Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 14 giugno 2022

Mons. Carlo Maria Viganò risponde al Prof. Marcello Pera

Qui l'indice degli interventi precedenti e correlati.
Mons. Carlo Maria Viganò
risponde al Prof. Marcello Pera
Lo scorso 30 Maggio è apparso sul Il Foglio (ripreso da altri siti qui) un commento del prof. Marcello Pera, Cattolici che stanno dalla parte di Putin. Mi sia permesso rispondere all’amico filosofo, in modo da contribuire a quello che auspico possa essere un fruttuoso dibattito.
Confrontarsi con la mentalità liberale è spesso arduo e complesso, perché, a differenza di altre dottrine filosofiche manifestamente anticristiane, il liberalismo non si mostra – e talvolta non vuole nemmeno essere, nelle intenzioni di chi vi aderisce – avverso a Cristo e alla Chiesa. Chi aderisce al liberalismo, di solito lo presenta come vorrebbe che fosse, e non come esso è realmente. Questo mi ricorda l’atteggiamento di alcuni “liberi pensatori” del passato, che mandavano i figli a catechismo e nelle “scuole dei preti”, mentre si consideravano autorizzati a derogare a certi principi morali o dottrinali in nome ora della Patria, ora della Loggia, ora del proprio portafoglio. Sapevano bene, costoro, che una società si regge su cittadini onesti, moralmente sani e rispettosi dell’autorità; ma erano persuasi che la stessa società avesse bisogno di una classe dirigente composta da un’élite di persone “libere” da vincoli etici, capaci di orientare le masse sfruttandone l’onestà e l’obbedienza secondo i propri scopi.

All’inizio, ben inteso, quegli scopi dovevano esser nobili e alti: l’unità d’Italia, la guerra al tiranno (vero o presunto), la difesa dei sacri confini della Patria. Ma quegli ideali, cui seguirono l’antifascismo, la democrazia, l’atlantismo, l’europeismo e oggi il globalismo celano quasi sempre, in realtà, altri intenti: sete di potere, brama di denaro, smania di controllo. Per ottenere tali scopi, l’ideologia liberale ha finito per trasformare radicalmente la società e la cultura: inizialmente si tolleravano i corrotti e i traviati in nome della libertà di pensiero e di parola, fino a giungere, oggi, ad osteggiare gli onesti, le persone perbene, i buoni Cristiani. A furia di concedere presunte libertà – e in questo Klaus Schwab mi darebbe ragione – la massa ha finito con l’abusarne, dietro sollecitazione non disinteressata di chi lucra sui suoi vizi e sulle sue passioni più basse.

Oggi ci accorgiamo che, proprio in nome dell’utopia liberale la Morale non esiste più e che la società si è dissolta in una massa amorfa di clienti a cui far comprare qualcosa e servi sottopagati a cui farla produrre.

Questo fu certamente un abbaglio dei “liberi pensatori”: credere di poter riservare le idee liberali a un’élite – la propria, ovviamente – che si ritenga capace di gestirla parsimoniosamente, ben sapendo che una moltitudine di ignoranti, ribelli e viziosi senza morale e senza principi è ingovernabile. O piuttosto, che essa può essere governata proprio dall’ignoranza, dalla rivoluzione permanente, dall’assenza di riferimenti che non siano il proprio piacere o il proprio tornaconto. Ma anche qui, occorre almeno garantire al volgo panem et circenses, JustEat e Netflix, altrimenti esso potrebbe accorgersi del proprio stato di abbruttimento e ribellarsi. Gli esperti di psicologia sociale sanno bene come alternare bastone e carota, per ottenere obbedienza dalla massa.

A meno che – e qui arriviamo al Great Reset – non si superi la divisione (questa sì manichea) tra liberalismo e comunismo e non si ricorra alla coercizione, cosa che avviene appunto nei regimi totalitari o in quelli in cui governanti asserviti a poteri nemici abusano della propria autorità per costringere il popolo a determinati comportamenti. D’altra parte, uno dei frutti del liberalismo fu proprio la guerra fratricida, usata come strumento per abbattere il potere dei legittimi sovrani con l’appoggio di chi, da quei conflitti, poteva trarre enormi guadagni. A farne le spese, anzitutto in termini di vite, furono in massima parte giovani mandati a morire per alti ideali, in nome dei quali i liberali continuavano a lucrare e i socialisti a promettere l’abolizione della proprietà privata e del padronato. L’Ottocento e il Novecento grondano del sangue di milioni di esseri umani, immolati sull’altare degli interessi del capitale da un lato, e della lotta di classe dall’altro, entrambi alleati sia nella Prima sia nella Seconda Guerra Mondiale. In questo, liberalismo e comunismo si trovano accomunati dall’assoluta mancanza di rispetto per la vita umana, considerata in un’ottica utilitaristica e cinica. E non è un caso se, proprio in questo momento storico, gli interessi del capitale e della lotta di classe – ossia del liberalismo e del comunismo – si trovino convergere quasi naturalmente nell’ideologia globalista teorizzata dai tecnocrati dell’Agenda 2030, che considera le migrazioni derivanti da conflitti o l’impoverimento dei cittadini provocato da crisi studiate a tavolino, come utile strumento per il contenimento del costo della manodopera, non volendo essi assolutamente rinunciare al profitto e non potendo ridurre ulteriormente il costo della materia prima.

