Quando i tabernacoli* avevano le ali
L'abate Suger fu uno di quegli uomini monumentali le cui vite e personalità sembrerebbero quasi incredibili se non fossero vissuti nell'Europa occidentale durante l'Alto Medioevo. Ben noto oggi come una figura fondamentale nello sviluppo dell'architettura gotica, era in effetti dotato di capacità così diverse e ammirevoli da meritare un appellativo come "uomo del Rinascimento", il che naturalmente solleva la questione del perché questo termine esista, quando così tanti a cui si applica sono antecedenti al Rinascimento. Diciamo semplicemente, quindi, che Suger era un "uomo medievale".
Nato nel 1081 da una famiglia relativamente umile, il giovane Suger mostrò di avere sufficienti capacità intellettuali da essere mandato all'abbazia di Saint-Denis per un'educazione monastica. Salì di grado, diventando infine segretario dell'abate e consigliere fidato del re di Francia. Uomo devoto e colto ma non particolarmente ascetico, Suger lavorò come diplomatico di successo, fu eletto abate, riformò i suoi monaci, scrisse prolificamente su vari argomenti, guidò il re verso la vittoria contro l'imperatore Enrico V (che si ritirò senza combattere), collaborò con Bernardo di Chiaravalle (un altro di quegli "uomini medievali" monumentali), ricostruì la chiesa di Saint-Denis e, come coronamento di una vita già straordinaria, governò - e molto abilmente - la Francia come reggente mentre il re era via per la Crociata. Un cristiano meno abbiente avrebbe potuto provare quella rovinosa sete di potere dopo due anni sul trono, ma quando il re tornò nel 1149, Suger gli consegnò la corona e tornò alla sua vita abbaziale, che terminò, dopo una malattia, nel 1151.
Una cosa che l'abate Suger non comprese mai adeguatamente, e a sua discolpa, pochi lo compresero fino alla metà del ventesimo secolo, fu il beneficio spirituale che si poteva ottenere impiegando vasi mediocri, banali, materialmente poveri o esteticamente bizzarri nell'adorazione del Dio Altissimo. In effetti, i suoi pensieri al riguardo erano decisamente premoderni:
Ogni cosa più costosa o costosissima dovrebbe servire, prima di tutto, all'amministrazione della Santa Eucaristia. Se vasi d'oro per versare, fiale d'oro, piccoli mortai d'oro servivano, secondo la parola di Dio o per comando del Profeta, a raccogliere il sangue di capre o della giovenca rossa, quanto più vasi d'oro, pietre preziose e tutto ciò che è più apprezzato tra tutte le cose create deve essere disposto, con continua riverenza e piena devozione, per ricevere il sangue di Cristo!
Egli si mostra anche tristemente ignorante dell'immensa dignità dell'uomo, che non dovrebbe inginocchiarsi o altrimenti umiliarsi - francamente, non dovrebbe in alcun modo scomodarsi - quando si avvicina alla Carne sacramentale, e con essa alla presenza vera e infinitamente sacra, del suo divino Salvatore:
Di sicuro né noi né i nostri beni sono sufficienti per questo servizio. Se, con una nuova creazione, la nostra sostanza fosse riformata da quella dei santi Cherubini e Serafini, offrirebbe ancora un servizio insufficiente e indegno per una vittima così grande e così ineffabile.
Si scopre, tuttavia, che la sua società non era completamente priva di impulsi minimalisti e primitivi che avrebbero sarebbero stati così vigorosamente di moda otto secoli dopo la sua morte. Alcuni, apparentemente, erano così preoccupati che l'anima fosse ricca e radiosa di virtù da trascurare gli oggetti dorati e splendenti le cui perfezioni visibili esistono affinché possiamo contemplare, attraverso di loro, le glorie invisibili del Dio perfetto. A questi precursori dello spirito moderno l'abate rispose con una saggezza che si sarebbe pensata perenne nella Chiesa, ma che soccombette, per un periodo, all'inverno insolitamente duro di un'epoca vana e scontenta:
I detrattori obiettano anche che una mente santa, un cuore puro, un'intenzione fedele dovrebbero bastare per questa sacra funzione; e anche noi affermiamo esplicitamente e fermamente che sono queste le cose che contano principalmente. [Ma] professiamo che dobbiamo rendere omaggio anche attraverso gli ornamenti esteriori dei vasi sacri, e a nulla al mondo in egual grado come al servizio del Santo Sacrificio, con tutta la purezza interiore e con tutto lo splendore esteriore. [1]
All'epoca della morte dell'abate Suger, a pochi giorni di viaggio dalla città in cui viveva, gli artigiani liturgici realizzavano alcuni dei vasi sacri più affascinanti e simbolicamente ricchi nella storia della Chiesa occidentale. Ecco un esempio:
Un oggetto come questo è chiamato peristerium, dal termine greco per piccione o colomba. Il nome più comune è semplicemente "colomba eucaristica". Questo particolare esemplare, conservato al Metropolitan Museum of Art di New York City, è fatto di rame dorato, con la superficie incisa e smaltata in modo da assomigliare a piume, sebbene il naturalismo visivo non fosse chiaramente il principio guida nella scelta dei colori. Se si attaccano delle catene alla piastra sotto la colomba, come mostrato qui, questa può essere sospesa vicino o addirittura direttamente sopra l'altare. Come indicato dalle lettere "IHS", il corpo della colomba include una cavità, coperta da un coperchio dotato di cerniera, in cui veniva conservato il Santissimo Sacramento.
