Editoriale apparso sul N.114 - Inverno 2012 di Catholica, la Rivista francese di riflessione politica e religiosa. Testo di grande spessore, che ho letto e tradotto con interesse e che, come mi è già capitato con gli altri lavori dell'Autore, il Prof. Bernard Dumont, mi ha aperto nuovi usci di comprensione, facendomi intravvedere alcune piste di approfondimento che condenserò in un prossimo articolo, non senza aver pubblicato anche l'Editoriale più recente - che sto traducendo-, che riprende e approfondisce i temi affrontati qui. Titolo: "Il conflitto irrisolto", lo stesso dato al n.117 della Rivista, appena uscito. Sarà l'occasione per dare linfa alle nostre riflessioni, riscontrando come anche oltralpe il dibattito sia aperto ed in sintonia con le nostre visuali.
Apertura di in cinquantenario
A dispetto di tutte le pesantezze che lo ostacolano, gli anni futuri dovrebbero consentire un riesame obiettivo del concilio Vaticano II e della sua applicazione. In effetti le circostanze rendono inevitabile un tale bilancio.
Posta in una situazione di rigetto di ciò che i papi del XIX secolo chiamavano « la civiltà moderna » (Pio IX) o « il diritto nuovo » (Leone XIII), la Chiesa ha lungamente reagito opponendo la perennità dei suoi insegnamenti ai principi dominanti dell’epoca, cercando d’altra parte attraverso vie diverse, talvolta paradossali, i modi per mantenere la sua presenza nella società. Questa situazione conflittuale è durata molto a lungo, tuttavia senza mai influire su un modus vivendi stabile e soddisfacente. Il Vaticano II, prendendo atto della persistente inefficacia di queste vie, avrebbe potuto, e dovuto, essere l’occasione di una eccezionale revisione di analisi e metodi, e favorire l’insorgere di uno sforzo collettivo per ripensare in maniera innovativa il rapporto della Chiesa con le forme sociali e culturali contemporanee.
Per quale motivo ciò non ha avuto luogo? È impossibile suggerire una risposta senza tener conto del periodo precedente, quello tra le due guerre e l’indomani della Seconda Guerra mondiale, caratterizzato da una disparità crescente tra l’affermazione di principi chiarissimi (tutto il discorso sulla regalità sociale di Cristo, sulla « conquista del mondo a Gesù Cristo ») ed una pratica di integrazione al corso degli eventi progressivamente crescente, imposta dall’adattamento ai cambiamenti di stampo politico in Europa.
Durante questo periodo, l’assenza di riflessione critica di un certo livello sulla organizzazione della società assume due aspetti molto complementari.
Da una parte, una certa sclerosi prende i luoghi istituzionali di elaborazione e trasmissione del sapere – università pontificie e altri centri di formazione cattolica superiore – specialmente in ragione dei contraccolpi dei « riallineamenti » successivi. In quegli ambienti ci si astiene dall’analizzare i sistemi per privilegiare un approccio in termini di morale individuale rispettosa dell’ordine stabilito (i doveri dell’operaio, del padrone, dell’elettore, il pagamento delle imposte e i suoi limiti...). Dall’altra parte si fa un gioco pericoloso all'interno di organismi come l’Azione cattolica, la stampa e l’editoria religiosa, e certamente anche i partiti politici e i sindacati, posti a contatto immediato con la cultura dominante, marxista o liberale, senza avere i mezzi per comprendere criticamente le logiche, a maggior ragione visto che le si ammette come semplici regole del gioco. Da questi diversi crogioli sono usciti tutti gli attori dell’integrazione dei cattolici in quello che al momento del concilio si chiamerà « il segno dei tempi ». Alcuni personaggi hanno avuto un ruolo determinante nell’incoraggiare questo passaggio, con in testa i « personalisti » – Mounier e Maritain – veri ostetrici della « modernizzazione » delle maggioranze cattoliche, successivamente seguiti da un ambiente di intellettuali « progressisti », largamente portati dalle circostanze (in Francia: la Resistenza, la guerra in Algeria; in Italia, i postumi della Resistenza poi i dibattiti interni sulla questione del « Blocco cattolico », del « prepolitico » e del pluralismo. Parallelamente, in simbiosi con questo ambiente, i chierici della Nouvelle Théologie seguono la stessa linea generale.
All'inizio degli anni '60, ogni sforzo collettivo di ripresa non poteva dunque che essere impedito, ammesso che fosse affrontato. In un certo senso i modernisti dell'inizio del XX secolo avevano visto giusto su un punto: è dannoso mantenere un atteggiamento di ripiegamento protettivo, di tagliarsi fuori dalla conoscenza del mondo in cui si vive, almeno delle correnti che vi circolano, delle obiezioni che ne promanano. Per contro è meglio uscire armati, tanto sul terreno della fede - da lì la caduta dei modernisti - quanto su quello della ragione, ivi compresa la ragione politica. Sfortunatamente una consolidata pratica ecclesiastica si è ispirata principalmente alla preoccupazione di proteggere i fedeli nell'accesso al culto e all'educazione cristiana, dando priorità alla negoziazione con i governi da potere a potere, vigilando nell'inquadrare, in certi momenti secondo una disciplina molto spinta, i cattolici che assumono responsabilità nel corpo sociale. Se a ciò si aggiunge un ricorrente indifferentismo politico, con la sua contropartita opportunista, diventa facile spiegarsi la mancanza di chiaroveggenza a proposito della minaccia principale presentata da una modernità politica i cui effetti non si riassumono nella persecuzione diretta e brutale della pratica liturgica, nell'ostilità al catechismo ed alla libertà scolastica.
Questo stato di carenza non assoluta ma maggioritaria nel cattolicesimo del XX secolo, ha permesso ai più attivi tra gli elementi « modernizzatori » di ottenere un bilanciamento nel loro senso, venendo a sanzionare l'accettazione delle tesi definite nella seconda metà del XIX secolo nel seno della corrente cattolico-liberale. Fu dunque il momento della grande « svolta antropologica » (K. Rahner), con tutte le sue applicazioni, specialmente nel campo dei rapporti tra spirituale e temporale. Questa svolta si è riversata nei testi conciliari considerati i più importanti, ed ha condotto ad un generale allineamento alla « democrazia » ed al suo « Stato di diritto », largamente confermato in seguito, dato per scontato.
Nella « Costituzione pastorale sulla Chiesa del mondo di oggi », Gaudium et Spes, il concilio forniva alla Chiesa il desiderio di farsi riconoscere come guida universale in un mondo in piena trasformazione : « […] proclamando la grandezza somma della vocazione dell'uomo e la presenza in lui di un germe divino, offre all'umanità la cooperazione sincera della Chiesa, al fine d'instaurare quella fraternità universale che corrisponda a tale vocazione » (GS, 3, 2) ; e ancora: « […] il Concilio intende rivolgersi a tutti per illustrare il mistero dell'uomo e per cooperare nella ricerca di una soluzione ai principali problemi del nostro tempo. » (GS, 10, 2).
Se mezzo secolo fa questa proposizione audace poteva ancora attirarsi lodi alquanto ambigue, oggi il suo rigetto è franco e brutale, in certi casi persino insultante. Non si potrebbe dunque mantenere a lungo un discorso così impietosamente smentito dai fatti. A cinquant'anni di distanza, si constata che né l'offerta di servizio né l'acquiescenza ai valori del tempo hanno ricevuto una risposta proporzionata. Non soltanto il cambiamento di paradigma si è rivelato anche inefficace, se non più, del precedente, poiché la contropartita di nuova simpatia che ci si attendeva non si è verificata, ma per di più ha provocato numerosi nuovi problemi, esterni ed interni ; si diceva che la Chiesa per effetto delle sue condanne si era ritirata fuori dal mondo, ma oggi, malgrado tutti i dialoghi e tutte le aperture, essa ne è più esclusa che mai mentre d'altro lato ha subito una « mondanizzazione » interiore profonda e senza precedenti, come ha constatato Benedetto XVI nel suo discorso al Bundestag, il 22 settembre 2011.
