COMUNICATO STAMPA
FERMA FEDELTÀ A UN MAGISTERO IMMUTABILE
I. Sulla castità, il matrimonio e i diritti dei genitori
* * *
Dichiarazione di fedeltà
all’insegnamento immutabile della Chiesa sul matrimonio
e alla sua ininterrotta disciplina
I. Sulla castità, il matrimonio e i diritti dei genitori
e sul matrimonio civile dopo il divorzio
Conclusione
29 agosto 2016, festa della passione di san Giovanni Battista, martirizzato per avere sostenuto la verità del matrimonio.
FERMA FEDELTÀ A UN MAGISTERO IMMUTABILE
80 Personalità cattoliche ribadiscono l’insegnamento della Chiesa sulla famiglia e sulla morale
Una Dichiarazione di fedeltà all’insegnamento immutabile della Chiesa sul matrimonio e alla sua ininterrotta disciplina è stata divulgata oggi 27 settembre 2016 da un gruppo di 80 personalità cattoliche, comprendenti cardinali, vescovi, sacerdoti, eminenti studiosi, dirigenti di associazioni specializzate e noti esponenti della società civile.
La dichiarazione è stata divulgata dall’associazione Supplica Filiale, la stessa che ha promosso fra i due Sinodi sulla famiglia una raccolta di quasi 900.000 firme di fedeli cattolici (fra i quali 211 prelati) chiedendo a Papa Francesco una parola di chiarezza che dissipasse la confusione venuta a crearsi nella Chiesa nel concistoro di febbraio del 2014 su questioni fondamentali della morale naturale e cristiana.
Di seguito al presente Comunicato troverete un riassunto e, a seguire ancora, il testo completo della Dichiarazione di fedeltà, scaturito dalla constatata crescente confusione indotta nei fedeli dopo i due Sinodi sulla famiglia e la successiva pubblicazione dell’Esortazione apostolica Amoris Laetitia (con le sue propaggini interpretative più o meno ufficiali). Ciò che muove i firmatari - anch'io tra essi e, insieme a noi, mi auguro siate in molti a raccogliere e trasmettere il testimone - è il pressante dovere morale di riaffermare coram populo l’insegnamento bimillenario della dottrina cattolica sul matrimonio, la famiglia e la disciplina morale praticata per secoli nei confronti di queste basilari istituzioni della civiltà cristiana. Tale grave dovere si fa ancora più urgente in vista dell’attacco crescente che le forze secolariste stanno sferrando contro il matrimonio e la famiglia; attacco che non sembra trovare più la barriera di un tempo nella prassi cattolica, almeno nel modo in cui questa oggi viene generalmente presentata all’opinione pubblica.
Di seguito al presente Comunicato troverete un riassunto e, a seguire ancora, il testo completo della Dichiarazione di fedeltà, scaturito dalla constatata crescente confusione indotta nei fedeli dopo i due Sinodi sulla famiglia e la successiva pubblicazione dell’Esortazione apostolica Amoris Laetitia (con le sue propaggini interpretative più o meno ufficiali). Ciò che muove i firmatari - anch'io tra essi e, insieme a noi, mi auguro siate in molti a raccogliere e trasmettere il testimone - è il pressante dovere morale di riaffermare coram populo l’insegnamento bimillenario della dottrina cattolica sul matrimonio, la famiglia e la disciplina morale praticata per secoli nei confronti di queste basilari istituzioni della civiltà cristiana. Tale grave dovere si fa ancora più urgente in vista dell’attacco crescente che le forze secolariste stanno sferrando contro il matrimonio e la famiglia; attacco che non sembra trovare più la barriera di un tempo nella prassi cattolica, almeno nel modo in cui questa oggi viene generalmente presentata all’opinione pubblica.
Questo è un momento storico. Anche perché abbiamo con noi i nostri pastori di riferimento.
Da mesi ormai assistiamo a continue prese di posizione sotto diverse forme, interviste, articoli, lettere aperte, di singoli prelati e sacerdoti (pochi) di singoli teologi, filosofi, storici, giornalisti e bloggers, e anche di gruppi ben definiti di persone, come nel caso recente dei 45 studiosi [qui - qui]. E non dimentichiamo le pubbliche prese di posizioni del vescovo Schneider [qui] e del cardinale Burke [qui]. Qui l'indice di tutti gli interventi sull'AL.
In molti casi si trattava di una riflessione e/o di una denuncia della situazione attuale, in altri ci si è rivolti direttamente al Papa per chiedergli di pronunciarsi ed impegnarsi in modo chiaro e definitivo sulle ambiguità sul matrimonio che si vanno diffondendo in tutto l'orbe cattolico.
Da parte sua invece si è constatato un totale disinteresse e misconoscimento; non solo: v'è stata perfino un'incredibile sua risposta indiretta avente l'innegabile scopo di rafforzare la dilagante sua interpretazione eterodossa sul matrimonio, come è successo appunto nella recente risposta ai vescovi argentini. [qui]
Questo è un momento storico, perché per la prima volta ogni singolo fedele cattolico (non nell'ambito ristretto di un singolo gruppo omogeneo) è invitato ad aggregarsi nella firma di una Dichiarazione dal titolo inequivocabile e assiomatico, un atto di fede pronunciato ad alta voce dai tetti in quanto cattolici, di qualsiasi estrazione nazionalità condizione, chierici e laici, tutti uniti per sottolineare che per nulla al mondo intendiamo rinunciare all'insegnamento di Cristo tramandato fedelmente dalla Chiesa Cattolica per 20 secoli.
Si dirà: ok, è già successo. Quasi un milione di cattolici avevano espresso la famosa Supplica Filiale. Ma che fine ha fatto? L'abbiamo visto tutti! L'Amoris Laetitia ne è il deludente e preoccupante risultato.
Però osservate meglio: qui, in questa Dichiarazione di fedeltà all'insegnamento immutabile della Chiesa sul matrimonio e alla sua ininterrotta disciplina, non ci si rivolge al Papa. Come già detto, ben sappiamo quale ne sarebbe l'esito. Quindi niente déjà vu.
Firmare e far firmare questa dichiarazione, oltre a far emergere l'impegno personale di fede di ciascun firmatario, ha il sapore di un serrare i ranghi, finalmente! di un guardarsi in faccia per riconoscersi appartenenti non ad un generico popolo ecumenicamente in cammino ma al Corpo Mistico di Cristo in virtù della Comunione di Santi.
In questo frangente storico l'essere cattolici si delinea e si gioca sul tema scottante del matrimonio, che è cellula costituente della società, ma soprattutto del regno sociale di Cristo, da cui il mondo intero non ha che da avvalersi per un autentico progresso umano secondo l'imprescindibile disegno del Creatore.
Significa segnare un confine, sì un confine! (parola reietta) per affermare con forza che cattolicità non significa apertura al mondo, ma annuncio al mondo.
Questo è davvero un momento storico.
Da mesi ormai assistiamo a continue prese di posizione sotto diverse forme, interviste, articoli, lettere aperte, di singoli prelati e sacerdoti (pochi) di singoli teologi, filosofi, storici, giornalisti e bloggers, e anche di gruppi ben definiti di persone, come nel caso recente dei 45 studiosi [qui - qui]. E non dimentichiamo le pubbliche prese di posizioni del vescovo Schneider [qui] e del cardinale Burke [qui]. Qui l'indice di tutti gli interventi sull'AL.
In molti casi si trattava di una riflessione e/o di una denuncia della situazione attuale, in altri ci si è rivolti direttamente al Papa per chiedergli di pronunciarsi ed impegnarsi in modo chiaro e definitivo sulle ambiguità sul matrimonio che si vanno diffondendo in tutto l'orbe cattolico.
Da parte sua invece si è constatato un totale disinteresse e misconoscimento; non solo: v'è stata perfino un'incredibile sua risposta indiretta avente l'innegabile scopo di rafforzare la dilagante sua interpretazione eterodossa sul matrimonio, come è successo appunto nella recente risposta ai vescovi argentini. [qui]
Questo è un momento storico, perché per la prima volta ogni singolo fedele cattolico (non nell'ambito ristretto di un singolo gruppo omogeneo) è invitato ad aggregarsi nella firma di una Dichiarazione dal titolo inequivocabile e assiomatico, un atto di fede pronunciato ad alta voce dai tetti in quanto cattolici, di qualsiasi estrazione nazionalità condizione, chierici e laici, tutti uniti per sottolineare che per nulla al mondo intendiamo rinunciare all'insegnamento di Cristo tramandato fedelmente dalla Chiesa Cattolica per 20 secoli.
Si dirà: ok, è già successo. Quasi un milione di cattolici avevano espresso la famosa Supplica Filiale. Ma che fine ha fatto? L'abbiamo visto tutti! L'Amoris Laetitia ne è il deludente e preoccupante risultato.
Però osservate meglio: qui, in questa Dichiarazione di fedeltà all'insegnamento immutabile della Chiesa sul matrimonio e alla sua ininterrotta disciplina, non ci si rivolge al Papa. Come già detto, ben sappiamo quale ne sarebbe l'esito. Quindi niente déjà vu.
Firmare e far firmare questa dichiarazione, oltre a far emergere l'impegno personale di fede di ciascun firmatario, ha il sapore di un serrare i ranghi, finalmente! di un guardarsi in faccia per riconoscersi appartenenti non ad un generico popolo ecumenicamente in cammino ma al Corpo Mistico di Cristo in virtù della Comunione di Santi.
In questo frangente storico l'essere cattolici si delinea e si gioca sul tema scottante del matrimonio, che è cellula costituente della società, ma soprattutto del regno sociale di Cristo, da cui il mondo intero non ha che da avvalersi per un autentico progresso umano secondo l'imprescindibile disegno del Creatore.
Significa segnare un confine, sì un confine! (parola reietta) per affermare con forza che cattolicità non significa apertura al mondo, ma annuncio al mondo.
Questo è davvero un momento storico.
Solidamente supportata da un cristallino e inconfutabile insegnamento, anche molto recentemente ribadito dal Supremo Magistero della Chiesa, la Dichiarazione si articola in 27 affermazioni di verità esplicitamente o implicitamente negate o rese ambigue nell’attuale linguaggio di vari documenti ecclesiali di carattere pastorale. Si tratta, secondo i firmatari, di dottrine e prassi immodificabili che riguardano, ad esempio, la fede nella Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia, il rispetto che si deve ad Essa, l’impossibilità di partecipavi in stato oggettivo di peccato grave, le condizioni del pentimento per ricevere l’assoluzione sacramentale, l’ottemperamento universale del Sesto Comandamento della Legge di Dio, il gravissimo dovere di non dare scandalo pubblico e di non indurre il popolo di Dio a peccare o a relativizzare il bene e il male; i limiti oggettivi della coscienza, ecc.
La Dichiarazione di Fedeltà è già disponibile in inglese e italiano ed entro breve lo sarà anche in francese, tedesco, spagnolo e portoghese sul sito http://www.filialappeal.org/
Chiunque vorrà aderire ad essa potrà farlo firmando qui
(*per ulteriori informazioni contattare supplicafiliale@gmail.com o scrivere ad Associazione Supplica Filiale, Via Nizza 110, 00198 Roma)
Riassunto della Dichiarazione di Fedeltà
Errori sul vero matrimonio e sulla famiglia sono vastamente sparsi oggi negli ambienti cattolici, in modo particolare dopo i due Sinodi, Straordinario e Ordinario, sulla famiglia e la pubblicazione dell’Esortazione Amoris Laetitia.
Di fronte a questa realtà, la presente Dichiarazione esprime la risoluzione dei suoi firmatari di rimanere fedeli agli insegnamenti morali immutabili della Chiesa sui sacramenti del Matrimonio, della Riconciliazione e dell’Eucaristia e alla sua sempiterna e duratura disciplina nei confronti di questi sacramenti.
Specificamente, la Dichiarazione di Fedeltà sostiene fermamente che:I. Sulla castità, il matrimonio e i diritti dei genitori
- Tutte le forme di coabitazione more uxorio al di fuori di un valido matrimonio contraddicono gravemente la volontà di Dio;
- Il matrimonio e l’atto coniugale hanno entrambi propositi procreativi e unitivi e ogni atto coniugale deve essere aperto al dono della vita;
- La cosidetta educazione sessuale è un diritto basilare e primario dei genitori che deve essere sempre attuato sotto la loro attenta guida;
- La consacrazione definitiva di una persona a Dio per mezzo di una via di castità perfetta è oggettivamente più eccellente del matrimonio.
II. Sulle coabitazioni, le unioni di persone dello stesso sesso e il matrimonio civile dopo il divorzio
- Le unioni irregolari non possono mai essere equiparate al matrimonio, ritenute moralmente lecite o riconosciute legalmente;
- Le unioni irregolari non possono esprimere né parzialmente né analogicamente il bene del matrimonio cristiano, anzi lo contraddicono radicalmente, e devono essere ritenute forme peccaminose di vita;
- Le unioni irregolari non possono essere raccomandate come un prudente e graduale compimento della legge divina.
III. Sulla Legge Naturale e la coscienza individuale
- La coscienza non è la sorgente del bene e del male, ma rimembra come una azione debba adeguarsi alla legge divina e naturale;
- Una coscienza ben formata mai giungerà alla conclusione che, a causa dei limiti di una determinata persona, la migliore risposta che essa possa dare al Vangelo sia di rimanere in una situazione oggettivamente peccaminosa o che Dio stesso gliela stia chiedendo;
- La gente non deve pensare alla pratica del Sesto Comandamento o alla indissolubilità del matrimonio come meri ideali da raggiungere;
- Il discernimento personale o pastorale non può mai portare i divorziati “risposati” a concludere che la loro unione adulterina possa essere giustificata dalla “fedeltà” al nuovo compagno o alla nuova compagna, che separarsi dall’unione adulterina sia impossibile, oppure che così facendo si espongano a nuovi peccati; i divorziati che si sono “risposati” e che non possono soddisfare la grave esigenza di separarsi, sono moralmente obbligati a vivere “come fratello e sorella” e anche ad evitare di dare scandalo, con qualsiasi manifestazione di intimità propria delle coppie maritate.
IV. Sul discernimento, la responsabilità,
lo stato di grazia e lo stato di peccato
lo stato di grazia e lo stato di peccato
- I divorziati civilmente “risposati” che scelgono questa situazione con piena avvertenza e deliberato consenso della volontà, non sono membri vivi della Chiesa poiché sono in stato di peccato grave che impedisce loro il possesso della carità e la crescita in essa;
- Non esiste una via di mezzo fra lo stare in grazia di Dio ed esserne privo a causa del peccato grave. La crescita spirituale per qualcuno che vive in stato oggettivo di peccato consiste nell’abbandonare quella situazione;
- Dato che Dio è onnisciente, la legge naturale e la legge rivelata provvedono a tutte le situazioni particolari, specialmente quando proibiscono azioni “intrinsecamente cattive”;
- La complessità delle situazioni e i diversi gradi di responsabilità non impediscono ai pastori di poter concludere che coloro che vivono in unioni irregolari sono in oggettivo stato di peccato grave e di presumere nel foro esterno che si sono privati della grazia santificante;
- Poiché l’uomo è munito di libera volontà, gli atti morali volontari devono essere imputati al suo autore e questa imputabilità deve essere presunta;
V. Sui sacramenti della Riconciliazione e dell’Eucaristia
- Il confessore è tenuto ad ammonire i penitenti che trasgrediscono la legge divina e ad assicurarsi che veramente questi desiderino l’assoluzione e il perdono di Dio, oltre ad essere risoluti a rivedere e correggere la loro condotta;
- I divorziati “risposati” civilmente che permangono in uno stato oggettivo di adulterio non possono essere ritenuti dai confessori in possesso dello stato di grazia, quindi in grado di ricevere l’assoluzione e la Sacra Eucaristia, almeno che essi esprimano contrizione e fermamente si risolvano ad abbandonare il loro stato di vita;
- Nessun discernimento responsabile può sostenere che l’ammissione all’Eucaristia è permessa ai divorziati civilmente “risposati” che vivono apertamente more uxorio, sotto il pretesto che, dovuto a diminuita responsabilità, non esiste peccato grave. La loro vita esterna infatti contraddice oggettivamente il carattere indissolubile del matrimonio cristiano;
- La certezza soggettiva in coscienza sulla invalidità del matrimonio previo non è mai di per sé sufficiente a scusare i divorziati civilmente “risposati” del peccato materiale di adulterio o di permettere loro di non rispettare le conseguenze sacramentali del vivere da peccatori pubblici;
- Coloro che ricevono la Sacra Eucaristia devono trovarsi in stato di grazia e dunque i divorziati civilmente “risposati” che conducono uno stile di vita peccaminoso, rischiano di commettere un sacrilegio ricevendo la Sacra Eucaristia;
- Secondo la logica del Vangelo le persone che muoiono in stato di peccato mortale e non riconciliati con Dio, sono condannati eternamente all’inferno.
VI. Sull’atteggiamento materno e pastorale della Chiesa
- L’insegnamento chiaro della verità è un eminente opera di misericordia e carità;
- L’impossibilità di dare la Comunione a cattolici che vivono manifestamente in uno stato oggettivo di peccato grave emana dalla cura materna della Chiesa, dal momento che essa non è proprietaria dei sacramenti bensì una sua amministratrice;
VII. Sulla validità universale del Magistero costante della Chiesa
- Le questioni dottrinali, morali e pastorali riguardanti i sacramenti dell’Eucaristia, della Riconciliazione e del Matrimonio devono essere risolte tramite interventi del Magistero e, per la loro stessa natura, precludono le interpretazioni contradditorie o la possibilità di trarre conseguenze pratiche sostanzialmente in opposizione a esso;
Mentre si spargono ovunque le piaghe del divorzio e della depravazione sessuale, persino all’interno della vita ecclesiale, è un dovere dei vescovi, dei sacerdoti e dei fedeli cattolici dichiarare, ad una voce, la loro fedeltà all’immutabile insegnamento della Chiesa sul matrimonio e alla sua ininterrotta disciplina, così come è stata ricevuta dagli Apostoli.
Roma, 27 settembre 2016
* * *
Lista dei primi firmatari e testo completo della Dichiarazione
- Prof. Wolfgang Waldstein, Cattedratico emerito della Università di Salisburgo, membro della Pontifica Accademia per la Vita (Austria)
- Sua Eminenza il cardinale Jãnis Pujats, Arcivescovo emerito di Riga, Lettonia.
- Sua Eccellenza Athanasius Schneider, vescovo ausiliare di Astana, Kazakhstan.
- Prof. Josef Seifert, Docente di Filosofia, Academia Internacional de Filosofía-Instituto de Filosofía Edith Stein IAP-IFES, Rettore fondatore della International Academy of Philosophy nel Principato di Liechtenstein (Austria).
- Dott.ssa Anca-Maria Cernea, Presidente della Ioan Barbus Foundation (Romania).
- Dott. Vincent-Jean-Pierre Cernea (Romania)
- Padre prof. Efrem Jindráček O.P., Vice-decano della Facoltà di Filosofia dell’Università di san Tommaso d’Aquino (Angelicum – Roma, Italia)
- Sua Eminenza il cardinale Carlo Caffarra, fondatore e primo preside dell’Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia e arcivescovo emerito di Bologna (Italia).
- Sua Eminenza il cardinale Raymond Leo Burke, Patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta (Vaticano)
- Rev.do don Nicola Bux, docente presso la Facoltà Teologica Pugliese (Italia)
- Sua Eccellenza Andreas Laun, vescovo ausiliare di Salisburgo (Austria)
- Sua Eccellenza Juan Rodolfo Laise, vescovo emerito di San Luis (Argentina)
- Padre Antonius Maria Mamsery, Superiore Generale dei Missionari della Santa Croce in Singida (Tanzania)
- Padre Giovanni M. Scalese, B., ordinario per l’Afghanistan.
- Padre José María Iraburu, già professore di Teologia spirituale della Facoltà di Teologia del Nord Spagna; presidente della Fondazione Gratis Date ed editore del quotidiano digitale InfoCatólica (Spagna)
- Mons. Juan Claudio Sanahuja, Dottore in Teologia; docente di teologia morale dei sacramenti; giornalista (Argentina)
- Prof. Dr. Alma von Stockhausen, docente di filosofia e fondatrice della Accademia Gustav-Siewerth in Weilheim-Bierbronnen (Germania).
- Prof. Dr. Rudolf Hilfer, Facoltà di Fisica e Matematica-Istituto di Fisica Informatica, Università di Stoccarda (Germania)
- Adolpho Lindenberg, Cofondatore della Società Brasiliana per la Difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà (TFP) e presidente dell’Istituto Plinio Corrêa de Oliveira (Brasile).