Il prof. Pera ricorderà meglio di me come alcuni intellettuali cattolici, all’inizio degli anni Sessanta, hanno messo a confronto il pensiero liberale di matrice americana e protestante con quello del materialismo ateo e comunista di matrice sovietica. Essi sostenevano che, pur con le criticità loro proprie, il liberalismo e il comunismo non potessero esser messi sullo stesso piano, perché il primo almeno concede una qualche libertà all’azione sociale e politica dei Cattolici pur ribadendo la separazione tra Stato e Chiesa, mentre il secondo non tollera alcun dissenso, che reprime con la violenza e la persecuzione, poiché considera la Chiesa un’avversaria, e la Religione una nemica che mette in pericolo la sua stessa sussistenza. A ben vedere, le persecuzioni dei Cattolici non furono appannaggio dei soli regimi comunisti, ma anche dei governi liberali – ad esempio in Francia, in Italia, in Messico, in Spagna – nei riguardi degli Stati cattolici, i cui cittadini erano poco inclini a vedersi privare della sovranità e della Religione in nome di una libertà indiscriminata che portò più danni che vantaggi a quanti vi aderirono. La narrativa del Risorgimento fu opera di propaganda liberale e massonica, della quale ancor oggi subiamo le nefaste conseguenze. Far credere che il liberalismo consista nella sua ipotetica versione edulcorata, quando abbiamo davanti la crudeltà e lo spietato cinismo di chi governa l’Unione Europea, di chi si riunisce a Davos o dei membri del Bilderberg – che poi sono sempre gli stessi – è una falsificazione improponibile della realtà. Come lo è elogiare la dittatura comunista cinese nelle misure pandemiche e ignorare le sistematiche violazioni dei diritti umani perpetrate da quel regime nel silenzio complice della comunità internazionale, della Santa Sede e del mainstream.

I fautori del dialogo con il mondo liberale e massonico continuano a idealizzare il liberalismo, fingendo di non vederne gli esiti disastrosi sulla pace, sulla prosperità e sulla moralità dei popoli in cui vige incontrastato il pensiero liberale. Essi ammettono che il liberalismo non riconosce alcuna verità assoluta, ma ribadiscono che esso darebbe voce – a sentir loro – alle opinioni diverse e anche critiche. È celebre la frase della scrittrice Evelyn Hall: «I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it» (Evelyn Beatrice Hall, The Friends of Voltaire, 1906). Ma a ben vedere imporre a tutti i cittadini di ignorare la Signoria di Dio nella società, confinandola nell’intimo della coscienza come un fatto privato, esprime di per sé una ben precisa scelta di campo ideologica, tutt’altro che neutrale. In sostanza, il liberalismo erige il proprio concetto di libertà a principio supremo, al posto di Dio, anche se a parole non pretende un’esplicita professione di fede. La chiede però implicitamente, nel momento stesso in cui relega a questione privata la Fede e la Morale, anteponendo l’obbedienza allo Stato all’obbedienza al Signore.

Il comunismo, almeno, ha l’onestà – per così dire – di porsi come una vera e propria religione, con i suoi ministri (il partito, anzitutto), i suoi dogmi, le sue scomuniche. Non è un caso se il socialismo sovietico ha colto nell’apparato vaticano, e in particolare nell’impostazione quasi militare della Compagnia di Gesù, un modello al quale ispirarsi, sostituendo la predicazione della Fede con la propaganda politica: i suoi teorizzatori furono allievi dei Gesuiti, così come lo sono stati, con esiti non dissimili, molti leader democratici americani e “cattolici adulti” italiani che oggi propagandano l’aborto, l’ideologia gender, la cancel culture. Ed è indicativo che tanto il liberalismo quanto il comunismo non riconoscano tutele alla famiglia naturale, prima minandone l’unità con il divorzio, e poi distruggendone l’essenza con l’approvazione delle sue deviate contraffazioni, sotto lo specioso pretesto del libero sviluppo dell’individuo. Argine contro l’ideologia comunista è la dottrina sociale: Rerum Novarum, Quadragesimo Anno, la giustizia commutativa che disciplina i rapporti di lavoro, la giustizia distributiva da attuarsi fra le diverse categorie economiche, la giustizia sociale per comporre un ordine ancorato al bene comune. Ma questo argine tocca gli interessi dei liberali, anzitutto economici, e come tale disturba le lobby finanziarie.

Il prof. Pera apprezza «quel tanto di liberalismo politico che è congenere al cristianesimo», posizione che si mostra però lacunosa non tanto per chi la proponeva in America negli anni Sessanta, avendo sotto gli occhi il fermento del Cattolicesimo americano di J.F. Kennedy (che di lì a breve sarebbe stato scalzato dal progressismo democratico); quanto per chi oggi, con sguardo critico e con onestà intellettuale, dovrebbe riconoscere che molte promesse di allora erano false e illusorie. Così come illusorie si sono dimostrate le promesse del Vaticano II, non appena la Gerarchia ha smesso di condannare il liberalismo e si è lasciata contagiare dalle sue istanze.

Comprendo sia difficile, per chi è stato formato alla scuola del pensiero liberale, guardare con disincanto alle chimere di questa filosofia che sconfina tanto nel campo della politica quanto in quello della Fede. Perché è molto più facile dichiararsi Cattolici a parole, ma nei fatti agire conformemente allo spirito del mondo. Ancor più difficile è ammettere che la condanna del Magistero contro gli errori del liberalismo e del comunismo mostrava in qualche modo la loro interdipendenza, dal momento che l’essenza del messaggio cristiano è frustrata e cancellata sia nell’abbassare la Verità rivelata – e con essa il Dio Uno e Trino che Si rivela – al livello dell’errore, sia nel negare che vi sia un Dio Creatore e Redentore al Quale l’uomo deve riconoscere adorazione e alle Leggi del Quale egli debba obbedienza, come premessa per la vita eterna. Il liberale non si preoccupa di Dio, finché non interferisce nelle questioni politiche e non pone vincoli morali al profitto: e qui vediamo come l’errore protestante abbia la sua prima applicazione in campo politico e sociale. Il comunista nega pervicacemente che vi sia un Dio, perché sa che la Sua esistenza interferirebbe nelle questioni politiche, sociali ed economiche e impedirebbe, coll’ammetterne l’esistenza, la costruzione artificiale della lotta di classe e la realizzazione di un paradiso in terra.

