Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 14 settembre 2025

I media vaticani e la Curia bergogliana: un'egemonia che minaccia la voce di Leone

Nella nostra  traduzione da Remnant la visuale di: Gaetano Masciullo, Corrispondente Remnant - Italia. Da un lato, l'apparato bergogliano continua a portare avanti la sua agenda progressista; dall'altro, un Pontefice riflessivo, impegnato a preservare la coesione della Chiesa. Sullo sfondo, incombe un sistema mediatico vaticano elitario e politicizzato, che minaccia di influenzare i fedeli e l'opinione pubblica attraverso narrazioni preconfezionate.

I media vaticani e la Curia bergogliana:
un'egemonia che minaccia la voce di Leone


Come questo scribacchino ha tentato di descrivere in molti altri articoli, esiste attualmente una profonda dissonanza all'interno del Vaticano tra la Curia e il Papa. La prima è interamente opera di Francesco ed è guidata dall'obiettivo di portare avanti la cosiddetta agenda di San Gallo, ovvero riformare (leggi: rivoluzionare) la Chiesa cattolica in direzione progressista, anche se ciò significa contraddire e nascondere sotto il tappeto la dottrina tramandata dagli apostoli e dai loro successori episcopali nel corso di duemila anni. Sinodalità, ecumenismo, ambientalismo, fraternità universale, diaconato femminile, omosessualismo e permissivismo sessuale: questi sono i temi principali su cui si sta premendo l'acceleratore.

Come'è ormai noto, Bergoglio fu il candidato sostenuto dal Gruppo di San Gallo nei conclavi del 2005 e del 2013 (qui - qui e precedenti). Tuttavia, una volta salito alla Cattedra di San Pietro, si comportò come un “cavallo selvaggio”, determinato a imporre la propria visione della Chiesa – un'agenda indipendente da quella di San Gallo, seppur in gran parte compatibile con essa.

La tensione in Vaticano è palpabile. I membri della Curia sperano di essere confermati nei loro ruoli, ma i dossier che si accumulano sulla scrivania del Santo Padre sono numerosi e consistenti. A differenza di Francesco, Papa Leone non è impulsivo; è riflessivo, metodico e incline ad ascoltare tutti e a chiedere consiglio a molti.

Dopo la morte di Bergoglio, la sua Curia ha continuato a operare come se fosse ancora vivo. Anzi, per certi versi, con ancora maggiore slancio e libertà – come dimostra l'entusiasmo di Pietro Parolin, il Segretario di Stato nominato da Francesco, che tuttavia ha spesso mostrato insofferenza per il limitato margine di manovra concesso dal Pontefice argentino alla diplomazia ufficiale della Santa Sede. Allo stesso tempo, la Curia bergogliana teme ora che Leone possa agire o insegnare in modi che mettono in discussione quanto finora è stato faticosamente accumulato, frammentato, assorbito e scomposto. Per questo stiamo assistendo a un'ondata di dichiarazioni mediatiche volte a rassicurare l'opinione pubblica : c'è piena continuità tra Francesco e Leone!
Le cose, tuttavia, sono molto più complesse e la tensione in Vaticano è palpabile. I membri della Curia sperano di essere confermati nei loro ruoli, ma i dossier che si accumulano sulla scrivania del Santo Padre sono numerosi e consistenti. A differenza di Francesco, Papa Leone non è impulsivo; è riflessivo, metodico e incline ad ascoltare tutti e a chiedere consiglio a molti. Vedremo cosa succederà quando arriverà il momento della decisione.
Va sottolineato che, secondo il diritto canonico, i membri della Curia agiscono in persona Papae , cioè operano in nome e con l'autorità del Papa. Esercitano il potere ordinario, ma in forma vicaria, come esplicitamente confermato dalla costituzione apostolica Praedicate Evangelium (cfr. II.5). In pratica, ciò significa che ogni atto ufficiale compiuto dai funzionari curiali è parte integrante dell'attività di governo o di insegnamento del Papa, e deve essere considerato come compiuto dal Papa stesso. Ciò rende la situazione attuale ancora più delicata: se c'è una divergenza tra le intenzioni del Papa e quelle della Curia, come può quest'ultima rimanere coerente nella sua funzione? Il rischio è una sorta di schizofrenia istituzionale.

