Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

domenica 17 novembre 2024

San Tommaso di fronte alla 'dottrina del mistero'

Precisazioni in relazione alla riflessione che segue, tratta da Le Sel de la terre (n.45/2003) circa l’accezione del termine “mistero” secondo la cosiddetta teologia del mistero, sviluppata dal vaticano II. È la conclusione di una sapiente analisi delle variazioni introdotte dalla Ecclesia de Eucharistia di Giovanni Paolo II(1). Precedente nel blog qui.
Determinante per i 'teologi del mistero' rimane la identificazione dei singoli misteri e il riferimento ai rispettivi “fatti” che li contengono. Qui il discorso si sposta sulla Liturgia, che ne è l’“attuazione”. Il riconoscimento dell’importanza e della necessità assoluta della storicità dei “fatti” è fondamentale, perché è in essi che è contenuto il “mistero”. Questa accentuazione sui 'fatti' conferma l'evidente impronta storicista. Questo è solo un sommario sia pure già molto eloquente per l'essenziale; sto preparando un articolo più ampio e circostanziato anche in riferimento alla recente temuta [vedi] ma ora sembra avvenuta approvazione del rito maya, culmine del processo di decentramento e di malintesa inculturazione... ne riparleremo!

San Tommaso di fronte alla 'dottrina del mistero'

Se si vuole riepilogare in una parola la differenza tra la spiegazione di San Tommaso e quella della dottrina del mistero(2),  diremo che per il Dottore Angelico, nella Messa è offerto il Christus passus, Cristo nello stato della sua passione e che, per questa ragione,  la Messa è un sacrificio che ripresenta e applica il sacrificio della croce: essa è il sacrificio reso presente in maniera sacramentale (attraverso la doppia consacrazione). 

Per i teologi del mistero la Messa è innanzitutto la presenza dell'atto redentore, dell'azione redentrice, grazie alla liturgia.  La presenza reale non è negata, ma diventa in qualche modo secondaria. 

Il contrasto tra la posizione tomista, che si appoggia sulla presenza reale per spiegare il sacrificio, e la teologia del mistero, che si appoggia su una misteriosa presenza dell'atto redentore non è sfuggito ai nuovi teologi. Ecco come un teologo del mistero giudica l'opera del teologo tomista dom Vonier:

Costui  indipendentemente dagli studi di Maria-Laach e partendo da San Tommaso,  arrivava all'incirca allo stesso risultato  di Dom Casel. Nel suo bellissimo libro La Chiave della dottrina eucaristica   egli parla spesso della "ripresentazione  cioè  nel rendere presente in senso letterale " della morte di Cristo.  Ciononostante,  ciò non significa per lui che la presenza del Christus passus e per nulla della passio Christi,  dell'atto stesso della passione.  In definitiva,  dom Vonier si arresta proprio davanti al punto centrale della dottrina del mistero, la Mysteriengegenwart o la presenza sacramentale dell'opera redentrice nel culto della Chiesa.(3)

Di fatto è perché c'è una presenza sacramentale e del tutto reale del Christus passus,  che la Messa è un vero sacrificio e che essa "ripresenta e rinnova il sacrificio della Croce(4). Mentre il carattere oscuro delle spiegazioni della "presenza misterica", tendente a svalutare la presenza reale e sostanziale della vittima del Calvario sull'altare.  E conseguentemente, ciò può portare a conseguenze  molto distanziate dalla teologia cattolica,  come quella di una messa pretesa valida senza consacrazione.  

Finalmente,  su questo punto, c'è la posizione del dottore comune [cioè il dottore dei dottori -ndT] che è la più soddisfacente,  quella che nutre la nostra fede e la nostra devozione. 
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1. Giovanni Paolo II stesso avverte che egli si situa "nella linea dell'eredità del Giubileo lasciata alla Chiesa dalla Lettera apostolica Novo millennio ineunte e dal suo coronamento mariano Rosarium Virginis Mariae"; ci ricorda che da poco l'Eucaristia è divenuta un "mistero luminoso" (§ 6 e 62); e ci invita "ad avanzare al largo nell'oceano della storia con l'entusiasmo della nuova evangelizzazione (§ 6).
Del resto la teologia soggiacente all'Enciclica è quella del "mistero pasquale" (vedi), chiaramente evidenziato in riferimento alla Messa riformata e alla nuova teologia ed ecclesiologia dalla stessa veicolate.
2. Secondo la "dottrina del mistero" la presenza del sacrificio si realizza attraverso le parole "disseminate" nelle preghiere che evocano la Cena e il Sacrificio di Nostro Signore.  Le parole della Consacrazione sono diventate superflue, o per lo meno facoltative. È interessante notare che nell'enciclica, Ecclesia de Eucharistia, il papa dice che "la ripresentazione sacramentale del sacrificio di Cristo implica (infert in latino) la presenza reale". Secondo la teologia di San Tommaso, è il contrario: la presenza reale provoca quella del sacrificio.
3. Dom Éloi Dekkers, "La Liturgie, mystère chrétien"  p.45
4. Mediator Dei, 20 novembre 1947, n.111 [il sacrificio della Croce è perpetuamente rappresentato (Conc. Trid., Sess. 22, c. 1) e, con la sola differenza del modo di offrire, rinnovato (Conc. Trid., Sess. 22, c. 2 -ndT]

[Traduzione e note a cura di Chiesa e post-concilio]

4 commenti:

Da Fb ha detto...

