Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 30 aprile 2024

«Ecco come abbiamo smascherato la clinica dei bambini trans»

Common Sense pubblica la testimonianza di Sue Evans, che già nel 2005 aveva denunciato gli abusi della sua équipe alla Tavistock: «I piccoli più vulnerabili venivano avviati ai trattamenti ormonali subito e sotto la pressione degli attivisti». Qui l'indice degli articoli sulla realtà distopica. Alcuni precedenti specifici qui - qui - qui - qui.

«Ecco come abbiamo smascherato la clinica dei bambini trans»

«Quello che è successo alla Tavistock è la storia di come un piccolo gruppo di informatori – dottori, infermieri, genitori e pazienti, con l’aiuto di giornalisti e reporter – siano stati in grado di smascherare in maniera inesorabile un approccio medico portato avanti da attivisti irresponsabili. Ed è anche una lezione oggettiva per chi è profondamente preoccupato dall’approccio a senso unico delle cure transgender e si chiede che cosa dovrebbe fare a riguardo».
C’è tutto nella preziosa testimonianza scritta da Sue Evans per Common Sense, la formidabile newsletter della giornalista americana Bari Weiss. C’è il racconto degli anni trascorsi dall’esperta di psicoterapia psicoanalitica alla gender clinic di Londra, e delle ragioni che l’hanno portata, insieme al marito psicanalista Marcus Evans e altri coraggiosi medici, a ribellarsi alla prassi incontrollata di avviare i bambini a trattamenti sperimentali ormonali. Gli abusi compiuti per anni alla Tavistock e rivelati da un’indagine definitiva condotta dalla pediatra Hilary Cass, hanno portato il servizio sanitario britannico a decretare la chiusura della clinica la scorsa settimana.

Gli attivisti dettavano l’agenda della Tavistock
Eppure sono anni che dalla clinica arrivano notizie di dimissioni, rapporti, denunce, scandali. Evans inizia a lavorare con bambini e adolescenti nell’équipe del Gids, l’ormai famigerato servizio di sviluppo dell’identità di genere della Tavistock, nei primi anni 2000. E poche settimane dopo un ragazzo di 16 anni con una storia complessa che si sentiva nato nel corpo sbagliato viene avviato da una collega al trattamento con i bloccanti della pubertà già al quarto appuntamento. Un tempo troppo breve, in base all’esperienza di Evans, per arrivare a una valutazione diagnostica simile. L’approccio della Tavistock poi con gli adulti è sempre stato di tipo psicoterapeutico, prescrivere i farmaci un’eccezione: perché allora i colleghi non sembrano esitare a raccomandare i bloccanti della pubertà – a cui segue quasi sempre la somministrazione di omoni sessuali incrociati – ai bambini più vulnerabili, quelli alle prese con ansia, autismo, omofobia interiorizzata eccetera?

«Avevo anche notato che i medici senior del Gids si incontravano regolarmente con Mermaids, un gruppo di difesa dei pazienti transgender». Evans non ci vede nulla di strano, si tratta di aiutare i pazienti ad avere voce in capitolo. «Ma con il passare del tempo, è apparso chiaro che gruppi come i Mermaids stavano esercitando un’influenza su medici e clinici, dettando le aspettative di cura per i nostri pazienti».

Un giorno un superiore le intima di riscrivere una lettera indirizzata al medico di un paziente di sesso maschile assicurandosi di usare il nome femminile da lui scelto e i nuovi pronomi in cui si riconosce. Evans fa notare che questo avrebbe potuto confondere l’équipe clinica, dal momento che «stavamo parlando di un bambino maschio con disforia di genere». Le viene risposto che il mancato utilizzo dei nomi e dei pronomi corretti avrebbe potuto costare a lei e alla Tavistock una causa legale.

«Cercavo di occuparmi solo di bimbi troppo piccoli per i bloccanti»
Quando nel 2005 la Tavistock ospita una conferenza sull’assistenza sanitaria transgender, il relatore che apre i lavori dichiara che da quel momento in poi la clinica non avrebbe più dovuto pensare alla disforia di genere come a una malattia mentale. «Ma eravamo un team che si occupava di salute mentale e lavorava in una struttura per la salute mentale. Cosa avremmo dovuto fare se non curare i pazienti con condizioni psicologiche?». Internet non si era ancora impadronito di un’intera generazione di adolescenti influenzandola con le narrazioni sull’identità di genere – cosa che nel giro di un decennio avrebbe fatto schizzare i numeri di pazienti della Tavistock –, ma già Evans si sentiva rispondere con un’alzata di occhi al cielo ogni volta che provava a esprimere preoccupazione sulla fretta di prescrivere ai bambini farmaci dagli effetti permanenti.