Se la Curia è determinata a spingere per la rivoluzione a tutti i costi, Papa Leone cerca invece di mantenere la Chiesa "coesa". Sembra disposto a tollerare sia il diavolo che l'acqua santa al suo interno, forse ridimensionando leggermente il primo. Eppure, una simile strategia, a lungo termine, potrebbe lasciare molto a desiderare.

Oltre alla Curia, l'intero apparato comunicativo – saldamente plasmato dall'impronta bergogliana – è rimasto attivo in Vaticano. Questo tema, tanto delicato quanto cruciale, è stato finora affrontato solo da una manciata di persone direttamente coinvolte. In Italia, solo i giornalisti Nico Spuntoni e Francesco Capozza ne hanno parlato.

In genere, sebbene non vi sia alcun obbligo formale, coloro che scrivono di affari ecclesiastici sono accreditati presso la Sala Stampa della Santa Sede. Tutti i corrispondenti accreditati possono – almeno in teoria – partecipare a vari eventi in cui è presente il Papa, purché ne diano preavviso.

Dico "in teoria" perché, secondo quanto affermato dai giornalisti italiani sopra menzionati, la situazione è cambiata negli ultimi anni. Durante il pontificato di Francesco, a un'associazione privata è stato concesso l'accesso esclusivo agli eventi più importanti e delicati che coinvolgevano il Papa, emarginando di fatto migliaia di giornalisti accreditati da tutto il mondo. Il nome di questa associazione è AIGAV, l'Associazione Internazionale dei Giornalisti Accreditati in Vaticano.

Un club esclusivo, si potrebbe dire, composto da soli 250 giornalisti accuratamente selezionati dalla sua presidente, la giornalista messicana Valentina Alazraki. Amica intima di Bergoglio – inutile dirlo – che lo ha accompagnato in tutti i suoi viaggi apostolici. Lui la chiamava , in modo non privo di significato, “la decana”. Accanto a lei, un ristrettissimo consiglio direttivo guida l’AIGAV e collabora alla scelta dei suoi membri. Secondo il vaticanista Francesco Capozza, che scrive su Il Tempo, i selezionati per entrare a far parte di questo club sono esclusivamente corrispondenti “di dichiarata fede progressista”.

Insomma, sembra che il mondo della comunicazione vaticano resti strettamente legato alla Curia ancora bergogliana.

Nico Spuntoni, corrispondente vaticanista de La Nuova Bussola Quotidiana , ha espresso critiche a questo circolo mediatico d'élite fin dai primi giorni del nuovo pontificato. Dopo l'incontro di Papa Leone con i rappresentanti dei media riuniti a Roma per il Conclave, Spuntoni ha scritto che "il Dicastero per la Comunicazione, uno dei dicasteri più costosi della Santa Sede, si è dimostrato inadeguato, anche nel momento più cruciale". Nonostante l'inefficienza dimostrata dalla Sala Stampa e dal suo direttore, Matteo Bruni, affiliato a Sant'Egidio, "i pesi massimi della comunicazione vaticana dell'era bergogliana erano in prima linea, a celebrare se stessi" davanti a Prevost, anche se "la maggior parte di loro aveva dato per scontato (e sperato) che il volto più familiare di Pietro Parolin sarebbe apparso sul balcone centrale".

Spuntoni ha inoltre sottolineato che "le prime file erano accuratamente riservate a dirigenti televisivi, direttori di giornali un tempo anticlericali e una manciata di giornalisti vaticani (per lo più italiani)". Un resoconto simile è stato offerto da Capozza su Il Tempo , il quale ha riferito che durante il primo incontro di Papa Leone XIV con il corpo stampa, "solo pochi eletti - naturalmente dell'AIGAV - furono ammessi in prima fila (separati da una barriera dagli altri) e fu loro concesso l'accesso alla stretta di mano papale". Secondo Capozza, anche alla "Messa nei giardini di Castel Gandolfo a cui partecipò il presidente ucraino Zelensky, erano presenti solo cinque giornalisti - tutti esclusivamente affiliati all'AIGAV".

