Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 8 agosto 2025

Perché Evangelium Vitae non ha funzionato: anatomia di una sconfitta annunciata

Ringrazio Andrea Mondinelli per la riflessione che segue. Precedenti qui - qui. Qui l'indice degli articoli sulla realtà distopica. 

Perché Evangelium Vitae non ha funzionato: anatomia di una sconfitta annunciata

Trent’anni dopo la sua pubblicazione, l’enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II rimane un documento di straordinaria bellezza teologica e di indiscutibile valore pastorale. Eppure, nel mondo cattolico non ha funzionato. Anzi, ha assistito impotente al progressivo cedimento dei cattolici proprio sui temi che intendeva difendere.

Solo alcuni esempi di una sequenza implacabile: Vittorio Possenti[1] già nel 2009 teorizza la “non punibilità” del suicidio assistito in casi estremi; Francesco D’Agostino nel 2017 arriva a dire che “può esistere un diritto a morire“[2] e chiede “il coraggio, di abbandonare in parte (solo in piccola parte!) il vecchio paradigma della medicina ippocratica e di contribuire alla costruzione di un paradigma nuovo e molto più complesso”[3], fino al “Piccolo Lessico sul fine vita” della Pontificia Accademia pere la Vita del 2024 che benedice la “dolce morte” purché “accompagnata”[4].

Perché un’enciclica così impegnativa ha prodotto risultati così deludenti? La risposta è scomoda ma necessaria: Evangelium Vitae contiene contraddizioni strutturali che ne minano l’efficacia dall’interno.

Il primo paradosso: criticare i diritti umani usando i diritti umani
Giovanni Paolo II denuncia giustamente come i diritti umani vengano “rivoltati contro se stessi”: partendo dal diritto alla vita si arriva all’aborto per “autodeterminazione”. È una diagnosi perfetta. Ma poi continua a usare proprio il linguaggio dei diritti umani come fondamento argomentativo, parlando di “diritti intangibili e inalienabili” e “diritti fondamentali che appartengono nativamente alla persona”.

Il problema non è l’uso scorretto dei diritti umani – è la loro logica interna. Come ha notato lucidamente il filosofo Marcello Pera: “La storia dei diritti umani è anche la storia di come il diavolo abbia tentato di offrire un’altra mela all’uomo e di come l’uomo l’abbia gradita“.

Il meccanismo è matematico: diritto alla vita → diritto a una vita degna → diritto all’autodeterminazione → diritto di rimuovere gli ostacoli → diritto alla morte. Non c’è modo di fermare questa spirale dall’interno del sistema dei diritti umani.

Il secondo paradosso: la democrazia come strumento neutrale e segno positivo
Evangelium Vitae afferma due cose incompatibili: la democrazia è solo uno “strumento” che deve sottostare alla legge morale, ma il “consenso pressoché universale sul valore della democrazia” è un “positivo segno dei tempi”.

Ma se la democrazia è davvero solo uno strumento neutrale, perché dovrebbe essere un segno positivo? E se invece è positiva in sé, allora non è più neutrale. Inoltre, il concetto di “sana democrazia” che l’enciclica propone è un ossimoro se riferita a quella di stampo liberale: quella veramente sana fondata su valori “che nessuna maggioranza potrà mai modificare” non è più una democrazia liberale, ma una democrazia fondata sulla legge morale naturale, di cui la Chiesa cattolica è l’unica vera interprete in quanto corpo mistico di Cristo.

Il terzo paradosso: l’autorità senza fondamento
Se si accetta la libertà religiosa come principio fondamentale e la neutralità statale (come fa Dignitatis humanae), con quale autorità si possono poi dichiarare certi principi morali come “non negoziabili”? Giovanni Paolo II non può appellarsi all’autorità divina (violerebbe la neutralità statale), non può usare solo la ragione naturale (perché il paradigma moderno l’ha relativizzata), deve usare il linguaggio dei diritti umani (che però si autodistrugge).

Le radici e gli sviluppi del problema: una capitolazione progressiva Le contraddizioni di Evangelium Vitae affondano le radici anche nel documento della Commissione Teologica Internazionale “Dignità e diritti della persona umana” (1983), che già aveva capitolato davanti alla modernità: i diritti dell’uomo dipendono “dal consenso che si riuscirà a ottenere” e si fondano su “libertà, uguaglianza e partecipazione” – esattamente i principi della Rivoluzione francese. Manca completamente la verità come fondamento, anzi è da scartare perché divisiva[5].

Ma è nei documenti successivi all’enciclica che si vede l’evoluzione logica di quelle contraddizioni. Il documento del 2009 “Alla ricerca di un’etica universale” porta alle estreme conseguenze il relativismo: la legge naturale “non ha niente di statico“, “non consiste in precetti definitivi e immutabili“, è una “fonte di ispirazione” per costruire consenso con “le grandi tradizioni religiose dell’umanità“.

Questo non è più cattolicesimo – è relativismo mascherato da dialogo. E dimostra che le contraddizioni interne di Evangelium Vitae non erano un incidente di percorso, ma il segno di una deriva destinata ad aggravarsi.