- John Smeaton, Direttore Esecutivo della Society for the Protection of Unborn Children (SPUC) e cofondatore di Voice of the Family (Regno Unito)
- Prof. Ettore Gotti Tedeschi, docente, economista e banchiere, già presidente dello IOR (Italia)
- Prof. Massimo de Leonardis, direttore del dipartimento di Scienze Politiche dell’Università del Sacro Cuore di Milano (Italia)
- Conte Giorgio Piccolomini (Italia)
- Contessa Felicitas Piccolomini (Italia)
- Prof. Tommaso Scandroglio, Professore di Etica e Bioetica all’Università Europea (Italia)
- Prof. Giovanni Turco, docente di Filosofia del Diritto Pubblico, Università di Udine (Italia)
- S. A.I.R. Principe Luiz di Orleans-Braganza, Capo della Casa Imperiale (Brasile)
- Prof. Isobel Camp, docente di Filosofia alla Pontificia Università di San Tommaso, Angelicum, di Roma (Regno Unito)
- Duca Paul von Oldenburg (Germania)
- Duchessa Pilar von Oldenburg (Germania)
- Principe Carlo Massimo (Italia)
- Principessa Elisa Massimo (Italia)
- Prof. Paolo Pasqualucci, già ordinario di Filosofia del Diritto presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Perugia (Italia)
- Prof. Corrado Gnerre, autore e docente di Scienze Religiose (Italia)
- Prof. John Laughland, autore e dottore in Filosofia (Regno Unito)
- S.A.I.R. Principe Bertrand de Orleans-Braganza, (Brasile)
- Prof. Robert Lazu, autore e dottore in Filosofia (Romania)
- Prof. David Magalhães, docente della Facoltà di Diritto dell’Università di Coimbra (Portogallo)
- Prof. Enrico Maria Radaelli, autore, direttore di ricerca del Dipartimento di Metafisica della bellezza e della Filosofia dell’arte della International Science and Commonsense Association (ISCA) (Italia)
- Sac. Brian Harrison, già professore di teologia della Pontificia Università Cattolica di Portorico, docente residenziale del Centro Studi degli Oblati della Sapienza (Stati Uniti)
- Prof. Roberto de Mattei, docente di Storia Moderna e Contemporanea all’Università Europea di Roma (Italia)
- Don Marc Hausmann, professore di Filosofia (Austria)
- Sac. Alfredo Morselli, teologo e autore (Italia)
- Ambasciatore Emilio Barbarani (Italia)
- Ambasciatore Héctor Riesle (Cile)
- Arciduchessa Alexandra von Habsburg de Riesle (Austria-Cile)
- Don Fernando Palacios, Dottore in Diritto Canonico (Spagna)
- Avv. James Bogle, ex-presidente di Una Voce International (Regno Unito)
- John-Henry Westen, cofondatore e direttore di Life Site News (Canada)
- Luis Fernando Pérez Bustamante, direttore di InfoCatólica (Spagna)
- Maria Guarini, direttrice del sito Chiesa e Post Concilio (Italia)
- Avv. Caio Xavier da Silveira, cofondatore della TFP brasiliana e presidente della Fédération Pro Europa Christiana (Francia)
- Prof. Gianandrea de Antonellis, presidente dell’ Institut Européen de Recherches, Etudes et Formation (I.E.R.E.F.) (Italia)
- Dr. Mauro Faverzani, coordinatore editoriale del mensile “Radici Cristiane” (Italia)
- Prof. Federico Catani, scrittore e dottore in Scienze Religiose (Italia)
- Prof. Guido Vignelli, scrittore e studioso della Famiglia (Italia)
- Dott.ssa Maria Madise, coordinatrice di Voice of the Family (Estonia).
- Cristina Siccardi, scrittrice e storica (Italia)
- Mario Navarro da Costa, direttore del Bureau TFP a Washington (Stati Uniti)
- Mathias von Gersdorff, scrittore e conferenziere (Germania)
- Marchesa Gabriella Spalletti Trivelli Coda Nunziante (Italia)
- Virginia Coda Nunziante, presidente di Famiglia Domani (Italia)
- Prof. Raúl del Toro, docente di organo e organista (Spagna)
- Prof. ssa María Arratíbel, docente di musica (Spagna)
- Daniel Iglesias Grèzes, segretario del Centro Culturale Cattolico “Fe y Razón” (Uruguay)
- Pedro Luis Llera Vázquez, Preside di scuola cattolica (Spagna)
- David González Cea (firma come Alonso Gracián), filosofo tomista e scrittore (Spagna)
- Ingegnere José Miguel Arráiz, catechista e fondatore di ApologeticaCatolica.org (Venezuela)
- Antonello Brandi, presidente Pro Vita Onlus (Italia)
- Suzanne Pearson, Delegato della Lega di Preghiera del Beato Imperatore Carlo (Stati Uniti)
- Paul N. King, Presidente e Fondatore del The Paulus Institute for the Propagation of Sacred Liturgy (Stati Uniti)
- Donna Fitzpatrick Bethell, Presidente del consiglio direttivo del Christendom College, già sottosegretario al ministero dell’Energia ( Stati Uniti).
- Alessandra Nucci, scrittrice e direttore della Rivisita Una Voce Grida (Italia)
- Prof. Néstor Martínez, licenziato in Filosofia, docente e scrittore. Cofondatore di Fe y Razón (Uruguay)
- Prof. Javier Paredes, ordinario di Storia Contemporanea, Università di Alcalà (Spagna)
- Onorevole Justin Shaw (Regno Unito)
- Signora Caroline Shaw (Regno Unito)
- Bruno Moreno, licenziato in Fisica e in Studi Ecclesiastici, scrittore ed editore di Vita Brevis (Spagna).
- Ing. Juan José Romero, editore e consulente di comunicazione (Spagna)
- Alberto Zelger, Presidente del Centro Culturale Nicolò Stenone (Italia)
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“Il matrimonio sia rispettato da tutti” (Eb 13, 4)
Dichiarazione di fedeltà
all’insegnamento immutabile della Chiesa sul matrimonio
e alla sua ininterrotta disciplina
Viviamo un’epoca in cui numerose forze cercano di distruggere o deformare il matrimonio e la famiglia. Infatti ideologie secolariste se ne avvantaggiano aggravando così la crisi della famiglia, risultante di un processo di decadenza culturale e morale. Questo processo conduce i cattolici ad adattarsi alla nostra società neopagana. Il loro “conformarsi alla mentalità di questo mondo” (Rm 12, 2) è spesso favorito da una mancanza di fede — e, di conseguenza, di spirito soprannaturale per accettare il mistero della Croce di Cristo — e da un’assenza di preghiera e penitenza.
La diagnosi fatta dal Concilio Vaticano II sui mali che colpiscono l’istituzione del matrimonio e della famiglia è più valida che mai: «La dignità di questa istituzione non brilla dappertutto con identica chiarezza poiché è oscurata dalla poligamia, dalla piaga del divorzio, dal cosiddetto libero amore e da altre deformazioni. Per di più l’amore coniugale è molto spesso profanato dall’egoismo, dall’edonismo e da pratiche illecite contro la fecondità» (Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, 7 dicembre 1965, n. 47).
Fino a poco tempo fa, la Chiesa Cattolica è stata la roccaforte del vero matrimonio e della famiglia, ma adesso si vanno diffondendo errori contro queste due divine istituzioni negli ambienti cattolici, specialmente dopo il Sinodo straordinario e quello ordinario sulla famiglia, tenutisi rispettivamente nel 2014 e nel 2015, e dopo la pubblicazione della Esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia.
Davanti a questa offensiva i sottoscritti si sentono moralmente obbligati a dichiarare la loro risoluzione di rimanere fedeli agli immutabili insegnamenti sulla morale e sui sacramenti del Matrimonio, della Riconciliazione e della Eucaristia, e alla sua perenne e duratura disciplina riguardante questi sacramenti.
I. Sulla castità, il matrimonio e i diritti dei genitori
1. Noi ribadiamo fermamente la verità che ogni forma di convivenza more uxorio (come marito e moglie) al di fuori di un matrimonio valido contraddice gravemente la volontà di Dio espressa nei suoi comandamenti e, dunque, non può contribuire al progresso spirituale di coloro che la praticano né a quello della società.
Per sua stessa natura l’istituto del matrimonio e l’amore coniugale sono ordinati alla procreazione e alla educazione della prole e in queste trovano il loro coronamento. E così l’uomo e la donna … per l’alleanza coniugale «non sono più due, ma una sola carne» (Mt 19, 6) … Questa intima unione, in quanto mutua donazione di due persone, come pure il bene dei figli, esigono la piena fedeltà dei coniugi e ne reclamano l’indissolubile unità … Per questo motivo i coniugi cristiani sono fortificati e quasi consacrati da uno speciale sacramento per i doveri e la dignità del loro stato (Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, 7 dicembre 1965, n. 48).
2. Noi ribadiamo fermamente la verità che il matrimonio e l’atto coniugale hanno finalità sia procreativa che unitiva e che tutti e ognuno degli atti coniugali devono essere aperti al dono della vita. Inoltre noi affermiamo che questo insegnamento è definitivo e irriformabile.
È esclusa ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione. Né, a giustificazione degli atti coniugali resi intenzionalmente infecondi, si possono invocare, come valide ragioni: che bisogna scegliere quel male che sembri meno grave o il fatto che tali atti costituirebbero un tutto con gli atti fecondi che furono posti o poi seguiranno, e quindi ne condividerebbero l’unica e identica bontà morale. In verità, se è lecito, talvolta, tollerare un minor male morale al fine di evitare un male maggiore o di promuovere un bene più grande, non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali. È quindi errore pensare che un atto coniugale, reso volutamente infecondo, e perciò intrinsecamente non onesto, possa essere coonestato dall’insieme di una vita coniugale feconda (Paolo VI, Enciclica Humanae vitae, 25 luglio 1968, n. 14).
3. Noi ribadiamo fermamente la verità che la cosiddetta educazione sessuale è un diritto primario e basilare dei genitori la quale deve essere sempre effettuata sotto la loro attenta guida, a casa o in centri educativi da loro scelti e controllati.
Massimamente pericoloso è poi quel naturalismo, che ai nostri tempi invade il campo dell’educazione in argomento delicatissimo come è quello dell’onestà dei costumi. Assai diffuso è l’errore di coloro che, con pericolosa pretensione e con brutta parola, promuovono una così detta educazione sessuale, falsamente stimando di poter premunire i giovani contro i pericoli del senso con mezzi puramente naturali, quale una temeraria iniziazione ed istruzione preventiva per tutti indistintamente, e anche pubblicamente, e peggio ancora, con l’esporli per tempo alle occasioni, per assuefarli, come essi dicono, e quasi indurirne l’animo contro quei pericoli (Pio XI, Enciclica Divini illius Magistri, 31 dicembre 1929: Enchiridion delle Encicliche, EDB 1995, vol. 5, paragrafo 374).
Allora vi apparterrà, a voi per le vostre figlie, al papà per i vostri maschi, di sollevare con delicatezza il velo della verità, di dare una risposta prudente, giusta e cristiana alle loro domande e inquietudini (Pio XII, Allocuzione alle madri di famiglia dell’Azione cattolica italiana, 26 ottobre 1941).
Essa [l’opinione pubblica] si è trovata, su questo terreno, pervertita da una propaganda che non esitiamo a chiamare funesta, anche quando talvolta emana da sorgenti cattoliche e mira ad agire sui cattolici, e persino quando coloro che la esercitano non sembrano mettere in dubbio che, a loro volta, sono illusi dallo spirito del male … Vogliamo parlare qui di scritti, libri e articoli riguardanti l’iniziazione sessuale … I principi stessi che nella sua Enciclica Divini illius Magistri il nostro predecessore Pio XI ha così saggiamente illustrato riguardo l’educazione sessuale e questioni connesse, sono — triste segno dei tempi! — messi da parte con un gesto dispregiativo e un sorriso: «Pio XI, si dice, l’ha scritta venti anni fa, per il suo tempo. Poi di strada ne abbiamo fatta!» … Unitevi … senza timidezza o rispetto umano, per interrompere e fermare queste campagne (Pio XII, Allocuzione a un gruppo di padri di famiglia francesi, 18 settembre 1951).
L’educazione sessuale, diritto e dovere fondamentale dei genitori, deve attuarsi sempre sotto la loro guida sollecita, sia in casa sia nei centri educativi da essi scelti e controllati. In questo senso la Chiesa ribadisce la legge della sussidiarietà, che la scuola è tenuta ad osservare quando coopera all’educazione sessuale, collocandosi nello spirito stesso che anima i genitori. In questo contesto è del tutto irrinunciabile l’educazione alla castità, come virtù che sviluppa l’autentica maturità della persona e la rende capace di rispettare e promuovere il «significato sponsale» del corpo. Anzi, i genitori cristiani riserveranno una particolare attenzione e cura, discernendo i segni della chiamata di Dio, per l’educazione alla verginità, come forma suprema di quel dono di sé che costituisce il senso stesso della sessualità umana. Per gli stretti legami che intercorrono tra la dimensione sessuale della persona e i suoi valori etici, il compito educativo deve condurre i figli a conoscere e a stimare le norme morali come necessaria e preziosa garanzia per una responsabile crescita personale nella sessualità umana (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, 22 novembre 1981, n. 37).
Si raccomanda di rispettare il diritto del bambino o del giovane di ritirarsi da ogni forma di istruzione sessuale impartita fuori casa. Per tale decisione né essi né altri membri della famiglia vanno mai penalizzati o discriminati (Pontificio Consiglio per la Famiglia, Sessualità umana: verità e significato. Orientamenti educativi in famiglia, 8 dicembre 1995, n. 120).
Nell’insegnamento della dottrina e della morale cattolica circa la sessualità, si devono tenere in conto gli effetti durevoli del peccato originale, cioè la debolezza umana e il bisogno della grazia di Dio per superare le tentazioni ed evitare il peccato (Pontificio Consiglio per la Famiglia, Sessualità umana: verità e significato. Orientamenti educativi in famiglia, 8 dicembre 1995, n. 123).
Nessun materiale di natura erotica deve essere presentato a bambini o a giovani di qualsiasi età, individualmente o in gruppo. Questo principio della decenza deve salvaguardare la virtù della castità cristiana. Perciò, nel comunicare l’informazione sessuale nel contesto dell’educazione all’amore, l’istruzione deve essere sempre «positiva e prudente» e «chiara e delicata». Queste quattro parole, usate dalla Chiesa Cattolica, escludono ogni forma di contenuto inaccettabile dell’educazione sessuale (Pontificio Consiglio per la Famiglia, Sessualità umana: verità e significato. Orientamenti educativi in famiglia, 8 dicembre 1995, n. 126).
Oggi i genitori devono fare attenzione ai modi in cui una educazione immorale può essere trasmessa ai loro figli attraverso diversi metodi promossi dai gruppi con posizioni e interessi contrari alla morale cristiana. Non sarebbe possibile indicare tutti i metodi inaccettabili; qui si presentano soltanto diversi modi più diffusi che minacciano i diritti dei genitori e la vita morale dei loro figli. In primo luogo i genitori devono rifiutare l’educazione sessuale secolarizzata ed antinatalista, che mette Dio ai margini della vita e considera la nascita di un figlio come una minaccia, diffusa dai grandi organismi e dalle associazioni internazionali che promuovono l’aborto, la sterilizzazione e la contraccezione. Questi organismi vogliono imporre un falso stile di vita contro la verità della sessualità umana» (Pontificio Consiglio per la Famiglia, Sessualità umana: verità e significato. Orientamenti educativi in famiglia, 8 dicembre 1995, nn. 135-6).
4. Noi ribadiamo fermamente la verità che la consacrazione definitiva di una persona a Dio attraverso una vita di perfetta castità è oggettivamente più eccellente del matrimonio giacché costituisce una specie di matrimonio spirituale in cui l’anima sposa Cristo. La sacra virginità fu raccomandata dal nostro divino Redentore e da san Paolo come uno stato di vita complementare ma oggettivamente più perfetto del matrimonio.
La dottrina che stabilisce l’eccellenza e la superiorità della verginità e del celibato sul matrimonio, come già dicemmo, annunciata dal divin Redentore e dall’Apostolo delle genti, fu solennemente definita dogma di fede nel concilio di Trento e sempre concordemente insegnata dai santi padri e dai dottori della chiesa. I Nostri predecessori, e Noi stessi, ogni qualvolta se ne presentava l’occasione, l’abbiamo più e più volte spiegata e vivamente inculcata. Tuttavia, poiché di recente vi sono stati alcuni che hanno impugnato con serio pericolo e danno dei fedeli questa dottrina tramandataci dalla chiesa, Noi, spinti dall’obbligo del Nostro ufficio, abbiamo creduto opportuno nuovamente esporla in questa enciclica, indicando gli errori, proposti spesso sotto apparenza di verità (Pio XII, Enciclica Sacra virginitas, 25 marzo 1954, n. 32).II. Sulle convivenze, sulle unioni di persone dello stesso sesso
e sul matrimonio civile dopo il divorzio
5. Noi ribadiamo fermamente la verità che l’unione irregolare di un uomo e di una donna conviventi, o quella di due individui dello stesso sesso, non può mai essere paragonata al matrimonio; che tali unioni non possono essere ritenute moralmente lecite e riconosciute dalla legge, e sosteniamo che è falso affermare che si tratta di forme di famiglia che possono offrire una certa stabilità.
Tale natura, affatto propria e speciale di questo contratto, lo rende totalmente diverso, non solo dagli accoppiamenti fatti per cieco istinto naturale fra gli animali, in cui non può esservi ragione o volontà deliberata, ma altresì da quegli instabili connubii umani, che sono disgiunti da qualsivoglia vero ed onesto vincolo di volontà e destituiti di qualsiasi diritto di domestica convivenza. Da qui già appare manifesto che la legittima autorità ha diritto e dovere di frenare, impedire e punire questi turpi connubii, contrari a ragione e a natura (Pio XI, Enciclica Casti connubii, 31 dicembre 1930).
La famiglia non può essere messa allo stesso livello di mere associazioni o unioni e queste non possono godere dei diritti particolari esclusivamente connessi con la protezione dell’impegno coniugale basato sul matrimonio, una stabile comunità di vita e di amore, il risultato del dono totale e fedele degli sposi, aperto alla vita (Giovanni Paolo II, Discorso a un gruppo di parlamentari e politici europei, 23 ottobre 1998).
Occorre comprendere le differenze sostanziali tra matrimonio e unioni di fatto. È qui che si radica la differenza tra la famiglia d’origine matrimoniale e la comunità originata da un’unione di fatto. La comunità familiare nasce dal patto d’alleanza dei coniugi. Il matrimonio che sorge da questo patto d’amore coniugale non è una creazione del potere pubblico, bensì un’istituzione naturale e originaria che lo precede. Nelle unioni di fatto, al contrario, si mette in comune l’affetto reciproco, ma allo stesso tempo manca quel vincolo coniugale di natura pubblica e originaria che fonda la famiglia (Pontificio Consiglio per la Famiglia, Dichiarazione su famiglia, matrimonio e unioni di fatto, 26 luglio 2000, n. 9).
6. Noi ribadiamo fermamente la verità che le unioni irregolari di conviventi cattolici non sposati in chiesa, o che sono divorziati “risposati” civilmente (non sono sposati agli occhi di Dio), contraddicono radicalmente il matrimonio cristiano e non ne possono esprimere il suo bene, né parzialmente né in modo analogo, dovendo essere ritenute forme di vita peccaminose oppure occasioni permanenti di peccato grave. Per di più, è falso affermare che possono costituire una occasione positiva giacché contengono elementi costruttivi che conducono al matrimonio poiché, anche presentando similitudini materiali, un matrimonio valido e una unione irregolare sono due realtà completamente diverse e opposte: una è secondo la volontà di Dio e l’altra contro, e quindi peccaminosa.
Molti oggi rivendicano il diritto all’unione sessuale prima del matrimonio, almeno quando una ferma volontà di sposarsi e un affetto, in qualche modo già coniugale nella psicologia dei soggetti, richiedono questo completamento, che essi stimano connaturale; ciò soprattutto quando la celebrazione del matrimonio è impedita dalle circostanze esterne, o se questa intima relazione sembra necessaria perché sia conservato l’amore. Questa opinione è in contrasto con la dottrina cristiana, secondo la quale ogni atto genitale umano deve svolgersi nel quadro del matrimonio … Col matrimonio, infatti, l’amore dei coniugi è assunto nell’amore irrevocabile che Cristo ha per la chiesa (cf. Ef 5, 25-32), mentre l’unione dei corpi nell’impudicizia contamina il tempio dello Spirito Santo, quale è divenuto il cristiano (Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione circa alcune questioni di etica sessuale Persona humana, 29 dicembre 1975, n. 7).
Può essere stabilita e compresa l’essenziale differenza esistente fra una mera unione di fatto — che pur si pretenda originata da amore — e il matrimonio, in cui l’amore si traduce in impegno non soltanto morale, ma rigorosamente giuridico. Il vincolo, che reciprocamente s’assume, sviluppa di rimando un’efficacia corroborante nei confronti dell’amore da cui nasce, favorendone il perdurare a vantaggio della comparte, della prole e della stessa società (Giovanni Paolo II, Discorso al Tribunale della Rota Romana, 21 gennaio 1999, n. 5).
7. Noi ribadiamo fermamente la verità che le unioni irregolari non possono adempiere alle richieste oggettive della Legge di Dio. Non possono essere ritenute moralmente buone né raccomandate come adempimento prudente e graduale della Legge divina, anche per coloro che sembrano non essere in condizione di comprendere, apprezzare o pienamente compiere le richieste di questa Legge. La pastorale “legge della gradualità” esige una rottura decisa con il peccato, insieme a una progressiva accettazione completa della volontà e delle esigenze di Dio.
Se gli atti sono intrinsecamente cattivi, un’intenzione buona o circostanze particolari possono attenuarne la malizia, ma non possono sopprimerla: sono atti «irrimediabilmente» cattivi, per se stessi e in se stessi non sono ordinabili a Dio e al bene della persona: «Quanto agli atti che sono per se stessi dei peccati (cum iam opera ipsa peccata sunt) — scrive sant’Agostino —, come il furto, la fornicazione, la bestemmia, o altri atti simili, chi oserebbe affermare che, compiendoli per buoni motivi (causis bonis), non sarebbero più peccati o, conclusione ancora più assurda, che sarebbero peccati giustificati?» [Contra Mendacium, VII, 18]. Per questo, le circostanze o le intenzioni non potranno mai trasformare un atto intrinsecamente disonesto per il suo oggetto in un atto «soggettivamente» onesto o difendibile come scelta (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993, n. 81).