In un modo e nell’altro, la Signoria di Cristo è negata e respinta sdegnosamente: il liberale la rifiuta credendo di poter agire come se Dio non esistesse, il comunista affermando che Dio non esiste. E a ben vedere, si tratta di due modi molto astuti, di due maschere ideologiche, con cui il Nemico del genere umano seduce l’uomo, usando gli strumenti adatti alle circostanze storiche e alla realtà umana: l’ideologia marxista era pensata per l’operaio della Russia zarista o il contadino della risaia cinese, così come l’ideologia liberale era perfetta per i mercanti che si aggiudicavano i beni della Chiesa messi all’incanto e la borghesia imprenditoriale degli Stati Uniti. Quel che accomuna questi due errori – poiché tali sono, per il Cattolico fedele all’insegnamento immutabile della Chiesa – è l’assenza di una morale trascendente, sostituita da una morale relativa, opportuna agli interessi, oggi adottata anche in campo ecclesiastico dai fautori del cosiddetto approccio pastorale in antitesi al magistero.

I liberali di ieri e di oggi continuano a considerare il socialismo (e il comunismo) come un male relativo, del quale avvalersi di volta in volta, e di cui in questi anni recenti hanno deciso di adottare i sistemi di repressione e di controllo necessari all’imposizione di un sistema economico che avvantaggi i pochi a danno dei molti. L’elogio indecoroso di alcuni giornalisti e intellettuali alla dittatura cinese per la gestione pandemica è in questo rivelatore, così com’è rivelatrice la simpatia dell’élite del WEF nei riguardi del collettivismo e del primato dello Stato sul singolo, della presunta salute collettiva sui diritti inviolabili della persona. Il regime totalitario di Pechino ha significativamente fatto propria l’ideologia del libero mercato, guidandola con metodi comunisti.

Anche nella crisi russo-ucraina si vorrebbe far credere, apoditticamente, che il denunciare le manovre del deep state americano derivanti dall’allargamento della NATO a est significhi essere antiamericani e filoputiniani, laddove è evidente che gli Stati Uniti sono ostaggio di una lobby criminale asservita all’alta finanza usuraia e alle speculazioni di gruppi di potere. Sono ostaggio della stessa lobby gli Stati membri dell’Unione Europea, i cui leader perseguono scopi eversivi distruggendo il tessuto sociale e l’economia delle Nazioni col solo scopo di realizzare quel Great Reset che ha tra i propri obiettivi la transizione forzata alle fonti rinnovabili: non perché vi sia una concreta minaccia ecologica per il pianeta, ma perché questo pretesto consente profitti enormi, anche se compromette equilibri geopolitici delicatissimi. Sono infine ostaggio della lobby globalista gli Ucraini, indottrinati all’odio verso le minoranze etniche di cui quella russofona è solo la più rappresentativa, e portati a legittimare forme di estremismo neonazista – ossia nazional-socialista – in chiave antirussa. Il connubio ideologico è evidente. Viene così riproposto il quadro politico esistente in Italia e in Germania a cavallo delle due Guerre Mondiali, quale strumento per destabilizzare l’economia, manomettere il potere con manovre di regime change, distruggere prima il ceto medio e poi la classe operaia a vantaggio di grandi interessi finanziari sovranazionali. E mentre i leader europei obbediscono agli ordini del deep state americano, le Nazioni occidentali sprofondano in una crisi economica epocale.

I Cattolici “tradizionalisti” non sono filoputiniani, né antiamericani; essi sono piuttosto nemici giurati del liberalismo massonico, poiché vedono in esso la causa principale delle guerre e delle rivoluzioni di questi ultimi due secoli. Tant’è vero che anche negli Stati Uniti – dove essere patriot e buon Cristiano è tutt’uno – qualcuno inizia a comprendere l’inganno dei teocon di ispirazione sionista che tanto potere hanno avuto negli ultimi decenni. Non stupisce quindi che alcuni intellettuali asserviti a questi gruppi di potere si mostrino preoccupati nel veder messa in discussione una narrazione ormai insostenibile alla luce dei fatti più recenti, e che ricorrano all’accusa di collaborazionismo con semplificazioni a dir poco imbarazzanti. La prospettiva di veder scoperto il gioco e di essere estromessi dal governo e da incarichi strategici li spinge a mostrarsi per quel che sono, quinte colonne dell’élite. Le persone di buon senso hanno ormai compreso che l’ideologia liberale e quella comunista, proprio in quanto forme speculari del medesimo errore declinato su fronti apparentemente opposti, siano essenzialmente anticristiane e antiumane. Perché dietro al filantropo miliardario e all’attivista dei diritti umani si nascondono gli stessi, inconfessabili interessi di una minoranza di cospiratori ai danni dell’intera umanità. «Richiamare i liberali al rispetto della radice cristiana della loro dottrina», come chiede il Senatore Pera, significa in definitiva chiedere loro di essere protestanti fino in fondo, e questo va contro la Fede perché ratifica un’eresia e contro la Carità perché abbandona delle anime all’errore e alle conseguenze che esso comporta per la loro salvezza eterna. E per quanto possa esser scomodo da affermare, «sostenere che il liberalismo è dottrina falsa e perniciosa» in quanto nega l’ordinamento naturale dell’uomo a Dio, scuote l’origine divina dell’autorità e il conseguente obbligo di sottostarle da parte del popolo sovrano non è una posizione opinabile di qualche nostalgico, ma Magistero infallibile della Chiesa, ossia quella dottrina che Marcello Pera riconosce non debba essere «messa ai voti».

