Testimonianza, che riportiamo di seguito, di Padre Cassian Folsom, priore del monastero benedettino di Norcia nel quale si celebra la Messa Antiquior. [Qui potete leggere un suo scritto su monachesimo e liturgia].
Ci sono due simboli che possiamo trarre da questa storia e che ci invitano a fare riflessioni importanti. Innanzitutto, la Basilica di San Benedetto e l’altare del santo sono gravemente danneggiati. La cultura cattolica della civiltà occidentale sta crollando. Ce l’abbiamo davanti agli occhi. Il secondo simbolo è l’assembramento di persone attorno alla statua di San Benedetto in piazza, unite nella preghiera. Questo è l’unico modo di ricostruire.
"Mercoledì 24 agosto era la festa di San Bartolomeo, giorno in cui il Mattutino doveva iniziare alle 3.45. Intorno alle 3.30, quando eravamo già tutti in piedi, ringraziamo Dio, la terra ha iniziato a tremare. Abbiamo altre esperienze di terremoti nei sedici anni passati qua a Norcia, ma mai niente di simile. Fa una gran paura sentire la terra ruggire e vedere l’edificio dondolare di qua e di là quasi fosse ubriaco. Istintivamente siamo tutti usciti e ci siamo assembrati fuori, nella piazza davanti al monastero. Ci siamo stretti l’uno all’altro per via del freddo, mentre nuove scosse facevano scricchiolare la terra sotto i nostri piedi. I monaci e i cittadini si sono tutti ritrovati spontaneamente sotto la statua di San Benedetto che si trova al centro della piazza. I monaci hanno iniziato a pregare il Rosario e molti cittadini si sono uniti a loro. Quindi abbiamo ringraziato Dio con tutto il cuore per averci risparmiato la vita.
Dall’altro lato della montagna, ad Amatrice e ad Accumoli, il terremoto ha livellato le città, lasciandosi appresso morte e distruzione. Ci sentiamo in lutto per la tragica morte di queste persone e siamo addolorati per i parenti e gli amici. Infatti, come dicono le Scritture: “Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi" (Sap 1,13). La morte improvvisa è particolarmente dolorosa, perché non ti dà il tempo di prepararti. Ecco perché San Benedetto prescrive ai suoi monaci di “prospettarsi sempre la possibilità della morte”, in modo che siano sempre pronti, anche di fronte ad una morte violenta e improvvisa che arriva inaspettata nel mezzo della notte.
L’entità dei danni a Norcia è grave. Non si tratta di un solo terremoto, ma di molti terremoti, con scosse continue, perfino ora che scrivo (48 ore dopo). Nel monastero abbiamo avuto molti danni superficiali, abbastanza facili da riparare, ma sono presenti anche danni strutturali molto più gravi. L’ufficiale della Protezione Civile venuto a fare un’ispezione nel pomeriggio del primo giorno, ci ha esortati a lasciare l’edificio, in quanto alcune parti di esso non erano sicure. Le scosse successive hanno aggiunto danni ai danni. La basilica di San Benedetto è stata gravemente colpita. Il muro dietro l’altare di San Benedetto si è crepato e gli stucchi sono crollati. Se un monaco si fosse trovato a celebrare la messa davanti a quell’altare (come spesso capita la mattina presto) sarebbe morto. La facciata si è separata dal corpo della chiesa. Non sappiamo ancora in che condizione siano i nostri lavori di restauro, sui quali abbiamo investito tanto lavoro e tante risorse! La chiesa è chiusa e ci vorranno mesi, forse un anno, per ripararla.
Naturalmente la realtà dei fatti è che viviamo in una zona sismica. Alcune persone subiscono uragani, altre cicloni o tifoni; noi abbiamo terremoti. Ci sono due tipi di comportamenti rispetto a fatti di questo tipo. Uno, è una specie di rassegnazione. L’altro, è affidare tutto alla provvidenza divina. I monaci fanno un voto di stabilità. Uno dei frutti di questo voto è quello che chiamiamo “amore del luogo”. Noi amiamo questo luogo. E lo ricostruiremo.
C’è un’interpretazione spirituale che possiamo dare al terremoto di San Bartolomeo del 2016. Mi viene in mente un’antifona pasquale: “Ecce terraemotus factus est magnus...”(Ed ecco avvenne un grande terremoto…). L’antifona fa riferimento alla reazione della creazione di fronte alla resurrezione di Cristo. Anche noi risorgeremo di nuovo alla fine dei giorni, quando il Signore verrà a giudicare i vivi e i morti. Un tempo era normale meditare sui Novissimi (morte, giudizio, paradiso, inferno). Sarebbe bello riprendere questa consuetudine.
Ci sono due simboli che possiamo trarre da questa storia e che ci invitano a fare riflessioni importanti. Innanzitutto, la Basilica di San Benedetto e l’altare del santo sono gravemente danneggiati. La cultura cattolica della civiltà occidentale sta crollando. Ce l’abbiamo davanti agli occhi. Il secondo simbolo è l’assembramento di persone attorno alla statua di San Benedetto in piazza, unite nella preghiera. Questo è l’unico modo di ricostruire.