«Cominciai a pensare di essere parte di qualcosa di non etico. Cercai di prendere in carico solo i bambini legalmente troppo piccoli per iniziare a prendere i bloccanti, il che mi avrebbe permesso di avere più tempo per fare un lavoro terapeutico a lungo termine, evitando al contempo di affrontare il dilemma di lavorare in un cosiddetto “servizio di passaggio” verso la medicalizzazione».

Il marito Marcus, stimato psicanalista al lavoro nel dipartimento per adulti della Tavistock, le suggerisce di parlare con un suo superiore. Il quale decide di avviare un’indagine interna. Siamo nel 2006, Evans potrà visionare i contenuti del rapporto solo quando la Bbc, nel 2019, riesce a entrarne in possesso: dati scarsi, follow-up insufficienti, documenti assenti o incompleti. Per anni la Tavistock era riuscita a seppellire i risultati del primo, allarmante, rapporto.

Il boom di ragazzine transgender
Nel 2007 Evans lascia il Gids, continuando a lavorare per la Tavistock, dove può occuparsi dei pazienti con la psicoterapia psicanalitica. Ma le è impossibile ignorare il boom di ragazzini – oltre tremila nel 2019 – che inizia ad affollare il servizio dell’identità di genere, sottoposto a pressioni crescenti per smaltire le lunghe liste di attesa e quindi avviare sempre più rapidamente i piccoli ai bloccanti.

«Anche il profilo dei pazienti era cambiato in modo significativo. Molti di loro erano ragazze adolescenti che non avevano mai mostrato prima segni di disforia di genere. Spesso, il loro sentore di essere un maschio si sviluppava insieme al loro seno o quando arrivava il ciclo. Erano inorridite dai loro corpi e volevano controllarne i cambiamenti».

Con i pazienti cresce anche però il numero di medici dissidenti: nel 2018, in seguito alla pubblicazione di un agghiacciante rapporto firmato dallo psicanalista David Bell, anche il marito di Sue, Marcus Evans, si dimette. Le sue dimissioni fanno scalpore in tutto il paese. Presenti entrambi a una riunione alla Camera dei Lord, con un rappresentante della Tavistock che nega categoricamente che alla clinica di prim’ordine si avviino i bambini a cura urgenti, Sue Evans sbotta pubblicamente: «Falso. Ho lavorato lì. E ho visto i bambini spinti a una transizione molto rapida».

Evans con Keira Bell in aula contro la Tavistock
Dopo quell’uscita viene avvicinata da un gruppo colleghi: c’è la mamma di una ragazza autistica che cerca aiuto, la figlia è stata rinviata al Gids senza essere in grado di comprendere appieno le conseguenze del trattamento e dare il consenso informato. Ma non può far ricorso da sola, né vuole, per tutelare la figlia, che il suo nome diventi pubblico. Evans accetta di aiutarla.

«Quasi nessuno nel Regno Unito voleva essere coinvolto, quindi ho iniziato a cercare testimonianze ed esperti negli Stati Uniti, in Australia e in Svezia. A poco a poco, abbiamo messo insieme dichiarazioni e prove a sostegno della nostra tesi, cioè che i bambini non potevano dare il consenso pienamente informato a un trattamento sperimentale che avrebbe avuto effetti per tutta la vita e dalle conseguenze ancora sconosciute. Tramite una giornalista ho trovato, tra i tanti, Keira Bell e sono stata subito catturata dalla sua storia».

Dopo essere stata avviata dalla Tavistock ai bloccanti della pubertà a 16 anni, testosterone a 17, doppia mastectomia un anno dopo, Keira diventa il testimone chiave del processo contro la Tavistock: nel 2020 l’Alta Corte inglese stabilisce che i minori di 16 anni non possono dare il consenso informato al blocco della pubertà. La vittoria dura pochi mesi: nel 2021 Keira Bell e i pazienti perdono in appello.

Oltre tre anni per far venire a galla la verità
Transfobia, bigottismo, terapie di conversione: Sue Evans e i detransitioners della Tavistock diventano i nemici dei diritti nella narrazione dei potenti gruppi a sostegno dell’identità di genere. Poi, settimana scorsa, dopo l’ennesimo rapporto guidato dalla pediatra Hilary Cass, la verità è venuta a galla. Tutta la verità.

Ne abbiamo scritto qui: non solo nel rapporto di Cass si conferma che per anni l’Nhs ha trattato bambini vulnerabili come transgender e con farmaci che avranno un impatto irreversibile sulla loro vita, senza sapere se quei farmaci avrebbero prodotto i risultati attesi o, al contrario, peggiorato il loro disagio. Non solo i bloccanti della pubertà potrebbero aver avuto l’effetto opposto a quello rivendicato. Ma il rischio che possano avere conseguenze a lungo termine per il funzionamento mentale dei bambini a cui sono stati somministrati c’è. E per porre fine a tutto questo ci sono voluti più di tre anni, le dimissioni di massa di molti medici, le denunce dei pazienti in tribunale, le prime pagine dei giornali, il coraggio di un piccolo gruppo di persone che non si sono arrese al furto dell’infanzia. - Fonte

8 commenti:

Anonimo ha detto...

