Sono immagini che impressionano quelle che vengono da Roma.
Oggi la Chiesa è l’unica grande istituzione, l’unica superstite dal mondo antico, capace ancora di radunare una folla immensa di giovani in questa maniera. E se nel 2000 si poteva attribuire questa capacità al carisma personale di Papa Wojtyla, abbiamo la prova che il carisma c’era senz’altro ma ciò che rendeva possibile un fenomeno del genere non era quello. Infatti, oggi vediamo che al suo posto c’è Robert Francis Prevost, che fino a tre mesi fa non conosceva quasi nessuno, eppure i giovani arrivati lo stesso. Ciò che li mobilita, quindi, non è questo o quel Papa, ma è una fede che sfida i secoli e sfida la secolarizzazione.
Al di là delle possibili contraddizioni di un evento del genere, il segnale è forte: nonostante tutto la Chiesa è viva e sa rigenerarsi sempre. In un mondo dove si sprecano le azioni di forza, anche questo lo è. Una forza dolce, gentile, ma basata su una fede che ha cambiato il mondo
Al di là delle possibili contraddizioni di un evento del genere, il segnale è forte: nonostante tutto la Chiesa è viva e sa rigenerarsi sempre. In un mondo dove si sprecano le azioni di forza, anche questo lo è. Una forza dolce, gentile, ma basata su una fede che ha cambiato il mondo
Sono immagini che impressionano quelle che vengono da Roma.
Ieri è successo qualcosa di clamoroso.
"Come è possibile che oltre 1 milione di giovani ancora si riunisce in quanto Chiesa?
"Cosa ha da dire ancora la Chiesa a questi qui?"
"Cosa hanno questi ragazzi da gioire e gridare per le strade? Come mai? Dovrebbero essere in discoteca, a bere, a drogarsi, a cercare i piaceri".
Ecco, sono queste le considerazioni di chi guarda attonito questo fiume umano.
E fanno bene a porsi queste domande, perché ieri in mondovisione, i giovani si sono riuniti non per qualche interesse mondano, ma "sotto la stessa luce, sotto la sua croce, cantando ad una voce" il nome di Gesù Cristo.
È questo ciò che attrae. Lo volete capire?
È Lui la novità perenne.
Forse dobbiamo ripartire non dal "rumore" dei giovani, ma dal loro incredibile silenzio davanti al Santissimo Sacramento, perché è di questo silenzio adorante che il mondo ha bisogno. Notevole il Crocifisso in veste sacerdotale con la corona dell'Universorum rex...
Ed è clamoroso tutto questo perché ancora una volta la Chiesa, accusata di essere antiquata, superata, opprimente, dá la sua forte risposta.
Trovatemi un'istituzione che dopo duemila anni di innumerevoli vicissitudini riesce ancora a muovere e riunire masse di giovani di questa portata.
Umanamente non è possibile.E allora capiamo che essa è realmente fondata, guidata e sorretta da Gesù Cristo.
Altrimenti non si spiega.
Gridate ancora giovani! Gridate il vostro "silenzioso" boato ai ragazzi addormentati sui marciapiedi, che hanno dimenticato il suono della vita e lo coprono con il rumore della morte e dell'isolamento, dimenticandosi che c'è una Comunità che li ama.
La Chiesa riesce a farci uscire ancora una volta dallo stare da soli con noi stessi. Riesce a farci incontrare l'altro, a radunarci sotto una guida visibile e sicura, vestita di bianco, perché sia luce in mezzo a noi.
Ancora una volta abbiamo trovato quanto sia ragionevole la presenza di una gerarchia, di una famiglia di "padri" a servizio di Cristo e di tutti noi.
E allora, ragazzi, andate in Chiesa! Non rimanete soli! Dio vi ama ed è pronto a riempire di gioia e di pace anche voi.
Avete visto quanti volti gioiosi e desiderosi di speranza? La speranza è Lui, la felicità è Lui, tutto ciò che cercate sta in Lui!
E Lui ha sposato Lei, la sua Chiesa.
E noi siamo suoi figli.
E ieri abbiamo visto la prole santa di Dio camminare per la città a scuotere il mondo, ad annunciare la salvezza, a soffiare contro i venti della guerra, a ricordare al male che ha le ore contate, perché questa è la Chiesa di Dio.
E nessuno la può sconfiggere.
Grazie giovani, grazie per averci fatto pregare, piangere, emozionare.
Grazie per il vostro fresco profumo di primavera, che riesce a sconfiggere ancora una volta la vera tristezza antiquata e distruttiva che opprime il mondo: la lontananza da Cristo, l'eterno giovane.
Da Fb
3 commenti:
Molto probabilmente la maggior parte di quei giovani avrà un' idea vaga, variegata, sentimentale, caciarona, modernista, liberale, arcobaleno, annacquata, adeguata ai tempi, più o meno 'papolatrica'; e molto probabilmente stroveranno preservativi usati su quel campo, e faranno trasmissioni per enfatizzarlo, come fu ai tempi di Wootila, per scardinare il sesto comandamento evidenziando la sua inadeguatezza ai tempi moderni, in cui il sesso libero da vincoli è dogma di fede laicista e atea.
