Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 5 settembre 2025

Argumentum ex concessis / Marginalia ad un articolo dell’abbé Claude Barthe

Qui l'indice degli interventi precedenti e correlati.
Mons. Carlo Maria Viganò
Argumentum ex concessis
Marginalia ad un articolo dell’abbé Claude Barthe

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Si enim secundum carnem vixeritis, moriemini:
si autem spiritu facta carnis mortificaveritis, vivetis.

Infatti, se vivete secondo la carne, morirete;
ma se mediante lo Spirito farete morire le opere della carne, vivrete.
Rom 8, 13
L’intervento dell’Abbé Barthe, pubblicato di recente su Duc in altum nella traduzione italiana [1] [anche noi l'avevamo pubblicato qui], merita qualche attenzione. Ciò che in esso vi è di più interessante non è tanto la sua valutazione del neoeletto Leone XIV, né il realismo pragmatico con il quale egli riconosce a Prevost la continuità con il predecessore o auspica un allentamento delle restrizioni sulla Liturgia tradizionale.

Scrive l’Abbé Barthe:
C’è un paradosso, addirittura un rischio, per coloro che invocano la libertà per la liturgia e il catechismo tradizionali: quello di vedersi accordare una sorta di “autorizzazione” alla cattolicità liturgica e dottrinale. Abbiamo già avuto modo di citare come esempio la situazione paradossale creatasi nel XIX secolo nel sistema politico francese, quando i più duri fautori della Restaurazione monarchica, nemici per principio delle libertà moderne introdotte dalla Rivoluzione, lottavano in continuazione affinché si lasciasse loro uno spazio di vita e di espressione, libertà di stampa, libertà d’insegnamento. A parità di condizioni, nel sistema ecclesiale del XXI secolo, almeno nell’immediato, un allentamento del dispotismo ideologico della riforma potrebbe esser benefico. Ma, probabilmente vantaggioso sul breve e medio termine, potrebbe risultare, in ultima analisi, radicalmente insoddisfacente.
Ciò che credo vada evidenziato è il monito, nemmeno troppo velato, che l’Abbé Barthe rivolge a quanti ricorrono agli argomenti dell’avversario per ottenere una legittimazione nel mondo ecclesiale, applicando l’argumentum ex concessis.[2] In questo caso, «coloro che invocano la libertà per la liturgia e il catechismo tradizionali» – e che condannano la sinodalità bergogliana – si appellano a quella stessa sinodalità perché le “comunità Summorum Pontificum” siano riconosciute come una tra le tante espressioni del composito poliedro ecclesiale.

La denuncia dell’Abbé Barthe svela non un paradosso, ma il paradosso, la contraddizione che inficia alla radice ogni attestazione di ortodossia da parte dei sedicenti conservatori: l’accettazione dei principi rivoluzionari della cosiddetta “chiesa sinodale” quale controparte (incompleta, peraltro) del farsi da essa tollerare. In realtà, questo scambio non è per nulla alla pari. La “chiesa sinodale” si limita ad applicare anche ai conservatori quella legittimità all’esistenza che riconosce a qualsiasi altro “movimento” o “carisma” presente nella poliedrica compagine ecclesiale, ma si guarda bene dal riconoscere che le loro istanze possano andare oltre una mera concessione di ordine estetico e cerimoniale. Il contratto non scritto tra conservatori e Gerarchia post-bergogliana prevede che le “preferenze liturgiche” di un gruppo di chierici e di fedeli possano essere tollerate se e solo se essi si astengono dall’evidenziare l’eterogeneità, l’incompatibilità e l’alienità tra l’ecclesiologia e l’intero impianto dottrinale sottesi dal Vetus Ordo e quelli espressi nel rito montiniano riformato.

L’Abbé Barthe non tace le criticità: riferendosi agli Elettori di Leone XIV li definisce «tutti del serraglio conciliare», dando prova di un certo coraggio, specialmente in considerazione del suo ruolo pubblico e della sua dipendenza da quei Prelati. Così come non tace l’inganno nel quale cadono coloro che appunto si avvalgono della libertà di religione per invocare per sé una tolleranza che non viene negata nemmeno agli adoratori degli idoli amazzonici.

L’inganno è duplice: non solo per il paradosso che l’Abbé Barth ha giustamente evidenziato; ma anche e soprattutto per una trappola ben peggiore, costituita dall’accettare almeno implicitamente la forzata, innaturale e impossibile separazione tra la forma cerimoniale del rito e la sua sostanza dottrinale.

