Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 29 luglio 2024

“Civis Romanus Sum”

Nella nostra traduzione da OnePeterFive una interessante sottolineatura della Romanitas della Chiesa nella sua realtà storica e soprannaturale.
Effettivamente l'appellativo "Romana" colloca la Chiesa nel tempo e nello spazio, in un luogo e in una memoria storica, centro gravitazionale innanzitutto spirituale e poi anche istituzionale. Secondo il Catechismo di san Pio X "La Chiesa di Gesù Cristo è la Chiesa Cattolico-Romana, perché essa sola è una, santa, cattolica e apostolica quale Egli la volle".1
Non posso non ricordare il card. Pacelli/Pio XII: «Nessuna città vince o vincerà il destino di Roma. Gerusalemme e il suo popolo non sono più la città e il popolo di Dio: Roma è la nuova Sion, e romano è ogni popolo che vive di fede romana. Città più popolose e ampie ha il mondo e ne vanno superbe le genti; città sapienti ebbe la storia delle Nazioni; ma città di Dio, città della Sapienza incarnata, città di un magistero di verità e di santità, che tanto sublima l’uomo da elevarlo sull’ara fino al cielo, non è che Roma, eletta da Cristo «per lo loco santo, u’ siede il successor del maggior Piero» (Inf., II, 23-24).» Cardinale Eugenio Pacelli, Il sacro destino di Roma - Discorsi e Panegirici (1931-1938), XXXV, pp. 509-514)
E ancora Pio XII, nel 1949, alla gioventù Romana: "Se mai un giorno (diciamo così per una mera ipotesi) la Roma materiale dovesse crollare, se mai questa stessa Basilica Vaticana, simbolo dell'una, invincibile e vittoriosa Chiesa cattolica, dovesse seppellire sotto le sue rovine i tesori storici, le sacre tombe che essa racchiude, anche allora la Chiesa non sarebbe né abbattuta né screpolata; rimarrebbe sempre vera la promessa di Cristo a Pietro, perdurerebbe sempre il Papato, l'una indistruttibile Chiesa fondata sul Papa in quel momento vivente. Così è. La Roma aeterna, in senso cristiano soprannaturale è superiore alla Roma storica. La sua natura e la sua verità sono indipendenti da questa".
Ma cosa è rimasto della "romanità" della Roma felix e nobilis, oggi? Niente, apparentemente. Né della Roma pagana né di quella cristiana. Abolendo il latino come lingua liturgica [un accenno qui] la Gerarchia cattolica attuale ha inflitto un vulnus micidiale agli studi classici, interrompendo in pratica il nesso tra pensiero classico e cristianesimo. Il cattolicesimo è diventato un coacervo di riti e chiese nazionali, in innumerevoli lingue e dialetti; un coacervo di "conferenze episcopali nazionali", caricature del parlamentarismo che ben conosciamo, con tutti i suoi difetti, oggi culminato nella sinodalità permanente qui. La "romanità" significava unità di comando e disciplina, senso del diritto e della "res publica", nell'unità del dogma (per la Chiesa) ma nel giusto rispetto delle autonomie locali. Unità in funzione di un'idea universale, tanto di potenza terrena, aggressiva ma anche civilizzatrice (così la Roma storica), quanto di potenza spirituale, di conversione delle anime a Cristo, per il Regno dei Cieli. (M.G.)