Se mezzo secolo fa questa proposizione audace poteva ancora attirarsi lodi alquanto ambigue, oggi il suo rigetto è franco e brutale, in certi casi persino insultante. Non si potrebbe dunque mantenere a lungo un discorso così impietosamente smentito dai fatti. A cinquant'anni di distanza, si constata che né l'offerta di servizio né l'acquiescenza ai valori del tempo hanno ricevuto una risposta proporzionata. Non soltanto il cambiamento di paradigma si è rivelato anche inefficace, se non più, del precedente, poiché la contropartita di nuova simpatia che ci si attendeva non si è verificata, ma per di più ha provocato numerosi nuovi problemi, esterni ed interni ; si diceva che la Chiesa per effetto delle sue condanne si era ritirata fuori dal mondo, ma oggi, malgrado tutti i dialoghi e tutte le aperture, essa ne è più esclusa che mai mentre d'altro lato ha subito una « mondanizzazione » interiore profonda e senza precedenti, come ha constatato Benedetto XVI nel suo discorso al Bundestag, il 22 settembre 2011.
Sarebbe dunque opportuno e legittimo interrogarsi sulle ragioni di questo scacco. Per questo sono indispensabili due condizioni: che un simile interrogativo cessi di essere procrastinato dalla moltiplicazione di argomenti certamente legittimi a livello di ipotesi, ma che non resistono all'esame ; e che esso possa essere formulato in un clima di ricerca della verità e non essere oggetto di un fine di non-ricevere, come dietro un muro di protezione invalicabile.
* * *
Messa da parte la negazione pura e semplice, di natura propriamente ideologica, del fallimento, al momento esistono due modi di dilazionare l'analisi. Il primo consiste nel cercarne la causa principale nell'aggravarsi dello stato della società, concretamente nel maggio 1968 e i suoi strascichi, le conseguenze paradossali della fine del sistema sovietico, la mondializzazione. È del tutto evidente che questi grandi cambiamenti hanno costituito altrettanti fattori di destabilizzazione, agendo sia come origine di tentazioni (l'irruzione dell'edonismo legato ai superconsumi di massa) sia come fattori di turbamento degli abituali punti di riferimento. Ma per quanto pressante tutto ciò abbia potuto essere, non si è trattato, dopo tutto, che di un insieme di nuove condizioni alle quali era possibile rispondere secondo il grado di convinzione e di forza interiore disponibili nel popolo cristiano e individualmente nel clero.
È su questo punto che è impossibile imputare la responsabilità principale del crollo al mondo esterno. E ciò per una ragione di principio - la prova fortifica i forti e abbatte i deboli - ed un'altra di fatto, poiché in netta misura, sono state proprio le forze della modernizzazione interne alla Chiesa a nutrire le avanguardie che hanno provocato le mutazioni intervenute a partire dal 1968. È lo stesso clero che è entrato in decomposizione, come pure gli ordini religiosi, durante lo stesso corso del concilio e non solamente negli anni 1970. Tipica fu a questo riguardo la rivoluzione tranquilla del Quebec (1960 -68, ma anche la costruzione europea, l'azione di «agevolazione » dei partiti democratico-cristiani, la déconfessionalizzazione dei sindacati cristiani, senza omettere le « defezioni » massicce di preti, religiosi e religiose. D'altra parte, l'ottimismo che andava per la maggiore nel Concilio si fondava sia su una stupefacente ignoranza del corso reale del mondo e dei suoi cambiamenti, sia su un rifiuto deliberato di prenderli in considerazione in seguito a scelte prestabilite. Un caso eclatante è stato quello dell'omissione del comunismo malgrado lo scandaloso silenzio sulla sua spaventosa meccanica di distruzione umana ma forse ancor di più quello del silenzio sul sistema globale di cui il comunismo è solamente un ramo.
Bisogna dunque ammettere che se « il fumo di Satana » è penetrato nella Chiesa, è perché si è mancato di trovarsi subito vigilanti davanti alla tentazione, ed anche per non aver voluto guardare in faccia la realtà. E ciò è tanto più incontestabile dal momento che numerosi osservatori avevano avvertito il pericolo - guarda caso proprio quelli che il discorso inaugurale di Giovanni XXIII apostrofava « profeti di sventura »
Un altro modo di ritardare l'analisi d'insieme delle cause del fallimento del tentativo conciliare di riconciliazione col mondo non cristiano o anticristiano consiste nell'immaginare una sorta di « piano B », una interpretazione che, senza rimettere in discussione i grandi orientamenti dell'epoca, tentasse di negoziare sulla loro base reinterpretata, un accettabile rapporto coi poteri attualmente dominanti.
È evidente che in questo caso si tratterebbe di una soluzione in ogni caso meno costosa rispetto ad un azzeramento della costruzione iniziata nel 1962-65 e considerevolmente sviluppata poi, con le sue conseguenze pesanti non soltanto negli enunciati dottrinali ma anche nelle istituzioni, nei metodi di formazione, nelle discipline, negli accordi giuridici... Il discorso pronunciato da Benedetto XVI il 22 dicembre 2005 ha reso ufficiale l'esistenza del problema e precisato nello stesso tempo le modalità di un riesame moderato che permetterebbe di evitare i due poli opposti della revisione lacerante e della fuga in avanti. Il tentativo, perfettamente comprensibile, è fragile perché si fonda principalmente sul possibile incontro, in mezzo ad un mondo non cristiano o decristianizzato in cui dominano il relativismo, il cinismo, l'arroganza, e ormai una aperta ostilità anticristiana, di felici eccezioni, di situazioni più aperte, o improntate ad una certa benevolenza verso la Chiesa e i suoi membri. Per adesso, ci sono pochi esempi di quella che potrebbe essere una « laicità positiva », poiché di questo si tratta, salvo forse in qualche paese africano, come ad esempio il Benin. Inoltre, trattandosi d'un adeguamento pratico, sempre suscettibile di modifiche di equilibri interni, l'ipotesi lascerebbe da parte un riesame completo del passivo dottrinale per attenersi ad una serie di correttivi parziali, essi stessi soggetti ad ulteriore declassamento di pari passo con le modifiche di equilibri interni. Di per se stesso, questo tentativo è transitorio, non fondandosi che su basi mutevoli e concretamente aleatorie. In compenso, il solo fatto di dichiarare il concilio interpretabile costituisce una prima tappa verso una revisione d'insieme, mettendone in causa la versione conciliare più conforme allo spirito dell'epoca, la più « progressista », ma venendo anche a contrastare le abitudini acquisite o anche la paura di ogni cambiamento, del tipo « conservatore » questa volta.
* * *
È indispensabile che il bilancio di questo particolarissimo mezzo secolo possa aprirsi finalmente in condizioni normali, cioè liberamente, con prudenza, in un clima intellettualmente favorevole. Ciò ancora non è possibile in ragione delle opposizioni congiunte e delle abitudini acquisite. All'interno del corpo ecclesiale sono stati ampiamente adottati metodi ideologici, ognuno ne conosce la lista: intimidazione, uso di termini squalificanti, campagne di denunce, soffocamento nel silenzio... Queste pratiche sono state rafforzate attraverso tre fattori. Innanzitutto - e in questo la struttura postconciliare ha tratti in comune con alcuni regimi occidentali attuali - la proibizione di discutere si opera attraverso il collegamento tra attivismo di base (i famosi comitati auto-istituiti repressivi in molte diocesi ed ordini religiosi, che esercitano di fatto un potere arbitrario) e l'intervento del « braccio secolare » costituito dall'apparato ideologico funzionante nella società, nei media, nelle associazioni, polizie private e se del caso istanze governative o internazionali. È inutile entrare nei dettagli, basta ricordare il modo in cui si sono svolti alcuni affari interni e la loro ripercussione nel mondo intero (il discorso di Ratisbona, il caso Williamson, quello dell'arcivescovo di Olinda e Recife, ecc.).
In questa prospettiva, la Chiesa è sottoposta al controllo di elementi estranei che si arrogano il diritto di giudicare su ciò che è conveniente o meno alla sua vita interna. Dunque non ci si trova più semplicemente di fronte al caso di privatizzazione della religione, ma decisamente di una subordinazione agli interessi dei poteri esterni: ciò, fatte le debite proporzioni, non è molto lontano dal caso della Chiesa patriottica in Cina.
A rinforzare l'effetto di queste misure attive interviene un secondo fattore, d'ordine istituzionale: la dissoluzione delle strutture gerarchiche derivante dalla collettivizzazione dell'autorità, in nome della collegialità. Poco importa che essa abbia in pratica oltrepassato le norme conciliari, è un dato di fatto che si è generalizzato, rendendo psicologicamente obbligatoria la solidarietà nel rispetto della norma che si è imposta. Sono rari i casi che sfuggono a questo sistema, potentemente consolidatosi nella maggior parte dei paesi europei.