A volte sembra proprio che si cerchi in ogni modo di presentare come «regolari» ed attraenti, conferendo loro esterne apparenze di fascino, situazioni che di fatto sono «irregolari» (Giovanni Paolo II, Lettera alle famiglie Gratissimam sane, 2 febbraio 1994, n. 5).
III. Sulla legge naturale e la coscienza individuale
8. Noi ribadiamo fermamente la verità che, nel processo profondamente personale di prendere decisioni, la legge morale naturale non è una mera sorgente d’ispirazione soggettiva, bensì la legge eterna di Dio partecipata dalla persona umana. La coscienza non è la fonte arbitraria del bene e del male ma la consapevolezza di come un’azione deve adempiere a un requisito estrinseco all’uomo, cioè l’oggettiva e immediata intimazione di una legge che dobbiamo chiamare “naturale”.
«La legge naturale è scritta e scolpita nell’animo di tutti e di ciascun uomo, poiché essa non è altro che la stessa ragione umana che ci comanda di fare il bene e ci intima di non peccare» … La forza della legge risiede nella sua autorità di imporre dei doveri, di conferire dei diritti e di dare la sanzione a certi comportamenti … «La legge naturale è la stessa legge eterna, insita negli esseri dotati di ragione, che li inclina all’atto e al fine che loro convengono; essa è la stessa ragione eterna del Creatore e governatore dell’universo» (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993, n. 44, citando Leone XIII, Enciclica Libertas praestantissimum e S. Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, I-II, q. 91, a. 2).
9. Noi ribadiamo fermamente la verità che una coscienza ben formata, capace di discernere correttamente situazioni complesse, non giungerà mai alla conclusione che, date le limitazioni della persona, il suo rimanere in una situazione che oggettivamente contraddice la comprensione cristiana del matrimonio possa essere la sua migliore risposta al Vangelo. Presumere che la debolezza di una coscienza individuale sia il criterio della verità morale è inaccettabile e impossibile da incorporare nella prassi della Chiesa.
Gli obblighi fondamentali della legge morale sono basati sostanzialmente sulla natura dell’uomo e nei suoi rapporti essenziali e valgono, di conseguenza, ovunque si trovi l’uomo. Gli obblighi fondamentali della legge cristiana, per il fatto stesso che sorpassano quelli della legge naturale, si basano sull’essenza dell’ordine soprannaturale costituito dal divin Redentore. Dalle relazioni essenziali tra uomo e Dio, tra uomo e uomo, tra coniugi, tra genitori e figli, dalle relazioni essenziali della comunità nella famiglia, nella Chiesa, nello Stato, da tutto ciò risulta, tra le altre cose, che l’odio di Dio, la blasfemia, l’idolatria, la defezione dalla vera Fede, la negazione della fede, lo spergiuro, l’omicidio, la falsa testimonianza, la calunnia, l’adulterio e la fornicazione, l’abuso del matrimonio, il peccato solitario, il furto e la rapina, la sottrazione di ciò che è necessario alla vita, la defraudazione del giusto salario (cf. Gc 5, 4), l’accaparramento dei viveri di prima necessità e l’aumento ingiustificato dei prezzi, la bancarotta fraudolenta, le manovre d’ingiusta speculazione — tutto ciò è gravemente proibito dal Legislatore divino; non c’è alcun dubbio; qualunque sia la situazione individuale, non v’è altra scelta che obbedire (Pio XII, Discorso ai partecipanti al Congresso della Federazione Cattolica Mondiale della Gioventù Femminile, 18 aprile 1952, n. 10).
Quando invece misconoscono o anche solo ignorano la legge, in maniera imputabile o no, i nostri atti feriscono la comunione delle persone, con pregiudizio di ciascuno (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993, n. 51).
I precetti negativi della legge naturale sono universalmente validi: essi obbligano tutti e ciascuno, sempre e in ogni circostanza. Si tratta infatti di proibizioni che vietano una determinata azione semper et pro semper, senza eccezioni, perché la scelta di un tale comportamento non è in nessun caso compatibile con la bontà della volontà della persona che agisce, con la sua vocazione alla vita con Dio e alla comunione col prossimo. È proibito ad ognuno e sempre di infrangere precetti che vincolano, tutti e a qualunque costo, a non offendere in alcuno e, prima di tutto, in se stessi la dignità personale e comune a tutti (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993, n. 52).
Anche nelle situazioni più difficili l’uomo deve osservare la norma morale per essere obbediente al santo comandamento di Dio e coerente con la propria dignità personale. Certamente l’armonia tra libertà e verità domanda, alcune volte, sacrifici non comuni e va conquistata ad alto prezzo: può comportare anche il martirio (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993, n. 102).
10. Noi ribadiamo fermamente la verità che non si deve guardare il sesto comandamento e l’indissolubilità del matrimonio come meri ideali da raggiungere. Anzi, questi sono precetti di Cristo Nostro Signore che ci aiutano a superare le difficoltà con la sua grazia e per mezzo della costanza.
È nella Croce salvifica di Gesù, nel dono dello Spirito Santo, nei Sacramenti che scaturiscono dal costato trafitto del Redentore (cf. Gv 19, 34), che il credente trova la grazia e la forza per osservare sempre la legge santa di Dio, anche in mezzo alle difficoltà più gravi. Come dice sant’Andrea di Creta, la legge stessa «fu vivificata dalla grazia e fu posta al suo servizio in una composizione armonica e feconda. Ognuna delle due conservò le sue caratteristiche senza alterazioni e confusioni. Tuttavia la legge, che prima costituiva un onere gravoso e una tirannia, diventò per opera di Dio peso leggero e fonte di libertà» [Oratio I]. Solo nel mistero della Redenzione di Cristo stanno le «concrete» possibilità dell’uomo. «Sarebbe un errore gravissimo concludere … che la norma insegnata dalla Chiesa è in se stessa solo un “ideale” che deve poi essere adattato, proporzionato, graduato alle, si dice, concrete possibilità dell’uomo: secondo un “bilanciamento dei vari beni in questione”. Ma quali sono le “concrete possibilità dell’uomo”? E di quale uomo si parla? Dell’uomo dominato dalla concupiscenza o dell’uomo redento da Cristo? Poiché è di questo che si tratta: della realtà della redenzione di Cristo. Cristo ci ha redenti! Ciò significa: Egli ci ha donato la possibilità di realizzare l’intera verità del nostro essere; Egli ha liberato la nostra libertà dal dominio della concupiscenza … Il comandamento di Dio è certamente proporzionato alle capacità dell’uomo: ma alle capacità dell’uomo a cui è donato lo Spirito Santo; dell’uomo che, se caduto nel peccato, può sempre ottenere il perdono e godere della presenza dello Spirito» [Discorso ai partecipanti a un corso sulla procreazione responsabile, 1 marzo, 1984]. In questo contesto si apre il giusto spazio alla misericordia di Dio per il peccato dell’uomo che si converte e alla comprensione per l’umana debolezza. Questa comprensione non significa mai compromettere e falsificare la misura del bene e del male per adattarla alle circostanze. Mentre è umano che l’uomo, avendo peccato, riconosca la sua debolezza e chieda misericordia per la propria colpa è invece inaccettabile l’atteggiamento di chi fa della propria debolezza il criterio della verità sul bene … Un simile atteggiamento corrompe la moralità dell’intera società, perché insegna a dubitare dell’oggettività della legge morale in generale e a rifiutare l’assolutezza dei divieti morali circa determinati atti umani, e finisce con il confondere tutti i giudizi di valore (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993, nn. 103-104).
11. Noi ribadiamo fermamente la verità che la coscienza che ammette che una situazione determinata non corrisponde oggettivamente alla richiesta evangelica sul matrimonio, non può onestamente concludere che il rimanere in una tale situazione peccaminosa sia la più generosa risposta che si possa dare a Dio, né che questo sia ciò che Dio le sta chiedendo in quel momento, giacché entrambe le conclusioni negherebbero l’onnipotenza della grazia per attrarre i peccatori alla pienezza della vita cristiana.
Nessuno, poi, per quanto giustificato, deve ritenersi libero dall’osservanza dei comandamenti, nessuno deve far propria quell’espressione temeraria e proibita dai Padri sotto pena di scomunica, esser cioè impossibile per l’uomo giustificato osservare i comandamenti di Dio. Dio, infatti, non comanda l’impossibile; ma quando comanda ti ammonisce di fare quello che puoi e di chiedere quello che non puoi, ed aiuta perché tu possa [Agostino, De natura et gratia, 43, 50]: i suoi comandamenti non sono gravosi [Gv 5, 3], il suo giogo è soave e il peso leggero [Mt 11, 30]. Quelli infatti che sono figli di Dio, amano Cristo e quelli che lo amano, come dice lui stesso, osservano le sue parole [Gv 14, 23], cosa che con l’aiuto di Dio certamente possono fare … Dio infatti non abbandona con la sua grazia quelli che una volta ha giustificato, a meno che prima non sia abbandonato da essi [Agostino, op. cit., 26, 29]. Nessuno quindi deve cullarsi nella sola fede, credendo di essere stato costituito erede e di conseguire l’eredità per la sola fede (Concilio di Trento, Decreto sulla giustificazione, cap. 11).
Vi possono essere situazioni in cui l’uomo, e specialmente il cristiano, non può ignorare che egli deve sacrificare tutto, persino la sua vita, per salvare la propria anima, tutti i martiri ce lo rammentano, e sono numerosissimi anche ai nostri tempi. Ma allora la madre dei Maccabei ed i suoi figli, le sante Perpetua e Felicita nonostante i loro neonati, Maria Goretti e migliaia d’altri, uomini e donne, che la Chiesa venera avrebbero allora subito la loro morte sanguinosa, di fronte alla «situazione», inutilmente o addirittura a torto? No certo; ed essi sono, col loro sangue, testimoni più espressivi della verità contro la «nuova morale» (Pio XII, Discorso ai partecipanti al Congresso della Federazione Cattolica Mondiale della Gioventù Femminile, 18 aprile 1952, n. 11).
Le tentazioni si possono vincere, i peccati si possono evitare, perché con i comandamenti il Signore ci dona la possibilità di osservarli: «I suoi occhi su coloro che lo temono, egli conosce ogni azione degli uomini. Egli non ha comandato a nessuno di essere empio e non ha dato a nessuno il permesso di peccare» (Sir 15, 19-20). L’osservanza della legge di Dio, in determinate situazioni, può essere difficile, difficilissima: non è mai però impossibile. È questo un insegnamento costante della tradizione della Chiesa, così espresso dal Concilio di Trento (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993, n.102).
12. Noi ribadiamo fermamente la verità che, nonostante la diversità di situazioni, il discernimento personale e pastorale non può mai condurre i divorziati “risposati” civilmente a concludere, in buona coscienza, che le loro unioni adulterine possono essere moralmente giustificate per la “fedeltà” al nuovo partner; che sia impossibile ritirarsi da una unione adulterina, oppure che, così facendo si espongano a nuovi peccati mancando di fedeltà cristiana o naturale nei confronti del convivente adulterino. Non possiamo parlare di fedeltà in una unione illecita che viola il comandamento divino e il legame indissolubile del matrimonio. Il concetto di lealtà fra adulteri nel loro mutuo peccato è blasfemo.
Noi opponiamo all’«etica di situazione» tre considerazioni o massime. La prima: Noi concediamo che Dio vuol principalmente e sempre la retta intenzione: ma questa da sola non è sufficiente. Un’altra: non è permesso fare il male perché ne risulti un bene (cf. Rm 3, 8); tuttavia quest’etica agisce — forse senza rendersene conto — secondo il principio che il fine santifica i mezzi (Pio XII, Discorso ai partecipanti al Congresso della Federazione Cattolica Mondiale della Gioventù Femminile, 18 aprile 1952, n. 11).
Alcuni hanno proposto una sorta di duplice statuto della verità morale. Oltre al livello dottrinale e astratto, occorrerebbe riconoscere l’originalità di una certa considerazione esistenziale più concreta. Questa, tenendo conto delle circostanze e della situazione, potrebbe legittimamente fondare delle eccezioni alla regola generale e permettere così di compiere praticamente, con buona coscienza, ciò che è qualificato come intrinsecamente cattivo dalla legge morale. In tal modo si instaura in alcuni casi una separazione, o anche un’opposizione, tra la dottrina del precetto valido in generale e la norma della singola coscienza, che deciderebbe di fatto, in ultima istanza, del bene e del male. Su questa base si pretende di fondare la legittimità di soluzioni cosiddette «pastorali» contrarie agli insegnamenti del Magistero e di giustificare un’ermeneutica «creatrice», secondo la quale la coscienza morale non sarebbe affatto obbligata, in tutti i casi, da un precetto negativo particolare (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993, n. 56).
13. Noi ribadiamo fermamente la verità che i divorziati che sono “risposati” civilmente e che, per ragioni molto serie, come la crescita dei figli, non possono soddisfare al grave dovere della separazione, sono moralmente obbligati a vivere “come fratello e sorella” e a evitare di dare scandalo. In particolare, questo significa l’esclusione di quelle manifestazioni di intimità proprie alle coppie maritate, giacché sarebbero di per sé peccaminose e, inoltre darebbero scandalo alla propria prole che potrebbe concludere che sono legittimamente sposati, o che il matrimonio cristiano non è indissolubile, oppure che intrattenere rapporti sessuali con una persona che non è il legittimo coniuge non è peccato. Data la delicatezza della loro situazione, devono stare particolarmente attenti alle occasioni di peccato.
La riconciliazione nel sacramento della penitenza — che aprirebbe la strada al sacramento eucaristico — può essere accordata solo a quelli che, pentiti di aver violato il segno dell’Alleanza e della fedeltà a Cristo, sono sinceramente disposti ad una forma di vita non più in contraddizione con l’indissolubilità del matrimonio. Ciò comporta, in concreto, che quando l’uomo e la donna, per seri motivi — quali, ad esempio, l’educazione dei figli — non possono soddisfare l’obbligo della separazione, «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, 22 novembre 1981, n. 84).IV. Sul discernimento, la responsabilità, lo stato di grazia e lo stato di peccato
14. Noi ribadiamo fermamente la verità che quei divorziati “risposati” civilmente che scelgono quella situazione con piena conoscenza e consentimento della volontà non sono membra vive della Chiesa giacché si trovano in uno stato di peccato grave che impedisce loro il possesso e l’aumento della carità. Inoltre sottolineiamo che il papa san Pio V, nella sua bolla Ex omnibus afflictionibus contro gli errori di Michael du Bay, detto Baio, condannò la seguente opinione morale: “L’uomo che vive in peccato mortale o sotto la pena di dannazione eterna può avere la vera carità” (Denzinger, †1070/*1970).
Secondo il Dottore Angelico, per vivere spiritualmente l’uomo deve rimanere in comunione col supremo principio della vita, che è Dio, in quanto è il fine ultimo di tutto il suo essere e il suo agire. Ora il peccato è un disordine perpetrato dall’uomo contro questo principio vitale. E quando, «per mezzo del peccato, l’anima commette un disordine che va fino alla separazione dal fine ultimo — Dio —, al quale essa è legata per la carità, allora si ha il peccato mortale; invece, ogni volta che il disordine rimane al di qua della separazione da Dio, allora il peccato è veniale». Per questa ragione, il peccato veniale non priva della grazia santificante, dell’amicizia con Dio, della carità, né quindi della beatitudine eterna, mentre siffatta privazione è appunto conseguenza del peccato mortale (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia, 2 dicembre 1984, n. 17).
Il divorzio è una grave offesa alla legge naturale. Esso pretende di sciogliere il patto, liberamente stipulato dagli sposi, di vivere insieme fino alla morte. Il divorzio offende l’Alleanza della salvezza, di cui il Matrimonio sacramentale è segno. Il fatto di contrarre un nuovo vincolo nuziale, anche se riconosciuto dalla legge civile, accresce la gravità della rottura: il coniuge risposato si trova in tal caso in una condizione di adulterio pubblico e permanente: «Se il marito, dopo essersi separato dalla propria moglie, si unisce ad un’altra donna, è lui stesso adultero, perché fa commettere un adulterio a tale donna; e la donna che abita con lui è adultera, perché ha attirato a sé il marito di un’altra» [Basilio di Cesarea, Moralia, regola 73] (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2384).
15. Noi ribadiamo fermamente la verità che non c’è una via di mezzo tra l’essere in grazia di Dio o l’esserne privo a causa del peccato mortale. La via della grazia e della crescita spirituale per qualcuno che vive in uno stato oggettivo di peccato consiste nell’abbandonare tale situazione e tornare sulla strada della santificazione che dà gloria a Dio. Nessun “approccio pastorale” può giustificare o incoraggiare le persone a rimanere nello stato di peccato, che si oppone alla legge divina.
Ma resta sempre vero che la distinzione essenziale e decisiva è fra peccato che distrugge la carità e peccato che non uccide la vita soprannaturale: fra la vita e la morte non si dà via di mezzo (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia, 2 dicembre 1984, n. 17).
«Si dovrà evitare di ridurre il peccato mortale ad un atto di “opzione fondamentale” — come oggi si suol dire — contro Dio», concepito sia come esplicito e formale disprezzo di Dio e del prossimo sia come implicito e non riflesso rifiuto dell’amore. «Si ha, infatti, peccato mortale anche quando l’uomo, sapendo e volendo, per qualsiasi ragione sceglie qualcosa di gravemente disordinato … L’uomo allontana se stesso da Dio e perde la carità. L’orientamento fondamentale, quindi, può essere radicalmente modificato da atti particolari. Senza dubbio si possono dare situazioni molto complesse e oscure sotto l’aspetto psicologico, che influiscono sulla imputabilità soggettiva del peccatore. Ma dalla considerazione della sfera psicologica non si può passare alla costituzione di una categoria teologica … intendendola in modo tale che, sul piano oggettivo, cambi o metta in dubbio la concezione tradizionale di peccato mortale» (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993, n. 70).
16. Noi ribadiamo fermamente la verità che, dato che Dio è onnisciente, la legge naturale e quella rivelata provvedono a tutte le situazioni particolari, specialmente quando proibiscono azioni specifiche in tutte le circostanze, additandole come “intrinsecamente cattive” (intrinsece malum).
Ci si chiederà come la legge morale, che è universale, possa esser sufficiente e persino essere obbligatoria in un determinato caso singolare che nella situazione concreta sua propria è sempre unico e «di una sola volta»; lo può e lo fa perché, precisamente a causa della sua universalità, la legge morale comprende necessariamente ed «intenzionalmente» tutti i casi particolari in cui si verificano i suoi concetti; ed in numerosissimi casi lo fa con una logica talmente concludente che persino la coscienza del singolo fedele vede immediatamente e con piena certezza la decisione da prendere (Pio XII, Discorso ai partecipanti al Congresso della Federazione Cattolica Mondiale della Gioventù Femminile, 18 aprile 1952, n. 9).
Esistono atti che, per se stessi e in se stessi, indipendentemente dalle circostanze, sono sempre gravemente illeciti, in ragione del loro oggetto. Questi atti, se compiuti con sufficiente consapevolezza e libertà, sono sempre colpa grave (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia, 2 dicembre 1984, n. 17).
La ragione attesta che si danno degli oggetti dell’atto umano che si configurano come «non-ordinabili» a Dio, perché contraddicono radicalmente il bene della persona, fatta a sua immagine. Sono gli atti che, nella tradizione morale della Chiesa, sono stati denominati «intrinsecamente cattivi» (intrinsece malum): lo sono sempre e per sé, ossia per il loro stesso oggetto, indipendentemente dalle ulteriori intenzioni di chi agisce e dalle circostanze. Insegnando l’esistenza di atti intrinsecamente cattivi, la Chiesa accoglie la dottrina della Sacra Scrittura. L’apostolo Paolo afferma in modo categorico: «Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il Regno di Dio» (1 Cor 6, 9-10) (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993, nn. 80-81).
17. Noi ribadiamo fermamente la verità che la complessità delle situazioni e i vari gradi di responsabilità dei casi (dovuti a fattori che possono diminuire la capacità di prendere una decisione) non permettono ai pastori di concludere che coloro che si trovano in situazioni irregolari non sarebbero in un oggettivo stato di manifesto peccato grave, e di presumere nel foro esterno che coloro che si trovano in tali unioni e che non ignorano le regole del matrimonio non si sono privati da se stessi della grazia santificante.
Quest’uomo può essere condizionato, premuto, spinto da non pochi né lievi fattori esterni, come anche può essere soggetto a tendenze, tare, abitudini legate alla sua condizione personale. In non pochi casi tali fattori esterni e interni possono attenuare, in maggiore o minore misura, la sua libertà e, quindi, la sua responsabilità e colpevolezza. Ma è una verità di fede, confermata anche dalla nostra esperienza e ragione, che la persona umana è libera. Non si può ignorare questa verità, per scaricare su realtà esterne — le strutture, i sistemi, gli altri — il peccato dei singoli. Oltretutto, sarebbe questo un cancellare la dignità e la libertà della persona, che si rivelano — sia pure negativamente e disastrosamente — anche in tale responsabilità per il peccato commesso. Perciò, in ogni uomo non c’è nulla di tanto personale e intrasferibile quanto il merito della virtù o la responsabilità della colpa (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia, 2 dicembre 1984, n. 16).
È sempre possibile che l’uomo, in seguito a costrizione o ad altre circostanze, sia impedito di portare a termine determinate buone azioni; mai però può essere impedito di non fare determinate azioni, soprattutto se egli è disposto a morire piuttosto che a fare il male (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993, n. 52).