Su "La Cruna dell'Ago" di Cesare Sacchetti potete leggere un ottimo articolo su "Il falso oppositore Vannacci". Con la speranza che vi sia un crollo di votanti, non lasciatevi infinocchiare dai falsi oppositori!

Anonimo ha detto...

Da noi qui in italia si procede a tutto spiano con il transgenderismo, nel silenzio assordante della Chiesa di "papa" Francisco, anzi con la complicità dei suoi vescovi, si veda il recente caso di quell'intelligentone del vescovo di Rimini, gaiamente partecipante alla locale giornata per la visibilità transgender...

https://www.rainews.it/tgr/liguria/articoli/2024/04/il-vescovo-di-rimini-alla-giornata-della-visibilita-transgender-806a1373-0a41-4a48-a045-a25ad22ce633.html

Anonimo ha detto...

Qual'e' la differenza tra il Mengele e costoro?

Anonimo ha detto...


Per tipi come Sacchetti gli oppositori sono tutti falsi oppositori.
L'importante per lui e per tutti gli iettatori antiitaliani è che non si vada a votare, che vinca la sinistra Woke, che l'Italia insomma e tutta l'Europa sprofondino definitivamente nella melma.
ar

Anonimo ha detto...

Su Sacchetti vorrei chiarirmi le idee, se qualcuno lo conosce meglio, mi sembra uno che frequenta i tradizionalisti ma, pure io, non ne condivido certe posizioni, come dichiarare tutti falsi oppositori, a volte puó essere e a volte no. A volte puó essere meglio cercare almeno di frenare con la destra , che se anche è sotto il controllo degli stessi padroni, va avanti a demolire più lentamente della sinistra. A meno di fare un deserto nelle votazioni... ma ció non faranno le persone che hanno come religione il partito, sono succubi di esso e andranno comunque. Se qualcuno sa di più su questo giornalista che ricorda un poco Landi.

Se poi non ci andasse nessuno... ha detto...

Può essere che C. Sacchetti abbia delle posizioni non condivisibili, ma riguardo ai sieri genici sperimentali, ai falsi oppositori e ad altre questioni egli non si sbaglia. Riguardo alle elezioni, ciascuno ha la propria posizione determinata dalle sue precise idee sulla democrazia parlamentare; vi è poi il caso di chi ormai si rifiuta di votare perché ha compreso che si tratta di una mascherata, senza avere mai letto J. de Maistre, Ch. Maurras, J. Evola e molti altri autori; vi è poi il caso ulteriore di chi non va a votare perché preferisce andare al mare o al lago. Tutte e tre le posizioni sono rispettabilissime e tutte e tre sono uno schiaffo per il mondialismo. Personalmente, ritengo che, qualora vi sia un partito che ci rappresenta almeno al 99%, sia una buona cosa andare a votare. Per codeste elezioni europee, solo in Germania, dove esiste il sistema proporzionale con lo sbarramento dello 0,5% (come dovrebbe essere dovunque, ancor meglio senza), si presenta un piccolo partito che io voterei. Comunque sia, alle elezioni di giugno vincerà la coalizione "Ursula", quindi sempre i soliti, che continueranno la solita politica che ben conosciamo. Nessuno, del resto, potrebbe opporsi alla linee guida dettate dalle élites. Le "linee guida" in realtà sono semplicemente ordini. Cullarsi nelle illusioni, correre ad un seggio, nascondersi dietro un séparé e mettere una croce su un simbolo sperando in chissà che cosa è davvero ridicolo. A meno che, come ho scritto di sopra, non vi sia un partito, sia pur piccolissimo, senza speranze, beninteso, ma combattutissimo dalle élites, meritevole del nostro sostegno, della nostra simpatia. Ciascuno è libero di regolarsi come crede. Dopo decenni di mascherate sempre meno credibili, soprattutto dopo la fine della prima repubblica, voluta dai poteri forti, rifiutarsi di tenere in piedi il teatrino è encomiabile. Se andasse a votare il 10% o al massimo il 20% degli elettori, si potrebbe gridare al miracolo. Se poi non ci andasse nessuno...

Anonimo ha detto...


"Qualora ci fosse un partito che ci rappresentasse almeno al 99%..."

Un partito così non è mai esistito e non esisterà mai.
Porre la questione in questi termini è cosa priva di senso.

Adesioni plebiscitarie si sono avute nell'occasione appunto di certi plebisciti, per esempio quello con il quale l'Austria aderì allo Anschluss, all'unione con la Germania nazista: i voti a favore furono, se ben mi ricordo, il 99,7%. Ma si è trattato di circostanze eccezionali.

mic ha detto...

Mozione della lega in Lombardia per bloccare la somministrazione di triptorelina ai bambini.
L'opposizione frigna: "transfobici"...
Fonte: La Verità