Mi stupisce quindi che una mente raffinata come quella del prof. Pera, pur elogiando l’impegno dei Cattolici tradizionalisti «contro l’apostasia del Cristianesimo che porta al suicidio dell’Occidente», inviti a non indulgere «alle cospirazioni planetarie dei Grandi Disegni, del Nuovo Reset, del Leviatano Globalista», come se tutto ciò che avviene fosse frutto del caso e della coincidenza di interessi in realtà disorganizzati e incoerenti, mentre sono proprio i fautori di questo Reset a evocare orgogliosamente un’agenda a cui finora si sono attenuti col massimo scrupolo, con la collaborazione dei loro emissari nelle istituzioni nazionali e internazionali. Ma mi stupisce ancor di più che egli finisca per contraddirsi additando il complotto russo per la conquista dell’Occidente, dissimulato dagli ideali nazionalisti di Putin o dalla difesa di principi religiosi di Kirill. Se essi «sono nemici che ci vogliono abbattere e che noi dobbiamo abbattere», questo è semmai vero per l’élite liberale e massonica di un Occidente apostata, ma non per il Cattolico, a qualsiasi Paese egli appartenga.

Trovarsi dalla stessa parte della barricata non fa dei Russi i nostri alleati, se non nel combattere hic et nunc il medesimo nemico, cosa che significativamente chiedono sul fronte opposto gli stessi difensori dei “valori occidentali”, per far fronte comune contro Mosca. Da qui l’alleanza tra PD e centrodestra che avvalora questa tesi.

Concordo quindi con quanto dice il prof. Pera: «Che il cattolico conservatore e Putin combattano contro il degrado dell’Occidente non implica che entrambi abbiano la stessa intenzione», anche se la minaccia di un’invasione russa dell’Occidente liberale è tutta da dimostrare. In realtà, anche la difesa dell’Occidente degradato condotta dai liberali e dai cattolici intrisi di liberalismo «non implica che entrambi abbiano la stessa intenzione», dal momento che quelli vogliono tenere Cristo Re fuori dalla vita sociale e politica, mentre questi sperano di esser tollerati nelle loro convinzioni, a patto di riconoscere pari diritti a chi quelle convinzioni avversa e combatte ferocemente. Insomma, se sono i liberali a vincere, si deve fare come vogliono loro; se prevalgono i Cattolici, questi devono comunque adottare il liberalismo in campo morale e dottrinale per essere accettati, andando contro i propri principi. Strano modo di concepire la democrazia, non c’è che dire.


Il vero Cattolico deve avere la consapevolezza che la vera pace si può ottenere solo dove regna Cristo, e dove l’autorità temporale e quella spirituale sono entrambe soggette a Cristo, perché così vuole Dio e comanda la natura delle cose. Rifiutarsi di riconoscere la Signoria di Cristo è contrario alla verità e alla giustizia, oltre che essenzialmente ispirato da Satana. Ecco perché il liberalismo è intrinsecamente un errore teologico, ancor prima che politico, e bene hanno fatto i Pontefici a denunciare queste deviazioni, mentre oggi «stanno in fondo al gregge non per osservarne ed evitarne gli sbandamenti, ma per seguirlo ovunque esso vada».

Affermare che la pace di Cristo possa ottenersi dove Egli è bandito dalla società è un inganno al quale si è voluto credere sin troppo a lungo. Agli intellettuali cattolici, e soprattutto a quanti di essi si considerano “conservatori”, spetta oggi il compito di riconoscere questa frode e ridare il primato alla verità, e non al calcolo politico o al compromesso morale. Preghiamo lo Spirito Santo, consolator optimus, in questa Ottava di Pentecoste, di illuminare l’intelletto e infiammare il cuore dei fedeli con i Suoi Doni, perché le Virtù cardinali e teologali siano il primo presidio del Buon Governo e la premessa per una vera rinascita spirituale dell’Occidente.
Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
8 Giugno 2022
Nell’Ottava di Pentecoste

27 commenti:

Ogni tanto la verità la dice ha detto...

Papa Francesco: "Sono contrario a distinguere fra buoni e cattivi, la Nato sapeva di provocare Putin"
di  Huffpost

Conversazione con Antonio Spadaro di Civiltà Cattolica: "Il mondo è in guerra. Per me oggi la terza guerra mondiale è stata dichiarata"

mic ha detto...

Un altro Putiniano da aggiungere alla lista del Corriere!

Anonimo ha detto...

SE ISRAELE FA LE COSE DI PUTIN E NESSUNO SI SCANDALIZZA

“Nella giornata di ieri, attacchi missilistici israeliani hanno distrutto piste ed edifici dell'aeroporto di Damasco, rendendolo inservibile. Israele vuole così evitare che l'aeroporto venga usato per la consegna di equipaggiamento iraniano.
Naturalmente, l'attacco israeliano - uno tra i tantissimi di questi anni - è completamente illegale, così come lo sono le operazioni turche contro i curdi in territorio siriano.
Ma perché l'Occidente non si scandalizza? Uno Stato sovrano non ha forse il diritto di scegliere le proprie alleanze internazionali, ci dicevano? Perché non imponiamo sanzioni ad Israele, che da decenni occupa manu militari le alture del Golan in violazione di risoluzioni ONU? Perché non escludiamo i suoi atleti dalle competizioni internazionali? Perché Mattarella continua a invitare il suo ambasciatore alle cerimonie pubbliche?