18. Noi ribadiamo fermamente la verità che, posto che l’uomo è dotato di libero arbitrio, ogni atto morale consapevole e volontario che effettua gli va imputato in quanto autore, e che, non essendoci prova contraria, si deve supporre la sua imputabilità. La imputabilità esteriore non va confusa con lo stato interno della coscienza. Nonostante il principio “de internis neque Ecclesia iudicat” (la Chiesa non giudica ciò che è interno: solo Dio può farlo), la Chiesa può tuttavia giudicare atti che sono direttamente contrari alla Legge di Dio.
V. Sui sacramenti della Riconciliazione e dell’EucaristiaQuantunque sia necessario credere che i peccati non vengano rimessi, né siano stati mai rimessi, se non gratuitamente dalla divina misericordia a cagione del Cristo: deve dirsi, tuttavia, che a nessuno che ostenti fiducia e certezza della remissione dei propri peccati e che si abbandoni in essa soltanto, vengono rimessi o sono stati rimessi i peccati, mentre fra gli eretici e gli scismatici potrebbe esservi, anzi vi è, in questo nostro tempo, e viene predicata con grande accanimento contro la Chiesa cattolica questa fiducia vana e lontana da ogni vera pietà. Ma neppure si può affermare che sia necessario che coloro che sono stati realmente giustificati, debbano credere assolutamente e senza alcuna esitazione, dentro di sé, di essere giustificati (Concilio di Trento, Decreto sulla giustificazione, cap. 9).
Posta la violazione esterna, l’imputabilità si presume, salvo che non appaia altrimenti (Codice di Diritto Canonico, can. 1321, §3).
Ogni atto voluto direttamente è da imputarsi a chi lo compie (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1736).Il giudizio sullo stato di grazia, ovviamente, spetta soltanto all’interessato, trattandosi di una valutazione di coscienza. Nei casi però di un comportamento esterno gravemente, manifestamente e stabilmente contrario alla norma morale, la Chiesa, nella sua cura pastorale del buon ordine comunitario e per il rispetto del Sacramento, non può non sentirsi chiamata in causa. A questa situazione di manifesta indisposizione morale fa riferimento la norma del Codice di Diritto Canonico sulla non ammissione alla comunione eucaristica di quanti «ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto» [can. 915; cf. Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 712] (Giovanni Paolo II, Enciclica Ecclesia de Eucharistia, 17 aprile 2003, n. 37).
19. Noi ribadiamo fermamente la verità che, trattando con i penitenti, i confessori devono aiutarli a esaminare se stessi sui doveri specifici dei comandamenti, assistendoli per raggiungere un pentimento sufficiente così che si accusino pienamente dei peccati gravi, così come devono consigliarli di abbracciare la via della santità. In questo modo il confessore è tenuto ad ammonire i penitenti nei confronti di serie e oggettive trasgressioni della Legge di Dio, assicurandosi che essi desiderino veramente l’assoluzione e il perdono di Dio, e siano risoluti a riesaminare e correggere la loro condotta. Anche quando le ricadute frequenti non siano di per sé motivo per negare l’assoluzione, questa non può essere data senza un sufficiente pentimento o il fermo proposito di evitare il peccato dopo il sacramento.
La verità, che viene dal Verbo e deve portarci a Lui, spiega perché la confessione sacramentale debba derivare ed essere accompagnata non da un mero impulso psicologico, quasi che il sacramento sia un surrogato di terapie appunto psicologiche, ma dal dolore fondato su motivi soprannaturali, perché il peccato viola la carità verso Dio Sommo Bene, ha causato le sofferenze del Redentore e procura a noi la perdita dei beni eterni … purtroppo oggi non pochi fedeli accostandosi al sacramento della penitenza non fanno l’accusa completa dei peccati mortali nel senso ora ricordato del Concilio Tridentino e, talvolta, reagiscono al sacerdote confessore, che doverosamente interroga in ordine alla necessaria completezza, quasi che egli si permettesse una indebita intrusione nel sacrario della coscienza. Mi auguro e prego affinché questi fedeli poco illuminati restino convinti, anche in forza di questo presente insegnamento, che la norma per cui si esige la completezza specifica e numerica, per quanto la memoria onestamente interrogata consente di conoscere, non è un peso imposto ad essi arbitrariamente, ma un mezzo di liberazione e di serenità. È inoltre evidente di per sé che l’accusa dei peccati deve includere il proponimento serio di non commetterne più nel futuro. Se questa disposizione dell’anima mancasse, in realtà non vi sarebbe pentimento: questo, infatti, verte sul male morale come tale, e dunque non prendere posizione contraria rispetto ad un male morale possibile sarebbe non detestare il male, non avere pentimento. Ma come questo deve derivare innanzi tutto dal dolore di avere offeso Dio, così il proposito di non peccare deve fondarsi sulla grazia divina, che il Signore non lascia mai mancare a chi fa ciò che gli è possibile per agire onestamente … Conviene peraltro ricordare che altro è l’esistenza del sincero proponimento, altro il giudizio dell’intelligenza circa il futuro: è infatti possibile che, pur nella lealtà del proposito di non più peccare, l’esperienza del passato e la coscienza dell’attuale debolezza destino il timore di nuove cadute; ma ciò non pregiudica l’autenticità del proposito, quando a quel timore sia unita la volontà, suffragata dalla preghiera, di fare ciò che è possibile per evitare la colpa (Giovanni Paolo II, Lettera alla Penitenzieria Apostolica, 22 marzo 1996, nn. 3-5).
20. Noi ribadiamo fermamente la verità che i divorziati “risposati” civilmente e che non si sono separati, bensì rimangono nel loro stato di adulterio, non possono mai essere ritenuti dai confessori o altri pastori di anime in stato oggettivo di grazia, capaci di crescere nella vita della grazia e della carità e in condizione di ricevere l’assoluzione nel sacramento della Penitenza, o di essere ammessi alla Sacra Eucaristia. Ciò a meno che non esprimano contrizione per il loro stato di vita e fermamente risolvano di abbandonarlo, anche quando soggettivamente questi divorziati possano non sentirsi colpevoli per la loro situazione oggettivamente peccaminosa, o non completamente colpevoli, a causa di fattori condizionanti o mitigatori.
Mi riferisco a certe situazioni, oggi non infrequenti, in cui vengono a trovarsi cristiani desiderosi di continuare la pratica religiosa sacramentale, ma che ne sono impediti dalla condizione personale in contrasto con gli impegni liberamente assunti davanti a Dio e alla Chiesa … Basandosi su questi due principi complementari (di compassione e di verità), la Chiesa non può che invitare i suoi figli, i quali si trovano in quelle situazioni dolorose, ad avvicinarsi alla misericordia divina per altre vie, non però per quella dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, finché non abbiano raggiunto le disposizioni richieste. Circa questa materia, che affligge profondamente anche il nostro cuore di pastori, è sembrato mio preciso dovere dire parole chiare nell’esortazione apostolica Familiaris consortio, per quanto riguarda il caso di divorziati risposati, o comunque di cristiani che convivono irregolarmente (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Reconciliatio et paenitentia, 2 dicembre 1984, n. 34).
Va riprovato qualsiasi uso che limiti la confessione ad un’accusa generica o soltanto di uno o più peccati ritenuti più significativi (Giovanni Paolo II, Motu Proprio Misericordia Dei, 7 aprile 2002, n. 3).
È chiaro che non possono ricevere validamente l’assoluzione i penitenti che vivono in stato abituale di peccato grave e non intendono cambiare la loro situazione (Giovanni Paolo II, Motu Proprio Misericordia Dei, 7 aprile 2002, n.7 c).
21. Noi ribadiamo fermamente la verità che, nei confronti dei divorziati “risposati” civilmente e che vivono apertamente more uxorio (come marito e moglie), nessun responsabile discernimento personale e pastorale può affermare che sono permesse l’assoluzione sacramentale o l’ammissione all’Eucaristia, sotto la pretesa che a causa di una diminuita responsabilità non esiste una grave mancanza. La ragione di questo è che la loro eventuale mancanza di colpevolezza formale non può essere materia di dominio pubblico, mentre invece la forma esterna del loro stato di vita contraddice il carattere indissolubile del matrimonio cristiano e dell’unione di amore fra Cristo e la sua Chiesa, la quale è significata ed attuata nella Sacra Eucaristia.
La Chiesa ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell’unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall’Eucaristia. C’è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all’Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull’indissolubilità del matrimonio (Giovanni Paolo II, Esortazione apostolica Familiaris consortio, 22 novembre 1981, n. 84).
Negli ultimi anni in varie regioni sono state proposte diverse soluzioni pastorali secondo cui certamente non sarebbe possibile un’ammissione generale dei divorziati risposati alla Comunione eucaristica, ma essi potrebbero accedervi in determinati casi, quando secondo il giudizio della loro coscienza si ritenessero a ciò autorizzati. Così, ad esempio, quando fossero stati abbandonati del tutto ingiustamente, sebbene si fossero sinceramente sforzati di salvare il precedente matrimonio, ovvero quando fossero convinti della nullità del precedente matrimonio, pur non potendola dimostrare nel foro esterno, oppure quando avessero già trascorso un lungo cammino di riflessione e di penitenza, o anche quando per motivi moralmente validi non potessero soddisfare l’obbligo della separazione. Da alcune parti è stato anche proposto che, per esaminare oggettivamente la loro situazione effettiva, i divorziati risposati dovrebbero intessere un colloquio con un sacerdote prudente ed esperto. Questo sacerdote però sarebbe tenuto a rispettare la loro eventuale decisione di coscienza ad accedere all’Eucaristia, senza che ciò implichi una autorizzazione ufficiale. In questi e simili casi si tratterebbe di una soluzione pastorale tollerante e benevola per poter rendere giustizia alle diverse situazioni dei divorziati risposati. Anche se è noto che soluzioni pastorali analoghe furono proposte da alcuni Padri della Chiesa ed entrarono in qualche misura anche nella prassi, tuttavia esse non ottennero mai il consenso dei Padri e in nessun modo vennero a costituire la dottrina comune della Chiesa né a determinarne la disciplina. … Fedele alla parola di Gesù Cristo, la Chiesa afferma di non poter riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il precedente matrimonio. Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio e perciò non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione (Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della Comunione Eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, 14 settembre 1994, nn. 3-4).
Ricevere il corpo di Cristo essendo pubblicamente indegno costituisce un danno oggettivo per la comunione ecclesiale; è un comportamento che attenta ai diritti della Chiesa e di tutti i fedeli a vivere in coerenza con le esigenze di quella comunione. Nel caso concreto dell’ammissione alla sacra comunione dei fedeli divorziati risposati, lo scandalo, inteso quale azione che muove gli altri verso il male, riguarda nel contempo il sacramento dell’Eucaristia e l’indissolubilità del matrimonio. Tale scandalo sussiste anche se, purtroppo, siffatto comportamento non destasse più meraviglia: anzi è appunto dinanzi alla deformazione delle coscienze, che si rende più necessaria nei Pastori un’azione, paziente quanto ferma, a tutela della santità dei sacramenti, a difesa della moralità cristiana e per la retta formazione dei fedeli (Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Dichiarazione circa l’ammissibilità alla Santa Comunione dei divorziati risposati, 24 giugno 2000, n. 1).
22. Noi ribadiamo fermamente la verità che avere in coscienza una certezza soggettiva sulla invalidità di un matrimonio previo da parte dei divorziati “risposati” civilmente (nonostante la Chiesa ancora ritenga il matrimonio previo valido) non è mai sufficiente, per se stessa, per scusare qualcuno del peccato materiale di adulterio, o di permettere di ignorare la norma canonica e le conseguenze sacramentali che comporta il vivere come peccatore pubblico.
L’errata convinzione di poter accedere alla Comunione eucaristica da parte di un divorziato risposato, presuppone normalmente che alla coscienza personale si attribuisca il potere di decidere in ultima analisi, sulla base della propria convinzione, dell’esistenza o meno del precedente matrimonio e del valore della nuova unione [cf. Enciclica Veritatis splendor, 55]. Ma una tale attribuzione è inammissibile [cf. Codice di Diritto Canonico, can. 1085 § 2]. Il matrimonio infatti, in quanto immagine dell’unione sponsale tra Cristo e la sua Chiesa, e nucleo di base e fattore importante nella vita della società civile, è essenzialmente una realtà pubblica. … Pertanto il giudizio della coscienza sulla propria situazione matrimoniale non riguarda solo un rapporto immediato tra l’uomo e Dio, come se si potesse fare a meno di quella mediazione ecclesiale, che include anche le leggi canoniche obbliganti in coscienza. Non riconoscere questo essenziale aspetto significherebbe negare di fatto che il matrimonio esiste come realtà della Chiesa, vale a dire, come sacramento (Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della Comunione Eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, 14 settembre 1994, nn. 7-8).
23. Noi ribadiamo fermamente la verità che «il Battesimo e la Penitenza sono come medicine purgative, somministrate per togliere la febbre del peccato, mentre questo sacramento [la Sacra Eucaristia] è una medicina somministrata per rafforzare e non deve essere dato se non a quelli che sono liberi dal peccato” (Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, III, q. 80, a. 4, ad 2). Coloro che ricevono la Sacra Eucaristia stanno davvero partecipando al Corpo e Sangue di Cristo e devono trovarsi nello stato di grazia. I divorziati “risposati” civilmente che, pertanto, conducono pubblicamente uno stile di vita peccaminoso, rischiano di commettere un sacrilegio ricevendo la Sacra Comunione. Per loro la Sacra Comunione non sarebbe una medicina bensì un veleno spirituale. Se un celebrante approva la loro indegna Comunione vuol dire o che non crede nella presenza reale di Cristo o nella indissolubilità del matrimonio oppure nella peccaminosità di vivere more uxorio (come marito e moglie) fuori dal matrimonio valido.
Si deve ricordare che l’Eucaristia non è ordinata al perdono dei peccati, il che corrisponde al Sacramento della Penitenza. L’Eucaristia è propriamente il sacramento di coloro che sono in piena comunione con la Chiesa (Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, Circolare sulla Penitenza, 20 marzo 2000, n. 9).
La proibizione [di dare la Comunione ai pubblici peccatori] fatta nel citato canone [can. 915], per sua natura, deriva dalla legge divina e trascende l’ambito delle leggi ecclesiastiche positive: queste non possono indurre cambiamenti legislativi che si oppongano alla dottrina della Chiesa. Il testo scritturistico cui si rifà sempre la tradizione ecclesiale è quello di San Paolo: «Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna» (1 Cor 11, 27-29) … Qualunque interpretazione del can. 915 che si opponga al suo contenuto sostanziale, dichiarato ininterrottamente dal Magistero e dalla disciplina della Chiesa nei secoli, è chiaramente fuorviante. Non si può confondere il rispetto delle parole della legge (cf. can. 17) con l’uso improprio delle stesse parole come strumenti per relativizzare o svuotare la sostanza dei precetti. La formula «e gli altri che ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto» è chiara e va compresa in un modo che non deformi il suo senso, rendendo la norma inapplicabile. Le tre condizioni richieste sono: a) il peccato grave, inteso oggettivamente, perché dell’imputabilità soggettiva il ministro della Comunione non potrebbe giudicare; b) l’ostinata perseveranza, che significa l’esistenza di una situazione oggettiva di peccato che dura nel tempo e a cui la volontà del fedele non mette fine, non essendo necessari altri requisiti (atteggiamento di sfida, ammonizione previa, ecc.) perché si verifichi la situazione nella sua fondamentale gravità ecclesiale; c) il carattere manifesto della situazione di peccato grave abituale. Non si trovano invece in situazione di peccato grave abituale i fedeli divorziati risposati che, non potendo per seri motivi — quali, ad esempio, l’educazione dei figli — «soddisfare l’obbligo della separazione, assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Familiaris consortio, n. 84), e che sulla base di tale proposito hanno ricevuto il sacramento della Penitenza. Poiché il fatto che tali fedeli non vivono more uxorio è di per sé occulto, mentre la loro condizione di divorziati risposati è di per sé manifesta, essi potranno accedere alla Comunione eucaristica solo remoto scandalo. … Quando però si presentino situazioni in cui quelle precauzioni non abbiano avuto effetto o non siano state possibili, il ministro della distribuzione della Comunione deve rifiutarsi di darla a chi sia pubblicamente indegno. Lo farà con estrema carità, e cercherà di spiegare al momento opportuno le ragioni che a ciò l’hanno obbligato. Deve però farlo anche con fermezza, consapevole del valore che tali segni di fortezza hanno per il bene della Chiesa e delle anime. … Tenuto conto della natura della succitata norma (cf. n. 1), nessuna autorità ecclesiastica può dispensare in alcun caso da quest’obbligo del ministro della sacra Comunione, né emanare direttive che lo contraddicano (Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, Dichiarazione circa l’ammissibilità alla Santa Comunione dei divorziati risposati, 24 giugno 2000, nn. 1-4).
24. Noi ribadiamo fermamente la verità che, secondo la logica del Vangelo, le persone che muoiono in stato di peccato mortale, senza essersi riconciliate con Dio, sono dannate all’inferno per sempre. Nel Vangelo Gesù parla spesso del pericolo della dannazione eterna.
VI. Sull’atteggiamento materno e pastorale della ChiesaSe [i fedeli cattolici] non vi corrispondono [alla grazia] col pensiero, con le parole e con le opere, non solo non si salveranno, ma anzi saranno più severamente giudicati (Concilio Vaticano II, Lumen gentium, 21 novembre 1964, n. 14).
Il peccato mortale è una possibilità radicale della libertà umana, come lo stesso amore. Ha come conseguenza la perdita della carità e la privazione della grazia santificante, cioè dello stato di grazia. Se non è riscattato dal pentimento e dal perdono di Dio, provoca l’esclusione dal regno di Cristo e la morte eterna dell’inferno; infatti la nostra libertà ha il potere di fare scelte definitive, irreversibili. Tuttavia, anche se possiamo giudicare che un atto è in sé una colpa grave, dobbiamo però lasciare il giudizio sulle persone alla giustizia e alla misericordia di Dio (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1861).
25. Noi ribadiamo fermamente la verità che l’insegnamento chiaro della verità è una eminente opera di misericordia e carità, perché il primo compito di salvezza degli Apostoli e dei suoi successori è obbedire al comandamento solenne del Salvatore: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni … insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28, 19-20).
La dottrina cattolica ci insegna che il primo dovere della carità non consiste nella tolleranza delle convinzioni erronee, per quanto sincere esse siano, né nella indifferenza teorica o pratica per l’errore o per il vizio in cui vediamo immersi i nostri fratelli, ma nello zelo per il loro miglioramento intellettuale e morale, non meno che per il loro benessere materiale … Ogni altro amore è illusione o sentimento sterile e passeggero (Pio X, Lettera apostolica Notre charge apostolique, 25 agosto 1910, n. 24).
La Chiesa [è] sempre eguale e fedele a se stessa, quale Cristo la volle e la autentica tradizione la perfezionò (Paolo VI, Omelia del 28 ottobre 1965).
Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo, è eminente forma di carità verso le anime. Ma ciò deve sempre accompagnarsi con la pazienza e la bontà di cui il Redentore stesso ha dato l’esempio nel trattare con gli uomini. Venuto non per giudicare, ma per salvare, egli fu certo intransigente con il male, ma paziente e misericordioso verso i peccatori (Paolo VI, Enciclica Humanae vitae, 25 luglio 1968, n. 29).
La dottrina della Chiesa e in particolare la sua fermezza nel difendere la validità universale e permanente dei precetti che proibiscono gli atti intrinsecamente cattivi è giudicata non poche volte come il segno di un’intransigenza intollerabile, soprattutto nelle situazioni enormemente complesse e conflittuali della vita morale dell’uomo e della società d’oggi: un’intransigenza che contrasterebbe col senso materno della Chiesa. Questa, si dice, manca di comprensione e di compassione. Ma, in realtà, la maternità della Chiesa non può mai essere separata dalla sua missione di insegnamento, che essa deve compiere sempre come Sposa fedele di Cristo, la Verità in persona: «Come Maestra, essa non si stanca di proclamare la norma morale … Di tale norma la Chiesa non è affatto né l’autrice né l’arbitra. In obbedienza alla verità, che è Cristo, la cui immagine si riflette nella natura e nella dignità della persona umana, la Chiesa interpreta la norma morale e la propone a tutti gli uomini di buona volontà, senza nasconderne le esigenze di radicalità e di perfezione» (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993, n. 95).
26. Noi ribadiamo fermamente la verità che l’impossibilità di dare l’assoluzione e la Sacra Comunione ai cattolici che vivono manifestamente in un oggettivo stato di peccato grave — per esempio quelli che convivono, o i divorziati “risposati” civilmente — promana dalla cura materna della Chiesa, visto che Essa non è la proprietaria dei sacramenti bensì “fedele amministratrice dei misteri di Dio” (cf. 1 Cor 4, 1).
VII. Sulla validità universale del Magistero costante della ChiesaCome maestri e custodi della verità salvifica dell’Eucaristia, dobbiamo, cari e venerati fratelli nell’episcopato, custodire sempre e dappertutto questo significato e questa dimensione dell’incontro sacramentale e dell’intimità con Cristo … Dobbiamo però vigilare sempre, affinché questo grande incontro con Cristo nell’Eucaristia non divenga per noi un fatto consuetudinario e affinché non lo riceviamo indegnamente, cioè in stato di peccato mortale … Non possiamo, neanche per un attimo, dimenticare che l’Eucaristia è un bene peculiare di tutta la Chiesa. È il dono più grande che, nell’ordine della grazia e del sacramento, il divino sposo abbia offerto e offra incessantemente alla sua sposa. E proprio perché si tratta di un tale dono, dobbiamo tutti, in spirito di profonda fede, lasciarci guidare dal senso di una responsabilità veramente cristiana … L’Eucaristia è un bene comune di tutta la Chiesa come sacramento della sua unità. E perciò la Chiesa ha il rigoroso dovere di precisare tutto ciò che concerne la partecipazione e la celebrazione di essa (Giovanni Paolo II, Lettera Dominicae Cenae, 24 febbraio 1980, nn. 4-12).