Infine nulla di tutto questo avrebbe un impatto determinante senza la superdogmatizzazione del concilio, che deriva da una pratica sempre più irrazionale man mano che il tempo passa, che malgrado tutto si mantiene a dispetto di ciò che ne aveva chiaramente detto a suo tempo per rifiutarla (Santiago, 1988) il cardinal Ratzinger. Questi tre fattori riuniti costituiscono una superstruttura parassitaria atta a prolungare indefinitamente una illusione collettiva sempre più lontana dalla realtà. Tuttavia questa superstruttura sta ora sgretolandosi, cosa di cui non ci si può che rallegrare.
* * *
La prima e fondamentale ragione di questa evoluzione è semplicemente il fatto che è vero che la Chiesa comporta una dimensione umana, troppo umana, ma essa è innanzitutto di istituzione divina e a questo titolo, sottomessa alla Provvidenza più di qualunque altra realtà terrestre.
Se è venuto il tempo di veder dissolversi ciò che di mal ispirato si è concretizzato nell'avventura conciliare, niente vi si potrà opporre. E come spesso accade, le volontà della provvidenza non fanno troppo rumore e transitano per vie naturali molto banali. Accade che oggi se ne scorgano molte.
Innanzitutto, il mito conciliare necessita di un supporto umano attivo. A lungo esso fu il frutto di un certo numero di teologi di valore, formatisi nella prima parte del secolo scorso. Ora l'azione sovversiva che essi hanno condotta con cura ha avuto come conseguenza, tra altri effetti, di sminuire il valore dell'insegnamento teologico, in modo tale che la loro posterità è lontana dal raggiungere il loro livello di capacità inventiva. Il neo-modernismo dell'epoca del Vaticano II mostra così una crisi di quadri. E inoltre, il discorso portato avanti negli anni 1960 è molto invecchiato, come tutto ciò che è « moderno » a un dato momento prima di apparire fuori moda.
Esso non ha conosciuto rinnovamento, e ancor meno per esser stato oggetto di uno sviluppo lineare delle disposizioni che esso racchiudeva e che ne esprimono lo spirito iniziale, inquadrato solidamente attraverso da un riferimento costante al corpus fondatore richiamato e celebrato senza posa. Conseguentemente, col passar del tempo si è vieppiù approfondita la distanza dal mondo reale. Oggi la rilettura di un testo come Gaudium et Spes, intriso di un certo fascino davanti alla conquista dello spazio, agli altri prodigi della tecnica e all'avvento dell'abbondanza, testimonia di questo superamento, formale e sostanziale.
L'entusiasmo ha ceduto il passo al disincanto.
Esso non ha conosciuto rinnovamento, e ancor meno per esser stato oggetto di uno sviluppo lineare delle disposizioni che esso racchiudeva e che ne esprimono lo spirito iniziale, inquadrato solidamente attraverso da un riferimento costante al corpus fondatore richiamato e celebrato senza posa. Conseguentemente, col passar del tempo si è vieppiù approfondita la distanza dal mondo reale. Oggi la rilettura di un testo come Gaudium et Spes, intriso di un certo fascino davanti alla conquista dello spazio, agli altri prodigi della tecnica e all'avvento dell'abbondanza, testimonia di questo superamento, formale e sostanziale.
L'entusiasmo ha ceduto il passo al disincanto.
Infine, sono state iniziate discussioni tra la Fraternità San Pio X, fondata da Mons. Lefebvre, e il Vaticano, al fine di trovare uno statuto giuridico particolare. A queste trattative sono stati associati scambi vertenti sull'interpretazione del concilio, e sulla possibilità di discuterne alcuni testi. A prescindere dal successo o dal fallimento di questi scambi, il solo fatto che essi abbiano potuto aver luogo ha rafforzato l'idea che è ormai ammesso mettere in discussione il concilio. E ai margini degli ambienti direttamente coinvolti, sullo stesso tema si sono moltiplicati scambi, che di fatto hanno instaurato un dibattito, dando luogo, nella difesa spesso maldestra dell'ortodossia conciliare da parte dei suoi difensori più conservatori, a contro-esempi che a loro volta hanno nutrito il « discorso da fare » sull'insieme del problema - secondo gli auspici ed il il titolo di una delle opere significative di questo nuovo periodo (B. Gherardini, Vaticano II. Un discorso da fare, 2009).
Così la cappa di piombo tanto lungamente imposta è chiamata a rarefarsi prima, forse, di sparire totalmente. Gli anni futuri dovrebbero essere occasione di vedere allargarsi e attestarsi un progressivo clima di libertà in vista di una metodica revisione dei dati in causa.
Bernard Dumont
____________________________
[Fonte: Catholica 114 — Inverno 2012]
[Fonte: Catholica 114 — Inverno 2012]
47 commenti:
Articolo molto, molto interessante. Finale forse un po' ottimistico, ma da assumersi come un auspicio. Assai intrigante il passaggio: "la Chiesa è sottoposta al controllo di elementi estranei che si arrogano il diritto di giudicare su ciò che è conveniente o meno alla sua vita interna. Dunque non ci si trova più semplicemente di fronte al caso di privatizzazione della religione, ma decisamente di una subordinazione agli interessi dei poteri esterni: ciò, fatte le debite proporzioni, non è molto lontano dal caso della Chiesa patriottica in Cina"
Un grazie a Mic per i link ai vari documenti citati.
Condivido quanto detto e sottolineato da Silente. Quel passaggio é veramente intrigante. Ma d'altronde essendosi data al mondo, la Chiesa viene da questo giudicata.
La sciagura é aver dimenticato chi governa ed é principe di questo mondo!
In questo senso però non solo é ottimistico il finale, ma è anche realistico perché ci riporta ad una dimensione soprannaturale che il mondo non conosce o finge di non conoscere.
Complimenti mic: gran bell'articolo.
Ringrazio Mic per il grosso lavoro di traduzione, ma questo Dumont...Ahimè...
Scrive:
"Alla civiltà moderna...La Chiesa (Tradizionale) ha lungamente reagito opponendo la perennità dei suoi insegnamenti (!) ai principi dominanti dell’epoca, cercando d’altra parte attraverso vie diverse, talvolta paradossali (!) i modi per mantenere la sua presenza nella società"...Il che è un "modus vivendi" insoddisfacente...
In sintesi, c'era:
1 una Chiesa tradizionale che usava talvolta "vie paradossali"...Quando?
2 una Chiesa tradizionale che doveva assolutamente trovare modi più arguti per invischiarsi in una società sempre più satanica...
3 Ma la ragione e Gesù stesso, non vogliono che la Chiesa, innanzi ad uno sfacelo che aumenta sempre più, rimanga salda e "perenne nei suoi insegnamenti"?...
e invece per Dumont no...sarebbe proprio
4 "la perennità dei suoi insegnamenti", il punto che non regge più "innanzi ai principi dominanti dell’epoca", cioè "il dominio del demonio"...difatti
5 la fermezza nella dottrina perenne è ora una "via persistentemente inefficace" ...
Per questo a costui dispiace che il CVII, sia un occasione persa...
"Il Vaticano II, prendendo atto della persistente inefficacia di queste vie, avrebbe potuto, e dovuto, essere l’occasione di una eccezionale revisione di analisi e metodi"
6 e ne è anche convinto, più avanti infatti scrive... "In un certo senso i modernisti dell'inizio del XX secolo avevano visto giusto su un punto: è dannoso mantenere un atteggiamento di ripiegamento protettivo, di tagliarsi fuori dalla conoscenza del mondo in cui si vive, almeno delle correnti che vi circolano, delle obiezioni che ne promanano"
Già, avevano ragione i modernisti: è sbagliato non conoscere il mondo! Meglio allearsi e fraternizzare...
Peccato che cattolici e la Chiesa non vivevano su un altro pianeta, il mondo lo conoscevano bene per questo lo combattevano!...ma
la Chiesa della tradizione che si "ripiegava proteggendo" i fedeli dal male e dall'errore e insegnava la Triplice concupiscenza, si "tagliava fuori" da una più ampia conoscenza di...Satana?
Mi fermo qui...
....al fine d'instaurare quella fraternità universale che corrisponda a tale vocazione » (GS)
questo era il grande sogno-miraggio di papa G23. che ascoltava i cosiddetti "segni dei tempi", cioè i fermenti della modernità (di allora). Come si è avverato? eccolo, ci stiamo dirigendo a grandi passi proprio verso quella fraternità universale (senza più il segno della Croce, sempre più scavalcato dai sincretismi spudoratamente permessi in tanti luoghi dell'orbe): la Chiesa si avvia a diventare mondialista.
