre insegnata dalla Chiesa.

Se però noi fedeli iniziamo a delegittimare pubblicamente le autorità ecclesiastiche sulla scia di Mons. Viganò e don Pompei, dichiarando anche noi la loro eresia manifesta e la loro decadenza ipso iure dalle loro rispettive cariche, diventiamo fedeli che vanno oltre la legittima critica e rispettosa denuncia, arrogandoci il ruolo di giudici ecclesiastici di un tribunale…sinodale!
Peraltro su social e blog, Oltre a mostrare poca fede nella Provvidenza e rifiutando la nostra croce che siamo chiamati a portare in questa epoca.
Aloisius

Anonimo ha detto...

Lei scrive che i “cardinali e vescovi come Burke, Sarah, Strickland, Muller, Schneider, parlano in difesa della Verità e della dottrina bimillenaria senza disconoscere l' autorità di chi rappresenta la Chiesa istituzione”. Ne è sicuro? Senza entrare in dettagli, le sembra che la concezione che costoro hanno del papato sia cattolica? Nessun disprezzo verso di loro, ma certe posizioni (non solo quella sul papato, ma il discorso sarebbe lungo e differenziato per i quattro) non tutti i cattolici le ritengono condivisibili. Cf. Anonimo 06.06

Anonimo ha detto...

Due punti:

1) la disobbedienza pubblica non implica affatto (non cioè necessariamente) il disconoscimento dell'Autorità: non si giudicano i Superiori, ma i loro atti. Se qualcuno si arroga il diritto di negare l'Autorità in quanto tale effettivamente sbaglia, ma questo errore la corrente principale del tradizionalismo non lo fa.

2) da sacerdote, la frase "Il clero rischia sospensione a divinis e la scomunica, ma solo in casi estremi, e salvo il diritto di difendersi" mi fa veramente sorridere: un po' per quel "casi estremi", un altro po' per quel "diritto a difendersi" (sapessi), un po' per il non tanto sotteso ragionamento: io sono laico e posso disobbedire perché non rischio sanzioni, preti e vescovi invece no o almeno non fino al punto di rischiare sanzioni. Puro estrinsecismo.

Anonimo ha detto...

Gesù disse dei Farisei al popolo credente : "Fate quello che dicono e non quello che fanno".

Aloisius ha detto...

1) infatti mi riferivo a quell' errore di disconoscere legittimità ai superiori, come limite oltre la quale la disobbedienza, a mio parere, è sbagliata.
2) non ha capito quello che ho scritto, ma il sorriso è una spiegazione molto esauriente, da vero sacerdote, grazie per sua perla di sapienza e buona risata.
Aloisius

Anonimo ha detto...

San Paolo criticô pubblicamente san PIetro, capo della Chiesa, perché stava commettendo un errore pastorale apparentemente minore ma dalle gravi conseguenze per l'intera Chiesa nascente.
Ma non ruppe certamente la comunione con lui e quindi con l'intera Chiesa.
Il fedele fa fatica a comprendere perché il rifiuto pubblico (e giustificato) di non voler più celebrare la Messa del Novus Ordo, debba comportare la necessità di dichiararsi non più in comunione con l'Ordinario cioè con la Chiesa. Questo allargamento appare indebito.
Non necessario.
Il sacerdote che segue quest'impostazione sembra voler considerare il c.d. "mondo della Tradizione" una Chiesa alternativa. Ma la Catholica è una sola, bisogna solo cacciarne gli stranieri e pubblicani che l'hanno invasa, dopo averne denunciato in modo pubblico e coerente gli errori.

Anonimo ha detto...

... cacciare gli infiltrati, servitori del Nemico? ...facile a dirsi, ma non a farsi...sono infiltrati dappertutto, nella società civile ( ormai non più tale, a causa loro) ed in quella religiosa ( anche qui non c'è più traccia di vera religione, solo intollerante clericalismo, arrogante apostasia, prodromi del regno dell'anticristo). Ci vuole un intervento dall'Alto, di tipo sovrannaturale, per sconfiggere chi si avvale di aiuti e protezioni preternaturali, cioè provenienti da laggiù, dal regno di Satana. Cath....us

Gederson Falcometa ha detto...

Credo sia importante sottolineare che coloro che generalmente subiscono sanzioni sono membri del clero conservatori o tradizionalisti. Questo proprio perché disobbediscono a qualche ordine. Nel frattempo, il clero progressista gode di piena libertà di negare qualsiasi dogma della Chiesa, dimostrando una vera e propria rottura all'interno della Chiesa che va ben oltre l'interpretazione dei testi conciliari.

Data l'applicazione della misericordia all'errore, durante il periodo conciliare, nessuna eresia (nessuno eretico) è stata condannato dal Magistero conciliare. Anzi, come ha affermato Benedetto XVI nel suo famoso discorso alla Curia Romana del 22 dicembre 2005, la Chiesa ha fatto propria la legge dello Stato moderno. Ciò significa che, proprio come i cittadini hanno la libertà di non essere costretti in questioni religiose, anche i membri della Chiesa hanno la libertà in questioni di fede. Purtroppo non ci si può aspettare molto da chi ha voluto riabilitare Lutero, Giuda Iscariota e altri personaggi malvagi.

Infine, vale sempre la pena ricordare le parole di San Francesco di Sales: «I nemici dichiarati di Dio e della Chiesa devono essere diffamati il ​​più possibile (purché non manchino della verità), ed è un atto di carità gridare: Ecco il lupo! quando è in mezzo al gregge, o dovunque si trovi».

Anonimo ha detto...

Ma che se ne pensa della faccia di Bergoglio proiettata su san Pietro coi droni? E messa sui fogli di prwghiera? ASSURDO. Ci avevano giá provato coi rosari al suo esordio ricordo... brutto..

Anonimo ha detto...

I laici possono essere scomunicati anche loro come i presbiteri

Aloisius ha detto...

Certo, infatti non ho scritto che i laici non possono essere scomunicati, ho scritto che più raro che ciò avvenga, e quindi possono disobbedire più facilmente rispetto ai presibiteri
Aloisius

Aloisius ha detto...

Vero, carissimo Catholicus, ma quell' intervento divino dobbiamo meritarlo con le nostre opere di vita cristiana nella vita quotidiana.
E con la fiducia serena che Lui provvederà, e che dobbiamo vivere e soffrire con Cristo e per Cristo in un momento storico molto complesso, difficile, drammatico e per certi aspetti apocalittico.
Siamo chiamati a una prova spirituale e non dobbiamo mai scoraggiarci, ma essere contenti.
Aloisius