Ciò non significa che la Chiesa non abbia a cuore la situazione di questi fedeli, che, del resto, non sono affatto esclusi dalla comunione ecclesiale. Essa si preoccupa di accompagnarli pastoralmente e di invitarli a partecipare alla vita ecclesiale nella misura in cui ciò è compatibile con le disposizioni del diritto divino, sulle quali la Chiesa non possiede alcun potere di dispensa (Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della Comunione Eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, 14 settembre 1994, n. 6).
Nell’azione pastorale si dovrà compiere ogni sforzo perché venga compreso bene che non si tratta di nessuna discriminazione, ma soltanto di fedeltà assoluta alla volontà di Cristo che ci ha ridato e nuovamente affidato l’indissolubilità del matrimonio come dono del Creatore. Sarà necessario che i pastori e la comunità dei fedeli soffrano e amino insieme con le persone interessate, perché possano riconoscere anche nel loro carico il giogo dolce e il carico leggero di Gesù [cf. Mt 11, 30]. Il loro carico non è dolce e leggero in quanto piccolo o insignificante, ma diventa leggero perché il Signore — e insieme con lui tutta la Chiesa — lo condivide. È compito dell’azione pastorale che deve essere svolta con totale dedizione, offrire questo aiuto fondato nella verità e insieme nell’amore (Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della Comunione Eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, 14 settembre 1994, n. 10).
La celebrazione del sacramento della Penitenza ha avuto nel corso dei secoli uno sviluppo che ha conosciuto diverse forme espressive, sempre, però, conservando la medesima struttura fondamentale che comprende necessariamente, oltre all’intervento del ministro — soltanto un Vescovo o un presbitero, che giudica e assolve, cura e guarisce nel nome di Cristo — gli atti del penitente: la contrizione, la confessione e la soddisfazione (Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Misericordia Dei, 7 aprile 2002, proemio).
27. Noi ribadiamo fermamente la verità che le questioni dottrinali, morali e pastorali riguardanti i sacramenti dell’Eucaristia, della Penitenza e del Matrimonio devono essere risolte con gli interventi del Magistero e che esse, per la loro propria natura, precludono le interpretazioni contraddittorie di quel Magistero o il trarre conseguenze pratiche diverse, supponendo che ogni nazione o regione possa cercare soluzioni accomodate alla propria cultura, sensibilità e bisogni locali.
VIII. La voce sempre giovane dei Padri della ChiesaII fondamento dunque delle nuove opinioni accennate a questo si può ridurre: perché coloro che dissentono possano più facilmente essere condotti alla dottrina cattolica, la Chiesa deve avvicinarsi maggiormente alla civiltà del mondo progredito, e, allentata l’antica severità, deve accondiscendere alle recenti teorie e alle esigenze dei popoli. E molti pensano che ciò debba intendersi, non solo della disciplina del vivere, ma anche delle dottrine che costituiscono il “deposito della fede”. Pretendono perciò che sia opportuno, per accattivarsi gli animi dei dissidenti, che alcuni capitoli di dottrina, per così dire di minore importanza, vengano messi da parte o siano attenuati, così da non mantenere più il medesimo senso che la Chiesa ha tenuto costantemente per fermo. Ora, diletto figlio Nostro, per dimostrare con quale riprovevole intenzione ciò sia stato immaginato, non c’è bisogno di un lungo discorso; basta non dimenticare la natura e l’origine della dottrina, che la Chiesa insegna. Su questo punto così afferma il Concilio Vaticano (Costituzione Dei Filius, c. 4): «La dottrina della fede, che Dio rivelò, non fu, quasi un’invenzione di filosofi, proposta da perfezionare alla umana ragione, ma come un deposito divino fu data alla sposa di Cristo da custodire fedelmente e dichiarare infallibilmente… Quel senso dei sacri dogmi si deve sempre ritenere, che una volta dichiarò la santa madre chiesa, né mai da tal senso si dovrà recedere sotto colore e nome di più elevata intelligenza» (Leone XIII, Lettera apostolica Testem benevolentiae, 22 gennaio 1899).
Ricordatevi tuttavia che nel nostro apostolico ufficio dobbiamo rifiutare e redarguire i placiti della moderna filosofia e della civile prudenza, coi quali oggi il corso delle umane cose è spinto colà, dove non permettono le prescrizioni della Legge Eterna. Ora così facendo non tratteniamo l’uman genere dal progresso, si bene impediamo ch’esso precipiti alla rovina (Pio X, Discorso al Concistoro, 9 novembre 1903).
Sapete anche che è di somma importanza, per la pace delle coscienze e per l’unità del popolo cristiano, che, nel campo della morale come in quello del dogma, tutti si attengano al magistero della Chiesa e parlino uno stesso linguaggio (Paolo VI, Enciclica Humanae vitae, 25 luglio 1968, n. 28).
La Chiesa, «colonna e sostegno della verità» (1 Tm 3, 15), «ha ricevuto dagli Apostoli il solenne comandamento di Cristo di annunziare la verità della salvezza» [Lumen gentium, 17]. «È compito della Chiesa annunziare sempre e dovunque i principi morali anche circa l’ordine sociale, e così pure pronunciare il giudizio su qualsiasi realtà umana, in quanto lo esigano i diritti fondamentali della persona umana o la salvezza delle anime» [can.747] (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2032).
Spetta al Magistero universale della Chiesa, in fedeltà alla Sacra Scrittura e alla Tradizione, insegnare ed interpretare autenticamente il «depositum fidei». Di fronte alle nuove proposte pastorali sopra menzionate questa Congregazione ritiene pertanto doveroso richiamare la dottrina e la disciplina della Chiesa in materia (Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica circa la recezione della Comunione Eucaristica da parte di fedeli divorziati risposati, 14 settembre 1994, n. 4).
Accade che, mentre [i pastori delle anime] godono di essere incalzati da inquietudini mondane, ignorano i beni interiori che avrebbero dovuto insegnare agli altri. Per cui sicuramente anche la vita dei sudditi intorpidisce … Infatti quando la testa è malata anche le membra perdono vigore, e nella ricerca del nemico non serve che l’esercito segua con prestezza, se la stessa guida del cammino perde la strada. Nessuna esortazione innalza gli animi dei sudditi e nessun rimprovero è castigo efficace contro le loro colpe … I sudditi non possono cogliere la luce della verità perché, quando interessi terreni occupano i sensi del Pastore, la polvere spinta dal vento della tentazione acceca gli occhi della Chiesa (Gregorio Magno, Regula pastoralis, II, 7).
Quando per degna causa e secondo la legge della Chiesa c’è sufficiente ragione per affrontare la penitenza, essa tuttavia viene frequentemente evitata a causa di infermità, cioè per la vergogna e la paura di perdere il piacere, giacché la buona reputazione degli uomini dà più piacere che la giustizia che porta un uomo a umiliarsi in penitenza. Perciò la misericordia di Dio è necessaria non solo quando un uomo si pente, ma anche per portarlo a pentirsi (Agostino, Enchiridion de fide, spe et caritate, 82).
Il pentimento è il rinnovo del battesimo. Il pentimento è un contratto con Dio per una seconda vita. Il pentimento è un acquirente della umiltà. Il pentimento è condanna della spensierata auto-indulgenza. Il pentimento è figlio della speranza ed è rinuncia alla disperazione. Il pentimento è un galeotto graziato. Il pentimento è la riconciliazione col Signore mediante la pratica delle buone opere che si oppongono ai peccati. Il pentimento è la purificazione della coscienza. Il pentimento risolleva i caduti, bussando alla porta del Cielo, che si apre con l’umiltà (Giovanni Climaco, Scala Paradisi, 25).
Conclusione
Mentre il nostro mondo neopagano muove un attacco generale contro la divina istituzione del matrimonio e le piaghe del divorzio e della depravazione sessuale si diffondono ovunque, anche dentro la vita della Chiesa, noi, i sottoscritti vescovi, sacerdoti e fedeli cattolici riteniamo essere nostro dovere e nostro privilegio dichiarare, a una sola voce, la nostra fedeltà agli immutabili insegnamenti della Chiesa sul matrimonio e alla sua ininterrotta disciplina, come sono stati ricevuti dagli Apostoli. Infatti, solo la chiarezza della verità farà la gente libera (cf. Gv 8, 32) e renderà possibile che essa trovi la vera gioia dell’amore, vivendo una vita secondo la sapienza e la volontà salvifica di Dio, in altre parole, evitando il peccato, come fu maternamente richiesto dalla Madonna a Fatima nel 1917.
112 commenti:
Tra un po' ci sarà un chiarimento definitivo ma non nella direzione richiesta dagli integralisti. Insieme al Concistoro inizierà il vero nuovo cammino della Chiesa.
La crescita spirituale, più che "consiste", forse è il caso di dire COMINCIA La via della grazia e della crescita spirituale per qualcuno che vive in uno stato oggettivo di peccato COMINCIA con l’abbandonare tale situazione
http://www.filialappeal.org
Vi risultano reazioni sul Web?
Oggettivamente forse è presto per vederle sui media classici, ma sul Web?
attenzione!
NON VISUALIZZO su http://www.supplicafiliale.org IL CODICE PER FIRMARE .
E' un problema del mio computer o, non per fare i complottisti, già cercano di sabotare l'iniziativa?
http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it
Francesco apre la pota a chi non ha l'abito nuziale. Ma che ne dice il Padrone di casa?
"Vi risultano reazioni sul Web?"
Tosatti e Socci hanno già rilanciato (Tosatti non solo sul suo blog personale, ma è riuscito a far pubblicare un piccolo articolo su La Stampa online). Per il resto, sono passate poche ore, attendiamo fiduciosi.
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Fabrizio Giudici
La dichiarazione di fedeltà è certamente un documento importante. Sarebbe auspicabile che, assieme a questi punti controversi in materia di morale matrimoniale chiaramente ribaditi, si osasse anche toccare anche temi quali la laicità dello stato, l'ecumenismo e il dialogo interreligioso, la cosiddetta libertà religiosa, il primato di Pietro e dei Suoi successori.
Tacere questi punti - specialmente laddove essi si trovano in relazione diretta o indiretta con la morale coniugale - lascia incompleta la dichiarazione.
Grazie per la chiarezza.
Anonimo delle 03:14, se il "chiarimento definitivo" sarà in contraddizione con la dottrina di sempre verrà rigettato da ogni cattolico degno di questo nome, non importa quale sarà il tipo del "chiarimento definitivo", fosse anche una dichiarazione ex cathedra: l'Amoris leatitia è oggettivamente in contrasto con alcuni dogmi, con l'infallibile magistero ordinario e universale e con le parole di Gesù e di San Paolo.
Nessuno ha l'autorità per abolire verità di fede già definite e neppure per modificare il depositum fidei, in accordo con la seguente affermazione della Pastor Eternus, affermazione rigettata dagli eretici papolatri:
"Lo Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il deposito della fede."
Caro anonimo delle 03,14,
l'accusa di integralismo, per altro stantia, fatta da uno pseudocattolico come te è un grande cpmplimento.
Musica per le mie orecchie!
Ripassati il Vangelo, in particolare Matteo 22,1-14, a meno di non considerare Gesù il primo integralista.
Non ne sarei sorpreso, visto di che pasta sono fatti quelli come te.
Antonio (Napoli)
Gesù era preconciliare, questo è certo!
Il Verbo incarnato chiede adorazione, rivela il Padre, ci mostra il cuore di Dio!
E' molto importante distinguere Dio dagli idoli.
Oggi per molti cattolici adulti è lecito bestemmiare e apostatare la retta fede, ma guai se si nomina invano il CVII...
In fondo tutto sta prendendo la piega che deve: il "segno di contraddizione" opera -e a Lui è lecito- la separazione della zizzania seminata dal nemico dal seme buono.
Capisco che a chi ha fatto comodo il rovesciamento della realtà questo possa dar fastidio. In fondo per costoro il meccanismo diabolico conviene: si fa un abuso, si ottiene un indulto, poi si lascia libertà, l'abusato e "indultato" diventa prassi, la norma buona diventa un retaggio, la prassi si impone e chi invoca la norma viene dipinto come un oscurantista, chiuso, insensibile, da riprovare pubblicamente secondo la dittatura della prassi...
In fondo, ripeto, siamo prossimi al disvelamento della menzogna. Per chi è in malafede non è ancora la fine, perchè potrà esercitare tutta la propria violenza. Per chi è in buona fede nell'errore, sarà un'occasione di pendere coscienza dell'inganno. Per tutti sarà il vaglio richiesto dalla fede nel segno della croce.
Oltre al comunicato stampa, bisognerebbe organizzare uan conferenza stampa, invitando tutte le maggiori testate nazionali ed internazionali presenti in Italia, ed ovviamente le TV? Bisogna far rumore, o come disse qualcuno,"lio".
Comunque sono con voi, e firmero'.
http://www.marcotosatti.com/2016/09/27/amoris-laetitia-contro-la-confusione-una-dichiarazione-di-fedelta-alla-dottrina-della-chiesa/
@mic, grazie di cuore, per il lavoro ma, in modo particolare, per l'esempio che dai a tutti noi. Non ho ancora finito di leggere tutto.Fin qui posso dire,in contemporanea alla lettura mi sfilavano davanti le immagini di tutti quelli che vivono una condizione opposta a quella di roccia qui richiamata. Loro e gli altri come loro, si consolano a vicenda. Ho cercato sempre di fare e dire quello che sapevo essere bene e giusto. Ho sempre fallito, nei risultati evidenti. Incapacità, durezza di cuore, cripto-fondamentalismo. Può essere. E benchè abbia sempre parlato in privato, cuore a cuore,alcuni mi hanno tolto il saluto e altri mi salutano,alla svelta, nelle feste comandate. Non sono dispiaciuta. E'un fatto.La mia firma l'ho già messa.Non ne parlerò con nessuno per evitare il mio ennesimo buco nell'acqua. Pregherò piuttosto affinchè ognuno di quelli che non vogliono sentir ragioni, da me, le scoprano, per altre vie, nel loro cuore già cattolico.
Una firma che non è contro qualcuno ma a favore della legge divina.
Firmo per amor di Dio, creatore e redentore dell'umanità, indipendentemente dalle singole opinioni e dai temi in oggetto. Firmo per ribadire che essere controcorrente è pesante talvolta ma rende giustizia alla libertà di pensiero che ci fu donata, firmo perché credo.
Ho appena firmato, ero il 519°, ma tempo di scrivere questo intervento e siamo già a 638...
E' iniziato il cammino per un vero dialogo, con la franchezza che Bergoglio ha sempre giustamente lodato e incoraggiato e con il dovuto rispetto per le cariche e per coloro con i quali c'è divergenza e contrasto all'interno della vera Chiesa di Gesù Cristo nostro Signore.
Il primo passo è stato quello dei 45, quando hanno deciso di superare l'anonimato.
Il secondo è questo, più deciso e nella giusta forma:
un atto di consapevolezza e di chiarezza, con importanti autorità ecclesiastiche, per ribadire la sana dottrina della Chiesa che in venti secoli di storia ha forgiato santi, martiri e milioni cristiani anonimi (davanti agli uomini, non certo davanti a Dio).
Mi piace perchè non è una "mozione" per ottenere un qualcosa che sia direttamente collegato alle firme, come ad esempio per i referendum (ho raggiunto il quorum, va fatto questo, è sappiamo che nella Chiesa non funziona così), ma solo per far sapere che un certo numero di cattolici, da cardinali ai miseri fedeli come il sottoscritto, pur non essendo certo santi né ritenendosi tali, credono che la via da seguire per meritare un misero posticino nel Regno di Dio, per il quale Cristo ha donato il Suo Sangue, sia quella di riconoscere ciò che è bene è ciò che è male, anche se ciò va contro la nostra naturale inclinazione al male, anche se la via è molto, molto stretta, anche se le rinunce ai bisogni carnali e agli interessi personali costa molta, molta fatica e anche se il mondo, come sempre, va nella via diametralmente opposta.
Ottimo!
Condivido con Cesare Baronio, sulla necessità di estendere questo atto ad altre questioni e altri rapporti, ma è già abbastanza corposo questo importante atto, confidiamo quindi nel terzo passo.
Condivido anche con Rosa e sono convinto che l'intervento di qualche trasmissione avverrà presto
Un buon giornalista, a prescindere dalle sue convinzioni in merito, non dovrebbe farsi scappare lo scoop di un certo numero di voci dissenzienti contro...nientepopodimenochè, la nuova "Chiesa di Francesco"! Chi osa tanto!?
Non c'è dubbio che sia uno scoop.
L'alternativa sarà il totale silenzio, e allora vorrà dire che il gioco si farà duro.
Cara Maria Guarini, puoi mettere anche la mia adesione? quali dati devo darti?.
Bernardino.
Se non serve altro, ti autorizzo a mettere la mia adesione. I dati li puoi rilevare dalla mia email che tu hai.
Grazie, un abbraccio.
Prima cernita, per orecchie avvertite, mandato denominazione sito.
Concordo con Cesare Baronio,
i pastori di riferimento e personalità laiche dovrebbero affrontare la questione a 360 gradi.
Per adesso "accontentiamoci" di questo importante documento, sperando che sia solo il primo di una lunga serie.
In cordibus Jesu et Mariae
Antonio (Napoli)
Potrebbe anche essere un sondaggio per misurare il dissenso al V.d.R e tradursi in un boomerang.
Avete notato il tono freddo e distaccato della NBQ?
http://sinodo2015.lanuovabq.it/80-personalita-cattoliche-fedeli-al-magistero-immutabile/
Gentile Maria, ho firmato da poco - Berni.
Problema risolto. Come si fa a vedere a quanto si è giunti?
Il passaparola del mio gruppo scelto è cominciato, col contagocce, ma è iniziato.
Firmerò sicuramente questa importante Dichiarazione, dopo averla letta con calma domani.
Comunque appoggio il rilievo di Baronio, dovranno seguire obbligatoriamente anche altre simili prese di posizione sulle nefaste 'novità' del Vaticano II, le quali in realtà sono all'origine dell'odierno attacco bergogliano contro la morale cattolica.
Corrispondenza Romana scrive di questa dichiarazione in apertura di prima pagina.
Riscossa Cristiana, nulla.
Radio Spada, nulla.
Un suggerimento - che mi sembra importante - per Mic: sarebbe bene inserire, o far inserire in calce alla Dichiarazione una casella di testo in cui specificare, almeno, se si è sacerdoti (diocesani o regolari) o comunque membri laici di Ordini o Congregazioni di religiosi/e.
Ad esempio io vorrei firmare con il mio titolo di sacerdote, anzichè col solo nome e cognome.
Inoltre, la presenza dichiarata di molti membri del clero tra i firmatari darebbe, penso, ancor più da riflettere ai sovvertitori della Fede e della morale.
Due segnalazioni tecniche.
Io ho appena firmato, ma sono riuscito solo all'ennesimo tentativo. Compariva sempre il messaggio "Bad captcha", che è un orribile slang americano per indicare che il codice di quattro caratteri che compare in basso non era stato inserito correttamente. Un po' imbarazzante per un ingegnere informatico, anche se spesso i computer degli ingegneri sono più incasinati di quelli degli utenti normali. Ma non il mio (spero). Ovviamente mi sono accertato che avevo inserito il codice correttamente in tutti i tentativi.
Dopodiché ho capito che a quanto pare proprio non funziona (almeno su un Mac come il mio, ho provato due navigatori diversi) se viene visualizzata la pagina con il documento intero (quando la URL termina con ".../full"). Tornando sulla pagina principale, nessun problema.
La seconda è roba minima: nella pagina di conferma compare "La ringraziamo molto per aver sottoscritto la nostra Filiale Supplica a Sua Santità Papa Francesco." anziché la "... aver sottoscritto la Dichiarazione etc" (scusate la pignoleria, ma è deformazione professionale).
PS Per vedere quante firme sono state apposte, basta collegarsi con la pagina principale: http://www.supplicafiliale.org. Il numero è in alto a destra, sotto la selezione della lingua. In questo momento sono 1184.
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Fabrizio Giudici
I rilievi di Baronio e Sacerdos quidam sono anche i miei e non da ora. Credo che comunque con questa dichiarazione e la critica teologica dei 45 si sia rotta un'acquiescenza assurda rispetto alla gravità dei fatti. Il resto verrà con l'aiuto del Signore e la nostra perseveranza.
Noi pecore, possiamo fare solo muro contro i lupi. Se ce ne andiamo un po' di qua e un po' di là, non facciamo neanche quel muricciolo.
Se aspettiamo le condizioni ideali per trasformarci in lupi, abbiamo da aspettare a lungo; saremo tutte sbranate, essendo loro carnivori, noi erbivori.
E' stato già detto e ribadito da molti, e la sottoscritta, belando, l'ha ripetuto, che è fondamentale lavorare sulla mentalità, sul senso comune, sull'atmosfera. Questo è un ambito dove le pecore possono ottenere risultati formidabili. E' importante che ogni pecora faccia il suo dovere, lì dove si trova, senza nulla mutare della sua situazione, un piccolo belato qui, un piccolo belato lì. Un belato al giorno, toglie il lupo di torno. Ma quando nel proprio ovile, al calduccio con le sue pecore sorelle, si presenta l'occasione tanto attesa di fare una solida muraglia cinese, le pecore gagliarde devono mettersi alla tastiera tutte insieme e sottoscrivere la Dichiarazione tanto attesa, affinchè l'ovile resti l'ovile di sempre, senza snaturamenti di sorta.
mic, quando firmeranno anche altri vescovi e cardinali, verranno resi noti i nomi? Perché un valore aggiunto secondario, ma importante, è vedere chi prende posizione tra di loro...