Lo scopo dichiarato del concilio è in via di compimento da 50 anni, si sta anno per anno, giorno per giorno, e sarà tra poco, totalmente raggiunto. Missione (massonica) compiuta.
nb
una subordinazione agli interessi dei poteri esterni
Bene. allora sarebbe ora di chiedersi come e quando ciò è potuto accadere. Prima del cv2 non sarebbe mai stato possibile (ad es. sotto PioXII). E' ora di trovare spiegazioni, non più di osservare semplicemente, sia pure con brillanti analisi e referti medici, ma riconnettere una dopo l'altra le catene di cause e conseguenze nei fili della storia.
E di spiegare tutto ai piccoli inermi cattolici che -per 2 generazioni e oltre- sono stati raggirati, plagiati e condotti ad acque avvelenate, in nome della grande falsa pentecoste.
E' giunta l'ora (già da parecchio tempo) che i medici, radunati a CONSULTO al capezzale del malato gravissimo, non si limitino ad enunciare eccellenti e complesse DIAGNOSI, come questa pubblicata, (leggibile con piena consapevolezza solo dai fedeli di medio-alta cultura) ma indichino una buona volta la TERAPIA, E prescrivano l'urgenza di APPLICARLA, con determinazione e perseveranza, prima che il paziente muoia.
Il Paziente, se qualcuno non l'ha capito (neanche tra il clero) è il Corpo Mistico, quell'entità di cui tutti facciamo parte, e di cui nessuno fa più cenno in omelie e catechesi (immagino solo nella FSSPX o spero almeno don Bernardo e don Gianluigi tra i bloggers qui presenti).
Oggi si parla e si sproloquierà sempre più e solo di "comunità" assemblea cristiana in lungo e in largo (global-mondializzata ecc.,mai più di Comunione dei Santi).
E' bene tenerlo presente, affinchè non ci adagiamo in infinite e accademiche illustrazioni, che genereranno (come al solito) fiumi di di conferenze e parole fini a se stesse.
Buone solo ad incensare SINE FINE quell'idolo cinquantenne (che pare aver bevuto l'elisir di immortalità) e di cui in teoria gli analisti vogliono denunciare la natura maligna e le mille insidie storiche remote ed attuali, da smascherare e sconfiggere.
mxt
6 e ne è anche convinto, più avanti infatti scrive... "In un certo senso i modernisti dell'inizio del XX secolo avevano visto giusto su un punto: è dannoso mantenere un atteggiamento di ripiegamento protettivo, di tagliarsi fuori dalla conoscenza del mondo in cui si vive, almeno delle correnti che vi circolano, delle obiezioni che ne promanano"
Caro Ghergon,
Ma quel che tu citi in conclusione Dumont lo afferma prima di quanto riporti qua su : "In quegli ambienti ci si astiene dall’analizzare i sistemi per privilegiare un approccio in termini di morale individuale rispettosa dell’ordine stabilito (i doveri dell’operaio, del padrone, dell’elettore, il pagamento delle imposte e i suoi limiti...). [già si comincia a privilegiare la morale rispetto alla verità; mentre l'etica può scaturire solo dalla Verità accolta e vissuta]. Dall’altra parte si fa un gioco pericoloso all'interno di organismi come l’Azione cattolica, la stampa e l’editoria religiosa, e certamente anche i partiti politici e i sindacati, posti a contatto immediato con la cultura dominante, marxista o liberale, senza avere i mezzi per comprendere criticamente le logiche, a maggior ragione visto che le si ammette come semplici regole del gioco."
A me pare un dato di fatto realistico: devi conoscere il nemico (il che non significa entraci in relazione) se vuoi trovare il modo efficace di combatterlo. Nel nostro caso mi pare che si sia entrati in relazione attivando comportamenti collaborativi senza conoscere e senza avere gli anticorpi che solo i fondamenti vissuti possono dare. E, quindi si è privilegiata la prassi ad una comprensione più approfondita degli eventi e delle loro dinamiche profonde, con conseguente azione basata sul compromesso e sulla apparente convenienza del momento, piuttosto che sui principi, che sono rimasti sullo sfondo, rischiando di essere abbandonati per soluzioni più rapide ma meno meditate e responsabili. Se questo atteggiamento sia stato consapevole o meno, non sono in grado di dirlo.
Già, avevano ragione i modernisti: è sbagliato non conoscere il mondo! Meglio allearsi e fraternizzare...
L'affermazione non porta a questa conseguenza. L'"avevano ragione" risiede nel senso che ho dato sopra... c'è da dire che Pio IX e Leone XIII di indicazioni precise ne avevano date; ma credo che ad ogni epoca il cammino vada fatto, fondati su quei principi, ma applicandoli ai fatti e alle loro reali dinamiche sul tappeto. E mi pare che la critica di Dumont riguardi proprio la mancata analisi e conoscenza di queste per poter attivare comportamenti più consoni e meno invischianti in un processo deleterio.
Peccato che cattolici e la Chiesa non vivevano su un altro pianeta, il mondo lo conoscevano bene per questo lo combattevano!...
Sembra che il mondo lo conoscessero bene i cattolici ben saldi nella tradizione e legati alle prescrizioni sapienti dei due papi che ho citato. Quelli del nostro tempo, si sono illusi o per ignoranza e sottovalutazione o per protervia di poter dominare la tigre senza avere gli strumenti adatti, cercando soluzioni pratiche che apparivano adatte al momento. Ma, come afferma altrove -e, giustamente, Dumont- si tratta sempre di soluzioni che oltretutto risultano presto superate perché le cose cambiano velocemente e quindi esse perdono di attualità e dunque di efficacia. Il vizio di fondo è, però, che sono soluzioni comunque sganciate dai "fondamenti" (analisi dei sistemi abbandonata)... E questa ragione persiste tuttora.
5 la fermezza nella dottrina perenne è ora una "via persistentemente inefficace" ...
Non è la fermezza nella via perenne che è criticata, ma la sua applicazione con i metodi paradossali citati, quali potrebbero essere l'autoritarismo (opposto all'autorità), intrighi politici, dicotomia tra insegnamento e esempio offerto, ecc.
Lo scopo dichiarato del concilio è in via di compimento da 50 anni, si sta anno per anno, giorno per giorno, e sarà tra poco, totalmente raggiunto. Missione (massonica) compiuta.
In realtà lo scopo purtroppo (e ovviamente) non è dichiarato (e per questo il processo è più dannoso), ma sottilmente perseguito e intuibile dagli effetti che stiamo vedendo.
Tuttavia, la conclusione non è affatto scontata né scritta. Anzi, de fide, sappiamo che alla fine non praevalebunt.
" A dispetto di tutte le pesantezze che lo ostacolano, gli anni futuri dovrebbero consentire un riesame obiettivo del concilio Vaticano II e della sua applicazione. In effetti le circostanze rendono inevitabile un tale bilancio."
Scrive il prof. Dumont in apertura della sua riflessione.
Ha ragione, così dovrebbe essere, così è stato fatto da diversi teologi, storici, scrittori, ma con che effetto?
Forse la parola in libertà, libertà di rompere l`assordante coro laudatorio del "Concilio", ma poi?
Forse che abbiamo visto risposte venute dalle alte sfere vaticane? Dagli adetti ai lavori?
No.
Anche se il Papa ammette i problemi che la Chiesa conosce, rievoca sopratutto quelli che toccano la morale, il Vaticano II continua ad essere acriticamente esaltato e elogiato come la bussola per la Chiesa.
Ancora ieri Benedetto XVI ha sottolineato l`importanza dei documenti conciliari che più hanno dato il via a libere interpretazioni e applicazioni aberranti, la Dichiarazione Nostra aetate, il Decreto Unitatis redintegratio e la dichiarazione Dignitatis humanae sulla libertà religiosa che,il Papa ha detto," si è rivelato di straordinaria importanza".
Il Vaticano II non si tocca, è a prescindere innocente, al limite si ammette che possono esserci state errate applicazioni.
Si continua a parlare di quel Concilio come di un faro che illmina il cammino della Chiesa, al quale bisogna sempre e comunque ritornare, dopo 50 anni di vita ecclesiale dominata da chi se ne faceva autorevole e esclusivo interprete, e egemonico esecutore, oggi ci viene detto che bisogna tornare ai testi...che non son stati capiti!
Ancora oggi picccola "perla quotidiana", ci viene da Mons. Crociata:
"Quella attuale è un situazione ecclesiale in movimento che ha nel concilio un punto stabile di riferimento. Da esso proviene allo stesso tempo una lezione di contenuto e di stile: è ciò che le Chiese in Italia stanno imparando e che devono continuare a imparare.