Il fallimento pratico: quando i cattolici diventano liberali
Il risultato è stato devastante. I cattolici hanno inconsciamente percepito la debolezza dell’argomentazione e hanno finito per interiorizzare che anche sui principi “non negoziabili” si può… negoziare.

Se lo Stato deve essere neutrale, se bisogna cercare “mediazioni” in società pluraliste, se la legge naturale è “evolutiva” e dipende dal “consenso”, allora perché non mediare anche sul suicidio assistito? La logica interna del discorso porta inevitabilmente lì.

I cattolici hanno imparato a ragionare come liberali che casualmente sono contrari all’aborto, anziché come cattolici che per principio difendono la vita.

L’alternativa che non si vuole vedere
La differenza con la dottrina cattolica tradizionale è cristallina. Leone XIII nell’Immortale Dei: “Il potere pubblico per se stesso non può provenire che da Dio“, “I Principi devono favorire la religione, difenderla, proteggerla“. In Libertas: “La libertà vera è quella che si conforma alla verità e al bene“.

Era un sistema coerente: si riconosceva l’autorità sociale di Cristo e quindi una verità oggettiva che lo Stato doveva rispettare, indipendentemente dal consenso democratico.

Tertium non datur: o si riconosce l’autorità sociale di Cristo, o si accetta il relativismo completo. Ogni tentativo di “via media” è destinato al fallimento, perché cerca di conciliare l’inconciliabile.

Il punto di non ritorno: quando la CEI abbraccia il suicidio assistito
Gli sviluppi di luglio 2025 hanno portato alle estreme conseguenze la logica di Evangelium Vitae. Monsignor Renzo Pegoraro, nuovo presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ha dichiarato di “accettare una eventuale prossima legge del Parlamento italiano che preveda l’aiuto al suicidio”, purché sia gestita dal Servizio Sanitario Nazionale e non da cliniche private.

La motivazione è tragicomica: il suicidio assistito privato sarebbe pericoloso perché “orientato al suicidio assistito”, mentre quello statale sarebbe controllato. Come se esistesse un suicidio assistito “buono” e uno “cattivo”.

Ancora più grave è la posizione di Avvenire, quotidiano della CEI, che ha pubblicato articoli a sostegno del disegno di legge sul suicidio assistito. Mario Marazziti elogia la legge 219/17 sulle DAT come “diritto mite che umanizza il morire” – la stessa legge che permette di far morire i pazienti togliendo nutrizione e idratazione artificiale.

I sei firmatari dell’altra lettera su Avvenire (tra cui le ex parlamentari Binetti e Santolini) sostengono addirittura che il DDL “in nessun punto favorisce il suicidio assistito. Anzi, è vero il contrario”. È come dire che depenalizzare un crimine non ne favorisce la diffusione.

Il tradimento completo
Siamo arrivati al paradosso finale: la Chiesa che ha scritto Evangelium Vitae ora benedice il suicidio assistito purché sia “ben regolamentato”. È la logica della “riduzione del danno” portata alle estreme conseguenze.

Il cerchio si chiude: dal linguaggio dei diritti umani alla mediazione democratica, dalla legge naturale “evolutiva” al consenso come fonte di legittimità, si è arrivati ad accettare l’omicidio purché sia “mite” e “controllato”.

Una lezione per il futuro
Evangelium Vitae resta un capolavoro teologico che ha illuminato una generazione di cattolici. Ma è strutturalmente inadeguata come strategia culturale perché accetta il quadro di riferimento dell’avversario.

Gli eventi del 2025, e non solo, hanno dimostrato in modo definitivo che la strategia della “mediazione” non funziona. Quando si accetta di giocare sul campo dell’avversario con le sue regole, la sconfitta è matematica.

La lezione è amara ma necessaria: non si può vincere una partita con le regole imposte dall’avversario. Non si possono difendere principi assoluti usando un linguaggio che per sua natura li relativizza.

Come scriveva Sant’Agostino contro chi voleva scegliere il “male minore”: “In questo modo si crederà lecito commettere furti per furti, stupri per stupri, incesti per incesti“[6]. Non si può combattere il male abbracciandolo.

Fino a quando la Chiesa non avrà il coraggio di tornare ai suoi principi perenni – non “pre-conciliari” ma semplicemente cattolici – ogni battaglia culturale sarà una ritirata travestita da dialogo.

Il mondo ha bisogno della chiarezza di Cristo Re, non delle ambiguità della democrazia “cristiana”. È tempo di scegliere.
Andrea Mondinelli
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[1] Annotazioni sul suicidio e l’indisponibilità della vita, «Questioni di Bioetica», anno IV, n. 9, 2009.
[2] La scoperta della piena visione cattolica
[3] Non tutto è eutanasia. La storia chiede coraggio
[4] Piccolo Lessico sul fine vita, pag. 70 
[5] “È necessario prescindere, metodicamente, dai conflitti dottrinali del passato e dai modelli più restrittivi”
[6] Sant’Agostino, Contra mendacium, 9, 20 https://www.augustinus.it/italiano/contro_menzogna/contro_menzogna.htm

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