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Fabrizio Giudici
Ho appena firmato, e invito tutti a far lo stesso e a far firmare anche amici, parenti e conoscenti.
Ringrazio di cuore, veramente di tutto cuore, commosso, tutti i firmatari. Sosteniamoli colla preghiera e col digiuno, e anzitutto con una vita pura e casta, appoggiata solo alla grazia del Signore e offerta a lui per la salvezza della Chiesa, dell’Italia e del mondo, nella consapevolezza d’esser peccatori.
Dio ci dà la grazia d’esser testimoni della verità; piacesse a lui che, colla sua grazia, la testimoniassimo colla vita, “usque ad effusionem sanguinis”!
Maso
Gentile Maria, vorrei sapere se la mia adesione è andata a buon fine, poichè dopo la famosa sigla usciva una frase di non accettazione per errore di dati, poi sparita; ma non ho avuto nessuna conferma di accettazione.
Ti ringrazio affettuosamente, Bernardino.
Letto. Firmato anche stavolta.
Caro Bernardino,
Vai alla pagina italiana qui
http://www.supplicafiliale.org
Riempi i campi così come li trovi: cognome nome e mail. La mail va scritta due volte nel secondo campo che chi de la conferma. Infine c'è un altro campo sottostante dove appare un codice di lettere da trascrivere così come sono attenti al maiuscolo ad esempio. Dopo aver riempito tutto clicca dove c-è l'indicazione sulla firma e vedrai che così ce la puoi fare.
Un abbraccio.
Mi scrivono e ve lo comunico:
.... le ripercussioni sulla dichiarazione di fedeltà sono molto buone. Alcuni si lamentano per non vedere i loro nomi, ma appena il nome è inserito scatta il contatore che aumenta il numero delle firme, e dunque si può controllare l'inserimento avvenuto. Nei prossimi giorni saranno scremate e pubblicate le nuove (e molte) adesioni importanti.
Un grazie di tutto cuore a tutti coloro che sono all`origine di questa iniziativa e che la firmeranno.
Voglio restare positiva anche se duole (ma non è una sorpresa) constatare l`assenza di nomi che avrei potuto sperare vedere figurarvi, eppure quel che è detto in questa dichiarazione non è altro che la Dottrina immutabile della Chiesa, nessun rischio dunque per la loro coscienza di aderirvi, purtroppo i rischi sono altrove e il coraggio non lo si trova in un ovetto Kinder.
In questo clima di confusione in cui quel che era certo e chiaro sta diventando opaco, opinabile e anche capovolto, questo atto di responsabilità era atteso, qualcosa si sta muovendo e, malgrado il silenzio della stampa di regime e la tiepidezza di altri, grazie ad internet e all`impegno di ognuno là dove si trova, la Dichiarazione saprà trovare l`eco che merita.
Adesso questo particolare del maiuscolo.Non so.Due volte ho provato.La seconda mi sembra l'abbia presa. Speriamo.1600 in 24 ore, in tutto il mondo, non sono tante. E anche i commenti a questo post,non sono tanti come avrebbero potuto essere. Speriamo. Anche noi siamo strani.
"La coscienza non è la sorgente del bene e del male, ma rimembra come una azione debba adeguarsi alla legge divina e naturale.
Una coscienza ben formata mai giungerà alla conclusione che, a causa dei limiti di una determinata persona, la migliore risposta che essa possa dare al Vangelo sia di rimanere in una situazione oggettivamente peccaminosa o che Dio stesso gliela stia chiedendo"
Mi sia permesso di estrarre e sottolineare queste frasi sulla COSCIENZA che dovrebbero essere per un cattolico di un`evidenza assoluta e cristallina e che invece nell`aria che si respira da qualche tempo sono diventate obsolete se non oggetto di derisione, oggi ci vien detto il contrario, oggi si esalta il primato assoluto della coscienza individuale e della sua percezione del bene e del male, con il corollario che ""Dio perdona chi segue la propria coscienza".
Dio perdona chi segue la propria coscienza, ma solo nel caso dell'ignoranza invincibile... È questo che non viene insegnato e l'ignoranza è purtroppo ormai molto diffusa.
Sempre più spesso si fa un'affermazione tronca che è giusta solo se non manca della conclusione. Es. Misericordia senza giustizia e perdono senza pentimento.
La responsabilità più grande è di chi viene meno al munus docendi, come pure a quello regendi (in maniera illuminata) e sanctificandi con i sacramenti come il Signore e la Sua Chiesa ce li hanno consegnati....
Attenzione, mi pare che la dichiarazione non affronti adeguatamente la questione principale legata al relativismo bergogliano, vale a dire la "decentralizzazione" del papato, che lascerà in mano alle varie conferenze episcopali e diocesi la facoltà di decidere in merito. Quindi una coppia che vive more uxorio può andar bene che so al vescovo di Berlino ma non a quello di Cracovia, due omosessuali potranno sposarsi che so nella diocesi di Bari ma non in quella di Vicenza, se mi confesso da Galatina verrò assolto da tutta una categoria di peccati dai quali invece un sacerdote fedele al Catechismo e alla Tradizione della Chiesa cattolica non mi potrà assolvere se non cambio vita e mi converto, ecc... questo perché avendo distrutto il concetto che esiste una sola Verità, ciascuno potrà fare ciò che vuole, a Bergoglio andrà bene l'una come l'altra cosa, non crede alla verità assoluta... questa è la vera eresia alla radice di tutto. Michele
Cara Irina, ho come l`impressione che non sono pochi i cattolici fedeli che, vista la confusione imperante, con la consapevolezza di chi osserva il silenzio codardo dei loro pastori, scelgono di togliere sguardo e attenzione da "Roma", spossati e consapevoli della loro impotenza si concentrano sulla loro vita là dove si trovano, aspettando che la tempesta passi e che il Signore provveda....
Michele,
Il problema che segnali lo avevamo già denunciato e si va facendo sempre più evidente e drammatico con le diverse concrete applicazioni delle varie diocesi (Buenos Aires docet) e non è la sola...
Sto preparando un articolo su questo e inserirò anche i link ai documenti su conciliarità e sinodalità che potete trovare tra i "memoranda" dalla colonna destra del blog.
Purtroppo le falle di questo pontificato, che hanno tutte radici ben note, sono tali e tante che sarà una bella impresa sintetizzarle tutte!
"Speriamo.1600 in 24 ore, in tutto il mondo, non sono tante."
La dinamica di queste iniziative sul web prevede che il numero di votanti giornalieri aumenti in una prima fase, man mano che la notizia si diffonde. Per ora, dovrebbe essere limitativo fare una proiezione pensando che le firme giornaliere rimangano a questa quota. Inoltre, quando usciranno le traduzioni in spagnolo e portoghese, si apriranno anche i contributi di tutta l'America Latina.
Quello che mi interessa è la diffusione sui media cattolici "alternativi". Per esempio, il direttore di LifeSiteNews è tra i primi firmatari, eppure su quel sito non è ancora comparso nessun riferimento (a differenza, p.es. di Voice of the Family che l'ha subito messo in pagina principale). Ieri qualcuno segnalava una certa "freddezza" della comunicazione di LNBQ. Mi pare evidente che ci sono resistenze ed opinioni contrastanti anche all'interno delle comunità fedeli al Magistero. La presenza di nuove personalità di spicco, come annunciato da mic, è importante. Io spero che quei vescovi che hanno già respinto l'interpretazione aperturista di AL si uniscano ai firmatari e poi, direttamente o indirettamente, fungano da pungolo per i loro fedeli...
PS Sul Foglio è appena uscito un pezzo totalmente idiota di Crippa:
http://www.ilfoglio.it/contro-mastro-ciliegia/2016/09/28/altro-che-sacra-famiglia-il-matrimonio-sangue-blu___1-vr-148222-rubriche_c271.htm
****
A costo di finire ubriaco prima ancora di aver bevuto, come Fantozzi alla mitica cena con i produttori di vini sublimi, mi sono preso la briga di delibare fino in fondo l’elenco dei firmatari di una “Dichiarazione di fedeltà all’insegnamento immutabile della Chiesa sul matrimonio e alla sua ininterrotta disciplina” dell’associazione Supplica Filiale, non proprio bergoglista, par di capire. Fior da fiore, accanto a vescovi emeriti e professori internazionali (molto Sudamerica, molta Europa dell’est e un po’ d’Italia del pre Concilio), ci sono: l’Arciduchessa Alexandra von Habsburg de Riesle (Austria-Cile), S.A.I.R. Principe Bertrand de Orleans-Braganza, (Brasile), il Conte Giorgio Piccolomini (Italia), la Contessa Felicitas Piccolomini (Italia), il Duca Paul von Oldenburg (Germania), la Duchessa Pilar von Oldenburg (Germania), il Principe Carlo Massimo (Italia), la Principessa Elisa Massimo (Italia), la Marchesa Gabriella Spalletti Trivelli Coda Nunziante (Italia). Nonché, non fosse chiara la noblesse dell’ancien règime, Adolpho Lindenberg, Cofondatore della Società Brasiliana per la Difesa della Tradizione, Famiglia e Proprietà (TFP) (Brasile). Era dall’intronizzazione di Pio IX, o dai film di Luigi Magni, che non si vedeva tanta nobiltà papalina. Per salvare il matrimonio, più che la Sacra Famiglia, forse serve il sangue blu.
****
Io ho appena commentato che è il pezzo più idiota mai uscito sul giornale. Per quanto mi riguarda, dico le cose papali papali. Potrebbe valermi la censura. Invito altri a commentare, prudentemente anche in forme più moderata, per esprimere il dissenso. Comunque, ricordate quella vecchia massima dei pubblicitari: bene o male, che se ne parli.
--
Fabrizio Giudici
So che Andrea Carradori ci legge con attenzione, vorrei domandargli perchè questa Dichiarazione non è per il momento ripresa da Messa in latino. Grazie.
@ Michele 09:24
hai centrato il punto nodale del problema.
La cattolicità è compromessa proprio per il motivo da te esposto.
Beninteso, la cattolicità del singolo è spronata e garantita attraverso l'adesione a questa dichiarazione di fedeltà, ma di fatto il cattolico fedele dove potrà trovare l'alveo del suo Credo?
Se la medesima fedeltà non gli è garantita nella sua diocesi territoriale, dovrà cambiare domicilio e spostarsi in un'altra diocesi, che so, butto a caso, in Polonia o in Canada?
No, evidentemente così non ci siamo.
Secondo Bergoglio va certamente bene anche così, perché per lui l'importante è appunto distruggere e vanificare la Cattolicità (sostituita da un'universalità ecumenico-interreligiosa obbligatoria).
Secondo me il fedele dunque potrà trovare questo alveo in una genuina realtà ecclesiale sovraterritoriale da Dio provvidenzialmente preservata da questo sfacelo, che è identica in questa fedeltà ovunque egli vada (anche se i km da fare pur rimangono)
Qual è?
... a buon intenditor poche parole
... intelligenti pauca...
La nuova chiesa 2.0!
Dal Giornale: Chissà cosa deve aver pensato il sindaco di Pinerolo, quando si è visto arrivare in Comune due suore che gli hanno chiesto di poter contrarre un'unione civile. La storia è tanto singolare che merita d'essere raccontata.
Ha per protagonista due donne, Isabel e Federica, che domani si uniranno civilmente dopo aver abbandonato l'abito sacro a cui avevano votato la propria intera esistenza. Conosciutesi e innamoratesi in convento, le due ex religiose si sono innamorate e hanno deciso di trascorrere la propria vita in coppia. Così si sono recate in Vaticano e hanno avviato le pratiche per lasciare la vita religiosa.
Dopo la cerimonia in municipio, domani parteciperanno a un funzione religiosa al termine della quale verranno anche benedette. Naturalmente - non potrebbe essere altrimenti - da un prete sospeso a divinis, Franco Barbero, interdetto da Papa Giovanni Paolo II nel 2003 proprio per le sue posizioni favorevoli ai matrimoni omosessuali.
Le due spose, infatti, non hanno abbandonato la Fede: "Non è pudore, ma paura dei pregiudizi -spiegano a La Stampa - Non vogliamo diventare delle celebrità, ma vivere serenamente insieme e trovare presto un nuovo lavoro. Usciamo dal convento, ma non lasciamo la Chiesa e non dimentichiamo la Fede."
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L’imperatore si rivolse ai cristiani dicendo: ‘Strani uomini… ditemi voi stessi o cristiani, abbandonati dalla maggioranza dei vostri fratelli e capi, che cosa avete di più caro nel cristianesimo?’. Allora si alzò in piedi lo Staretz Giovanni e rispose con dolcezza: ‘Grande sovrano! Quello che abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso! Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità!’” (V. Solovev, Il dialogo dell’Anticristo).
Cara Luisa,
non ho chiaramente la situazione di tutta la cattolicità sottocchio, ma la mia sì ed anche un po' di questo blog. Ora so che mi sto stracciando le vesti da tre anni e qui ho trovato altri straccianti. Tutti abbiamo approfondito, come abbiamo potuto, diversi argomenti,sperando in qualcosa un pochino di noi più consistente per fare quadrato. Questo qualcosa arriva e non infiamma i cuori. Perchè? Questa fatica immensa che si fa per mettere in moto il prossimo, che si muove poi per ogni sorta di vacue vanità,è ed è sempre stato, anche in passato per me, come un macigno legato al collo che mi devo trascinare per rimuovere l'altro macigno che in più persone, di buona volontà, potrebbe essere se non altro rimesso al suo posto come di dovere. Insomma la fatica nella fatica. Ho iniziato un mio personale passaparola. Pochissimi si sono subito attivati, altri silenzio. Perchè fondamentalmente fanno parte del nuovo corso ecclesiale, quello della dottrina in saldo. Dai commentatori qui, ho dato per scontato,l'entusiasmo. Spero presto si accenda.
Cara Irina,
Ciò che dici per me è ormai esperienza consolidata. Mi spiace che non ho il tempo di scendere in dettagli, ma avrei molti esempi.
Devo dire, quanto al blog e ai suoi contatti, che ci sono molti che non intervengono qui ma lo fanno via mail. Mi risulta anche da recenti incontri che ci sono moltissimi che leggono e apprezzano ma non intervengono.
Qualche riscontro viene anche dalle statistiche delle visite : ci sono picchi di oltre 45.000 persone in molte ore sullo stesso articolo, mentre a volte alcuni articoli non raggiungono 1000 lettori nella stessa giornata.
Ma, al di là dei numeri, dai quali cerchiamo di avere la percezione di un briciolo di risultati, che ovviamente ci incoraggerebbero, dobbiamo continuare a navigare a vista, partendo, come già facciamo da noi, e poi affidiamo tutto al Signore.
Oggi incontrerò uno dei nostri sacerdoti e alcuni amici, pensando a un prossimo incontro. Pregate e affidiamoci...
Mix, riprendo dal j'accuse dei vaticanisti americani, che ben si coniuga col nostro impegno. A quando la traduzione della II e III parte?
Qui ho firmato anch'io.
"Così come era successo durante la crisi ariana ariana, tocca ai laici difendere la Fede di fronte a una defezione quasi universale dal proprio dovere da parte delle gerarchie.
Ovviamente noi siamo ben poca cosa, eppure come membri battezzati laici del Corpo Mistico siamo dotati del diritto conferito da Dio e del corrispondente dovere prescritto dalle norme ecclesiastiche (cfr. CIC can. 212) di affrontare con Lei e coi nostri confratelli cattolici l’argomento della crisi acuta che il Suo governo della Chiesa ha provocato all’interno di uno stato già cronico di crisi ecclesiastica che perdura dal Concilio Vaticano Secondo."
firmato (ovviamente) io + famiglia + amici e segnalato ai conoscenti con una certa etica...
C'è stato un tempo in cui l'aristocrazia d'Europa è stata una grande famiglia, pur con le pecore nere che le grandi famiglie contengono. Questo non era solo un legame di sangue dei rappresentanti le varie marche, contee, ducati e principati ma era un modo di sentire che arrivava fino agli umili. E' mia opinione, la mutuo certamente da qualche lettura o discorso, che con gli stati nazionali e poi con le democrazie, tutto quel complesso di sentimenti, pensieri, tradizionali ed aristocratici abbia cercato un modo nuovo di esprimersi e di concepire l'Europa, cambiandone forse le strutture in strutture laiche accettabili ed accettate da tutti, rivoluzionari compresi.Naturalmente la massoneria vegliava anche lei su questo difficile parto. Ritengo che l'aristocrazia piano piano si divise proprio nella scelta di campo, una parte, procedette nel presente, mantenendosi salda alla religione cristiana dei suoi padri; un'altra parte provò i nuovi sentieri della laicità, dell'esoterismo, massonico e non, che si sposavano meglio con i tempi, in apparenza. Anche nelle attuali grandi istituzioni europee e mondiali sono presenti nomi di rilievo della nobiltà che nacque europea. Ho visto con i miei occhi consumarsi alcuni di questi drammi, ove una corte variegata, al passo dei tempi, è stata la rovina di singole persone e delle loro famiglie, cristiane, nobili, semplicemente tradizionali. Non per tutti è stato così, altri, in un campo o nell'altro, hanno mantenuto e mantengono la propria posizione coerentemente, Dio solo sa con quanto intimo convincimento. Come noi. Solo la prova, che NSGC manda, ha verificato, verifica e verificherà la sostanza di ognuno e di tutti.
"ci sono moltissimi che leggono e apprezzano ma non intervengono.": sì, lo credo anch'io, e penso che il motivo sia la delusione di vedersi cestinati e definiti apodittici, integralisti, quasi fanatici, mentre spesso siamo solo mossi da tanto zelo per la casa del Signore, attualmente occupata da usurpatori e massoni travestiti da pastori, seguiti ed osannati da un'enorme massa di gente ipnotizzata e privata del sano discernimento tra il bene ed il male, tra la Verità e la menzogna. Con tutto il rispetto dovutole, cara Mic.
Mix, riprendo dal j'accuse dei vaticanisti americani, che ben si coniuga col nostro impegno. A quando la traduzione della II e III parte?
La seconda è già pronta. La pubblico domani. E' in corso la traduzione della terza.
"C'è stato un tempo in cui l'aristocrazia d'Europa è stata una grande famiglia ..."
Io in particolare sono abbastanza neutro sul tema, con qualche pre-giudizio negativo, perché di più mi interessa la sostanza che la forma. Ma non è questo il punto: ci possono stare diverse opinioni. Il punto è che un'iniziativa di questo calibro, che interpella la coscienza dei cattolici, viene presentata sbrigativamente in forma chiaramente sprezzante, senza nessun riferimento alla sostanza dell'iniziativa. Se ci fosse una certa percentuale di alti, bassi, belli o brutti, biondi o castani negli 80 firmatari, questo avrebbe una qualche rilevanza?
Per non parlare della disinformazione che Crippa è riuscito ad infilare in poche righe, facendo intendere che tutti i firmatari sono "pre-conciliari". Caffarra, così fedele a GPII, pre-conciliare? Burke, Schneider pre-conciliari? Padre Scalese? Cito giusto qualche nome a caso, tra quelli che conosco. Oltretutto in un blog dal nome chiaramente allusivo a Biffi.
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Fabrizio Giudici
"ci sono moltissimi che leggono e apprezzano ma non intervengono."
Scusate, un breve commento su questa osservazione. Innanzitutto è abbastanza normale: partecipo a forum online di vario tipo da vent'anni, alcuni li ho anche gestiti (quindi potevo vedere benissimo i numeri). Il numero di lettori "passivi" è generalmente qualche ordine di grandezza superiore a quello di quelli "attivi". Non è una particolarità di questo.
In secondo luogo, non sottovalutiamo comunque l'effetto traino che pochi commentatori attivi possono avere: non tanto (e non solo) nell'influenzare le opinioni altrui, quanto nello spronarli ad agire. Breve aneddoto, immagino condiviso da molti. I miei genitori, molto tempo fa, erano membri di varie iniziative parrocchiali "post-conciliari", come per esempio i consigli pastorali. Furono ben presto isolati e poi gettarono la spugna, perché erano tra i pochi che esprimevano tutte le loro perplessità su molte cose. Però mi raccontano che in certi casi si trovavano a parlare dinnanzi all'assemblea senza nessuno che li appoggiasse, anzi con molte aperte ostilità di certi; poi, magari all'uscita della sala, si avvicinavano altri che esprimevano il loro sostegno. Ma solo in privato: in assemblea se ne stavano zitti. Questo vuol dire che nel mondo reale le persone sono affette da "timidezza" (chiamiamola così) esattamente come nei canali telematici.
È questo il problema: è stata una maggioranza silenziosa che non ha agito e ha lasciato colonizzare la Chiesa da una minoranza modernista. Non è fatta solo di indifferenti ("la palude"). È composta da molti "timidi". Una chiave della soluzione è trovare il modo di scuotere i silenziosi.
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Fabrizio Giudici
Firmato e diffuso
MD
A proposito dell`articolo imbecille del Foglio c^è da dire che, visto il clima che soffia sulla chiesa e sulla società, sarebbe stato forse più intelligente evitare di far precedere il nome dai vari titoli nobiliari, ci voleva poco a capirlo appena ho letto quei nomi sapevo che avrebbero suscitato quella reazione imbecille ma prevedibilissima.