Il cosiddetto "ordine internazionale basato sulle regole" di cui parla l'amministrazione Usa è in realtà un disordine internazionale dove l'Occidente e i suoi alleati possono fare e disfare a proprio piacimento, devastare Paesi, occupare territori, depredare Stati e uccidere milioni di esseri umani, gli altri invece devono stare zitti e buoni, ubbidendo. Per dirla con le parole efficaci del presidente indiano "un ordine in cui i problemi dell'Occidente sono i problemi di tutti gli altri, e i problemi di tutti gli altri non sono i problemi dell'Occidente". Un ordine internazionale basato sulla prepotenza e l'ipocrisia, che non può essere fondamento di una pace duratura nel mondo. Prima capiremo che il mondo del futuro è necessariamente multipolare e prima l'Italia si tirerà fuori dalla logica di adesione acritica a uno dei poli, meglio sarà per noi tutti”.

Cit. Vincenzo Derobertis

Anonimo ha detto...

È facile, fin troppo facile, ridere delle demenziali direttive governative sulle mascherine imposte, "fortemente raccomandate", a discrezione di questo o quello, a scuola, ai seggi elettorali, sugli aerei dal confine in poi, sì, no, forse, e amenità varie. È fin troppo facile ridere davanti ai penosi balbettii, alle giustificazioni, alle scuse biascicati sul tema da "autorità" di governo come Bianchi o Sileri.
Ma c'è poco da ridere. La verità è che attraverso questa forma di delirio burocratico kafkiano alla Stanlio e Ollio il governo sta comunque trascinando avanti, bene o male, la percezione imposta di un'emergenza endemica, normalizzata; sta tenendo accesa la fiammella che a fine estate, alle prime enfatizzazioni allarmistiche di virus stagionali, fungerà da base per accendere di nuovo il fuoco di provvedimenti costrittivi, repressivi, discriminatori, autoritari di ogni tipo. La verità è che a ridere è questa congrega di meschini scappati di casa, ma comunque abbastanza furba da aver scoperto l'elisir di lungo potere e da non avere alcuna intenzione di rinunciare a esso. E soprattutto la verità è che a tanti cittadini con l'animo da servi il delirio burocratico kafkiano alla Stanlio e Ollio piace. Che li rassicura avere un'autorità che giorno per giorno spieghi loro cosa devono fare o non fare.
Eugenio Capozzi

Anonimo ha detto...

È certissimo che al primo sternuto i mondialisti ricominceranno con le loro farse, non vedono l'ora! Del resto, la gente è entusiasta dei loro provvedimenti e li adora, primieramente in quanto sono ricchissimi e onnipotenti. Non lasciamoci illudere per via di qualche raro contestatore, di qualche parolaccia, di qualche pernacchia!

Anonimo ha detto...


Mons. Viganò sembra confondere il liberalismo di ieri, ottocentesco, sino a Benedetto Croce, diciamo - con quello di oggi, degli Schwab e consorti, che non ci ha nulla a che vedere.
Il termine "liberalismo" ha assunto diversi significati. Bisognerebbe chiarire. Si potrebbe dire che, rispetto al liberalismo classico, quello attuale, di tipo "radical" nella terminologia politica americana, ne rappresenti la decadenza.
Mettere poi sullo stesso piano liberalismo e comunismo, è un discorso che porta a confondere le acque.
Che il modello bolscevico dell'organizzazione si sia ispirato ai gesuiti, è più una battuta che un fatto autentico. Il modello bolscevico-sovietico nasce da una tradizione tipicamente russa, dal modo russo, estremamente radicale e violento, messianico e terrorista, di intendere la rivoluzione - modo inglobato da Lenin nella sua elaborazione del marxismo.
Noterella a margine: l'accenno di mons. Viganò al Risorgimento, dispiace dirlo, è da propagandista neoborbonico.
Politicus

L'ESSERE E LO STATO ha detto...

La complessiva disarticolazione fino allo sfumarsi complessivo dei rapporti fra il 'cittadino' e quello che chiamiamo 'Stato' (con un'assai significativa maiuscola) procede inarrestabile, con lo svuotarsi inevitabile da ogni significato dei due termini.

Anche quella 'relazione fondante' (o rigenerante, oserei dire 'redentiva') che è l'esercizio periodico dell'elettorato va perdendo di autorevolezza e di capacità d'incidenza, per i pesanti condizionamenti nei processi di formazione del consenso e non solo: per l'ergersi altrimenti, con altri mezzi, di un potere sempre più autoreferenziale o che, almeno, deriva al propria 'giustificazione' politica da altre fonti (l'autorevolezza tecnica, il prestigio economico, la fama internazionale, persino... la popolarità mediatica).

Tutti processi che strappano il consenso dal suo naturale habitat: il territorio. Il consenso, il cum-sentire, in effetti dovrebbe presupporre la reale condivisione dei problemi, la vicinanza agli stessi. Mentre qui è tutto un proiettare al di fuori della prossimità, il temi del dibattito, le esigenze, le agende del potere (l'Europa e ... il Pianeta).

Prima che si arrivi ad Alpha Centauri (ma, con l'imminente arrivo nel dibattito pure degli UFO, direi che potremmo anche esserci prima del previsto...), bisognerebbe fermarsi a pensare. A capire se davvero non stiamo sbagliando tutto....

Ma qual'è il presupposto di questa progressiva forma di allontanamento della realtà, a partire da quella più tangibile, cioè quella che troviamo fuori dall'uscio di casa?

Il presupposto è... lo Stato, quest'ancora perenne, questa 'certezza assoluta', questo 'dato per scontato' dal quale ogni ragionamento, ogni prospettiva partono intrepidamente per inseguire sogni, palingenesi, utopie a ripetizione.

Un presupposto così saldo, incancellabile, da farci pensare che -alla fin fine- da secoli tutto si possa risolvere con le... riforme dello stesso Stato.