“Civis Romanus Sum”
Theo Howard

Una ragione dimenticata per cui i cattolici non possono essere nazionalisti (nel senso ideologico di considerare il moderno “stato-nazione” [vedi] l’ideale politico supremo) non è solo il fatto che abbiamo una fedeltà spirituale più elevata rispetto a quella da prestare allo stato-nazione, ma che possiamo dire di avere anche una maggiore lealtà politica. Ciò mi è diventato chiaro lo scorso Venerdì Santo a Londra, quando ho assistito a una delle poche Messe pre-1955 dei Pre-Santificati nel mondo in cui si prega ancora la tradizionale colletta per l’Imperatore Romano:
Preghiamo anche per il nostro cristianissimo imperatore N., affinché il Signore Dio riduca all’obbedienza a lui tutte le nazioni barbare, per la nostra pace perpetua.
Preghiamo. Inginocchiamoci. R. Alziamoci.
Dio Onnipotente ed Eterno, nelle Cui mani sono tutto il potere e il diritto dei regni; guarda con benevolenza l’Impero Romano, affinché le nazioni che confidano nella loro superbia e forza possano essere abbattute dal potere della Tua mano destra. Attraverso lo Stesso Signore. R. Amen.
Le preghiere della nostra parrocchia sono state fatte appositamente per il “cristianissimo imperatore (eletto) Carolum” — Karl von Habsburg [sul mito asburgico vedi -ndT] — che, come il nostro re protestante Carlo III, potrebbe certamente beneficiare della nostra supplica per ricevere particolari grazie regali da parte di Dio Onnipotente.

L’anno scorso si è risvegliata sui social media la tendenza piuttosto metamoderna di donne che chiedevano agli uomini quanto spesso pensassero all’Impero Romano. Con costernazione di molte donne, la risposta degli uomini era spesso: ogni settimana, o addirittura ogni giorno.

Chiaramente l’Impero Romano ha impresso un archetipo ineludibile nella mente dell’uomo occidentale (anche di quello secolarizzato). Piuttosto che accettare la spiegazione fornita dalla classicista “woke” Mary Beard, secondo cui l’Impero Romano fornisce uno “spazio sicuro in cui gli uomini possono sentirsi macho” (anche se ha ragione nel dire che il fascino è maschile), leggendo The Iron Sceptre of the Son of Man: Romanitas as a Note of the Church [Lo scettro di ferro del Figlio dell’Uomo: la Romanitas come caratteristica della Chiesa] del Dottor Alan Fimister, il lettore potrebbe essere convinto che la vera ragione della persistenza della mistica di Roma sia soprannaturale.

La Chiesa è la continuazione di Roma (in particolare nel suo potere temporale), secondo il profeta Daniele; essa è cresciuta sotto la persecuzione prima, e poi sotto la protezione dell’Impero. Roma è l’antitipo della Città di Dio. Un’usanza più tarda che esprimeva la stretta unione tra Impero e Chiesa era la pratica di ordinare diacono l’imperatore del Sacro Romano Impero durante la sua incoronazione da parte del papa — il chierico, che è il vero Pontifex maximus, al quale questo titolo pagano fu ceduto dall’Imperatore Graziano o Teodosio il Grande — in modo tale che, come laico e chierico, potesse predicare il Vangelo, esserne avvocato temporale e “servire a tavola” — servendo la messa pontificia per il successore di San Pietro. [1]

Nel suo nuovo lavoro, lo storico e filosofo Alan Fimister espone una visione della grande sintesi operata dalla Divina Provvidenza delle tradizioni ebraica, greca e latina nella perfezione della Santa Chiesa Cattolica. Egli fornisce uno degli argomenti più completi e attuali a favore della Chiesa come continuazione di Roma e della Romanitas come caratteristica della Chiesa.

La forza dimostrata dall’Impero Romano nel sottomettere i suoi nemici — come invocato nella colletta del Venerdì Santo — nella sua epoca pre-cristiana era, sostiene San Cirillo d’Alessandria, la manifestazione esterna della sua “filosofia pratica” interna. È questo genio della “filosofia pratica” che ha dato a Roma la capacità di formare istituzioni, emanare leggi e portare una tranquillità e un ordine senza precedenti nella storia nell’intero mondo mediterraneo. Per due volte in 1 Maccabei i romani sono descritti come “possenti al potere”, e Sant’Ireneo riconosce che “grazie al loro intervento il mondo è in pace, e noi camminiamo sulle strade senza paura, e navighiamo dove vogliamo”.