Rilanciata dal buon Pentin:
http://www.ncregister.com/blog/edward-pentin/cardinal-caffarra-among-signatories-of-declaration-upholding-churchs-teachi
@Luisa
Ci ho pensato anch'io. Ma diciamoci la verità: se uno è in malafede (e in questo caso non può non esserlo: uno poteva riferire la questione prima descrivendola nelle parti essenziali e poi aggiungendoci un commento personale) sarà sempre in grado di girare la frittata a suo piacimento. Alla fine, tanto, siamo sempre tutti bollabili come "farisei", "fascisti" e quant'altro...
Meglio non farsi troppi calcoli preventivi, pensiamo ad essere solo chiari e trasparenti, e poi ci penserà la Provvidenza.
Speriamo piuttosto che riesca a farci un pezzo Matzuzzi.
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Fabrizio Giudici
Una cosa da considerare in questo pontificado (e anche nella AL) è che Francesco è venuto della America Latina. Qui domina nei ambienti ecclesiastici la teologia della liberazione. Così per capire meglio il "pensiero" (se è che possiede uno) di Francesco è fondamentale leggere il testo di Clodovis Boff "Ritorno al fondamento" (http://www.dehoniane.it:9080/komodo/trunk/webapp/web/files/riviste/archivio/02/200817557.pdf).
In questo testo il fratello di Leornado Boff confuta questa teologia dimostrando che lei mette i poveri nel luogo di Cristo. Se pensiamo che i divorziati risposati sono al di fuori della grazia di Dio, possiamo considerare che anche loro sono poveri. Quindi, questa teologia se presenta con il compito di arricchire queste persone ciò che è giusto, però, il fine è un fine puramente sociale, non se basa più sulla suprema legge della Chiesa, la salus animarum (qui entra il nuovo concetto di religione, quello di religare l'uomo alla società o al mondo). Per questo se comincia le concessioni morali e dottrinali che finisce per impoverire più le fedeli e diventare la grazia di Dio più inaccessibile
inaccessibile quando non mette le persone in peccatti peggiore (come nel caso di dare la comunione ai divorziati risposati). Aggiungo che quando se indebolisce la dottrina, nel contesto che viviamo, quello che se vuole è appena la diminuizione la desigualtà sociale, fare con che non esista più troppa differenza tra i fedeli e infedeli.
Cambiando un po (ma non troppo) il tema. In un'altro post ho parlato della questione del termine pastorale. In questo senso me sembra utile ricordare ciò che diceva il Padre Cartechini nel libro dell'Opinione al dogma - Criteri per Riconoscere le verità dogmmatiche - 3 Del magistero ordinario; 2) Magistero Ordinario per dottrina implicita:
"La dottrina divina, infatti, comunicata alla Chiesa dalla parola di Dio, o il deposito della fede, può essere trasmessa per tradizione scritta, per tradizione orale e anche per tradizione pratica. Modi questi dei quali l’uno non esclude l’altro; anzi la trasmissione che avviene per mezzo della pratica, almeno suppone sempre qualche altra dottrina esplicita trasmessa per iscritto o attraverso la predicazione, in seguito alla quale si sia venuta formando la pratica; poiché la vita morale, ascetica e liturgica dei fedeli, in tanto ha valore di tradizione, in quanto si fonda su qualche dottrina. Quindi, qualunque pratica cristiana che appartiene alla tradizione è congiunta con qualche dottrina, la quale, se non altro, consiste in questo: che tale pratica sia necessaria alla salvezza eterna, o che sia indicata nella rivelazione. Anche Gesù poté insegnare qualche cosa per mezzo dell’esempio senza bisogno di ricorrere alla parola esplicita: il contegno, per esempio, ch’egli ebbe verso la madre sua, è da solo eloquente e dimostra la santità di Maria.
Bisogna poi qui notare che quando si parla di pratica della Chiesa, piuttosto che riferirsi alla vita e all’azione dei fedeli, dobbiamo principalmente riferirci all’azione della Chiesa gerarchica che dirige la pratica dei fedeli".
La tradizione pratica della Chiesa di che parla il Padre Cartechini quase non ascoltiamo parlare ma è questa che sta ditruggendo e cambiando ciò che è chiamato pastorale dal Concilio fino ad oggi. Nella definizione di uno dei Padri della Chiesa Conciliare, Yvez Congar, pastorale è "dottrina che chiede per essere applicata storicamente". Così se la dottrina non è più applicabile storicamente nel giudizio degli aggiornatori, e di quelli che vogliono la nostra piena unino con il mondo e la società, abbiamo una "Amoris laetitiae". Però, nelle parole di P. Sisto Cartechini pastorale è semplicemente l'applicazione della teoria alla pratica per conservagli cattolica e assicurare questa indipendente dei cambiamenti storici. Il cattolico è qualcuno che vuole rimanere pienamente unito a Dio e alla Chiesa, anche se la società e il mondo gli vogliono solo nelle catacombe.
@ Perche' solo un piccola minoranza sembra aderire (per ora) alla Professione di Fede nella Dottrina di sempre della Chiesa? - La fine dell'unita' dell'Europa medievale (in parte, un mito)
--Non dovremmo stupirci. Quando l'impero romano perseguitava i cristiani (la cui religione inizialmente non era compresa), cioe' nei periodi di persecuzione dura, quanti erano i martiri, quelli che affrontavano i lavori forzati o la morte (ad bestias, ad metalla) per testimoniare la loro fede? Una minoranza. La maggioranza si nascondeva o apostatava (i c.d. lapsi). Tant'e' vero che l'atteggiamento verso questi ultimi divento' ad un certo punto un problema, come ben si avvide S. Agostino. I rigoristi volevano che non fossero riammessi nella Chiesa, posizione sbagliata, che non trionfo'. Quindi, di cosa ci meravigliamo? In piu', oggi la situazione e' molto piu' grave perche' la testimonianza della fede siamo costretti a renderal non solo contro lo Stato laico e senza Dio, ma anche e forse soprattutto contro la Gerarchia cattolica stessa, in preda da 50 e passa anni ad un'apostasia sempre piu' accentuata. Qui pesa ancora fortissimo il vincolo del rispetto e della disciplina nei confronti del Papa, giustissimo in se' ma che diventa fattore di perversione se applicato anche nei confronti di un Papato dottrinalmente e pastoralmente deviato. L'ossequio al Sacerdotium serve ovviamente anche da alibi a tante coscienze, che si sono evidentemente adagiate nella torbida atmosfera dominante.
--E' vero, si e' spezzata ad un certo punto l'unita' spirituale dell'Europa medievale. Ma quest'unita' fino a che punto esisteva? Non bisognerebbe riflettere sulle molteplici cause interne di crisi, che alla fine l'hanno dissolta? Non basta ricorrer al misterium iniquitatis. Basti pensare alla lotta feroce tra trono e altare (Papato e Impero), la cui colpa non ricade solo sulle spalle dell'imperatore. Ai vasti moti ereticali (patari, catari etc.), connessi alle lotte di classe, che mostrarono una profonda crisi di valori e furono risolti alla fine (inevitabilmente) con la forza (le crociate e gli stermini), all'anarchia quasi continua dietro l'apparenza di un'armonia formale tra i vari gradi della societa', armonia che pure a tratti esisteva. etc. PP
Forse sarebbe bene evitare di dar patenti di imbecillita' al prossimo. Anche per una questione di stile. A. P.
"Forse sarebbe bene evitare di dar patenti di imbecillita' al prossimo. "
Visto che Luisa ha parlato di "articolo imbecille" e non di "giornalista imbecille", forse bisognerebbe imparare a leggere l'italiano prima di pestare i tasti del computer.
È pienamente nella legittimità di un lettore esprimere un giudizio di merito e quel pezzo fa disonore al giornalismo serio.
Senza contare che è l'ennesimo esempio di pettegolezzo malevolo proferito dalla penna (o dalla bocca) di un bergogliano, nonostante le infinite prediche contro chi "chiacchiera".
--
Fabrizio Giudici
Per quello che vale la mia firma ho firmato. Me lo comanda la coscienza e il Codice di Diritto Canonico. Forse ci avranno già pensato ma perché non chiedere uno spazio anche al nuovo quotidiano "La Verità"? C'è modo di consultare l'elenco dei firmatari. Grazie. Don Roberto Donati - Diacono - Firenze.
"Forse sarebbe bene evitare di dar patenti di imbecillita' al prossimo. Anche per una questione di stile. A. P.
Avrebbe preferito che dicessi articolo cretino o, forse meglio, stupidamente sprezzante?
Questione di stile in ogni caso non prenderei esempio sull`autore di quell` articolo :):)
Firmato e divulgato.
Non mi appassiona la conta; la logica dei numeri nelle questioni fondamentali ed essenziali (essenziali per la Vita, quali quelle di cui si tratta in questo caso), grandi o piccoli che siano, ancorché viviamo nell'epoca in cui conta (....) solo ciò che dice-vuole-fa la maggioranza, la trovo sempre inappropriata e fuorviante.
Sottoscrivo invece le osservazioni sacrosante di Baronio ed attendo sviluppi (se devo dirla tutta, non molto, anzi per nulla fiducioso).
Ottima iniziativa. Ho firmato e fatto girare. Grazie a chi ha pensato e redatto l'ottima e chiara dichiarazione. Mi sia permessa una personale,piccola notazione critica.Relativamente al riferimento, nella titolazione,alle "80 personalità cattoliche":lo trovo ampolloso(non intenzionalmente magari, ma ha un fastidioso tono autocelebrativo)e può essere potenzialmente controproducente in termini di "appeal" mediatico(essendo diffuso nel web, può contare).Inoltre,chi firma, anche se non è una "personalità",è comunque una PERSONA, ed ha un nome ed un cognome,una sua storia,e una propria dignità.Dunque,sarebbe auspicabile che il nome e cognome di chi FIRMA tale dichiarazione apparisse, perché non sono "anonimi". Tecnicamente,credo sia fattibilissimo:anche per l'iniziativa "un'oradiguardia" comparivano tutte le migliaia di nomi e cognomi di persone che avevano sottoscritto e partecipavano all'iniziativa. Personalmente,un numero,nella sua freddezza,dice poco:invece,in quel caso ("un'oradiguardia"),lo scorrere tutti quei nomi (mi pare ci fossero addirittura anche le relative città di residenza)mi piacque molto, perché si tocca con mano la realtà di quelle persone.Vale, comunque,l'aureo principio che "chi non fa, non falla"...
Ecco ho visto il commento di Luisa solo adesso, e lo sottoscrivo in pieno. Non sono certamente un "anti-monarchico" (basta che i monarchi non siano i Savoia però), ma trovo gravemente ingenua quella (oggettiva) ostentazione di titoli nobiliari che "sanno" di film di Magni (manca il Marchese del Grillo, ed erano tutti!).Questo vuol dire essere "personalità cattoliche"? Una parola su tutte: controproducente.
Sono d'accordo,Mic, che ci sia molta ignoranza tra i cattolici, non che ci sia molta ignoranza invincibile.
Diceva Pio XII che è dovere grave (sottolineatura sua) del cattolico approfondire la dottrina della Chiesa, sia pure relativamente al proprio stato, possibilità e capacità.
Non accetto la giustificazione dell'ignoranza che danno molti.
I nostri bisnonni e nonni erano semianalfabeti, ma conoscevano bene i fondamenti della fede.
Certo si faceva del buon catechismo, tuttavia ciò dovrebbe essere compensato dal maggiore livello d'istruzione e i maggiori strumenti che abbiamo.
Siamo ignoranti per superficialità, per presunzione ed orgoglio ed, infine, per comodità.
Ci fa gioco che non ci siano verità assolute ed immutabili.
Credo anche che tanta "misericordia" verso gli altri e tanta "comprensione" verso i loro peccati serva in realtà a giustificare i propri stili di vita ed i propri peccati.
Se gli altri, buonisticamente, non devono convertirsi, non dobbiamo farlo neanche noi.
Molto comodo, tanto più che è la "Chiesa" a dirlo.
Sono diventati tutti, improvvisamente, tutti fedeli ed obbedienti al papa e alle gerarchie.
Così è se vi pare.
Antonio(Napoli)
@ Fabrizio Giudici: "i firmatari sono "pre-conciliari": perché, se lo fossero, quale non mi vergogno a dichiarami io, sarebbe quella un'offesa? a tanto è giunto il lavaggio dei cervelli del clero modernista, da 50 anni in qua ? Pazzesco : l'interreligiosità è una grazia, dialogo e accoglienza con tutti ma porte chiuse ai Léfèbvriani ?
Inoltre, lei dice "all'uscita della sala... altri esprimevano il loro sostegno. Ma solo in privato: in assemblea se ne stavano zitti" : purtroppo c'è sempre il timore di venir demonizzati, criminalizzati, o anche semplicemente derisi, guardati con sufficienza e messi a tacere. Ma vede, sui blog è un po' come nella vita "reale" : se ci facciamo coraggio e andiamo giù duro, allora c'è il rischio di venire bannati, cestinati, ignorati, e non non riuscire a far arrivare la nostra opinione a tutti quelli che potrebbero condividerla.
Francamente quella congerie di titoli nobiliari ha stupito anche me, quando li ho visti nel momento della diffusione del testo; ma alla fine mi sono detta che quel che conta è il contenuto e ciò che vuole rappresentare o, ancor più e meglio, vuole dover-essere e conseguentemente mettere in campo in questo momento storico così confuso e inedito. Purtroppo ciò che non è inedita è la mala fede di coloro che si attaccano ad ogni minuzia per delegittimare ciò che non tollerano.
I nostri bisnonni e nonni erano semianalfabeti, ma conoscevano bene i fondamenti della fede.
Non è una ignoranza culturale ma una ignoranza dei fondamenti della fede. Quella fede che i nostri nonni, sia pure analfabeti, respiravano per ogni dove: luogo fisico o formativo o di culto o di vita civile in cui erano immersi e da cui erano 'portati'. Oggi, purtroppo, non è più così. Stiamo vivendo il culmine delle rivoluzioni che nel corso delle varie epoche storiche rappresentano facce diverse dello stesso male che è nel mondo fin dalla 'caduta' oggi nemmeno più riconosciuta e l'inquinamento spirituale (perché il problema è spirituale prima ancora che morale e antropologico), progressivamente provocato in tante forme, sta oltrepassando ogni limite in ogni ambito. Ma "non praevalebunt"!
Catholicus
In genere si viene cestinati anche quando ci si perde in questioni di lana caprina.
1. L'accusa di preconciliari ai firmatari non è un'offesa, è una falsità.
2. Sostenere di essere preconciliari significa non essere realisti perché il concilio ha introdotto problemi ma non segna la fine della cattolicità. Non si potrà mai tornare al passato, ma del passato occorre recuperare e custodire ciò che è perenne per rimanere nell'alveo della Rivelazione Apostolica.
Strano il silenzio di MiL.
"i firmatari sono "pre-conciliari"
Tre punti. Il primo: il problema è come vengono presentate le cose. "Ortodosso" è una qualifica di cui tutti noi ci vantiamo senza dubbio. Se però viene messo nel contesto del citato episodio di Fantozzi, evidentemente si perde il vero valore semantico della parola, ma la si riveste di un senso negativo (vecchio, obsoleto). Il secondo punto: a parte che "pre-conciliare" può voler dire molte cose, in quella lista ci sono evidentemente "pre-conciliari" e non "pre-conciliari". I tre prelati che ho citato non lo sono. Qualche altro nome penso che lo sia. Non c'è problema per me. Quello che voglio dire è che il giornalista, oltre ad aver creato una prospettiva tendenziosa (cosa di cui siamo convinti, ma qualcuno può dire che è una nostra opinione soggettiva), ha pure affermato una cosa falsa (questo invece è un dato oggettivo). Ed è chiaro che non ha compiuto una disamina attenta, né gli è interessato farla. Terzo punto: la presenza contemporanea di "pre-conciliari" e non "pre-conciliari" (quando addirittura conciliari) mostra semmai che l'iniziativa non è legata ad un sottogruppo di cattolici, ma è trasversale. Cioè: è "cattolica" in tutti i sensi. Quindi, è stata comunicata, in modo omissivo, una falsa percezione dei fatti.
Per il resto, non c'è dubbio. L'esperienza dei miei mi convince ad alzare la testa e dire le cose senza fronzoli ovunque mi trovi (fisicamente o virtualmente).
PS I nomi di cui state parlando mi pare fossero quelli già tra i primi firmatari della Supplica Filiale. Io mi ricordo che avevano attirato la mia attenzione, pur rimanendo per me senza conseguenze.
--
Fabrizio Giudici
A me non danno fastidio i titoli nobiliari, so che molti li portano indegnamente e non idealizzo il passato. Molti ma non tutti. Come tra gli uomini ci sono molti ladri ma, non tutti lo sono. So anche che la storia dell'uomo è scritta da molta miseria e poca grandezza e non è stata, per nessuno, esente da gravi colpi e colpe.In tutto questo letame, che funge da concime, si stagliano uomini grandi anche se nessuno si ricorda più di loro. Dal mio punto di vista ora, invece quei nomi, con quei titoli stanno benissimo. Perchè ci ricordano che occorrono anni ed anni, generazioni e generazioni, secoli per trasformare una famiglia in un casato in grado di non disfarsi con i bisnipoti, di non dimenticare se stesso, di avere consapevolezza e responsabilità non solo davanti alla propria discendenza, ma anche davanti alla comunità di cui, in modo suo proprio quella famiglia si è sentita e si sente responsabile.Questo è importante perchè ci indica che la Fede è personale ma, la si trasmette; la cultura è personale ma, la si trasmette; il patrimonio è personale ma, lo si trasmette. Ora che tutto è un fai da te, come ti senti, come ti pare, mogli e buoi d'ogni dove, ora forse non stona che un cognome, accompagnato da un titolo nobiliare, ci parli di una lunga storia, costata lacrime e sangue; ci dica che nulla si improvvisa e che i figli necessitano di una lunga ed attenta educazione per non buttare all'aria quello che solo l'invidia del prossimo suggerisce di goderne, dissipandolo sia l'onore sia il patrimonio. Perchè così è, nobiltà o non nobiltà, quelli che spingono ad andare al passo dei tempi e spogliarsi di tutto per correre dietro al fumo, non sono che gli invidiosi, che non avendo, trovano pace solo togliendo o diminuendo a chi ha. Dimenticando tutti che solo chi sa conservare oculatamente può donare generosamente.E questo vale anche per il patrimonio della Chiesa.
Quando si firma la petizione o lettera o comunque la si voglia chiamare, vien chiesto il titolo, tra cui per es. Dr. I nobili hanno firmato usando il proprio titolo, non vedo cosa ci sia di male, se non per qualcuno con la coda di paglia ed un senso d' inferiorità sociale, ridicolo nel 2016 .
Io ho scritto Dr. Ed allora ?
Crippa è peggio che un imbecille, è falso e viscido come un serpente. E comunque numero di lettori del Foglio, oggi come oggi: alcune migliaia. Sta su coi soldi del Biscione e famiglia, anche divorziata. Perciò effetto sulla massa cattolica: zero.
È poi tipico dei "sinistri": quando non hanno seri argomenti sui cui ribattere, passano all'insulto, in questo caso, sec. lui, ""preconciliari". Che, nella loro mente, e' come "lefebvriani", un grado sotto "fascista" e due gradi sotto "nazista", tre sotto "razzista" ed "antisemita"..
Tutte parole prive ormai di vero significato e, nel caso di "razzista", create apposta per demonizzare l'avversario politico, che per loro è sempre e comunque un nemico da abbattere.
Preconciliare ? Si, e me ne vanto. Detto da un Crippa qualsiasi è un titolo d'onore.
Le "strane" aperture di Papa Francesco al mondo stanno facendo uscire i traditori che ora si sentono sicuri e si palesano, vedi mons.charamsa.
Forse lo Spirito Santo permette questo nel periodo della Misericordia, che i traditori escano da soli allo scoperto...ma dopo la misericordia c'è il giudizio.
In questi anni vediamo come nemmeno tanti consacrati conoscano davvero i fondamenti della fede...a proposito giro una notizia a di poco inquietante.
http://www.secoloditalia.it/2016/09/unioni-gay-due-ex-suore-convolano-a-nozze-le-sposa-un-prete-scomunicato/
@ Replica a F. Giudici
Applicando la sua logica, se io dicessi che il suo intervento contro la mia osservazione e' "imbecille" lei non dovrebbe sentirsi offeso, perche' "l'imbecille" andrebbe riferito all'intervento non alla persona che lo ha scritto? Risponda sinceramente. Io, comunque, non lo dico. Ho fatto solo un esempio, per dimostrare l'infondatezza del suo ragionamento, buttato giu' molto probabilmente in fretta. Una difesa d'ufficio fuori misura. Ha fatto benissimo Luisa a criticare l'articolo, sbagliando pero' a scagliare quell'epiteto. Non c'e' bisogno di offendere l'avversario.
Mi sembra importante che su questo blog si mantenga un tono il piu' possibile civile, anche se, mi rendo conto, la cosa non e' sempre facile, data la situazione generale nella quale ci troviamo a vivere, noi cattolici fedeli alla Tradizione della Chiesa. Importante, anche pensando al fatto che chi ci mette la faccia per tutti noi e' Maria. Rispettare l'avversario, pur criticandolo anche duramente, significa, a mio avviso, mostrare rispetto anche per l'amministratore del blog, per il suo difficile, faticoso e anche rischioso impegno e lavoro.
A. P.
Io l'ho già firmata nella speranza che si possa uscire da questa deriva!