Questa è un’operazione di de-significazione della Liturgia, che consiste nel vedersi riconosciuto il diritto di celebrare in Rito Tridentino a condizione che di quel rito il celebrante non accetti anche le implicazioni dottrinali e morali. Ma se quel “sacerdote Summorum” accetta questo principio, deve accettare anche la sua applicazione inversa. Nel momento infatti in cui si ammette che la Liturgia può essere celebrata facendola prescindere dalla dottrina tradizionale che essa esprime – una dottrina in cui la “chiesa sinodale” non si riconosce e che considera altra da sé – si finisce per accettare che anche la liturgia riformata possa prescindere dagli errori e dalle eresie che insinua e che nessun Cattolico degno di questo nome può assolutamente ratificare. Così facendo, tuttavia, si fa il gioco dell’avversario, nell’illusione di poter essere più scaltri del diavolo. Tutto si riduce ad una questione di vestiario e di coreografia, di estetica e di sentimento che appaga o meno il gusto personale, come hanno confermato le recenti parole del Card. Burke: «Non si può prendere qualcosa di così ricco di bellezza e iniziare a togliere gli elementi belli senza che questo abbia un effetto negativo» [3]. Nulla di più alieno alla mens della Liturgia Romana, secondo la quale la bellezza delle cerimonie è tale perché necessaria espressione del Vero che insegna e del Bene che pratica.

La “chiesa sinodale” annette i conservatori nell’agognato pantheon non solo perché dà loro ciò che essi vogliono – pontificali solenni celebrati da Prelati influenti, senza implicazioni dottrinali – ma anche perché nessuno degli interlocutori della Santa Sede ha la minima intenzione di pretendere altro; e quand’anche qualcuno osasse chiedere di più, prontamente interverrebbe il gatekeeper di turno – letteralmente, l’ostiarius – a richiamare alla “prudenza” e alla “moderazione”, più preoccupato di non perdere la propria posizione di prestigio che delle sorti della resistenza cattolica. A ciò si affianca la politica del «chiudi la bocca» [4] auspicata da Trad Inc,[5] secondo la quale le possibili concessioni che i moderati sperano di ottenere da Leone suggeriscono di non criticarlo apertamente per non alienarselo.

La via della persecuzione, dell’ostracismo, della scomunica non sembrano far parte delle ipotesi dei miei confratelli: si direbbe siano già rassegnati a un destino di tolleranza, nel quale non possono né essere veramente cattolici, né pienamente sinodali; né amici di chi combatte il nemico infiltrato nella Chiesa, né di chi cerca di sostituirla con un surrogato umano di ispirazione massonica. A questi tiepidi il Signore chiederà conto con maggior severità di quanto non farà con tanti poveri parroci che hanno ben altre e più pressanti priorità pastorali. C’è da sperare che il monito dell’Abbé Barthe non cada inascoltato, perché l’ora della battaglia si avvicina e farsi trovare sguarniti e impreparati, in questi frangenti, sarebbe da irresponsabili.

Ed è proprio in tempo di persecuzione che dobbiamo ritrovare l’attualità e la validità delle parole di San Vincenzo di Lerino [6]:
In ipsa item catholica ecclesia magnopere curandum est ut id teneamus quod semper, quod ubique, quod ab omnibus creditum est; hoc est etenim vere proprieque catholicum. [7]
Se vi è qualcosa che non soddisfa questi tre criteri – il semper, l’ubique e l’ab omnibus – essa va respinta come eretica. Questa norma ci mette al riparo dagli errori diffusi dai falsi pastori, nella serena certezza di agire conformemente alla Tradizione e di poter così supplire, a causa del presente stato di necessità, alla latitanza dell’Autorità ecclesiastica.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo 3 Settembre MMXXV
S.cti Pii X Papæ, Conf.
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1 – Abbé Claude Barthe, Leone, il pompiere nella Chiesa divorata dal fuoco della divisione. Ma quale unità ricerca?, pubblicato su Duc in Altum il 9 Agosto 2025 – https://www.aldomariavalli.it/2025/08/09/analisi-leone-il-pompiere-nella-chiesa-divorata-dal-fuoco-della-divisione-ma-quale-unita-ricerca/
2 – L’argumentum ex concessis è una tecnica retorica e logica in cui un interlocutore utilizza le premesse, gli argomenti o le affermazioni accettate dall’avversario per costruire la propria argomentazione, spesso per confutarlo o dimostrare l’incoerenza della sua posizione. Questa strategia si basa sull’idea di accettare temporaneamente le affermazioni dell’avversario (le “concessioni”) e usarle per derivare conclusioni che lo mettono in difficoltà o avvalorano la propria tesi.
3 – «You don’t take something so rich in beauty and start stripping away the beautiful elements without having a negative effect.» Cfr. https://x.com/mljhaynes/status/1954919906492747838
4 – Zip it, in inglese. Cfr. https://www.radiospada.org/2025/09/leone-xiv-lipotesi-zip-e-la-contropartita-per-i-conservatori-una-strategia-gia-tentata-e-che-lascia-perplessi-in-7-punti/
5 –Trad Inc è l’espressione americana – che si potrebbe tradurre in italiano con Tradizione Spa – con la quale si indicano i fedeli e i blog di area conservatrice organizzati come aziende, che agiscono secondo logiche di mercato nella dipendenza dagli azionisti.
6 – San Vincenzo di Lerino Commonitorium, 2
7 – In italiano: Nella stessa Chiesa cattolica, bisogna avere la massima cura di mantenere ciò che è stato creduto sempre, ovunque e da tutti; questo è infatti veramente e propriamente cattolico.