...
A distanza di cinquant'anni, osserviamo che, pur nella ricchezza già dispiegata, attendiamo ancora di conoscere compiutamente la storia degli effetti di un evento le cui potenzialità solo in misura limitata si sono manifestate."
Ma si guardano attorno?
Ma la vedono la crisi che lacera la Chiesa, la Fede, il sacerdozio?
Ma spendere una parola sulla sacra Liturgia manipolata, oggetto di tutti gli arbitri e abusi, no?
Ma non potrebbero scendere dalle loro cattedre ideologiche, togliersi gli occhiali rosa, e fare un bilancio oggettivo dei risultati di 50 anni di applicazione dittatoriale del Vaticano II?
http://paparatzinger5blograffaella.blogspot.it/2012/10/nella-strada-tracciata-dal-vaticano-ii.html
E' giunta l'ora (già da parecchio tempo) che i medici, radunati a CONSULTO al capezzale del malato gravissimo, non si limitino ad enunciare eccellenti e complesse DIAGNOSI, come questa pubblicata, (leggibile con piena consapevolezza solo dai fedeli di medio-alta cultura) ma indichino una buona volta la TERAPIA, E prescrivano l'urgenza di APPLICARLA, con determinazione e perseveranza, prima che il paziente muoia.
Il problema è che i burattinai non vogliono una terapia, ma esattamente una diagnosi manipolata che mantenga in coma indotto il popolo dei fedeli, leggasi gli utili idioti.
Oggi si parla e si sproloquierà sempre più e solo di "comunità" assemblea cristiana in lungo e in largo (global-mondializzata ecc.,mai più di Comunione dei Santi).
Vede, su questo blog, troverà diecimila riferimenti alla "Comunione dei Santi" nonché alla Chiesa Corpo mistico di Cristo, prima e oltre che "popolo di Dio" (molto riduttivo e meno identitario), nonché ancora alla Chiesa Trionfante, Purgante, e Militante (che siamo noi) che cerchiamo non solo di comprendere diagnosi esatte e non manipolate, ma anche di vivere e indicare la Terapia, che sappiamo già qual è e quale sarà sempre: Fedeltà a Quel che abbiamo ricevuto e che cerchiamo di condividere anche con questo povero mezzo, perché bonum diffusivum sui.
E' bene tenerlo presente, affinchè non ci adagiamo in infinite e accademiche illustrazioni, che genereranno (come al solito) fiumi di di conferenze e parole fini a se stesse.
Condivido questa affermazione perché si dà il caso che il mio impegno sia proprio anche indirizzato a che tutte queste riflessioni escano dall'ambito accademico perché siano diffuse e dispieghino la loro efficacia in una prassi da allargare sempre più.
Tuttavia vorrei chiedere all'autore di questa affermazione, che non è nuovo a proclami di questo genere condivisibilissimi nel contenuto ma che restano fine a se stessi se si ripetono ad oltranza, cosa in concreto cerchi di fare nel suo ambito e nella sua situazione.
sono pienamente d'accordo con Ghergon. Questo articolo é duro con la Chiesa anteConcilio. La dipinge come stantia e potenzialmente morta
se incapace di rinnonvarsi ...
Eppure Giacinta Marto, veggente di Fatima, diceva nel 1917:
«Verranno certe mode che offenderanno molto Nostro Signore. Le persone che servono Iddio non debbono seguire le mode. La Chiesa non ha mode perché nostro Signore è sempre lo stesso. I peccati che portano più anime all'Inferno sono i peccati impuri. Se gli uomini sapessero che
cos'è l'eternità, come farebbero di tutto per cambiare vita!... »
Ma se anche un rinovamento fosse stato indispensabile, mai e poi mai e poi ancora mai avrebbe potuto farsi a scapito delle basi dottrinali della nostra Santa FEDE, per esempio il dimenticare la quisquillia di salvare la propria anima evitando il peccato e coltivando la vita della grazia nel'anima, UNICO e SOLO pegno di appartenenza alla Chiesa Corpo Mistico del Signore...
E come non ricordare Mons.Lefebvre quando diceva commentanto Mc 13,8
"Chi ci porterà dinnanzi a tribunali, chi ci perseguiterà, se ccol Concilio sono diventati tutti buoni?"
" ... vi consegneranno ai tribunali e sarete battuti nelle sinagoghe; sarete portati davanti ai governatori e ai re, per causa mia, in testimonianza
a loro."
La pubblicazione di articoli come questo e la discussione che ne nasce, non è solo una attività accademica, ma fa parte degli incontri e degli scambi atti ad allargare gli orizzonti e promuovere la condivisione e la diffusione di idee e pensieri da tradurre, poi, in realtà concrete.
Forse Dumont dovrebbe meglio studiare il pontificao di Pio XI e soprattutto di Pio XII per capire
che non c'è stato arroccamento se non nella verità da salvaguardare e diffondere, visto il loro insegnamento in ogni campo del sapere moderno, anche nello sport, e nell'utilizzo di strumenti contemporanei come la radio attraverso cui raggiungevano tutto il mondo senza lòasciar la Chiesa in balia di faide prelatizie.
Non condivido certi giudizi negativi. In altri punti trovo anch'io qualcosa d'interessante.
Nel complesso l'articolo m'appar troppo "elitario" per argomentazioni e, soprattutto, liguaggio. Pesante, in una parola.
Caro Hpoirot,
Credo che la tua lettura sia distorta perché in nessun momento si evince dalle parole di Dumont che la Chiesa preconciliare fosse stantia e potenzialmente morta.
Il rinnovamento (nove non nova) si impone ad ogni epoca di grande cambiamento come la nostra; ma non riguarda i principi né deve seguire le mode.
Del resto la Chiesa, nelle sue attività sociali culturali e politiche, deve incarnare i principi ponendosi nella maniera più adatta a portare avanti la sua missione di santificare anche le strutture oltre che le persone. Ovvio che questo accada attraverso le persone; ma occorrono anche indirizzi e metodi adeguati che orientino e calibrino l'agire dei fedeli anche nell'agorà politica, non solo nella dedizione familiare e nelle opere di carità. Altrimenti - ed è quel che è acccaduto - si cade nell'indifferentismo politico o, per contro, nell'opportunismo.
Parlare di "una certa sclerosi [che] affetta i luoghi istituzionali di elaborazione e trasmissione del sapere" è la constatazione di un dato di fatto, a causa del quale è mancata una analisi approfondita delle dinamiche esterne da parte della chiesa docente. E dunque hanno potuto prevalere - grazie anche ad una documentata azione di fronda della quale non si fa cenno, ma che evidentemente ha avuto buon gioco proprio per i motivi già detti - le cosiddette avanguardie (leggasi personalismo e progressimo) che hanno lasciato la loro impronta attraverso le prassi non pre-definite dalla dottrina, riscrivendo la dottrina attraverso le azioni concrete improntate ad una spinta eversiva.
Il vizio di fondo della temperie conciliare è stato proprio quello di trascurare i sistemi per gettarsi su una prassi in qualche modo improvvisata - anche superficialmente ottimista: vedi gaudet mater ecclesia - e, quindi, foriera di fraintendimenti e di errori.
Resta il dubbio: quanto superficialmente o quanto consapevolmente?
" è mancata una analisi approfondita delle dinamiche esterne da parte della chiesa docente."
-------------
Su quest'affermazione proprio non son d'accordo, quando riferita a grandi pontificati ed al clima di profonda religiosità ed impavida testimonianza, nei pericoli affrontati a viso aperto e non dietro nick o nell'anonimato. Si tratta d'un'affermazione che mi ferisce al cuore, non solo personalmente, ma perché risuona condanna contro tutto ciò che la mia generazione ed anche quella precedente han fatto per la Chiesa. Non ci siamo proprio, per nulla.
Naturalmente liberissimi tutti di accettar la posizione di Dumont quanto di rigettarla sulla base delle proprie esperienze, e non solo dei propri studi.
PS. Non capisco il significato del verbo affettare. Gli affettati da noi sono i salumi.
Sinceramente leggendo l'articolo non ho capito per niente le critiche dell'articolista alla Chiesa come era prima del Concilio Vaticano Secondo. Mi sembrano frasi fumose vaghe campate in aria, come quelle che si sentono dire da chi critica la Chiesa negli anni dell'era cristiana (chiamata medioevo dagli illuministi).