@ Strano il silenzio di MiL.
... ma soprattutto quello di Riscossa Cristiana
FIRMATO E SEGNALATO ma... non tutti pubblicano pare...
"Ho fatto solo un esempio, per dimostrare l'infondatezza del suo ragionamento, buttato giu' molto probabilmente in fretta. Una difesa d'ufficio fuori misura. Ha fatto benissimo Luisa a criticare l'articolo, sbagliando pero' a scagliare quell'epiteto. Non c'e' bisogno di offendere l'avversario. "
Penso che non abbia proprio capito. Prima di tutto non mi sento offeso se dice che il mio commento è "imbecille", pertanto non ha dimostrato proprio niente. In realtà la sua osservazione continua ad essere fuori luogo: infatti, devo ripetere che c'è una totale differenza tra "articolo imbecille" e "giornalista imbecille"; così come tra "commento imbecille" e "commentatore imbecille". Facciamo l'analisi logica: l'attributo è associato ad un oggetto inanimato e per di più astratto, come un commento od un articolo. Devo preoccuparmi che un oggetto inanimato si offenda?
La differenza poi dovrebbe essere particolarmente chiara ad un cattolico, che ama il peccatore e odia (dicesi: odia) il peccato.
E non confondiamo il cattolicesimo con il manuale di mons. Dellacasa. A furia di essere così "educati" ci siamo fatti mettere i piedi in testa da tutti.
--
Fabrizio Giudici
Bene, ho firmato. Ma perchè non mostrare i nomi dei firmatari, oltre a quelli delle personalità più note? Lo scopo principale di questa Dichiarazione dovrebbe essere quello di riunire i cattolici che vogliono resistere, di favorire un contatto comune: e da questo punto di vista, sapere che ci sono più di 2000 firme non serve a molto, si perdono nell'anonimato... 2000 cattolici senza volto. Come ha già detto qualcuno più sopra, tecnicamente non dovrebbe essere difficile.
Proporrei a Mic di farlo notare ai gestori del sito web in questione.
@ Luisa. Ho letto e riferirò. Moltissimo è stato già scritto da un Teologo autorevole.
https://www.lifesitenews.com/news/please-sign-declaration-of-fidelity-to-the-churchs-unchangeable-teaching-on
@ Sacerdos quidam
condivido: sarebbe utile dare la possibilità di uscire dall'anonimato.
Dico "dare la possibilità", perché l'obbligo di pubblicare le proprie generalità potrebbe essere controproducente.
Non "se vuoi aderire alla Dichiarazione di fedeltà devi identificarti", ma piuttosto "puoi identificarti".
Più sopra è stato efficacemente spiegato che il gregge è per lo più composto da pecorelle timide (lì si parlava del fatto che si limitano a leggere soltanto senza intervenire scrivendo). Non tutti si sentono pronti a finire alla gogna secondo le modalità più diversificate a seconda dei casi, molti poi devono provvedere anzitutto alla propria famiglia secondo il dovere del loro stato.
Però ripeto, anch'io concordo che bisognerebbe lasciare a chi lo desidera questa possibilità nell'ottica di favorire la conoscenza e l'incontro tra il gregge disperso. Questa cosa è ancor più importante per un sacerdote che deve essere riconoscibile dalle sue pecorelle. Grazie, Sacerdos quidam, è consolante sapere che esistono pastori come Lei.
Condivido l'osservazione di Antonio (Napoli) h.17.36:
"Ci fa gioco che non ci siano verità assolute ed immutabili.
Credo anche che tanta "misericordia" verso gli altri e tanta "comprensione" verso i loro peccati serva in realtà a giustificare i propri stili di vita ed i propri peccati.
Se gli altri, buonisticamente, non devono convertirsi, non dobbiamo farlo neanche noi.
Molto comodo, tanto più che è la "Chiesa" a dirlo.
Sono diventati tutti, improvvisamente, tutti fedeli ed obbedienti al papa e alle gerarchie"
Proprio questa estate ho discusso contro questi comportamenti di comodo.
Il primo è "Cristo si, Chiesa no",perché "la Chiesa non c'entra niente con Gesù".
In questo modo, come osservava Antonio, si è liberi di interpretare il Vangelo in modo soggettivo, come fanno i protestanti, rafforzando la piaga del relativismo e del protestantesimo cattolico.
Liberandosi in tal modo dalla fatica di fare i conti con la propria coscienza davanti al Vangelo, 'che non e'duro come dice la Chiesa, che ha inventato di sana pianta dottrina e pratiche religiose'.
E guarda caso, tutti coloro che sostengono questo cristianesimo 'libero dalle sovrapposizioni e invenzioni della Chiesa', sono accesi sostenitori di Bergoglio.
Lo ritengono l'unico vero papa della storia.
Sul nostro atto di fedeltà, un solo un richiamo su
http://www.corrispondenzaromana.it
su MIL ora c'è:
http://blog.messainlatino.it/2016/09/dichiarazione-di-fedelta.html
@Andrea Carradori.
Grazie, ho letto con grande interesse gli articoli di don Morselli e li ho riportati qui, se credo che i fedeli lettori di Mil passano anche da queste parti e dunque avranno preso conoscenza della Dichiarazione penso anche che maggiore è la visibilità data ad un`iniziativa totalmente cattolica in difesa della nostra fede e meglio è, nello stato di analfabetismo in materia di fede che facilita il lavoro dei vari "novatores"= distruttori, ripresentare, ricordare, o per moltissimi far conoscere, i fondamentali della nostra fede può solo fare del bene, anche se facendolo in questa strana chiesa si va contro-corrente e ci si fa insultare o ridicolizzare.
@ Mons. Della Casa e il Vangelo
"Voi avete udito che fu detto agli antichi: Non uccidere; e chiunque avra' ucciso sara' condannato in giudizio; ma io vi dico: chiunque va in collera col suo fratello, sara' condannato in giudizio; e chi avra' detto al suo fratello "raca" [stupido, cretino], sara' condannato nel Sinedrio. E chi gli avra' detto "pazzo" sara' condannato al fuoco della Gehenna" (Mt 5, 21-22).
"Se uno crede di essere religioso, senza tenere a freno la sua lingua, egli inganna se stesso e la sua religione e' vana" (Gc 2, 26).
Ci troviamo in questa situazione non tanto per mancanza di insulti all'avversario quanto per mancanza di idee chiare e di coraggio intellettuale. A. P.
"molti poi devono provvedere anzitutto alla propria famiglia secondo il dovere del loro stato."
Vorrei fare qualche osservazione a questo proposito. Credo che sia certamente necessario mettersi nei panni di tutti, e comprendere certe problematiche come quella citata. In assoluto non giudico le singole persone che non si sentiranno di firmare, perché rispetto la regola di non intrufolarmi in foro interno. Non mi attendo neanche lontanamente che firmino il 50%+1 dei cattolici e, come qualcuno ha scritto sopra, non è neanche il caso di farsi questo problema, perché non è un referendum, né una petizione, ma una manifestazione di fede. Tuttavia, visto che partiamo da una platea di 1,25 miliardi di battezzati, spero che ci siano almeno i "giusti" (meglio chiamarli "fedeli") sufficienti a salvare Sodoma dalla distruzione.
Tuttavia... nessuno gnu si farebbe mangiare da un leone se tutti reagissero compatti mostrando le corna, anziché procedere ognuno per la propria strada, anche legittimamente nel senso indicato prima. Quella che è una strategia rischiosa per i singoli che agiscono sparpagliati, è invece una strategia di difesa efficacissima per il gruppo; e in questo caso il gruppo non va inteso semplicemente come un ente astratto ed impersonale, ma come l'insieme di tutti i singoli. Gli gnu non lo fanno per evidenti limiti della loro natura; noi non abbiamo quei limiti e abbiamo anche l'insegnamento del Maestro. Il coraggio e la forza sono un problema, ma quelli vengono dallo Spirito Santo. Non manifestare la nostra fede può essere un impedimento alla ricezione della Grazia.
Inoltre, una cosa è l'idea di difendere un interesse legittimo, altro essere veramente efficaci nel farlo. A volte è un'illusione. Per esempio: Lot pensava di difendere la famiglia semplicemente rafforzando le mura e la porta di casa, senza più contrastare la deriva di Sodoma. Ma era proprio un'illusione e sappiamo come è andata a finire (Galantino a parte). Io questo atteggiamento lo vedo comunemente in giro: p.es. sul gender, certi pensano - giustamente - prima di tutto a una strategia di difesa diretta dei propri figli, ma per il resto dicono "sono fatti degli altri" e pubblicamente tacciono. Invece, il male, se si lascia andare senza briglia, è come una marea che monta senza ostacoli e alla fine viene a sfondare la porta di tutti; proprio tutti, viene a cercarci uno per uno, perché non si accontenta mai.
In tempi più recenti, Tommaso Moro certamente non cercò lo scontro frontale con Enrico. Quando gli chiesero una posizione politica incompatibile con la fede, coerentemente si dimise, senza però andare su una pubblica piazza a dire "Enrico è un adultero". Questo da un lato ci insegna che non sempre bisogna andare subito a scontrarsi con il nemico, senza un minimo di prudenza. Tuttavia Tommaso si illuse di poter essere lasciato in pace, rinunciando alla sfera pubblica. Il potere invece lo incalzò, e sappiamo come andò a finire anche in questo caso. Forse va fatto presente che alla fine Tommaso, prima di morire, dovette dirlo pubblicamente quel "Enrico è un adultero", ma lo fece da una posizione molto indebolita, quando ormai quasi tutto il prestigio di cui godeva inizialmente era stato demolito. E l'Inghilterra aveva preso decisamente la direzione dell'eresia. Poco dopo arrivarono le persecuzioni dirette, e violente, contro i cattolici in quanto tali, anche quelli che erano stati "prudentemente" silenziosi. Quindi, la strategia "prudente" di difendere gli interessi legittimi si rivelò alquanto inefficace, come quella degli gnu.
Quindi, chi non firma perché pensa ad interessi anche legittimi, come proteggere la famiglia... si faccia però anche questi pensierini.
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Fabrizio Giudici
L'unione fa la forza è un assioma, non dimostrato.
E' un dogma moderno che vuole essere legge ciò che la maggioranza delle persone chiede, vuole, fa. E però come la maggioranza può cambiare, così può cambiare la legge, in un continuo divenire, slegato da ogni sicuro approdo e nel quale il naufragio e l'annegare è l'unica certezza.
E' solo l'unione con il Signore che dà la forza e che fa sopportare le tribolazioni, grandi o piccole, tutte permesse dal Signore a sua Gloria e per la nostra salvezza, infatti “se Dio è con noi chi sarà contro di noi ?”. Dice S. Agostino (discorso 334): “… Cristo, esortando i suoi martiri a non aver timore di nulla da parte dei nemici persecutori, disse: I vostri capelli sono tutti contati Mi spaventerò dunque del danno delle membra se, quanto al numero dei capelli, sono stato rassicurato? Perciò, diciamo, diciamo con fede, diciamo nella speranza, diciamo nella carità più accesa: Se Dio è per noi, chi è contro di noi?”.
Vorremmo che il numero di aderenti alla dichiarazione fosse il più alto possibile ? Vorremmo che tutti i battezzati aderissero? Ci comportiamo come la chiesa vaticansecondista che enumera la cifra dei battezzati in aumento per significare la propria crescita e il proprio vigore in una prospettiva puramente e solamente umana ? Lo vorremmo perché ? Per sentirci confortati, per sentirci meno soli ? Per illuderci che un maggior di aderenti abbia un maggior peso su chi dovrebbe ascoltare ? Ma se il Signore è con noi, abbiamo già tutto e nulla ci manca. Già Lui ci ascolta, se siamo animati dalla Carità.
S. Tommaso Moro martire ebbe questa visione soprannaturale, per Grazia, che lo condusse là dove volle il Signore, e fu una posizione di forza la sua, di forza soprannaturale, non idebolita, infatti il nostro aiuto è nel Nome del Signore.
A margine segnalo due link interessanti, off topic (ma non troppo):
http://www.unavox.it/Documenti/Doc0972_Williamson_24.09.2016.html
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1664_Nitoglia_Deposizione_papa_eretico_secondo_Giovanni_da_San_Tommaso.html
Riscossa, forse è uscita.
Noi non siamo abbacinati dalla quantità, ma il mondo sì.
"Quindi, chi non firma perché pensa ad interessi anche legittimi, come proteggere la famiglia... si faccia però anche questi pensierini."
Fabrizio, concordo pienamente con Lei. Ma qui si tratta della proposta di AGGIUNGERE una possibilità di identificarsi a chi lo desidera. Se uno deve scegliere tra una modalità e l'altra di conseguenza si farà questi pensierini.
Ancora un grazie di cuore a tutti e, ho appena letto i post qua su, a Fabrizio Giudici e Marco P.
@ irina 11:57
"Riscossa, forse è uscita"
Uscita in che senso?
Ricordiamoci che non finisce tutto qui con la chiusura di questo thread.
Il nostro impegno a far firmare continua, il che equivale a evangelizzare sull'autentica dottrina di NSGC
@marius 16:33
Dalla chiesa 2.0, mia supposizione.
@ irina
Questa sarebbe la ragione per cui non pubblica la dichiarazione di fedeltà?
Adoperiamoci senza timore a liberarci da questa situazione così pestilenziale che ci vede, noi spiriti liberi, soggiacere ai moderni tiranni, pusillanimi ed ipocriti materialisti senza scrupoli, che stanno trascinando la moltitudine dei poveri di spirito nel vortice della lussuria per farne schiavi, mentre vivono su questa terra, e dannati nell'altra vita.
Viviamo tempi tumultuosi, circondati come siamo da tutte le parti dall'intrecciarsi dei pericoli di ogni sorta per la nostra civiltà cristiana. Allora, cosa fare? Diremo come Archiloco : " Qualcuno dei Sai si vanta del mio scudo, che presso un cespuglio - arma gloriosa - lasciai non volendo.Ma salvai la mia vita. Quello scudo, che importa? Vada in malora. Un altro ne acquisterò, non meno bello."
Giunto a questo punto, più volte ferito, ma ancora vivo e forte, tanto da continuare a lottare per la verità e la libertà con lo stesso impegno di sempre, che non poche volte mi toglie il respiro, io non scapperò e alla firma aggiungo questo giuramento: non morirò bergogliano! E perciò, scrivo questa riflessione.
Sempre più immerso nell'ipocrisia. Il personaggio che non nomino, per non peccare, soffre di emianopsia, anzi vede molto male e quel poco che è in grado di vedere lo interpreta a suo piacimento.
Un esempio. Egli ha più volte affermato che i cristiani sono chiamati ad amare i loro nemici, perchè ce lo dice il Vangelo : “43 Voi avete udito che fu detto: "Ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico". 44 Ma io vi dico: Amate i vostri nemici, benedite coloro che vi maledicono, fate del bene a coloro che vi odiano, e pregate per coloro che vi maltrattano e vi perseguitano, 45 affinché siate figli del Padre vostro, che è nei cieli, poiché egli fa sorgere il suo sole sopra i buoni e sopra i malvagi e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. 46 Perché, se amate coloro che vi amano, che premio ne avrete? Non fanno altrettanto anche i pubblicani? 47 E se salutate soltanto i vostri fratelli, che fate di straordinario? Non fanno altrettanto anche i pubblicani? 48 Voi dunque siate perfetti, come è perfetto il Padre vostro, che è nei cieli».” (Mat 5:43-48)
Il novello Protagora afferma che “il Vangelo è una novità. Una novità difficile da portare avanti. Ma è andare dietro a Gesù”, che ci dice espressamente che si deve fare questo perché altrimenti "siete come i pubblicani, come i pagani, e non siete cristiani". Il sofista ha elaborato questa geniale riflessione: “‘Padre, io … io non me la sento di fare così!’ – ‘Ma, se non te la senti, è un problema tuo, ma il cammino cristiano è questo!’. Questo è il cammino che Gesù ci insegna. ‘
Ma perchè questo signore che vede male, ma parla peggio, non applica la sua stringente pedagogia anche agli insegnamenti di Gesù sul matrimonio e l'adulterio? Forse che il comando di essere perfetti vale solo per quello che gli garba, a suo insindacabile giudizio, oggi una cosa e domani chissà?
Fedele al Vangelo, tutto intero, anch'io ribadisco "fermamente la verità che non si deve guardare il sesto comandamento e l’indissolubilità del matrimonio come meri ideali da raggiungere. Anzi, questi sono precetti di Cristo Nostro Signore che ci aiutano a superare le difficoltà con la sua grazia e per mezzo della costanza. È nella Croce salvifica di Gesù, nel dono dello Spirito Santo, nei Sacramenti che scaturiscono dal costato trafitto del Redentore (cf. Gv 19, 34), che il credente trova la grazia e la forza per osservare sempre la legge santa di Dio, anche in mezzo alle difficoltà più gravi. Sia chiaro al cristiano che "Anche nelle situazioni più difficili l’uomo deve osservare la norma morale per essere obbediente al santo comandamento di Dio e coerente con la propria dignità personale. Certamente l’armonia tra libertà e verità domanda, alcune volte, sacrifici non comuni e va conquistata ad alto prezzo: può comportare anche il martirio (Giovanni Paolo II, Enciclica Veritatis splendor, 6 agosto 1993, n. 102).
@ marius,
Non so quale sia la ragione, è una mia ipotesi. So che ci sono momenti in cui ti cascano le braccia, in cui ti dici:tutto è inutile,sempre.
In merito alla situazione presente ieri un commento, su un blog, riprendeva il versetto 4 del capitolo 18 dell'Apocalisse: "E udii un'altra voce dal cielo: 'Uscite, popolo mio, da essa, per non associarvi ai suoi peccati e non ricevere parte dei suoi flagelli...'". Si parla della caduta di Babilonia. Su le interpretazioni di quale sia Babilonia ogni tempo ha versato i suoi litri di inchiostro. Preghiamo fiduciosi. Può darsi che abbiano, semplicemente, lasciato la questione alla decisione dei singoli, Cristina Siccardi è tra i primi firmatari, come lo è Corrado Gnerre. Loro sono persone che collaborano quasi regolarmente con Riscossa cristiana. Forse è così. Anche l'Opus Dei lascia i suoi agire in libertà, occupandosi solo della formazione cattolica delle persone.Può darsi proprio che sia così. Oppure avendo, tra i collaboratori e i lettori, una diversità di vedute sul che fare, hanno preferito non prendere posizione pubblica. Forse.
Per quel che mi riguarda, se la causa è buona anche se di incerto risultato, partecipo, qui si tratta di fare muro, l'intenzione è ottima , la compagnia scelta e sono felice di fare la mia parte.
Io non ho firmato per due motivi:
1) Riguardo il dibattito scaturito dalla pubblicazione dell'Amoris Laetitia mi sono documentato con una certa continuità su tutto il dibattito: condivido le perplessità espresse da alcuni teologi riguardo alcuni passaggi. Però, proprio in questi giorni, è una fatica per me leggere accuratamente un documento così lungo che mi sembra riassumere il dibattito che ho già cercato di seguire sin nei particolari. Leggere davanti al monitor del mio pc, inoltre, aumenta le mie difficoltà, causandomi mal di testa nel corso della lettura. Dunque non firmo perché l'onestà mi vieta di firmare un documento senza averlo letto.
2) La verità non è questione di firme. Quello che conta è la correttezza e la chiarezza dei ragionamenti, non il numero dei firmatari. Anzi, se ci si appoggia sui numeri, si riaschia di perdere. Proprio per questo, per non sminuire l'autorevolezza delle dichiarazioni fatte nel documento, preferirei non firmare: le parole parlano da sole e sono capaci da sole di fare la loro strada.
Mah, caro anonimo delle 15:45. Un paio di aspirine non l'avrebbero aiutata nelle sue difficoltà di lettura e quindi nei suoi dubbi teologici?
@ irina
posso capire lo scoraggiamento, però ugualmente rimango perplesso del fatto che un blog della Tradizione non menzioni neppure di striscio ai suoi lettori del loro possibile coinvolgimento nel firmare una Dichiarazione di Fedeltà alla Dottrina di NSGC sul matrimonio.
Perlomeno avrebbe dovuto prendere posizione, spiegare ai lettori i motivi della sua reticenza.
Riscossa era stata molto attiva nella raccolta di firme per la Supplica Filiale. Capisco lo scorno per l'esito di quella, ma qui non si tratta rivolgersi nuovamente al Papa, quanto piuttosto di fare partecipare i medesimi ad un'affermazione collettiva, cioè di voler continuare ad aderire alla fede di sempre piuttosto che alle bergogliane innovazioni ammiccanti al mondo.
@ marius,
Vogliono forse riservare a se stessi in modo particolare la denuncia,l'esempio positivo, il magistero certo. Tuttavia non aspettiamoci reazioni simili anche da chi ha molto in comune con noi. Non è così e non sarà così. Non aspettiamoci nulla, facciamo il nostro dovere sempre meglio, senza squilibri. Dobbiamo essere sale. Oltre che muro.
Salve signor anonimo 15.45.. francamente trovo le sue perplessità sull'adesione all'iniziativa un po' improbabili.
Il documento è presentato al Papa come Supplica Filiale.. Qual è dunque la difficoltà? Se le preoccupazioni dei fedeli non hanno ragion d'essere, il Santo Padre avrà cura di spiegarcene le ragioni al fine di rassicurare gli animi smarriti.. se dovessero essere fondate, vien chiesto al Santo Padre di porvi rimedio. Il numero di firme serve a offrirgli una vaga idea sul numero dei perplessi..
Il silenzio assordante dei principali siti tradizionalisti italiani continua.
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