Due considerazioni a margine
dell'inchiesta per corruzione a Milano
Penso che dica bene l’architetto Maurizio Lai quando sostiene che l’urbanizzazione intensiva di Milano è stata più che un’operazione utile ai cittadini una grande manovra speculativa tesa a portare la città a un totale svuotamento. Una città secondo l’architetto, diventata una fabbrica espansa a livello urbano, che funziona dal lunedì al venerdì.
Una città senz'altro interessante per aziende, operatori, interessi di persone che arrivano da ogni parte del mondo e tutti gli ammiratori della “global city”, ma sicuramente ostica, forse meglio dire meglio ostile, alla comune popolazione, che non a caso è andata via (espulsa).
Al di là degli esiti di questa inchiesta, che va avanti da oltre un anno, al di là quindi del suo svolgimento giudiziario, questa vicenda è interessante perché mette in evidenza una modalità di crescita concepita all’interno della visione globalista, di cui il giusto rappresentante è il sindaco Beppe Sala, il quale non a caso ha sempre molto curato l’immagine di sé come espressione a tutto tondo della società “aperta”, stile villaggio globale.
I suoi calzini arcobaleno, il suo manifestarsi a favore del wokismo più spinto, il suo essere espressione algoritmica della transizione green sono parte integrante di questa visione globalista che ha portato Milano ad essere la capitale italiana del liberismo libertario stile agenda 2030, la migliore espressione dell’Europa della von der Leyen e, naturalmente, del sostegno incondizionato al vessillo della democrazia in salsa Ue dell’Ucraina di Zelensky.
La Milano di Sala è diventata la città europea per antonomasia, la città della pista ciclabile, del monopattino, del fumo vietato ovunque, del più spinto pensiero woke, del bosco verticale… all’ombra del quale è cresciuta quella sinistra fucsia, o meglio al caviale, che ha intorbidato le acque del dibattito politico. Non a caso Milano è la roccaforte di quella formazione politica che meglio di tutte sintetizza la spinta profetica del wokismo. Mi riferisco ad Avs, che a Milano ha raggiunto il massimo dei consensi con quasi l’11% raccolto l’anno scorso.
Sociologicamente parlando, Avs è la cartina di tornasole del globalismo e del suo stile di vita. Non a caso è tra le più votate dai giovani che del globalismo, in tutte le sue accezioni, hanno fatto bandiera. Quei giovani, tanto per capirci, cresciuti all’ombra del totem della libertà a prescindere, dei viaggi Erasmus, della libera circolazione, del melting pot (crogiolo), dell’ideologia migrantista, del mito dell’Olanda paese senza divieti, del superamento dei “vecchi” stereotipi di genere, della sperimentazione linguistica a favore delle tecniche gender, dell’ambientalismo ideologico con tanto di mistica della produzione non fossile dell’energia. Tra questi, molti studenti universitari, spesso fuori sede e meridionali.
Una Milano che ha espunto dal suo tessuto sociale le classi popolari, per le quali vivere in questa città è letteralmente impossibile, che ha tradito la sua storia operaia per diventare culla della peggiore espressione del parassitismo anti produttivo figlio legittimo del capitalismo finanziario. Una città che ha perso la sua anima. Una città diventata a misura di ricchi. Una città che ha il record europeo per gli arrivi di miliardari (2.200 nel 2024), nella quale per vivere bisogna spendere 3.600 euro al mese, escluso l’affitto, che negli ultimi anni è cresciuto del 43%, mentre i prezzi delle case del 40%, ma con potere d’acquisto salito solo del 5%. Una città dove le case popolari sono diventati grattacieli per ricchi.
Antonio Catalano, Sabato 19 luglio 2025
Antonio Catalano, Sabato 19 luglio 2025
5 commenti:
Tutto tristemente vero. Milano sta diventando una culla del globalismo, senz’anima. I suoi giovani sono degli sradicati, sia i nuovi arrivati sia quelli residenti da anni. Nella gigantesca ristrutturazione edilizia in corso (ci vorranno altri tre o quattro anni per lo Scalo Farini) l’aumento del verde e dei grattacieli, delle piste ciclabili e degli eventi per turisti, fa il paio con la fuga dei vecchi abitanti, dei commercianti, della rete di piccole e medie imprese e soprattutto delle chiese, scomparse nei nuovi spazi residenziali e fagocitate dal nuovo culto milanese, in cui si dissolve l’anima. Il residuato del famoso cuore in man è una filantropia organizzata anche ricca di mezzi, ma sempre più avulsa dalla fede.
In questo il tradimento della diocesi ambrosiana è palese. Se ci sono stati progetti globalisti quasi assatanati permessi a Milano da poteri pubblici laicisti o peggio, altrettanto vero che la diocesi ha belato. Non è solo questione di modernismo: Martini era modernista, ma fu pastore. Anche Tettamanzi e Scola avevano qualcosa da dire. Con Francesco Milano e’ stata affidata a un defilato e si è cristianamente defilata, sepolta dal giganteggiare del vizio e del peccato e incapace di un soprassalto degno di sant’Ambrogio e di San Carlo. Un seminario che forma sacerdoti spenti ha offerto una chiesa spenta e muta, pronta solo a giustificare tutto. Ha spento anche le campane per non disturbare troppo.