La Chiesa ha sempre confutato, combattuto con forza gli errori della civiltà moderna. Proprio ora sto leggendo un ottimo autore di apologetica: Mons. Giuseppe Ballerini. Lo ha fatto con rigore intellettuale, precisione, critica con argomenti solidi e con profonda conoscenza delle filosofie moderne. Non si può combattere il nemico davvero se non lo si conosce. C'era l'analisi, eccome!
Sarebbe bastato continuare su questa strada che poi è quella vincente. I mezzi di comunicazione di oggi sarebbero stati di grande aiuto.
Invece con il Concilio Vaticano Secondo e non prima la strada è stata diversa: quella dell'arrendevolezza di fronte agli errori delle filosofie moderne. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Quello che per me è difficile capire è come sia stato possibile tutto ciò. A parte la reazione lodevole di alcuni, molti sono stati trascinati dalla corrente.
è mancata una analisi approfondita delle dinamiche esterne da parte della chiesa docente.
Caro Dante,
l'affermazione è mia e quindi il problema del nick non si pone.
L'analisi non si riferisce ai grandi pontificati sui quali non c'è proprio nulla da eccepire (e ci mancherebbe!), ma al periodo in esame. E, se non interpreto male, mi pare che chiami in causa Giovanni XXIII e successivi perché si riferisce al momento immediatamente pre a quello durante ed a quello post-concilio che ha visto il prevalere e l'agire di forze più arrembanti e meno consone alla missione perenne della Chiesa....
Ovvio che la mancanza in qualche modo chiama in causa anche -ma di striscio- aspetti della Chiesa pre-conciliare; il discorso, ad esempio non riguarda Pio XII che si è dimostrato all'altezza del suo compito in tutti i complessi aspetti della realtà: basta ricordare le sue encicliche e gli interventi, ben aperti e consapevoli alle novità emergenti nel campo della comunicazione e loro implicazioni, ad esempio, che mirabilmente e puntualmente precedono la conciliare "inter mirifica".
Mi riferisco
- alla Miranda prorsus - 1957 (Le meravigliose invenzioni...)
- Discorso ai giornalisti 17 febbraio 1950 sulla "Importanza Stampa Cattolica"
e prima ancora alla
- Vigilanti cura - 1936 sull'etica di un mezzo di comunicazione allora emergente: il Cinema.
E dunque, perché non riconoscere che nella Chiesa c'erano - come ci sono tuttora - aspetti di arroccamento che è comportamento di chiusura in difesa che non è saggio perché diventa difesa-e-basta e rischia di non tener conto di ciò da cui ti devi difendere e non attiva la messa in guardia della propria realtà e delle coscienze, ma soprattutto delle anime, dei fedeli dalla reale portata e dalle conseguenze delle dinamiche che attraversano la società del nostro tempo.
Faccio un esempio: la chiesa non ha condannato formalmente il comunismo; ma mi pare che non abbia condannato neppure il liberalismo selvaggio, che sta sovvertendo le nazioni e perfino la politica.
Vengo al sodo: la globalizzazione appare un fenomeno irreversibile (forse perché lo vogliono i burattinai?). Ma forse di per sé, se ben gestita, senza eliminare le identità e le sovranità nazionali, potrebbe portare in sé l'universalità (non l'universalismo) di cui la Chiesa cattolica è portatrice per sua natura e per la sua istituzione divina. E, invece, sembra siamo tutti proiettati nel Nuovo Governo Mondiale che omogenizza le identità sia religiose che culturali, in nome di una cosiddetta Fratellanza Universale, che senza Cristo Signore non si sa su che cosa sia fondata... E la nostra Chiesa dov'è in questo processo? Da una parte arroccata, dall'altra acriticamente o, addirittura e purtroppo, conniventemente aperta...
Questa non è una critica, è una analisi che vuole essere costruttiva e propositiva: scovare le pecche, per attuare i rimedi.
Mi viene in mente ad esempio il clericalismo spinto... Ebbene, per reazione -che reputo irrazionale- si è dato valore e spazio al 'laicismo' fin troppo spinto. E' andata a finire che il clericalismo si è trasformato in una sorta di comportamento nefastamente democratico e formalmente "aperto" dei sacerdoti, ma a tutto scapito dei munera sostanziali (docendi regendi e sanctificandi) che essi dovevano e devono custodire e vivere, purtroppo caduti in disuso o usati in maniera distorta.
Quindi, anziché trasformare il clericalismo nell'esercizio di un'autorità e di una magisterialità saggia e prudente, si è dato spazio alla clericalizzazione dei laici (cui ha contribuito non poco la ministeria quaedam di Paolo VI con tutto quello che vi è connesso, Riforma -gran brutta parola!- liturgica compresa)...
PS. Aprezzo la tua ironia sul verbo "affettare" ;)
Mai sentito parlare di qualcuno "affetto" da, quando si tratta di patologie?
Lo ha fatto con rigore intellettuale, precisione, critica con argomenti solidi e con profonda conoscenza delle filosofie moderne. Non si può combattere il nemico davvero se non lo si conosce. C'era l'analisi, eccome!
Sarebbe bastato continuare su questa strada che poi è quella vincente. I mezzi di comunicazione di oggi sarebbero stati di grande aiuto.
Sono d'accordo con te, caro Marco, ma purtroppo non è la strada percorsa dalla Chiesa immediatamente pre-durante-post-conciliare.
Stiamo facendo i conti proprio con questo.
La critica non riguarda la Chiesa pre-conciliare, riguarda la Chiesa tout court.
Nel complesso l'articolo m'appar troppo "elitario"
vuol, dare la definizione di "elitario", per favore?
Mai sentito parlare di qualcuno "affetto" da, quando si tratta di patologie?
Per lasciare in evidenza il soggetto e non inserire un da "una certa sclerosi", ho sostituito "affetta" con "prende". Si potrebbe dire anche caratterizza, ma il significato risulterebbe più diluito.
Penso che i problemi di cui stiamo discutendo ci siano stati dopo la morte di Papa Pio XII. Prima di lui e durante lui non c'erano i problemi dottrinali e non c'era la crisi della Chiesa.
Le spinte novatrici erano solo a livello potenziale e giustamente combattute da Roma.
Purtroppo a riguardo devo dire che sono rimasto spiacevolmente sorpreso dall'apprendere che il De Mattei nel suo libro "Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta" critica testi di Magistero di Papa Pio XII come la "Divino afflante Spiritu" e persino la "Humani generis":
http://www.cesnur.org/2010/mi-dema.html
http://www.doncurzionitoglia.com/magistero_luogo_teologico.pdf
I problemi sono cominciati con Papa Giovanni XXIII con la convocazione del Concilio Vaticano Secondo e sono esplosi con Papa Paolo VI, non prima.
I problemi e la crisi della Chiesa non ha origine dal Concilio, semmai con il Concilio la diga si é rotta, ma da tempo covavano le insidie.
Chiaro, dottrinalmente la Chiesa (il papa) era ancora chiara, ma non tutto era limpido nè tra i fedeli, né tra il clero.
Se così fosse stato non sarebbe franato tutto così velocemente e senza quasi reazione.
Per elitario intendo un articolo di difficile lettura per persone, come me, di media preparazione, e quindi destinato ad un'elite culturale. Ma mi sembrava d'averlo chiarito.
Mic, non si pone il problema di nick per te, ovviamente: dicevo che sotto i pontificati da me citati si combatteva a viso aperto e non come tanti, troppi, che strologano a vanvera. Quanto ai pontificati da me citati dall'articolo si desumeva una loro implicazione nello sterile arroccamento. Sarà la difficoltà che nel "pezzo" ho riscontrato.
La dotrina sociale della Chiesa non mi sembra tenera col liberalismo, neppure affettato.
La dotrina sociale della Chiesa non mi sembra tenera col liberalismo, neppure affettato.
Mi riferivo ad oggi, Dante, alle sfide della mondializzazione e alla tecnocrazia sempre più invasiva degli spazi pubblici e privati.
Non mi pare che la Chiesa, oggi, brilli per qualità di presenza, ma soprattutto per direzioni di marcia dei cattolici in politica o, per lo meno, di coloro che si dichiarano tali e sono sponsorizzati dalla CEI, per quanto riguarda l'Italia, ad esempio.
Inoltre, si parla tanto di abusi sessuali, ma degli abusi liturgici e degli stupri delle coscienze, che nascono dal tradimento della Verità, da cui ogni genere di abuso scaturisce, del ripareggiamento della verità, dottrinale prima ancora che pragmatica, non parla proprio nessuno.
