Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 17 novembre 2025

La Ferrari e il triciclo. Ovvero perché dire no al patto scellerato sul rito tradizionale

Un articolo da non perdere che stavamo traducendo. Ma ci ha preceduti Duc in altum, da cui lo riprendiamo, completato con numerosi link di riferimento alle questioni evidenziate. 

La Ferrari e il triciclo. Ovvero perché dire no
al patto scellerato sul rito tradizionale

di Chris Jackson

Michael Matt ci dà la “buona notizia”. Messa tradizionale sugli altari laterali di San Pietro e voci secondo cui Leone avrebbe “permesso ai vescovi di decidere autonomamente” riguardo al rito antico. “The Remnant” poi pubblica un editoriale che celebra il ritorno della santa messa tradizionale nella basilica del papa come l’inizio di un glorioso allentamento delle restrizioni. Continuate a pregare e a sperare: la messa tradizionale non verrà negata.

Caro lettore, se ti fossi appena svegliato da un coma iniziato nel 1970 potresti pensare che queste parole di “The Remnant” siano del 1988 o giù di lì. Roma ha mantenuto intatte tutte le novità dottrinali, però ha concesso un indulto liturgico attentamente controllato e il giornale della resistenza conservatrice dichiara che è stato fatto un passo nella giusta direzione.

L’unico problema è che non siamo nel 1988. Siamo nel 2025. Francesco è ormai apertamente canonizzato e intronizzato come santo patrono di Leone, “Amoris laetitia” [qui] e “Fiducia supplicans” [qui] sono in vigore, Tucho Fernández dirige il Dicastero per la dottrina della fede e vengono promossi vescovi che benedicono la sodomia e giocano con l’ordinazione delle donne, mentre le comunità tradizionali sono espulse dalle diocesi.

E in questo contesto la stampa “conservatrice” si prepara a vendere ciò che resta della sua credibilità per lo stesso miserabile indulgenza che un tempo aveva denunciato.

All’epoca, trentasette anni fa, l’Ecclesia Dei [ora soppressa sotto Bergoglio qui; le conseguenze temute qui -ndr] ci diede quello che i tradizionalisti ora ricordano come l’indulto del 1988. Un buon risultato, a prima vista. Ma in concreto, per fare un paragone automobilistico, non eravamo di fronte a una bella vettura sportiva, bensì a un triciclo di plastica. I vescovi, a loro discrezione, potevano lasciarci pedalare secondo il vecchio rito in angoli della diocesi accuratamente recintati, a patto che prima suonassimo il campanello e promettessimo totale fedeltà al Concilio Vaticano II e alla nuova ecclesiologia. Il superiore generale della FSSPX, padre Davide Pagliarani, ha spiegato l’accordo con brutale chiarezza: la vecchia messa era tollerata come una sorta di dose omeopatica di tradizione, somministrata al fine di riconciliare i dissidenti con il progetto postconciliare. Il “privilegio” era strumentale.

Il “Summorum Pontificum” migliorò brevemente quel veicolo. I sacerdoti potevano celebrare la messa tradizionale, e accogliere le giovani famiglie che accorrevano, senza stare a supplicare l’ordinario locale. E per un attimo sembrò davvero che nel vialetto fosse posteggiata una Ferrari. Non solo: sembrava che la Ferrari fosse di nuovo l’auto di famiglia e non un giocattolo da tirare fuori in certe occasioni e sotto condizione.

Poi la “Traditionis custodes” e le lettere di Roche [vedi indice articoli] hanno chiuso la porta del garage. Ci hanno detto in parole povere ciò che era sempre stato vero in linea di principio: la messa tridentina è consentita solo a condizione di accettare il Vaticano II, la nuova teologia e il novus ordo come “espressione unica” del rito romano.

E ora, dopo che abbiamo vissuto questa storia, dovremmo esultare perché Leone potrebbe forse, gentilmente, restituirci il triciclo del 1988? Sotto Benedetto avevamo la Ferrari nel vialetto. La vecchia messa era riconosciuta dalla legge: le chiavi erano infilate nel cruscotto e bastava accendere il motore. Ma Francesco e Leone le hanno confiscate e hanno chiuso il garage. Ora, se prometti di tenere la Ferrari chiusa lì dentro, Leone lascia intendere che potrebbe frugare nella soffitta del Vaticano, tirare fuori il triciclo sbiadito dal sole, dargli una spolverata, impacchettarla e mettere un bel nastro sul manubrio. E Michael Matt vi dice che questo è un miracolo di Natale!