8 commenti:
Una preghiera commossa per tutte le vittime del terremoto. "Merita la morte.
– Se la merita! E come! Molti tra i vivi meritano la morte. E parecchi che sono morti avrebbero meritato la vita. Sei forse tu in grado di dargliela? E allora non essere troppo generoso nel distribuire la morte nei tuoi giudizi: sappi che nemmeno i più saggi possono vedere tutte le conseguenze" (J.R.R. Tolkien).
Dio benedica i monaci di Norcia e Padre Folsom, che celebra come un angelo. Dio benedica la nostra povera Italia. Forza!
Ha sete solo di Te Signore l'anima mia , Tu sei l'Altissimo , l'Onnipotente
https://www.youtube.com/watch?v=POawV-ddm7c
“Una Porta Santa in uscita”. Ad aprirla il 13 agosto è stato monsignor Domenico Pompili, vescovo di Rieti, nella chiesa di santa Maria Assunta ad Amatrice (RI).
http://agensir.it/quotidiano/2016/8/16/diocesi-rieti-aperta-una-porta-santa-in-uscita/
Paesi ridotti a ruderi sono la gioia di Grandi Architetti e Ministri muratori. Geometrie sociali, compassi, regoli, martelli, chiese capovolte.
http://www.corsiadeiservi.it/it/default1.asp?page_id=1454
Un grande colpo da maestro, le "porte in uscita" nelle Chiese giubilari: troppa Grazia, infastidisce, servono sfiatatoi alternativi, così le uscite per i credenti si moltiplicano, mentre i miscredenti sono invitati ad entrare! Non sarà che a furia di uscite, resti il vuoto?
In questa intervista su cultura cattolica.it, Don Nicola Bux, al termine di una approfondita intervista, ricorda il ruolo insostituibile dei Vescovi, quello di santificare e di "aprire i canali inesauribili della grazia":
"E ai Vescovi allora che cosa è chiesto in questo frangente della storia?
Ad essi è richiesto di esercitare con coraggio ed abnegazione i tre munera annessi al loro ufficio. In particolare, i Vescovi sono chiamati innanzitutto a santificare, ovvero, mediante la celebrazione del Santo Sacrificio dell’Altare e degli altri Sacramenti, aprire, per sé e per gli altri, quei canali inesauribili della grazia, che permettono agli uomini di affrontare e superare non solo le difficoltà quotidiane, ma anche le sfide che il mondo presenta, riportandolo al Cuore di Cristo. Inoltre devono insegnare senza paura le verità di fede, non preoccupandosi di dover piacere al mondo o all’opinione pubblica, ma confidando nella forza intrinseca della Verità che attira a sé e muove i cuori, anche i più induriti. Insegnare la sana dottrina diviene allora il perno ed il fulcro dell’azione pastorale. Infine devono ritornare a reggere la Chiesa, a esercitare la funzione di governo, vigilando sul gregge loro affidato e prendendo tutte le misure necessarie, anche quelle più drastiche, per proteggerlo dall’assalto dei “lupi” e dei “mercenari”. Occorre che si torni a guardare con favore al munus regendi, che troppo spesso, dopo il Vaticano II, è stato bollato come contrario alla pastorale, se non, addirittura, come un retaggio di una Chiesa legata al potere. Come si vede, nulla di nuovo da inventare, poiché il Signore, quando ha costituito l’ufficio episcopale, lo ha fornito di tutti gli strumenti per svolgere al meglio la sua funzione, in ogni tempo ed in ogni luogo."
Una volta entrai in una chiesa a Milano, vicino al Duomo. Fui subito colpito da una grande cornice in rovere, a semicerchio, con incastonati medaglioni di tante persone defunte. La Chiesa trionfante, pensai. Ieri osservavo i volti di alcune delle vittime del terremoto. Perché se sappiamo di disastri spesso ci inquietiamo superficialmente, ma quei volti --almeno alcuni di essi: penso, nel mio caso, al figlio del questore-- ci rimangono stampati nella mente, e continuiamo a commuoverci, guardandoli come se fossero figli nostri? Forse ci identifichiamo, in qualche modo, con loro? C'è qualcosa di noi in loro, o viceversa, qualcosa di loro in noi?
Nella Comunione dei Santi siamo uniti a loro (Chiesa purgante o trionfante) come Chiesa militante. Ma oltre alla dimensione spirituale rimangono vivi in noi anche i ricordi e gli affetti.
E penso che Marco dice bene : c'è anche un po' di immedesimazione perché quella soglia, nel modo noto solo al Signore, dobbiamo attraversarla tutti. Credo che ci sia comunque dato di chiedere per noi e per tutti coloro che ci portiamo nel cuore di poterla attraversare in grazia di Dio, invocando misericordia per chi ci ha preceduto.
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