Mons. Carlo Maria Viganò
Cujus ævum, ejust et religio
Alcune precisazioni dopo un fuorviante articolo di Blase Cupich `{`1`}` `{`2`}`
Infatti, i veri amici del popolo
non sono né rivoluzionari né innovatori,
ma tradizionalisti.
San Pio X, Notre Charge Apostolique
non sono né rivoluzionari né innovatori,
ma tradizionalisti.
San Pio X, Notre Charge Apostolique
Ricordo bene quando, nel 2014, Bergoglio decise di nominare Blase Cupich Arcivescovo di Chicago: fu una nomina tutta sua in cui come Nunzio Apostolico non fui minimamente coinvolto. Quando prese possesso della Cattedra di Chicago, inaugurò il suo ministero con l’arroganza e la presunzione che lo caratterizzano, dicendo ai fedeli che non potevano aspettarsi da lui che fosse in grado di camminare sulle acque. La sua appartenenza alla lavender mafia e al cerchio magico del predatore seriale Theodore McCarrick (insieme a Wuerl, Farrell, McElroy, Gregory, Tobin, per citare solo loro) fanno di lui uno dei peggiori esponenti della chiesa woke americana e un orgoglioso alleato della Sinistra globalista e LGBTQ+. Il suo livello di corruzione e la sua azione di insabbiamento degli scandali sessuali e finanziari dei suoi sodali – tra i quali il predecessore Joseph Bernardin – sono ben noti tanto ai tribunali civili americani quanto alla Curia Romana. Ma sappiamo bene che nella chiesa conciliare e sinodale quanto più un Prelato è corrotto e ricattabile, tanto più ha prospettive di ascendere ai vertici della Gerarchia dove poter fare il maggior danno. Non a caso Bergoglio lo creò Cardinale nel 2016. Nel Febbraio 2019, in occasione del Summit sulla protezione dei minori, convocato da Bergoglio in Vaticano a pochi mesi dalla pubblicazione del mio dirompente Memoriale (qui), fu proprio Cupich, nelle vesti di Presidente della Commissione per la protezione dei minori della Conferenza episcopale degli Stati Uniti, a deplorare le vicende del caso McCarrick, come se ne fosse stato del tutto estraneo e non avesse dovuto “allo zio Ted” [3] la propria carriera ecclesiastica. Tenuto conto dell’occultamento di notitiæ criminis di cui Cupich si è reso responsabile a Chicago, sentirlo affermare che «la segnalazione di un reato non dovrebbe essere ostacolata dalle “regole di segretezza o riservatezza”» ha del surreale [4].
Lo scorso 3 Settembre, sul giornale dell’Arcidiocesi di Chicago, Blase Cupich [2] è riuscito a collezionare una serie di imbarazzanti figuracce, nel tentativo di accusare la Chiesa Cattolica di aver adulterato l’originaria purezza della Liturgia, che il Vaticano II le avrebbe restituito con la riforma liturgica montiniana. Questo è infatti il nuovo compito che i suoi padroni gli hanno affidato, in continuità con gli incarichi precedenti. Il passaggio da Bergoglio a Leone – alla cui apparizione alla Loggia Cupich godeva di soddisfazione – non ha rappresentato per lui alcun cambiamento né tantomeno un’estromissione.
Scrive Cupich:
Per molti versi, la riforma è stata un recupero delle verità di fede, che nel tempo erano state oscurate da una serie di adattamenti e influenze che riflettevano l’espansione del rapporto della Chiesa con il potere secolare e la società. In particolare durante il periodo carolingio (VII-IX secolo) e barocco (XVII-XVIII secolo), furono inseriti nella liturgia numerosi adattamenti che incorporavano elementi delle corti imperiali e reali, trasformando l’estetica e il significato della liturgia. La liturgia divenne quindi più uno spettacolo che la partecipazione attiva di tutti i battezzati all’azione salvifica di Cristo crocifisso.
Questi temi, propri di ambienti protestanti, si basano notoriamente su una falsificazione storica. L’idea di una crescita “tumorale” del cerimoniale della Messa è falsa e deviante, oltreché temeraria e offensiva verso la Chiesa Cattolica Romana. E falsa è anche l’affermazione che la spoliazione dei riti e delle cerimonie ad opera della cosiddetta riforma conciliare sia consistita – usando le parole di Cupich – in “una correzione di questi adattamenti liturgici carolingi e barocchi attraverso il ripristino dell’enfasi originale della liturgia sulla partecipazione attiva dei laici e su una nobile semplicità. Queste riforme erano una risposta diretta ai secoli di sviluppo che avevano erroneamente trasformato la Messa da evento comunitario in uno spettacolo più clericale, complesso e drammatico.”