Purtroppo a riguardo devo dire che sono rimasto spiacevolmente sorpreso dall'apprendere che il De Mattei nel suo libro "Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta" critica testi di Magistero di Papa Pio XII come la "Divino afflante Spiritu" e persino la "Humani generis":
Grazie per questa segnalazione, Marco. Non avevo approfondito questa parte del testo. Devo andare a cercarmela.
In riferimento al 'finale ottimista' del Dumont, sul forum Fecit hanno appena pubblicato alcuni estratti, in trascrizione, della recente conferenza di Mons. de Galarreta a Villepreux, e che mi sembrano di buon auspicio. Tra l'altro, Mons. de Galarreta sottolinea ancora una volta i grandi vantaggi che proverrebbero da una regolarizzazione, da ottenersi ovviamente senza alcun cedimento sulla dottrina e mantenendo una piena libertà di critica circa gli errori del Vaticano II. Vedi: http://www.fecit-forum.org/forum.php?id=22038
per i francofoni la conferenza di Mons de Galarreta (che fu chiara e edificante) é qui:
http://www.dici.org/multimedia/conference-de-mgr-alfonso-de-galarreta-le-13-octobre-2012-a-villepreux-sur-les-relations-de-la-fraternite-saint-pie-x-avec-rome/
"... si diceva che la Chiesa per effetto delle sue condanne si era ritirata fuori dal mondo, ma oggi, malgrado tutti i dialoghi e tutte le aperture, essa ne è più esclusa che mai mentre d'altro lato ha subito una « mondanizzazione » interiore profonda e senza precedenti..."
Discorso "pesante" per la realtà che fotografa.
Cara Mic, la Chiesa lo conosceva il nemico e vedeva anche bene cosa stava preparando per il futuro...una società massonica, anticristica, quella odierna, la più terribile mai veduta prima.
E infatti giustamente si arroccava, che non vuol dire darsi alla fuga, o chiudersi monoliticamente in se stessi, ma essere semmai fermi e forti nella Fede di sempre, enunciando la Verità con semplice chiarezza, senza fronzoli, nella purezza della Dottrina, anche se tutto cambia repentinamente... E poi affidare tutto al Signore.
Scrivi che si partì con una collaborazione non protetta dai giusti anticorpi per mancanza di vissuto, ma per avere un vissuto e anticorpi ci si deve immergere...ma dove? Nel mondo? Il confronto non sarebbe dovuto partire, su nessuno livello.
Confrontarsi coi figli del diavolo nel loro habitat è un suicidio, un tentare Dio. I diavoli sono cento volte più astuti degli uomini...e oggi si vedono i disastrosi risultati.
Dio non ci ha mai detto di studiare tecniche o tattiche per battere il male. Non ci ha detto di giocare una partita a scacchi col diavolo.
Poi Dumont finge di non sapere che la chiesa di oggi è il risultato di un infiltrazione di nemici, che avevano ben studiato a tavolino il progetto di demolizione dall'interno, visto che dall'esterno non erano mai riusciti...non sono certo state un insieme di cause e concause varie, casuali, come Dumont ci vuol far credere a portare al disastro attuale.
Poi hai ragione sicuramente, la Chiesa pre concilio, che era sempre formata da uomini, le storture le aveva, nel clero, non nella dottrina(!), certi atteggiamenti e abitudini radicate erano riprovevoli, Dio se ne lamentò spesso, ma non da arrivare certo ad un Concilio per sistemarle.
Per chi legge il francese qui un post di un blogger sempre molto bene informato, Ennemond, che non fa che confermare che l`accordo della FSSPX con la Santa Sede era dato per scontato anche da Mons. Pozzo che non ne faceva un segreto( vedi Tornielli...) ma che il 13 giugno le nuove condizioni richieste sono state alzate ad un livello che la Fraternità non poteva accettare, la fazione della Curia visceralmente ostile alla FSSPX ha fatto saltare un accordo che era sul punto di essere finalizzato, come poi sono riusciti a far pressione sul Papa e ad ottenere il suo consenso, non lo sapremo probabilmente mai.
http://www.fecit-forum.org/forum.php?id=22059
Non capisco come mai posto e mi esce una scritta: errore blogger o qualcosa del genere, per cui spesso mi passa la voglia di riscriver il commento, anche perché non vien mai come il primo.
MIC, avevo attribuito a Dumont quel che avevi scritto tu, ma il giudizio sull'articolo, che ho riletto stasera, dopo una messa vespertina solenne, non è cambiato.
Incontro molte difficoltà a comprender l'esatta portata delle argomentazioni, ma è evidentemente un mio limite, abituato come sono stato a sbriciolar il pan della scienza. Dumont, mi sembrava che parlasse più di ieri che di oggi o almeno inquadrava l'oggi nelle carenze dellì'ieri. Da qui la mia difesa di almeno due pontificati eccezionali, aperti alla modernità nel senso di averla esaminata, valutata e su di essa agito con comportamenti e parole illuminanti.
Quanto al liberalismo, al capitalismo non mi sembra che oggi si taccia, si tace più sulle malefatte del comunismo: non c'è rivista, non c'è omelia dove non se ne mettan in luce gli aspetti negativi. Su tutto il resto - poiché non l'ho citato - è chiaro che son d'accordo con te.
PS. Scherziamo un po'. AFFETTARE. pres. affètto (con la e aperta) significa ostentare, comportarsi in modo "affettato", non semplice e naturale; pres. affétto (con la e chiusa) significa tagliare a fette, trinciare, al limite ammazzare: non ti se mai affettato un dito con un coltello preparando il pranzo e sbucciando le patate?
Affètto aggettivo significa colpito ecc.: che so, da mal d'amore, una piacevole malattia.
Da diverso tempo ormai è in voga il per me orribile "mirato": provvedimento mirato, nel senso di teso a, mirante a. E mi fa tornar il leopardiano mira ed è mirata. E solo nel senso di ammirare si può usar il passivo.
Ma io son vecchio, mentre la lingua si evolve e ci può esser speranza anche per l'affettatrice.
In fondo, diceva Croce che tutti siamo poeti nell'eterna creazione del linguaggio.
E qui viene ricordato un altro anniversario che non dubito sarà passato sotto silenzio, il 50.anniversario del Messale del 1962.
http://www.riposte-catholique.fr/summorum-pontificum-blog/revue-de-presse-summorum/lautre-cinquantenaire#.UIRhd4WbW9Y
Quanto a quel che dice Marco Marchesini, purtroppo De Mattei ha preso due granchi, leggendo con occhio progressista, cioè accettando l'interpretazione progressista delle due fondamentali encicliche di Pio XII.
La Divino Afflante Spiritu si colloca senz'ombra di dubbio in linea con la Provvidentissimus di Leone XIII, ma la sviluppa. L'esegesi deve servirsi, per approfondir la conoscenza di tutto il tesoro biblico, degli strumenti linguisitici, storici, letterari che il progresso fornisce. L'attenzione ai generi letterari non è l'accettazione del metodo storico-critico. Per capir come de Mattei erri basta leggere La Nuova Esegesi di mons. Spadafora in cui si difende la piena ortodossia e da parte dello Spadafora e dal Romeo dell'enciclica in questione, mentre si evidenziano i danni del metodo storico-critico. Si cita anche Ratzinger che un po' critica in quanto pericoloso questo metodo, un po' lo accoglie. Il solito altalenante.
Quanto all'Humani Generis, si conferma sempre l'ispirazione divina degli scrittori popolari delle Sacre Scritture e per questo, contenendo delle verità, i loro racconti non possono esser posti al livello di leggenda o mito.
Così Pio XII non scarta sic et simpliciter gli studi sull'evoluzionismo, quando la scienza s'impegna in ricerche sull'origine del corpo umano da materia preesistente, perché la fede c'impone di credere che l'anima l'ha creata direttamente Dio. Del resto l'immagine di Dio che dalla terra forma l'uomo non è che una forma di creazione dell'uomo da materia preesistente.
Ma il grande papa fissa paletti ben precisi e gli studi, sottolinea con forza, dovranno esser approvati dalla Chiesa. Il poligenismo invece viene condannato senza via di scampo alcuna.
Ghergon ben argomenta.
Per chi legge il francese qui un post di un blogger sempre molto bene informato, Ennemond
Cara Luisa,
l'ho già tradotto e lo sto pubblicando :)
Cara Mic, la Chiesa lo conosceva il nemico e vedeva anche bene cosa stava preparando per il futuro...una società massonica, anticristica, quella odierna, la più terribile mai veduta prima.