La Tradizione è la risposta alla catastrofe che colpisce la Chiesa post-conciliare alla ricerca spasmodica di dialogare e di compiacere al mondo. Va detto che mentre la Tradizione in paesi come gli USA, ma anche la Francia, marcia alla grande, da noi ha più difficoltà. Tuttavia l'unica Messa antica in diocesi è stracolma di molti giovani. È anche vero che i giovani sono l'elemento trainante del rinnovamento, esenti dagli influssi "malefici" dei primi anni post-conciliari; le ultime generazioni vivono lo spirito della Tradizione cattolica come si deve, i più anziani, come me, che pur amano la Tradizione, non hanno ovviamente il loro vigore e sono ancora troppo affetti dal risentimento per quel che abbiamo e stiamo passando. C'è ormai un abisso tra giovani e Chiesa post conciliare. Nelle parrocchie praticamente sono assenti. Le nostre parrocchie (compresa Camaiore) sono destinate alla morte. Ha pure da venire il vescovo in visita pastorale. Io avrei da dirgli delle cose, ma son pesanti e non servirebbe.

tralcio ha detto...

Davvero interessantissimo: grazie!

Nelle parole è celato il mistero dell'Intero del quale esse esprimono un frammento.

A una traduzione basta trasferire un concetto da una lingua all'altra.
A una versione corrisponde l'esatta trasposizione parola per parola nelle lingue.
Per certe situazioni conviene la traduzione, per altre è indispensabile la versione.
E' esperienza comune il disastro che deriva da certe traduzioni poco attente.
Faccio l'esempio del et ne nos inducas in tentationem, davvero paradigmatico.

Se in ogni parola c'è tutto questo, ovviamente diventa decisivo evitare errori e fraintendimenti per il Verbo fatto carne, il Logos divino e tutta la Rivelazione.

Non si tratta di sfumature, ma del senso stesso della nostra vita; della possibilità di partecipare della vita divina che non abbiamo per natura, ma per Grazia.

Anche il mistero (la dottrina del mistero) non sfugge alla contemplazione: templum è il frammento, un ritaglio, uno spazio circoscritto di cielo da contemplare per trarne indicazioni decisive. L'azione del contemplare, nel tempio, mette tutto il nostro essere e agire nel tesoro del tempio, che è esattamente lo stare in quella contemplazione che accoglie dal Cielo ciò (la Grazia) che da noi stessi non potremmo darci.

Attenzione al realismo: non si tratta dell'idea del contemplare, dell'idea del Cielo o dell'idea del tempio... No: è proprio uno stare in quel Tutto, ricevendo proprio quella Grazia particolare, vitale, decisiva in quel momento lì in cui la mia storia si affaccia sull'Eterno che per Sua Volontà si comunica a me -creatura- per una Volontà di Bene.

Allora l'atto non è religioso (un atto di culto), agito come un "fare", secondo il mio "volere", per "mia capacità", ma la visione cui abbandonare tutto ciò che è "mio" pur di starci, traendone vita e ricevendo Grazia per trafficare al meglio i talenti avuti in dono!

Nel tempio mi accosto alla particola, al mistero del Santo Sacrificio di Cristo Vittima, realmente presente, nell'Eterno Presente di Dio, Memoriale del mistero di salvezza.
Non c'è la presenza di un'idea, di un atto avvenuto, riproposto in forza di un fare liturgico, che in definitiva sarebbe la traduzione dell'idea originale nel mio fare.
No: è una Presenza Reale, individuata e individuale, in cui il mistero è contemplato nella visione che giunge a gettare nel "tesoro del tempio" ogni cosa che ho, per vivere!

Nella particola, nel frammento, colgo il Tutto Intero, l'Uni-verso in cui sto e a cui tendo, quando terminerà l'esilio che mi tiene alle porte del Regno di Dio che mi accoglie.

Dobbiamo quindi evitare di limitarci a tradurre, a senso, secondo idee.
Dobbiamo fare la versione, parola per parola, diventando noi Verbo, comunione, facendo della nostra lingua la lingua del Verbo, stando nei sentimenti di Cristo, seguendolo incarnato e nella sua morte e resurrezione, attendendo la parusia.

Quindi non un semplice atto di culto, religioso (da fare), ma uno stare in quell'Essere (l'Uno, il Tutto, l'Intero, l'Eterno) al di fuori del quale ci perderemmo nel nulla.

L'adorazione in spirito e verità è cosa ben diversa da un puro atto di religione.
Per questo c'è mistero e mistero: il Verbo incarnato non è l'idea di Parola.
Il cristianesimo non è una religione come le altre. Cattolico è: "secondo l'Intero".
In questo senso Dio è cattolico, ma non nel senso del macello che c'è in Vaticano.

Anonimo ha detto...

"In primo luogo, la Tradizione non viene più difesa come l’unico elemento necessario e indispensabile con diritti imprescrittibili nella Chiesa. Viene rivendicata come un bene preferibile. Si rivendica il diritto di usufruire della liturgia tradizionale, senza ricordare chiaramente che la liturgia moderna è inaccettabile perché corrompe la fede. Si rivendica il diritto di usufruire della dottrina tradizionale, senza ricordare chiaramente che questa Tradizione è l’unica garante dell’integrità della fede, escludendo qualsiasi orientamento che se ne discosti. La Tradizione non può essere difesa come bene particolare di questa o quella comunità, che chiede solo il diritto di viverla per sé, a preferenza di qualche altro bene. La Tradizione deve essere difesa come bene comune di tutta la Chiesa e rivendicata come esclusiva per ogni cattolico. "

https://fsspx.news/it/news/intervista-con-il-superiore-generale-della-fraternita-sacerdotale-san-pio-x-48711

mic ha detto...

"Per questo c'è mistero e mistero: il Verbo incarnato non è l'idea di Parola."

Per questo cristianesimo è la Parola fatta carne e, per questo, vita di ogni giorno alla Sua presenza e con la Sua Grazia....