11 commenti:

Anonimo ha detto...

“Sono tempi cattivi, dicono gli uomini. Vivano bene ed i tempi saranno buoni. Noi siamo i tempi.”

Sant'Agostino

Laurentius ha detto...

Grazie di cuore, Monsignore, per codesto suo eccellente intervento. Da incorniciare.
Che Maria Santissima Bambina la benedica e protegga sempre.

Anonimo ha detto...

Interessante la figura che non conoscevo di Mons. Joseph Fenton, consigliere teologico del Card. Ottaviani durante il CVII. Peccato che i suoi diari del concilio non siano stati tradotti in italiano. Monsignore rimase quasi scioccato dall'andamento del Concilio, che comprese avrebbe significato la fine del cattolicesimo per come l'avevamo sempre visto.
Molto duro il suo giudizio sui pontefici post san Pio X (deboli e progressisti, che hanno consentito la proliferazione di figure inadatte alla missione ecclesiastica). Lasciò questo mondo pochi mesi prima dell'avvento della nuova liturgia (1969). Il suo profondo rispetto alla figura papale non gli permise di mettere in discussione l'autorità di Paolo VI.

Anonimo ha detto...

Questo comporta che alla Messa Cattolica sia sfondo e cornice un vivere cattolico, che è severo. Questo rigore è ancora meno conosciuto di quanto la Messa Cattolica è conosciuta. Un'ora fa ho ascoltato, nelle notizie, il compianto mondiale per la morte di Giogio Armani, ben poco sapevo di tutte le sue iniziative, ma sempre avevo guardato con piacere i suoi abiti maschili e femminili che vedevo sui cartelloni appesi su un muro di una casa, in uno slargo, a Milano. Questo bambino deve essere nato in una famiglia cattolica, metà circa degli anni trenta del secolo scorso, quando non si poteva non essere cattolici, anche se liberali o comunisti. Una moda semplice aristocratica. Le nostre Chiese, affreschi, statue, cupole, colonnati, sì sì, no no, gloria a Dio e insegnamento agli uomini.Benedetto Croce bambino veniva portato dalla mamma durante le passeggiate a visitare le chiese. Generazioni e generazioni prima degli anni sessanta del secolo scorso, quando ancora per molti tutto era come era sempre stato. Questa divagazione per dire che la Chiesa, nel suo rito Cattolico, nel suo insegnamento integralmente cattolico ha insegnato a tutti vicini e lontani, terra di artisti, poeti, naviganti ...filosofi e stilisti. Solo quando la Chiesa tornerà ad essere se stessa,nel rito Suo di sempre e nel Catechismo Suo di sempre, solo allora il mondo intero migliorerà e anche se non tutto migliorerà, tutti respireranno un'aria buona, bella, portatrice del vero e del giusto.

Anonimo ha detto...

Mgr Fenton n'était pas le seul à penser que Paul VI n'avait aucune responsabilité dans les dérives post-conciliaires ! C'était le cas de la plupart des analystes religieux de l'époque. Ah ! Si le Pape savait ça ! Ah ! S'il était informé ! Il ne permettrait pas, etc., etc. Jamais il ne leur serait venu à l'esprit que Paul VI pût être le premier responsable du désastre. Des siècles de papolâtrie avaient complètement formaté les esprits : le Pape, quoi qu'il fasse, est toujours non seulement infaillible mais irréprochable, point final…

mic ha detto...

Una riflessione di Corrado Gnerre sul caso di don Leonardo Pompei
https://m.youtube.com/watch?v=y8Uco7-aiEk&

mic ha detto...