Nel giugno scorso scrissi che Leone avrebbe probabilmente adottato una via di mezzo e ripristinato l’indulto del 1988, lasciando l’autorizzazione per la messa tridentina interamente al vescovo locale. Non era una profezia. Era solo una lettura attenta della situazione. Leone vuole continuità con Francesco ma senza apparire come il suo carceriere. I vescovi di sinistra vogliono la morte della messa tradizionale. I cardinali conservatori vogliono una foglia di fico per poter proclamare ai loro fedeli di aver salvato la Messa antica, ma lasciando intatta la teologia bergogliana. Quindi si crea una via di mezzo che faccia comodo a tutti.

Eccoci: messe sugli altari laterali in San Pietro [qui] e qualche permesso in diocesi sicure. Il nuovo quadro sembra improntato alla misericordia e al decentramento, ma lascia tutto nelle mani degli stessi vescovi che hanno già mostrato che cosa intendono fare.

Due mesi fa ho detto ad alta voce quello che chiunque avesse un briciolo di sensibilità poteva vedere. La novena per il centenario di Fatima promossa dal cardinale Burke [qui], con preghiere attentamente studiate, aveva tutta l’aria di una messinscena. Prima si preparano i cattolici tradizionalisti perché attendano una grande “risposta” dalla Madonna, poi, quando la risposta arriva, si schierano i media conservatori per esaltare il miracolo, infine Leone concede un allentamento in stile indulto e il gioco è fatto: la Madonna ci ha ascoltato, Leone ha ascoltato, i buoni cardinali sono stati prudenti. Vedete? Stare zitti e buoni funziona. Ma il tutto è solo teatro liturgico, utilizzato per santificare un patto politico.

Ciò che ora dice Michael Matt [un esempio qui] sembra un’autoparodia se ricordiamo la storia del suo giornale.

Torniamo al 2006. Benedetto è sul trono e il regime del 1988, che Matt ora considera un paradiso perduto, è in pieno vigore. L’indulto Ecclesia Dei di Giovanni Paolo II, la FSSP, l’Istituto di Cristo Re, le messe diocesane sotto condizione: questo il quadro. E in quel mondo Michael Matt è coautore, con John Vennari, di una scottante dichiarazione congiunta, “Su Roma e la Fraternità San Pio X”, in cui si ricorda che Ratzinger, sempre fedele alla nuova teologia modernista, non solo ha elogiato il Vaticano II come un “contro-Sillabo” ma ha insistito sul fatto che “non ci deve essere alcun ritorno al Sillabo”. Lo stesso Ratzinger il cui discorso del 22 dicembre 2005 sull’ermeneutica [vedi] della riforma nella continuità non può essere considerato motivo di grande speranza perché conferma l’idea della libertà religiosa in senso conciliare e riafferma il principio della “sana laicità”. Nel testo, i due autori affermano che Roma non ha fornito “alcuna prova chiara del suo attaccamento alla Roma di ieri” e non c’è stata nessuna azione che dimostri che “non ci devono essere innovazioni al di fuori della Tradizione”. Scrivono che il Vaticano II è “in gran parte un mucchio di documenti imperfetti” redatti da rivoluzionari e che solo l’intervento divino potrà riparare il disastro, e avvertono la FSSPX in modo chiaro e diretto: qualsiasi accordo con la “Roma odierna” sarebbe suicida. L’espressione che usano per una regolarizzazione sotto Benedetto è “la coda del diavolo”. Parlano di una “trappola giuridica” e paragonano il tutto all’Ostpolitik: proprio come Giovanni XXIII accettò di non condannare il comunismo in cambio di alcuni osservatori al Concilio, così la Roma moderna concederà volentieri ai tradizionalisti documenti canonici e una piccola nicchia tramite indulto, a patto che tacciano sul Vaticano II e la nuova messa. Campos e la Fraternità di San Pietro sono indicati come esempi ammonitori. Lo schema, dicono, è sempre lo stesso: portare dentro un gruppo tradizionale, mantenere la struttura del 1988, concedere quel tanto di status canonico e di accesso al vecchio rito che basta a mantenerli grati ma sempre sulla corda. Poi fare pressione su di loro dicendo che devono “mostrare unità”. Vietata la critica pubblica al Concilio. Punito ogni “spirito di ribellione”. Il latino? Concederlo solo a patto che smettano di attaccare la rivoluzione.