Ma il fenomeno è imponente e comunque positivo.
Da circa tre giorni la maggior parte di quei giovani si confessa in massa, riceve l'Eucaristia, si entusiasma per Gesù Cristo, assiste alle Messe, ascolta il Vangelo, ascolta le parole del Papa, come ben descritto nel bell'articolo di Maria.
Di conseguenza noi che seguiamo la Tradizione, pur conoscendo e seguendo - per grazia di Dio, e non certo per merito nostro - il cattolicesimo tradizionale e pur consapevoli del modo errato di intendere la fede che avranno molti di quei giovani,
- non leggiamo nei loro cuori,
- non sappiamo che effetto avrà questa esperienza nelle loro singole vite, una diversa dall' altra,
- non sappiamo che grazie riceva ciascuno di loro,
- non sappiamo come Dio voglia attrarre ciascuno di quel milione di giovani del terzo millennio, immersi in questo momento storico sociale e nei loro singoli contesti familiari e amicali da cui provengono,
- non sappiamo attraverso quale delle infinite vie voglia dar loro l' occasione di salvare le loro anime.
Non sappiamo nulla perché i suoi pensieri non sono i nostri e ci sovrastano come il Cielo sovrasta la terra.
Siamo polvere.
Pregherò per ringraziare Dio di questo Giubileo e perché il Signore dia loro l' occasione di arrivare a Lui anche con errori di fede e incoerenza, salvando alla fine le loro anime, magari grazie a questa esperienza.
E ritrovarli domani al nostro fianco bella Messa vetus Ordo, nelle case private, più virtuosi di noi.
Aloisius
«È Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare»
(Giovanni Paolo II, Veglia di preghiera nella XV Giornata mondiale della Gioventù, 19 agosto 2000, citato da Leone XIV 25 anni dopo a Tor Vergata, davanti a un milione di giovani).
Alice Lattanzi
Quando osserviamo l'evoluzione della leadership religiosa negli ultimi decenni, ci troviamo di fronte a una domanda che molti fedeli si pongono in silenzio: cosa rende davvero un Papa ideale? La risposta, forse, sta emergendo proprio ora sotto i nostri occhi, attraverso un confronto che non possiamo più ignorare.
Se dovessimo tracciare un'analisi papale onesta degli ultimi pontificati, noteremmo come il panorama ecclesiastico abbia subito trasformazioni che vanno ben oltre le semplici questioni dottrinali. Da una parte abbiamo assistito a quello che molti hanno percepito come uno spettacolo mediatico continuo, dove il successore di Pietro sembrava più interessato a conquistare le prime pagine dei giornali che a guidare le anime verso la salvezza eterna. Non è forse vero che per anni abbiamo visto un papato che ricordava più un personaggio televisivo, sempre pronto al gesto eclatante, alla dichiarazione che faceva discutere nei salotti buoni piuttosto che nelle sacrestie?
Oggi invece ci troviamo davanti a una figura papale che, almeno in apparenza, sembra aver riportato al centro del discorso ecclesiastico quello che dovrebbe essere il cuore pulsante di ogni pontificato: Dio stesso. Quando Papa Leone XIV parla di preghiera, di conversione, di misericordia divina, sentiamo finalmente riecheggiare quelle parole che la Chiesa ha custodito per duemila anni, quelle verità che non hanno bisogno di hashtag o di campagne mediatiche per toccare i cuori.
Ma qui nasce il paradosso che non possiamo fingere di non vedere. Perché se da un lato assistiamo a questo ritorno al linguaggio della fede autentica, dall'altro ci troviamo di fronte a un ecologismo che stride profondamente con la dottrina cristiana tradizionale. Come possiamo conciliare un Papa che predica la cura del creato fino a farne quasi una nuova religione, con quella stessa Chiesa che per secoli ha insegnato che l'uomo è il signore del creato, chiamato a dominarlo secondo il progetto divino? È come se vedessimo due personalità diverse convivere nello stesso pontificato: una che ci riporta alle radici evangeliche, l'altra che sembra abbracciare le mode del nostro tempo con un entusiasmo che lascia perplessi.
La storia dei Papi ci insegna che ogni epoca ha avuto i suoi modelli di leadership ecclesiastica, e forse oggi stiamo assistendo a un tentativo di sintesi che però non riesce a nascondere le sue contraddizioni interne. Quando sentiamo parlare di cambiamenti climatici dal soglio di Pietro con la stessa passione con cui un tempo si parlava della salvezza delle anime, non possiamo non interrogarci su dove stia andando la nostra Chiesa. Perché un conto è la custodia del creato come atto di amore verso Dio, un altro è trasformare l'ambientalismo in una sorta di nuovo vangelo che rischia di offuscare quello vero.
Forse il Papa perfetto non esiste davvero, come suggerisce ogni onesta riflessione sulla natura umana, ma almeno ora abbiamo un pontificato che, tra luci e ombre, ci costringe a ragionare su cosa significhi davvero essere successori di Pietro in un mondo che ha dimenticato di avere un'anima.
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