Colpisce -insomma- che su un piano filosofico lo Stato abbia preso il posto dell'Essere: che l'unica ontologia dell'uomo medio sia quella per cui è data, ineliminabile, solo la statualità.

La modernità pensa, insomma, di aver risolto il problema dell'Essere, coniugandolo al passato e associando ad esso la potenza, il potere al suo massimo possibile. Pensa di darlo per scontato- 'già stato'-, pretendendo che i veri problemi stiano nel modo in cui esso si manifesta, nelle sue epifanie.

Ma così, sostituendo lo Stato all'Essere, i confini del primo sono diventati indefiniti, infiniti: lo Stato deve poter entrare dovunque, anche dentro le case, non avere limiti di sorta, se serve.

Così la politica, cioè ciò che deve poter partire dalla polis, da ciò che esterno ma prossimo alla propria casa, muore soffocata...

Assieme alla partecipazione.
Sebastiano Mallia

Il Sillabo non è carta igienica ha detto...

Risorgimento = Massoneria
Quando ritorno a Carpi (Modena), trascrivo le lapidi "risorgimentali" apposte sulle mura del castello dei Pio da Carpi, e le invio a Chiesa e post concilio, per sua delizia.
Il liberalismo è peggiore del comunismo.

Anonimo ha detto...

Le condanne magisteriali del liberalismo ottocentesco sono coeve (Mirari vos, Quanta cura, Syllabo), e che il Risorgimento sia l'attuazione della Rivoluzione in Italia è un fatto banale.

Anonimo ha detto...

Bene ha fatto Politicus a sottolineare alcune migliorie che Mons. Viganò potrebbe apportare ad alcuni ambiti da lui illustrati in questa lettera aperta, tuttavia ricordo che una lettera non è né una relazione, né un saggio, né un manuale di storia contemporanea con appendice sulla contemporaneità. Tanti temi Mons. Viganò li ha già trattati approfondendo di volta in volta questo o quel particolare. La preparazione e l'applicazione che Mons. Viganò ha operato, nel suo lavoro degli studi fatti, sono specchio, non tanto e non solo di sue personali affinità elettive con questa o quella visione mondana, ma di una realtà della Chiesa che ha sempre visto nel Monarca, non un compagno di merende, ma il suo cooperatore per eccellenza nell'attuare il bene comune del popolo. Per quello che riguarda i gesuiti, se non ricordo male e non potendo ora verificare, i gesuiti quando si trovarono in contrasto con la Santa Sede, sotto Caterina II di Russia poterono continuare lì la loro opera educativa. ( Questo particolare va meglio contestualizzato con motivi e date).

Anonimo ha detto...

Sono passati appena due giorni e abbiamo assistito all'attacco, nell'ordine, di Enrico Letta...di Provenzano...di Quartapelle...di una sedicente professoressa di non so cosa che vive in Polonia assoldata dalla plastificata Gruber, tale Rosy Bregotti che si dice impaurita dalla pericolosa Meloni....e ieri sera da una sedicente filosofa, tale Ginevra Bompiani assoldata da Floris che dà della buffona e "donna nera" alla Meloni e di cui ha molta paura anche lei ...
Bene...se questo è il clima, fino alle elezioni di marzo 2023 ci sarà da divertirsi o da soffrire, a seconda di come la si vuole prendere....
Questi qui stanno già impazzendo....
Salvatore Napolitano

Anonimo ha detto...


Risposte.

# Il liberalismo peggiore del comunismo? Devo ripetermi: di quale "liberalismo" si sta parlando? Lo Stato di diritto, la Costituzione scritta, le libertà fondamentali, cose tutte alle quali sembrano tener molto quelli che intervengono su questo blog, sono o no il prodotto dell'ideologia liberale? I suoi presupposti si trovano in pensatori come Montesquieu (massone) e anche, per certi aspetti, come Burke (massone).
Allora dobbiamo approvare il liberalismo? No, semplicemente prender nota della complessità dei fenomeni storici, che spesso mescolano il buono e il cattivo.
L'esigenza della libertà individuale accettata anche dai cattolici nel campo politico costituzionale solamente ma non per ciò che riguarda la religione, ridotta erroneamente dai liberali a fatto della coscienza
individuale. Si deve accettare una parte e respingerne un'altra? Contraddizione.
Se no, si abbia il coraggio di dire che bisogna rifiutare anche la parte che va bene, quella dei diritti politici, dello Stato di diritto etc.

# Risorgimento = Massoneria. È la spiegazione data da Pio IX, quando gli portarono via un po' alla volta i suoi decrepiti Stati. All'inizio del suo pontificato diede anche lui una costituzione (di tipo conservatore) perché aveva capito che bisognava cambiare, per gradi possibilmente: ma il trauma degli eventi rivoluzionari del 1849 fu troppo grande. Rimesso sul trono dai francesi si chiuse in una posizione assolutamente reazionaria e revocò la costituzione, da allora trovando nel "complotto massonico" l'unica spiegazione a quanto stava avvenendo.
Spiegazione che coglie solo una parte del fenomeno risorgimentale, e non vuol rendersi conto la massoneria fu solo una delle forze in campo, usata dalle varie parti per i propri fini, a cominciare da CAvour, che non fu mai massone.
Dando la colpa alla "Rivoluzione" del crollo degli Stati pontifici e borbonici si evita la fatica di analizzare le cause interne (secolari) di quel crollo.
Politicus

Anonimo ha detto...

Bravo politicus. Il liberalismo ottocentesco fu condannato dalla Chiesa forse perché la perdita del potere temporale era come un fastidiosissimo sassolino nella serica pantofola papale. In realtà c'era e ancora c'è un liberalismo cattolico che i buobi cristiani non divrebbero disorezzare. Meglio cattolico e liberale alla Marcello Pera che cattocomunista come ...sappiamo chi.