Matt definisce tutto questo “immorale”. Scambiare il silenzio sugli errori fondamentali con un piccolo apostolato sicuro è un tradimento del dovere militante della Chiesa. Concedere ai sacerdoti di celebrare la messa antica purché non vedano l’elefante nel santuario (il Concilio, la nuova teologia, il falso ecumenismo) è una barzelletta.

Ricordiamo il contesto. Benedetto, nonostante tutti i suoi difetti, è cento volte più amico della tradizione di quanto lo sia Leone. L’indulto del 1988 è intatto. Roma tollera gli istituti tradizionali. Alcuni vescovi concedono messe tradizionali proprio per paura della FSSPX. La situazione, per quanto grave, è di gran lunga migliore del regime di terra bruciata che Leone ha ereditato da Francesco e ha scelto di mantenere.

E in questo panorama, relativamente più morbido di quello attuale, Michael Matt avverte: il sistema degli indulti è una trappola. La regolarizzazione è una trappola. Essere integrati nella “realtà ecclesiale di oggi” sotto il Concilio Vaticano II è una trappola. Meglio rimanere ai margini, canonicamente “irregolari”, piuttosto che vendere la propria voce per un posto a tavola.

Ora facciamo un salto in avanti fino al 2025.

La teologia morale bergogliana è stata inscritta nel magistero. “Amoris laetitia” [qui] e “Fiducia supplicans” [qui] sono in vigore. Il Movimento missionario mondiale è stato espulso dalle parrocchie per decreto. Le comunità tradizionali sono state schiaffeggiate, sventrate o esiliate. Leone elogia Francesco, canonizza il suo programma e distribuisce qualche permesso per la messa sull’altare laterale come se fosse mangime gettato agli uccelli davanti alle telecamere.

E in questo contesto Michael Matt, lo stesso Michael Matt che una volta disse alla FSSPX che l’accordo del 1988-Ecclesia Dei era la “coda del diavolo”, che cosa fa? Improvvisamente inizia a desiderare… l’accordo del 1988-Ecclesia Dei!

All’epoca, Matt vedeva nell’indulto un pericoloso elemento pacificatore che induceva a barattare il latino per una nicchia. E oggi l’indulto sarebbe il premio. All’epoca, la Roma di Benedetto era troppo modernista per essere affidabile, anche in presenza di un quadro normativo già esistente e relativamente generoso. E oggi la Roma di Leone XIV sarebbe in qualche modo abbastanza affidabile da farci sperare che egli ripristini quello stesso quadro normativo a condizioni ancora peggiori.

Il Michael Matt di ieri diceva che accettare un indulto sotto un papa fedele al Concilio avrebbe neutralizzato la resistenza. Il Michael Matt di oggi dice che non accettare un indulto sotto un papa ancora più fedele al Concilio sarebbe da ingrati e miopi.

La teologia del Concilio non è migliorata. Il panorama morale non è migliorato. Il trattamento della tradizione non è migliorato. Anzi, semmai il quadro è peggiorato. Ci viene detto: smettetela di criticare Leone, smettetela di menzionare gli errori, abbassate i toni dell’opposizione pubblica, e in cambio otterrete un accesso più stabile al vecchio rito. E noi tradizionalisti dovremmo accettare?

Alla base di tutto il meccanismo c’è un solo fattore: la paura. Se un sacerdote, sotto il nuovo e scintillante indulto, predicasse direttamente contro “Fiducia supplicans”, “Amoris laetitia”, la sinodalità [qui], la mentalità di Abu Dhabi [qui] o la teatralità ecumenica di Leone, il vescovo potrebbe ritirargli il permesso in un solo pomeriggio. Gli stessi vescovi che hanno già sospeso le messe a Charlotte [a partire da qui], Knoxville, Detroit e in una dozzina di altre diocesi non diventeranno più buoni all’improvviso quando Roma dirà loro che la politica sulla messa tradizionale “dipende da voi”.