Ancora più falsa e temeraria è l’idea che la riforma conciliare abbia permesso il recupero delle verità di fede, che nel tempo erano state oscurate, quando è palese che questo oscuramento è stato invece ottenuto col Novus Ordo, come dimostra anche un confronto superficiale dei due riti.
Le accuse di Cupich non fanno che riproporre quanto gli eretici – specialmente protestanti e modernisti – avevano già sostenuto, dimostrando con questi una continuità ideologica che da sola è sufficiente a demolire ogni credibilità. Già nel 1794 – solo cinque anni dopo la Rivoluzione francese – il Conciliabolo di Pistoia aveva pescato a piene mani nel repertorio dei Calvinisti, meritando la condanna di Pio VI non solo degli errori dottrinali di quel Sinodo illegittimo, ma anche delle sue deviazioni in campo liturgico [5].
Secondo Cupich, il Vaticano II avrebbe permesso “il ripristino dell’enfasi originale della liturgia sulla partecipazione attiva dei laici e su una nobile semplicità”. Con questa affermazione, tuttavia, egli rivendica anche il rovesciamento dell’impostazione teocentrica (e quindi cristocentrica) della Liturgia apostolica, trasformata dal Concilio in espressione cultuale di un vero e proprio cambiamento dottrinale in senso antropocentrico. La Chiesa monarchica è stata sostituita da una chiesa collegiale (con Lumen Gentium) e sinodale, capace di “rileggere il Papato in chiave ecumenica”. Ci troviamo davanti al compimento dell’attacco della Rivoluzione contro l’altare, dopo aver portato a termine quello contro il trono: la cancellazione delle Monarchie di diritto divino era il preludio alla cancellazione della Monarchia divina di Nostro Signore e di quella sacra del Papato.
La visione antropologica del Modernismo afferma che Dio è la proiezione di un’immagine creata dall’uomo a seconda dei suoi bisogni contingenti. Il Modernismo non crede in una Rivelazione divina, ma nella proiezione di un bisogno umano contingente e mutevole [6]. Torniamo alla vecchia teoria dei cosiddetti Novatori, secondo cui la purezza primitiva della Chiesa sarebbe venuta meno proprio quando essa ha saggiamente esplicitato nell’azione sacra quegli aspetti della dottrina che venivano negati da nuove eresie. Il ritorno alla “chiesa del primo millennio” che costoro auspicano è chiaramente pretestuoso e strumentale. Voler riportare la Chiesa – forte nel vigore del Corpo Mistico dopo secoli di eresie e scismi – a quella fantomatica nobile semplicità di quand’era ancora in fasce significa dunque esporla consapevolmente al contagio degli errori dai quali si sarebbe poi immunizzata, e al contempo non trovare nel suo Magistero quelle condanne delle eresie che si sarebbero propagate successivamente. Significa, in sostanza, volere il male della Chiesa, solo per non contraddire la propria farneticante visione modernista e non rendere ancora più evidente la propria malafede.
A suggellare sin dalle prime righe del suo intervento l’inanità di un tema ampiamente confutato sin da quando era appannaggio dei Calvinisti, Cupich ricorre ad una citazione di The Vindication of Tradition (1984) di Jaroslav Pelikan, “teologo” americano protestante con il quale Cupich condivide l’enfasi sull’ecumenismo, sullo sviluppo storico delle dottrine e sull’interpretazione dinamica della fede: un perfetto campione di sinodalità ecumenica, o di ecumenismo sinodale.
L’aforisma di Pelikan è questo: “La tradizione è la fede viva dei morti; il tradizionalismo è la fede morta dei vivi”. Da come esso è formulato – al di là dell’artificio retorico basato su uno slogan ad effetto – la tradizione sarebbe o fede viva dei morti o fede morta dei vivi. Per il Cattolico, invece, la Tradizione consiste appunto nel tradere, nel ricevere e consegnare intatta la Verità contenuta nelle Sacre Scritture o nelle tradizioni non scritte, raccolte dagli Apostoli dalla bocca dello stesso Cristo, o trasmesse come di mano in mano dagli Apostoli stessi sotto la dettatura dello Spirito Santo […] e conservate nella Chiesa Cattolica con successione ininterrotta. [7]
Nella semplificazione volutamente omissoria di Cupich, il tradizionalismo è culto dell’antico, da parte di superstiti nostalgici; e la Tradizione è tradimento dell’antico mediante l’evoluzione dei dogmi, in nome del progresso. Per il Cattolico, il tradizionalismo è invece la naturale espressione sociale – civile e religiosa – della Tradizione. Essere Cattolici significa essere tradizionalisti, come appunto ricordava Papa Pio X, e riconoscere nella Tradizione e nella Sacra Scrittura le due fonti della divina Rivelazione – di cui è sola depositaria e custode infallibile la Santa Chiesa Cattolica Romana – senza cadere nell’eresia luterana della Sola Scriptura.