Un commento da milanese che vive e ha sempre vissuto a Milano. Catalano ha ben espresso il pensiero di molti: Sala ha ridotto Milano alla città "della pista ciclabile, del monopattino, del fumo vietato ovunque, del più spinto pensiero woke, del bosco verticale…". Io non accuso Sala per aver costruito "case per ricchi" (in realtà molte sono case per il ceto medio), né per i grattacieli (che comunque non mi piacciono, sono brutti, stortignaccoli, privi di armonia e di rispetto delle proporzioni).
Io accuso Sala per per il suo odio per il mezzo privato, che significa libertà di movimento e quindi libertà tout court. Io accuso Sala per le idiotissime aree B e C, che limitano questa libertà. Io accuso Sala per le inutili e dannose piste ciclabili, che hanno tolto spazio al traffico, ai parcheggi, ai pedoni. Io accuso Sala per aver esteso l'esoso parcheggio a pagamento a tutta la città. Io accuso Sala per la sua promessa: "dimezzeremo le auto in città entro il 2030". Io accuso Sala per il suo sostegno a manifestazioni (il cosiddetto pride ma non solo) di invertiti e pervertiti. Io accuso Sala per il suo bieco antifascismo. Io accuso Sala di impedire la libertà di esprimere il proprio pensiero: se si vuole una sala per una conferenza, si deve sottoscrivere un dichiarazione di antifascismo. Io accuso Sala di essersi affidato ad archistar saccenti e presuntuose come Boeri (che era un attivista di Lotta Continua). Io accuso Sala per il suo affettuoso favoreggiamento di una immigrazione violenta e criminale (l'80% dei crimini di strada è commesso da immigrati, se non di più, perché non vengono considerati gli "italiani" di seconda generazione). E potrei continuare per pagine. Ma non mi fido neppure della magistratura, che a Milano è persino più rossa che altrove. C'è da chiedersi, tra l'altro, come mai questo attacco a una giunta che è ideologicamente consonante con moltissimi magistrati. La domanda è la solita: cosa c'è dietro? Poi, se si legge bene la documentazione, ci si accorge che le accuse sono basate su elementi fragili, su giudizi di valore, su valutazioni "etiche" che dovrebbero essere estranee agli atti della magistratura. Le accuse riguardano prassi che sono forse controverse, ma abbondantemente utilizzate (come il ricorso alla Scia).
Di fatto la magistratura, direttamente (con i sequestri dei cantieri) o indirettamente (con il terrorismo giudiziario contro i funzionari autorizzatori), ha bloccato la costruzione di case a Milano. Migliaia di famiglie, che avevano già pagato gli appartamenti, sono ora senza casa. E di questo la colpa è della magistratura, non della politica. Infine, non può e non deve essere una magistratura strabordante dai suoi limiti istituzionali a determinare la politica edilizia di una città, ma gli eletti dal solito, maledetto popolo così mal sopportato dai signori in toga.
Silente
Detesto con tutto il cuore sia l'americanismo urbanista sia l'americanismo di vita, che poi è l'americanismo dei film, delle canzonette americane con cui hanno riempito le teste della colonia Italia.E così è anche nella Milano tatuata medio alta, quella al passo dei tempi, in carriera. I semplici sono diminuiti, ma non scomparsi. Il piccolo resto resiste, laborioso, tacito, costante, cattolico.
Il Sala di Silente è anche il mio e la magistratura descritta pure. C’è odore di marcio, di sequestro di ricchezza e di spazi di manovra al ceto medio, sostituito dalla massa di quelli che gli bastano cinque euro l’ora per sopravvivere, accampati, in barba a quelle regole che gli altri devono rispettare per non essere additati al pubblico disprezzo. La Milano includente ed inclusiva ha delle anime vogliose di escludere chi non si allinea. Certe cose non nascono in due mesi. All’Expo 2015, intitolato “nutrire la vita”, il costosissimo padiglione Vaticano voluto dal card. Ravasi non nominava nemmeno l’Eucaristia. Purtroppo rappresenta il cattolicesimo ambrosiano standard (pur essendoci lodevoli sacche di resistenza) che si è desacramentalizzato in una sorta di grazia fai da te… non rieducato dal presbiterio, diseducatosi ad essere Mariano, nella città della Madonnina. Pieni di grazia sono quelli che accolgono tutti, ma senza dire più a nessuno chi siamo o almeno cerchiamo di essere.
IL "VERDE"
Immagina di credere che questi siano "puliti", "verdi" e "amici dell'ambiente".🧐
https://gloria.tv/post/mbhxAW3VQjWC4mfH7P8iz6bXs
Bello 'sto prato dei verdi, ma...non sara' troppo verde?
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