Anonimo ha detto...

LO SBAGLIO STRATEGICO EUROPEO
Lo stato delle cose nella guerra in Ucraina conferma che avevamo ragione noi, pochissimi, che reclamavamo la resa immediata dell'Ucraina secondo le condizioni iniziali poste da Putin.
Dare con un Trattato di Pace soddisfazione alla Russia sui due oblast di Lugansk e Donetsk, riconoscere la Crimea come territorio russo, la rinuncia dell'Ucraina a entrare in UE e NATO, in cambio di un riconoscimento dello status quo complessivo dell'Europa avrebbe risparmiato le sanzioni, un numero altissimo di morti militari e soprattutto civili, la crisi energetica e alimentare che si sta profilando.
Così invece la Russia conquisterà tutto quello che voleva con la forza, non sarà obbligata a dare contropartite, vincerà la guerra a causa della stoltezza di Biden (leggi: leadership DEM) e dei servi USA della UE, e le conseguenze negative saranno a lungo perduranti per noi europei.
Forse all'élite mondialista non va del tutto male, perché se la Russia per ora vince contro le loro previsioni, essi riescono comunque a staccarla dall'UE e a impoverire quest'ultima, come secondo i piani del Great Reset.
Ma i tanti "strateghi de noantri" che sui social hanno fatto e continuano a far pietà per la loro completa mancanza di formazione e di visione, cosa diranno adesso? Muti devono stare, perché non riescono a capire che i nostri interessi in questa vicenda sono ben diversi da quelli degli USA che la TV promuove incessantemente.
Cit. Davide Lovat

Brieuc ha detto...

Se stiamo ancora a discutere su cosa salvare del liberalismo siamo davvero malmessi.

Anonimo ha detto...

"...tale Ginevra Bompiani..."

Stupisco. Il nome ed il cognome mi sembra che siano quelli della moglie di Giorgio Agamben. Controllate per favore....il mio pc sta spirando.

Unam Sanctam ha detto...

Ex moglie

Anonimo ha detto...

Confermo. Moglie di Agamben. Partito: Sinistra italiana.

Anonimo ha detto...


FT ma non troppo, visto che si sta parlando di liberalismo: l'ingiusto processo ai tre "mercenari" catturati dai russi.

Tra le cose che anche i cattolici accettano senza saperlo dell'ideologia liberale c'è l'idea dello Stato di diritto e del governo della legge, sulla quale si deve sempre giustificare l'azione di governo e della magistratura. Questo il principio, che si attua poi nel concetto del "giusto processo", nel quale tutti dovrebbero essere uguali di fronte alla legge (senza p.e. i privilegi garantiti ai nobili nell'antico regime). Il FT è allora il seguente: la portavoce del governo russo che compare regolarmente sugli schermi ha detto che la condanna a morte dei tre soldati stranieri (volontari) presi prigionieri nel Donbass inflitta da giudici della c.d. Repubblica popolare di Luhansk o come si chiama (un'entità politica satellite di Mosca), è giusta e servirà di lezione agli altri "mercenari" che combattono da quelle parti.
Al contrario, si tratta di un atto di barbarie, per chi possieda un minimo di senso giuridico e della giustizia. I tre prigionieri non vengono accusati di alcun crimine, vengono condannati a morte solo per esser tali. Per incutere terrore nel rimanente, i russi lo dicono pure. Siamo tornati ai sistemi di Lenin, maestro di Stalin: impiccare i contadini ricchi o considerati tali, in Ucraina, per terrorizzare tutti gli altri, che si opponevano alla collettivizzazione forzata delle loro terre.
Un combattente che combatta come soldato regolare in un esercito regolare, secondo le leggi di guerra, ha diritto di esser trattato come prigioniero di guerra, una volta catturato dal nemico.
Politicus

Anonimo ha detto...

Viganò segue stilemi da gatekeeper vecchi di 20 anni in Italia, di 40 negli Usa.

Giuseppe Cosco stará ridendo nella tomba...

Anonimo ha detto...

"...Siamo tornati ai sistemi di Lenin, maestro di Stalin: impiccare i contadini ricchi o considerati tali, in Ucraina, per terrorizzare tutti gli altri, che si opponevano alla collettivizzazione forzata delle loro terre..."

Non facciamo di tutta l'erba un fascio. In questo contesto la presenza di 'volontari stranieri' aumenta la possibilità di morte per i soldati russi, che le legittime autorità russe hanno il sacrosanto dovere di tutelare e di non esporre a rischi superiori a quelli a cui sono già esposti in ogni istante della loro giornata di soldati in guerra.

Ho visto su youtube questo 'volontario', la mia impressione è che lui stesso sia caduto in una trappola molto più grande di lui, umanamente si strazia il cuore e...penso anche a Regeni e a tanti altri giovani che si affacciano fiduciosi su una vita avventurosa e spietata, senza saperlo, pensando ad un lieto fine, gli adulti hanno grandi grandissime colpe verso i giovani.

Anonimo ha detto...


"la presenza di volontari stranieri aumenta la possibilità di morte per i soldati russi.."

E allora? Che argomento è? Anche tra i c.d. "separatisti" del Donbass ci sono volontari stranieri. Tra di essi c'era anche un comunista veneto, caduto in combattimento. Dovrebbero gli ucraini fucilarli, se presi prigionieri, per il solo fatto di essere volontari, perché la loro presenza "aumenta la possibilità di morte" dei soldati ucraini?

Sissignore: la Repubblica popolare del Donetz, con tanto di bandiera rossa e falce e martello, creatura di Mosca, ha fatto un processo in stile staliniano, per terrorizzare il nemico (nazionale e di classe, ma non si può più dire). Cioè, la dirigenza russa ha pensato di dover far fare un processo del genere. Certo, il bolscevico che è in loro, nei dirigenti russi, ci mette del tempo a sparire, no?