È evidente che questo articolo costituisce una dichiarazione di guerra alla Tradizione. E sappiamo bene quanto certi avvertimenti mafiosi trovino facilmente zelanti cortigiani pronti a criminalizzare e ostracizzare i no-Vat [8], trattati dalla Gerarchia con la stessa crudeltà e lo stesso cinismo con cui i governanti civili hanno perseguitato chi si è opposto alla farsa psicopandemica o chi si oppone oggi alla frode climatica.
Se Cupich ha ritenuto opportuno esporsi sul periodico diocesano con un tale, imbarazzante intervento è perché egli considera i “tradizionalisti” non più con il disprezzo che sino a qualche tempo fa i Novatori riservavano a una trascurabile minoranza senza voce, ma con la preoccupazione di chi vede sempre più minacciata la propria usurpazione del potere nella Chiesa.
Rimane un ultimo interrogativo: chi sono i “tradizionalisti”, oggi, nella Chiesa?
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
12 Settembre MMXXV
S.cti Nominis Beatæ Mariæ Virginis
_________________________
1 – L’adagio Cujus regio, ejus et religio, coniato dopo la Pace di Augusta del 1555 tra Carlo V e i principi tedeschi, sanciva che la religione di una nazione dovesse essere quella del suo sovrano. In pratica, i sudditi dovevano seguire la confessione religiosa (cattolicesimo o luteranesimo) del loro principe o re. Questo principio dava ai governanti il potere di determinare la religione ufficiale del loro regno. Nell’adattamento Cujus ævum, ejus et religio intendo invece che la religione è quella richiesta dal momento storico, secondo i principi ereticali dell’evoluzione dei dogmi.
2 – Card. Blase Cupich, Tradition vs. traditionalism, in Chicago Catholic, 3 Settembre 2025 – Cfr. https://www.chicagocatholic.com/cardinal-blase-j.-cupich/-/article/2025/09/03/tradition-vs-traditionalism
3 – Ricordo che McCarrick chiamava nipoti coloro di cui abusava sessualmente.
4 – Cfr. https://retelabuso.org/2019/02/23/abusi-la-proposta-cupich-i-vescovi-rendano-conto-al-metropolita/
5 – Cfr. Pio IX, Bolla Auctorem Fidei, 28 Agosto 1794 a condanna degli errori del conciliabolo di Pistoia. In particolare la condanna delle proposizioni I, XXXIII e LXVI. Cfr. https://www.vatican.va/content/pius-vi/it/documents/bolla-auctorem-fidei-28-agosto-1794.html
6 – Faccio notare che questa visione immanentista del divino non è, in ultima analisi, una eresia vera e propria, ma una forma dissimulata di ateismo, perché considera Dio come “creatura” dell’uomo, rispondente alla mutevolezza delle circostanze. In tal senso la definizione che San Pio X diede del Modernismo come “cloaca di tutte le eresie” si mostra quantomai appropriata.
7 – Conc. Trid., Sess. IV.
8 – Mi si perdoni questo neologismo, con il quale designo genericamente coloro che denunciano il Concilio Vaticano II.
2 commenti:
Ottimo intervento, che così si conclude:
"Rimane un ultimo interrogativo: chi sono i “tradizionalisti”, oggi, nella Chiesa?"
Ricordo uno spezzone di un film, forse 20 anni fa, francese? Non so. La trama girava intorno ai cori di voci bianche, di una o più chiese, dove alcune voci bianche erano mantenute tali con la castrazione. Capita la solfa in tempo sono uscita. Quindi molto ha fatto il cinema per screditare la Chiesa come era prima del CVII.Quanti in ogni campo hanno conosciuto una vulgata storica di questo e quello attraverso il cinema? Quanto il cinema ha preparato le menti per accompagnare i cambiamenti della morale? BXVI sosteneva che i media avevano alterato il CVII, non sarà stato invece che lo hanno accompagnato? Sostenuto? Esemplificato? Del senno di poi...!!! Ora però è tempo di parlar chiaro.Senza animosità, confrontando il prima con il poi attraverso i fatti.
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