Di seguito un altro bell'esempio, proveniente dal Walters Art Museum di Baltimora.
Qui la piastra di supporto presenta dei fori anziché delle sottili estensioni e la forma del torace e della testa è particolarmente aggraziata e simile a quella di una colomba.
La superficie in rame di questo pezzo successivo, sempre dei Walters, è meravigliosamente vivida e dorata, con incisioni che sembrano semplici ma sono abilmente lavorate e sorprendentemente ricordano le piume di un uccello. L'artigiano ha anche creato una colorazione deliziosa e piacevolmente tenue sull'ala.
La storia delle colombe eucaristiche non è ben compresa. Sono menzionate in passaggi del Liber Pontificalis che risalgono al sesto o alla fine del quinto secolo [2], e possiamo presumere che fossero relativamente comuni, almeno in alcune regioni della Chiesa occidentale, durante l'alto Medioevo. Ma la certezza qui ci sfugge, perché la rara documentazione è altamente limitata sia nel tempo che nello spazio: quasi tutte le colombe eucaristiche sopravvissute furono prodotte a Limoges, in Francia, nella prima metà del tredicesimo secolo.
Più importante della loro storia, ai nostri fini, è ciò che ci dicono della nostra Fede e delle modalità simboliche di fede e preghiera che hanno informato l'intera esperienza cristiana durante l' Età della Fede. Avere una bella colomba dorata sospesa sul proprio altare significa mettere in risalto, con la sofisticata semplicità così caratteristica della cultura medievale, la presenza e l'azione dello Spirito Santo durante il Sacrificio divino. Significa anche suggerire un mondo purificato dalle acque del Diluvio, versate in un'abbondanza travolgente come la grazia di Dio o come il Sangue di Cristo: "E la colomba venne da lui al tramonto, ed ecco, nella sua bocca c'era una foglia d'olivo che aveva colto, per mezzo della quale Noè seppe che le acque si erano ritirate dalla terra". Si tratta, inoltre, di un'allusione alla continuità mistica che unisce il sacrificio liturgico della Nuova Alleanza ai sacrifici animali dell'Antica: «Egli rispose ad [Abramo]: Prendi una giovenca di tre anni, una capra di tre anni, un montone di tre anni, una tortora e un giovane piccione. Prese dunque tutti questi animali con sé, li divise in due e collocò ogni parte l'una di fronte all'altra; ma non divise gli uccelli». È persino, forse, un'evocazione della Vergine Santa, la più benedetta e bella tra tutte le donne, e prefigurata dalla sposa di cui Salomone canta nel Cantico dei Cantici: «Ecco, sei bella, amica mia; ecco, sei bella; i tuoi occhi sono come quelli delle colombe».
E infine, quando il Corpo del Salvatore fu posto in questi tabernacoli alati del Medioevo, le realtà simboliche convergevano in una rivisitazione artistica dell'Incarnazione: la cavità all'interno della colomba simboleggiava il grembo della Vergine, così che la colomba stessa simboleggiava sia la Vergine che il suo Sposo divino, la cui unione produsse la sacra umanità di Gesù Cristo e ora l'ha ricevuta, per onorarla e proteggerla, dalle mani del sacerdote, il cui lavoro all'altare è di per sé un'incarnazione sacramentale. Quanto profonde, le profondità insondabili della nostra Tradizione cattolica; quanto sublimi, i riti sacri e poetici dei nostri padri. Ecco, sei bella, amore mio: ecco, sei bella, o liturgia sempre antica, sempre nuova.
_____________________________1. Queste tre citazioni sono tratte da Erwin Panofsky (a cura di, trad.), Abbot Suger on the Abbey Church of St.-Denis and Its Art Treasures, Princeton University Press (1946), pp. 65, 67.
2. Vedere le voci relative ai papi Silvestro (314–335) e Innocenzo (401–417).
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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1 commento:
a causa della specifica diversa funzione dei tabernacoli posti sull'altare.
Dopo questa frase, ancor meno capisco il perchè verso il 2000 (nella mia parrocchiale fu fatto in quell'anno) i tabernacoli furono spostati nel muro o anche, peggio, lontani dall'altare. La spiegazione datami dal parroco è stata tanto confusa che penso non l'abbia capita esattamente nemmeno lui!
Almeno dove c'è un altare preconciliare, il tabernacolo ha potuto restare dov'era perchè formalmente sull'altare (quello N.O. naturalmente) non si trovava, ma nella mia parrocchiale, pur ottocentesca per come è oggi, quell'altare non c'è più, fu rimosso perchè danneggiato dal terremoto del 1976, delle foto furono fatte, alla fine sono riuscito a vederle: poteva essere restaurato, non era a pezzi, si era solo "seduto" da un lato. Dal 1976 al 2000 il tabernacolo era imbullonato sulla mensa dell'altare N.O.
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