Così i sermoni diventeranno soft. Le omelie diventeranno “equilibrate”. Le verità più dure saranno espresse con eufemismi o non saranno espresse affatto. Le giovani famiglie guideranno per un’ora per andare al rito antico ma sentiranno le stesse banalità sull’accompagnamento, la coscienza e il cammino comune che avrebbero sentito alla messa delle 9 in parrocchia. Solo che le banalità saranno avvolte nei pizzi. Dopo vent’anni di un tale regime, i giovani adulti seduti in quei banchi non avranno mai sentito un sacerdote denunciare “Amoris laetitia” per nome o spiegare perché “Fiducia supplicans” è un insulto ai martiri della purezza. Non avranno mai sentito una critica seria all’ecumenismo del Vaticano II [qui] o alla nuova concezione della libertà religiosa [qui]. La forma esteriore sarà tradizionale, ma la formazione interiore sarà bergogliana.

Ecco è il vero prezzo da pagare per questo indulto: il graduale silenziamento di un’intera generazione di sacerdoti e laici, sotto la costante minaccia di perdere la santa messa tradizionale.

Non è necessario essere d’accordo con ogni posizione assunta dalla FSSPX per riconoscere che il superiore generale, padre Davide Pagliarani, ha detto la verità sulla struttura del gioco degli indulti. Ha ricordato a tutti che Ecclesia Dei e “Summorum Pontificum” si basano su una falsa premessa: che il vecchio rito e il nuovo rito siano semplicemente “due forme dell’unico rito romano”, coesistenti felicemente come stili diversi all’interno dello stesso quadro teologico [vedi Kwasniewski qui]. Una visione che richiede di accettare la libertà religiosa, l’ecumenismo, la collegialità, la nuova antropologia e l’intero apparato della cosiddetta “Tradizione vivente”.

Quando Benedetto tentò di far coesistere entrambi i riti, sperando che la liturgia tradizionale avrebbe lentamente “arricchito” quello riformato, la storia gli dimostrò che si sbagliava. La macchina dottrinale continuò a funzionare a pieno ritmo, e quando Francesco si stancò dell’esperimento non fece altro che stracciare il motu proprio e ripristinare l’accordo originale: si può avere la Messa antica, in qualche nicchia, solo se si accetta esplicitamente il Concilio e la legittimità della riforma. Roche lo scrisse nero su bianco: se vuoi i libri del 1962, devi abbracciare la teologia del 1970.

Qualsiasi nuovo indulto non farà che rafforzare questa premessa. Non importa se il permesso sarà gestito da Roma o delegato alle conferenze episcopali. La struttura è la stessa: la messa antica è un’eccezione tollerata all’interno di una nuova religione che considera vincolanti le proprie novità.

Il punto toccato da Pagliarani è che, semplicemente, non si può vincere operando all’interno di quel quadro. Non si può “superare” la rivoluzione. O si rifiuta l’errore di fondo o si verrà mangiati e digeriti.

Supponiamo che il progetto vaticano abbia avuto successo e vediamo la situazione. Se siete fortunati, la vostra diocesi può organizzare una messa tradizionale alle 14:30 in un ex ripostiglio. Il sacerdote indossa i paramenti giusti, usa il vecchio calendario e distribuisce un messale stampato dalle stesse persone che vi hanno detto di “continuare a pregare” e “mantenere la speranza”. Ma può predicare che “Amoris laetitia” è oggettivamente in contraddizione con la disciplina perenne della Chiesa? Può dire al suo gregge che “Fiducia supplicans” è un tentativo blasfemo di mascherare il peccato con un linguaggio liturgico? Può spiegare dal pulpito perché Leone sbaglia a lodare gli scismatici e ad agire come se la dottrina potesse essere riscritta una volta che gli “atteggiamenti” si siano ammorbiditi? Può dire ai ragazzi seduti in prima fila che il nuovo processo sinodale è un’arma progettata per ratificare qualsiasi richiesta futura del mondo?

Tutti conoscono la risposta. Forse quel sacerdote potrebbe suggerire, potrebbe alludere. Ma il giorno in cui parlasse chiaramente, un funzionario della cancelleria gli ricorderà chi tiene il guinzaglio.

Ecco perché ho affermato che questo patto trasforma l’antico rito in un’esposizione museale collegata alla nuova teologia. Concede l’aspetto esteriore della tradizione, ma lo mantiene legato al motore del modernismo. I paramenti sono quelli di Trento, l’ecclesiologia è quella di Abu Dhabi. A che serve conservare l’esterno se l’interno è corrotto?

Non dimentichiamo poi che se anche Leone ripristinasse un regime in pieno stile 1988, non servirebbe a nulla per le diocesi che hanno già usato ogni arma disponibile per annientare la messa tradizionale. I vescovi di Charlotte, Knoxville, Johnson City, Chattanooga, Detroit e una lista crescente di altre sedi hanno già chiarito la loro posizione. Data la possibilità di scegliere tra avere o non avere la messa antica, scelgono di non averla. Restituire loro la possibilità di decidere non è pietà. È abdicazione.