E infatti giustamente si arroccava, che non vuol dire darsi alla fuga, o chiudersi monoliticamente in se stessi, ma essere semmai fermi e forti nella Fede di sempre, enunciando la Verità con semplice chiarezza, senza fronzoli, nella purezza della Dottrina, anche se tutto cambia repentinamente... E poi affidare tutto al Signore.
Questo, caro Ghergon è quel che dovrebbe essere sempre.
A me sembra che quel che è venuto fuori dall'analisi di Dumont, si riferisce a come si è posta, nei rapporti con il mondo politico e sociale al fine di garantire la sua presenza nella società, la Chiesa che ha condotto e applicato il concilio, arroccata da un lato, per un deficit di conoscenza delle dinamiche e dei rischi dell'epoca, e arrembante dall'altro (il che ha prevalso), in alcuni casi per superficialità in altri per connivenza col nemico.
Piuttosto, al deficit di conoscenza sottolineato da Dumont, tu aggiungi -e giustamente- il progetto di demolizione dall'interno. E, purtroppo, i segnali di questa realtà sono fin troppo evidenti per chi ha un briciolo di esperienza ecclesiale e occhi per vedere.
Poi hai ragione sicuramente, la Chiesa pre concilio, che era sempre formata da uomini, le storture le aveva, nel clero, non nella dottrina(!), certi atteggiamenti e abitudini radicate erano riprovevoli, Dio se ne lamentò spesso, ma non da arrivare certo ad un Concilio per sistemarle.
Personalmente non ho mai pensato e non credo proprio che la Chiesa avesse bisogno del concilio per rinnovarsi o risolvere i suoi problemi, né che si debbano affinare tattiche o strategie, perché non è certo questo che fa parte del vivere la Fede. Ovvio che un cristiano maturo e coerente con la fede che ha ricevuto e che vive sa trovare dentro di sé di volta in volta le risposte per le situazioni contingenti.
Tuttavia ci sono degli ambiti: penso alla politica, ad esempio, in cui occorrono linee di indirizzo consapevoli in rapporto alle dinamiche che si evolvono. E queste possono essere elaborate soltanto conoscendo e valutando la realtà in cui si è e di fronte alla quale non ci si può chiudere a riccio. Il contrario, che non è apertura acritica né acquiescenza, è il prezzo dell'incarnazione...
Per quanto riguarda la politica, ritengo che la Chiesa abbia più o meno sempre richiamato i politici a seguire il magistero sui problemi dell'ordine sociale e dei rapporti internazionali. Inoltre la sua dottrina morale deve far da stella polare.
I cattolici, se tali sono, sanno benissimo come comportarsi e di quali valori devon riempire le leggi che concorrono a formulare.
Il problema per me più grave è un altro: quanti cattolici son davvero tali, ed anche se lo sono, obbediscon essi alle linee guida della Chiesa?
E se la gerarchia in alcuni campi può apparir meno solerte, o meno attenta all'evolversi di certe vicende, i cattolici non posson sempre rivolgersi alla balia: devon saper camminar da sé.
.....ha subito una « mondanizzazione » interiore profonda e senza precedenti..
---------------------
per questo Gesù ammonisce: Siate nel mondo ma non del mondo.
La Chiesa ha deciso invece col concilio di appartenere al mondo con "immensa simpatia", e di blandirlo, vezzeggiarlo, assecondarne le voglie del momento storico, fidando, con fiducia rousseauiana nella natura umana (dopo che Gesù ha detto ben chiaramente "NESSUNO è buono!") che ora, ormai, nel sec. 20.mo mitizzato quasi fosse "oltre e al di sopra" del Vangelo, divenuto insufficiente a parlargli (?!), gli errori umani (eresie/peccati) si correggano e spariscano da soli (v. discorso iniziale di G23); a tutte le sue seduzioni ideologiche, dalle quali si era mantenuta sempre distante e immune -guardinga- per santa Prudenza, per fedeltà costante a Cristo,
ora (in questi tempi maturi per il tradimento) "la sventurata rispose", decise di "aggiornarsi
al mondo", sorrise al seduttore.
Cfr. titolo di A. Gnocchi nella recente conferenza della FSSPX, dove si è parlato del "linguaggio della rivoluzione" usato nel concilio, che ha portato alla rivoluzione del linguaggio (>QUI la scaturigine della "rivoluzione culturale" del '68, inutile negarlo) e con essa subito alla sovversione di tutti i significati precedenti, operando il rovesciamento epocale e detronizzazione della Verità, a favore della menzogna relativista ("cerchiamo ciò che ci unisce": qui è l'inizio del relativismo nella Chiesa, qui la "miccia" del caos dottrinale che seguirà subito già durante il cv2, con il colpo di mano modernista permesso dall'alto, e nelle sventurate riforme/mutazioni genetiche degli anni successivi; resta da vedere quanto il/i papa/i promotore/i se ne rendesse(ro) conto. Man mano che la storia viene ripensata e riscritta, lo capiremo meglio, aprendo gli occhi alla "LUCE impietosa della Verità").
Impero del relativismo, oggi trionfante nella Chiesa e nella società: ognuno ha la sua verità,
la sua liturgia, la sua dottrina ecc. (rappresentato in scala planetaria con Assisi1-2-3:
ognuno ha il suo modo di cercare il suo dio e rendergli culto, anche gli atei e i nemici di
Cristo sono inclusi -con gran rispetto accogliente- nelle mille diverse e pari "religioni"; in questo pantheon è già visibile l'affermazione concreta della egalité-fraternité massonica, grazie alla promozione prestigiosa fatta, a partire dal 1986, dai sommi pastori della Chiesa
"conciliarizzata").
La Verità assoluta ed eterna è eclissata. *
La Docenza della Chiesa non la insegna più in modo infallibile, chiaro e senza equivoci, ma indica tante ambigue (pluraliste) strade di diverse-pari verità.
L'eclissi di Sole dovrà ora (nel corso di alcuni anni) giungere al suo punto culminante, prima di regredire.
nb
(*la Madonna a La Salette preavvertì sulla "eclissi" della Chiesa)
Il cercare ciò che unisce non è di per sé un male. Lo diventa se la Chiesa non ne fa la leva per abbattere, o almeno sforzarsi d'abbattere o superare, con la parola di Cristo scritta e orale e tutto il suo magistero, quel che divide. Insomma partire da quel che unisce per ritrovare, pur lentamente, la piena unità, è positivo.
Insomma partire da quel che unisce per ritrovare, pur lentamente, la piena unità, è positivo
Se così fosse ne saremmo edificati. Ma è ormai evidente che per Muller & C. ciò che unisce è il battesimo. Le eresie che tanto danno hanno fatto alla storia e alle anime non contano più...
Di Muller ho detto ampiamente quel che pensavo.
Il mio intervento voleva invitare a non assolutizzare, come talora purtroppo superficialmente o polemicamente accade, la negatività dello sforzo di trovare e valorizzare quel che unisce.
Lo sforzo inoltre ha da esser esteso anche a valutar la maggiore o minore importanza, l'essenzialità di quel che divide.
Lo sforzo inoltre ha da esser esteso anche a valutar la maggiore o minore importanza, l'essenzialità di quel che divide.
Su questo non possiamo che essere d'accordo, Ma attualmente, se lo sguardo va a ciò che ci viene incontro ogni giorno da parte di Pastori che detengono ruoli chiave, mi pare che quella che va a farsi benedire è proprio l'essenzialità.
Comprendo peraltro il tuo tentativo di non assolutizzare, per rimanere in un orizzonte di equilibrio. Lo faccio spesso anch'io.
Ma nel caso che mi è venuto in mente e che ho citato, rafforzato da altri elementi (Erfurt, le celebrazioni del 2017, il 'sentire' generalizzato di troppi sacerdoti e vescovi) mi pare ci siano poche scappatoie in senso ottimistico.
Io non son ottimista, semplicemente non son pessimista: il pessimismo non è cattolico. M'affido allo Spirito Santo.
Il che non mi preclude di veder inganni, tradimenti, menzogne ed anche voltafaccia. Che detesto e condanno pubblicamente.
Caro Dante,
sono perfettamente d'accordo con te.
anch'io non sono pessimista, sono realista e, come fai tu, dico quello che vedo, motivando le mie perplessità o argomentazioni col Magistero perenne. Poi, certo, le conclusioni sono in mano al Signore e in Lui ripongo la mia fiducia. E questo alimenta la mia Speranza.
Ciò non toglie che i tempi sono quelli che sono e la strada per la restaurazione è ancora molto in salita.
Ma già questa sofferenza e queste difficoltà, offerti in Cristo, sono tutto "materiale da costruzione per il Regno"...
Posta un commento