È difficile- o piuttosto impossibile ad un parroco che, per amore della Verità cattolica, non intenda sottostare a certi diktat "pastorali": tipo la comunione sulle mani o la benedizione a coppie omo... Tutto dipende dalla permissività o dalla intransigenza dei vescovi; il che non garantisce l'oggettiva adesione ai principi immutabili e crea una dicotomia sempre più grave ed evidente... Mala tempora, non c'è dubbio, innanzitutto per i sacerdoti e poi per i fedeli!

Anonimo ha detto...

Saranno 40 anni che sento questi mugugni, ma nessuna soluzione pratica.
Bisogna iniziare a istruire prima i sacerdoti e i religiosi, che spesso vengono indottrinati a disprezzare organo, polifonia e gregoriano (e non solo). Sono loro il vero ostacolo al miglioramento della musica di chiesa e all'autentica evangelizzazione.

by Tripudio ha detto...

Mugugni? Già il titolo mi sembra sufficiente spiegazione: argumentum ex concessis. È una fallacia argomentativa partire dagli assunti del proprio interlocutore, al solo scopo di cavarne un permessino per il proprio orticello. E quindi "mugugni" resteranno, finché i tanti "sacerdoti e religiosi" indottrinati non apriranno gli occhi (ma solitamente ciò costa loro la carriera - come il recentissimo caso del don Leonardo Maria Pompei).

Anonimo ha detto...

In merito alla diretta di Don Leonardo Maria Pompei, voglio esprimere il mio pensiero con le parole di un bravissimo ed edificante sacerdote che celebra tutte le domeniche la Messa in Rito Antico a Vocogno Don Alberto Secci e che invito Don Leonardo a contattare per un confronto fruttuoso ed equilibrato per il bene suo e delle anime che, ahimè, lo seguiranno in questa sua triste scelta.

“Dobbiamo stare attenti a non spiritualizzare questa ricerca della Tradizione. Occorre riconoscere che dall’Incarnazione di Cristo, dall’incarnazione di Dio, discendono i tre aspetti. Il sacramentale: e facciamo bene a difendere l’integrità dei sacramenti. Il gerarchico: non possiamo essere dei rivoluzionari nella Chiesa, e dobbiamo riconoscere che la Chiesa è visibile e che ha una gerarchia, anche quando la gerarchia non esercita pienamente la sua autorità; noi siamo in una crisi così: ci sono vescovi che non fanno i vescovi, ci sono preti che non fanno i preti, ci può essere il Papa che non sempre esercita con coraggio il mandato petrino, ma nonostante questo occorre riconoscere l’aspetto gerarchico. Come anche bisogna riconoscere l’aspetto ascetico: non è perché la Chiesa è in crisi, che io non debba farmi santo, che io non debba rinunciare al peccato, e non debba domandare la grazia di una vera conversione, e lavorare faticando, perché questa conversione avvenga in me, soprattutto in me, oltre a pregare perché avvenga negli altri e nella Chiesa tutta. Stiamo attenti allora a non ridurre in senso protestantico la lotta per la Tradizione, a non essere i protestanti della Tradizione.

Don Alberto Secci

Anonimo ha detto...

Don Alberto Secci dice che bisogna riconoscere l'aspetto gerarchico. Ben detto. Ma ubbidire ad una gerarchia eretica e che impone ai sacerdoti pratiche pastorali eretiche o la sinodalita'? Qui casca l'asino...
Ci troviamo infatti in una situazione molto simile a quella dell'Inghilterra del 1500, quando Enrico VIII prima si separò da Roma, poi Elisabetta I provvide ad importare dottrine eretiche calviniste. In quel frangente ai vescovi, ai preti ed anche ai semplici laici si pose il dilemma a chi obbedire, se al re e regina o alla propria coscienza. Molti si piegarono, gli altri furono martirizzati dopo aver vissuto e celebrato i sacramenti cattolici nella clandestinità.
Oggi la nostra situazione è simile, con la differenza che il dilemma è tra obbedire a Gesù Cristo e alla propria coscienza oppure alla Chiesa Sinodalica Bergoglionica, che solo in apparenza ha qualcosa da spartire con la vera Chiesa Cattolica mentre di fatto la usurpa.
Le soluzioni sono molteplici e purtroppo non tutti hanno la lucidità e il coraggio di un Mons Viganò. Un bravo a don Leonardo Maria Pompei, che paga per non essersi piegato ai diktat pretestuosi del suo vescovo.
Ma si sa, sono furiosi perché in 55 anni non sono riusciti ad eradicare la Messa antica, nonostante sforzi immani ed energie profuse a volontà.