Così, mentre i redattori di “The Remnant” e gli organizzatori della novena di Fatima brindano al “ritorno” della messa antica sugli altari laterali di San Pietro, intere regioni rimarranno sacramentalmente esiliate. Famiglie espulse dalle diocesi da vescovi ubriachi di “Traditionis custodes” resteranno a guardare attonite, mentre Roma i conservatori dichiarano vittoria per le concessioni ottenute. La sofferenza di queste famiglie è il prezzo del patto scellerato. Il loro abbandono è il prezzo pagato affinché altri possano godere di sacche di nostalgia attentamente gestite. E la cosa più irritante è che stanno negoziando il nostro silenzio e il nostro esilio senza mai chiedere il nostro consenso.

Se Michael Matt e soci vogliono rinnegare la loro storia di resistenza in cambio di un triciclo di plastica sono liberi di farlo. Possono screditare i loro moniti sul Concilio e sulla nuova messa come una sorta di eccesso giovanile, ma ciò che non possono fare è imporre anche a noi di accettare il loro accordo.

Alcuni di noi ricordano perché il sistema degli indulti non è mai stato sufficiente. Alcuni di noi credono ancora che la dottrina sia più importante dell’accesso a un rito controllato, che la fede dei nostri figli sia più importante di un orario domenicale approvato. Alcuni di noi non sono interessati ad aiutare Leone a stabilizzare la teologia bergogliana fornendogli un’ala conservatrice, silenziosa e ben educata, che non dirà mai più pubblicamente ciò in cui crede.

Se questo significherà meno messe tradizionali nelle strutture diocesane ufficiali, così sia. Dio ha preservato la Chiesa in circostanze ben peggiori di questa. I cattolici giapponesi sono sopravvissuti per secoli senza sacerdoti aggrappandosi al battesimo e al catechismo. I nostri antenati, in epoca di persecuzione, rischiarono la vita per andare a messe clandestine piuttosto che partecipare a liturgie approvate dallo Stato e accompagnate da dottrine avvelenate.

Ora ci viene chiesto di fare il contrario: partecipare ai vecchi riti approvati dall’alto, fingendo di non accorgerci che la dottrina predicata da Roma contraddice la fede dei nostri padri.

No, grazie.

Meglio sopportare le difficoltà, sostenere i sacerdoti e le comunità disposti a parlare chiaramente, cercare cappelle e piccole chiese in cui il pulpito non sia imbavagliato, piuttosto che rinunciare alla verità per il “privilegio” di partecipare a messe tradizionali in basiliche le cui autorità benedicono il peccato.

I conservatori possono chiamare la loro resa “prudenza” e il loro silenzio “strategia”. Ma non lasciate che vi dicano che questa è una vittoria. Non è un ramoscello d’ulivo. È una condanna a morte scritta in latino.

Catastrofismo ecologico, gesuiti, serpenti » « È arrivato il momento di contrastare con fermezza questa chiesa traditrice.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

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La Reliquia del Preziosissimo Sangue di N.S. Gesù Cristo esce da Mantova ed arriva a Roma per la prima volta nella storia!
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Perdonate se lo metto in evidenza

Anonimo ha detto...

Non facciamoci imbrogliare. A che servirebbe avere la Messa in latino se la Chiesa fosse diventata ufficialmente eretica?

Anonimo ha detto...

Che dall' ecumenismo del Vaticano II si sia giunti ad Abu Dhabi e' vero.
Ma perche' non si fa mai un confronto esplicito con la dottrina promulgata dai primi concilii ed in particolare con il primo di cui io per primo so ben poco ?
Il concilio di Nicea credo sia tutto da scoprire.ĺ

da ex studente di Giurisprudenza ha detto...

Vedremo se si torna davvero agli anni di Benedetto XVI (a quelli del primo Giovanni XXIII dubito).
Non ho mai trovato nulla sugli altri tre temi su cui dovrebbe tornare indietro: riabilitare guerra offensiva, pena di morte e unità dei cattolici in politica (che non era un aspetto solo italiano).

Laurentius ha detto...

Ottimo articolo: concordo pienamente. Non lasciatevi infinocchiare dai modernisti moderati.