Insomma, sembra che il mondo della comunicazione vaticano rimanga strettamente legato alla Curia ancora bergogliana. Tra l'altro, secondo le mie fonti, tra i nomi "scelti" dai vertici dell'AIGAV per occupare le prime file durante la prima udienza stampa di Papa Leone c'era anche quello di Elise Ann Allen, corrispondente di Crux e neo-nominata biografa di Papa Leone, scelta (o forse suggerita da qualcuno) per il ruolo. Una coincidenza, a dir poco, che fa storcere il naso.

È il regno dell'ambiguità orchestrata, che semina confusione tra i fedeli e ne mina la fiducia nella Chiesa. Se Leone XIV vuole davvero salvaguardare la coesione ecclesiale – e persino difendere l'integrità della fede – deve necessariamente intervenire anche su questo fronte, restituendo dignità e libertà alla sfera comunicativa vaticana.

Durante il pontificato di Francesco, le comunicazioni vaticane operavano in modo da nascondere gli scandali e amplificare le voci dei modernisti più radicali. Oggi, questa struttura mediatica non è più un'entità autonoma; esiste in simbiosi con la Curia, che – come è stato ripetutamente osservato – porta ancora l'impronta di Francesco. Questa casta mediatica rispecchia la logica della Curia e ne tutela gli interessi. Finché questa Curia durerà, il suo apparato mediatico continuerà a esercitare influenza e potere.

Comprensibilmente, Papa Leone XIV si trova ad affrontare e risolvere sfide ben più urgenti. Tuttavia, la questione delle comunicazioni vaticane e del monopolio dell'informazione non può essere trascurata, poiché pone un problema di immensa rilevanza ecclesiale e pastorale. Se la Chiesa è, per istituzione divina, custode e maestra della Verità, non può permettersi di delegare la gestione della propria immagine pubblica a ristrette élite mediatiche chiaramente ideologicamente motivate.

Il Santo Padre dovrebbe trovare il tempo e la forza di affrontare seriamente la questione e verificare se quanto emerso finora corrisponde a verità – perché non si tratta solo di dinamiche giornalistiche, ma di una vera e propria discriminazione nei confronti dei giornalisti “meno allineati”, cioè di coloro che rifiutano di conformarsi a un quadro progressista preconfezionato. I bergogliani sanno bene che controllare l’opinione pubblica significa influenzare milioni di fedeli e plasmare – almeno in apparenza – l’immagine della Chiesa.

L'era dell'informazione è, soprattutto, l'era della disinformazione. Con il controllo sui canali di comunicazione, si possono costruire false narrazioni, distorcere discorsi e documenti, e far apparire che il Papa abbia detto qualcosa quando, in realtà, ha detto esattamente il contrario. È il regno dell'ambiguità orchestrata, che semina confusione tra i fedeli e mina la loro fiducia nella Chiesa.

Se Leone XIV vuole davvero salvaguardare la coesione ecclesiale – e persino difendere l’integrità della fede – deve necessariamente intervenire anche su questo fronte, restituendo dignità e libertà alla sfera comunicativa vaticana. Non si tratta solo di trasparenza, ma di giustizia e fedeltà alla missione affidata da Cristo alla sua Chiesa: annunciare la verità del Vangelo senza veli né ipocrisie, senza manipolazioni né censure.

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

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NB. Per la nuova piattaforma già inizializzata, sto ancora cercando di organizzarmi, con qualche difficoltà, sotto il profilo tecnico. Spero di risolvere a breve e comunicarvi il tutto.
Intanto, hic manebimus, con profitto sotto l'aspetto dei contenuti, per ora...

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ne parla anche la stampa
https://www.repubblica.it/cronaca/2025/09/12/news/battaglia_messa_latino_papa_leone_cardinale_burke-424841969/