Nella Russia attuale permane la contraddizione tra il ritorno ai valori russi tradizionali (religione nazionale, moralità tradizionale) e la conservazione del recente passato comunista, che vi contraddice, passato che non si può abolire, e del quale si vorrebbero mantenere gli aspetti migliori. Ma la sintesi tra i due non è facile, a quanto pare.
In quanto a civiltà giuridica, anche nella Russia zarista, che cosa abbiamo? Anche il russo che è nel russo attuale nel momento della verità tira fuori gli artigli dell'Orso che è in lui, della belva che è in tutti noi e questa tende alla fine a prevalere?
Politicus

Anonimo ha detto...


Tra l'altro i russi tempo fa hanno detto di aver preso prigionieri alcuni volontari italiani, arruolatisi con gli ucraini.
Che fine hanno fatto? Non se ne è più parlato.

Brieuc ha detto...

Invece nei liberalissimi USA non ci sono mai stati processi farsa conclusi con una condanna capitale, tipo Sacco e Vanzetti? Che non è certo stato l'unico caso in cent'anni. E in condizioni di pace, non di guerra.

Questo per sintesi, perché la logica generale del commento delle 22:35 mi sembra molto scarsa.

Anonimo ha detto...


Non so se la mia "logica generale" è scarsa, di sicuro lo è la sua, nel caso particolare.

Il processo Sacco e Vanzetti rientra nei casi di malagiustizia, se i due erano innocenti. Sembra che la perizia balistica abbia dimostrato che fu la pistola di Sacco a sparare, mentre nessuna prova fu trovata contro Vanzetti. In ogni caso la memoria dei due è stata riabilitata o meglio c'è stata una tardiva ammissione di colpa per le storture e i pregiudizi che avevano deformato il processo.

Un conto è un processo condotto male e in mala fede, applicando male una legge giusta; altro conto invece una concezione terroristica della giustizia, del tutto politicizzata, applicata sistematicamente in Russia durante il regime comunista e oggi riapparsa con l'inaccettabile condanna a morte dei volontari stranieri combattenti in un esercito regolare, non perché avessero commesso crimini di guerra, ma per il solo fatto di essere degli stranieri arruolatisi contro la "la Repubblica popolare del Donetz".
Tempo fa i russi dissero di aver preso prigionieri alcuni volontari italiani inquadrati nell'esercito ucraino. Non se ne è più parlato. Che fine hanno fatto?
Politicus

Brieuc ha detto...

Sempre peggio, Politicus. Tu stai spacciando una tua visione parzialissima della realtà per fatti. Come tutti sanno, Sacco e Vanzetti non è stato l'unico problema della giustizia americana (incluso condannati a morte innocenti), ce ne sono migliaia: ciò dimostra che non si tratta di casi di "malagiustizia" isolati, ma di problemi strutturali. Si potrebbero citare anche leggi come "tre e sei fuori", per cui la reiterazione per tre volte di un reato qualsiasi (anche un furto) provoca l'ergastolo. Pur essendo io uno "law & order" e comprendendo certi contesti, questa è semplicemente una barbarie. Eppure è una legge regolarmente approvata in un sistema di cultura liberare. Si potrebbe poi anche far presente che questa legge è una reazione per certi versi comprensibile di storture di senso totalmente opposto causate dallo stesso sistema liberale (vedasi cosa sta succedendo a San Francisco da qualche anno grazie ad un procuratore folle, appena cacciato - che però prima di essere cacciato ha fatto danni enormi).

Infine, ma questo è poco rilevante, si sta comparando un caso in Donbass dove c'è una guerra in corso, come se tutto il mondo si riducesse necessariamnte a tal contesto senza cultura liberale. Altro che cherry picking.

PS Senza contare che la guerra in Ucraina ha come causa principale i governi USA e UK, entrambi liberali. Questo senza sostenere che Putin sia un santo o abbia tutte le ragioni.

Anonimo ha detto...


Cerchiamo di ragionare, Brieuc

Si sta parlando di una sentenza di morte, per me barbarica, in un sistema "giuridico", che sarebbe quello della c.d. Repubblica popolare del Donetz o Donbass. Tu cerchi di giustificarla prima con lo stato di guerra in corso poi con quello che succede o è successo in altri sistemi giuridici, come quello americano. Ma le storture e le ingiustizie permesse o tollerate da un altro ordinamento giuridico cosa c'entrano con la sentenza inaccettabile del "tribunale" di tipo sovietico messo in piedi dai russi in quella zona? A ognuno il suo, no?
Non mescoliamo le carte in tavola. Condannare a morte un soldato preso prigioniero per il solo motivo che è uno straniero arruolatosi in quell'esercito,chiunque lo faccia, ciò significa instaurare ipocritamente la prassi criminale dell'uccisione dei prigionieri di guerra. O comunque di spargere il terrore tra le file nemiche con la minaccia dell'instaurazione di questa prassi. Ingiustizie di questo genere non le hanno fatte solo i russi. Ma al presente, sono loro che ci ripropongono comportamenti infami (come questo) degni delle migliori tradizioni bolscevico-sovietiche.
Circa Sacco, ricordo come nel 1961, fu fatta una nuova perizia sulla pistola (di Sacco) usata nella rapina, la quale dimostrò che era stata quella pistola a sparare. Ci fu un ampio e polemico dibattito sulla stampa dell'epoca. Dobbiamo dire che questa perizia era fasulla? I criteri furono ampiamente spiegati, bisognerebbe dimostrare scientificamente che era sbagliata.
Politicus