Fimister propone un’interessante riflessione sulla concezione occidentale della Romanitas rispetto a quella orientale. L’Occidente lo vede come specificamente fissato alla località di Roma. La concezione orientale della Romanitas, soprattutto dopo il sacco di Roma da parte dei Goti nel 410 d.C., la vede come un carisma di primato giurisdizionale che può essere esercitato in diverse località geografiche. Fimister fa risalire l’identità romana stessa della Chiesa alla prima Costituzione dogmatica del Vaticano I, Dei Filius, e si sofferma a sottolineare che la Romanitas della Chiesa è integrale, centrata sulla città di Roma, ma non limitata alla Chiesa latina. Ricorda al lettore che la nozione di “Impero bizantino” è un miraggio storico e che l’autocomprensione di quest’ultimo come impero della Nuova Roma non fa che rafforzare la romanità dell’intera Chiesa.

La perizia di Fimister nella filosofia politica è evidente e pertinente ai temi del libro. Include un’elaborazione molto interessante che mette a confronto la costituzione repubblicana di Roma (molto più longeva di quanto comunemente si pensa) e quella del regno asmoneo. L’autore osserva che gli imperatori restarono sempre magistrati eletti dai loro concittadini e removibili dallo stesso potere. Fu solo con il Rinascimento che il carattere monarchico dell’Impero venne enfatizzato rispetto a quello repubblicano. Implicitamente, ciò pone un’interessante analogia ecclesiale con l’ascesa post-tridentina dell’“iperpapalismo” e la concomitante erosione della sussidiarietà all’interno della Chiesa. Allo stesso modo, l’invenzione del termine “bizantino” con riferimento all’Impero Romano d’Oriente da parte di storici rinascimentali ostili non fa altro che oscurare la Romanitas della Chiesa. L’uso del termine “cattolico romano” per descrivere esclusivamente i cattolici di rito romano distinti dai cattolici appartenenti ad altri riti ha contribuito a perpetuare questa confusione.

Fimister intreccia con eleganza le profezie dell’Antico Testamento alle misteriose anticipazioni della tradizione pagana romana nella sua affascinante analisi della profezia che mette in rilievo il significato soprannaturale di Roma. Circa vent’anni dopo che il primo imperatore romano Augusto chiuse drammaticamente le porte del Tempio di Giano a Roma — a simboleggiare che la Repubblica Romana era in pace su tutti i suoi confini — Virgilio scrisse la sua famosa Quarta Ecloga: quando la beatitudine primordiale sarà restaurata da un neonato figlio di Giove, “greggi lontani non avranno paura del mostruoso leone. La tua stessa culla riverserà su di te fiori carezzevoli. Anche il serpente morirà”.

Sfortunatamente, ci sono alcune parti inevitabilmente poco sviluppate in quello che è un volume piuttosto ridotto. Sorprendentemente, Fimister omette il collegamento del battesimo alla cittadinanza romana da parte dell’imperatore Giustiniano nel suo famoso corpus che fornisce la base giuridica per la continua esistenza dell’Impero Romano nella Comunione dei Battezzati. Sarebbe stato interessante anche conoscere meglio come la lingua latina abbia “praticamente” permesso alla Chiesa di esprimere i misteri divini e le dottrine della fede attraverso i secoli. L’autore menziona solo di sfuggita il contrasto tra la città di Roma e quella di Babilonia, da cui provenirono il Talmud malvagio e blasfemo e la “magia del denaro” che tanto danno hanno fatto all’Occidente. Un’analisi completa di come il Talmud, all’interno della tradizione rabbinica, identifica ripetutamente “Edom” (un nome cifrato per la Roma cristiana) come il suo nemico principale avrebbe ulteriormente approfondito la tesi di Fimister e fornito la corroborazione della tradizione anticristiana.

Gli uomini pensano a Roma ogni giorno, risponderebbe Fimister all’unisono con San John Henry Newman, perché:
non è affatto certo che l’Impero Romano sia scomparso. Lungi da ciò: l’Impero Romano, dal punto di vista della profezia, rimane fino ai giorni nostri… l’attuale struttura della società e del governo, nella misura in cui rappresenta le potenze romane, è ciò che trattiene, e l’Anticristo è ciò che sorgerà quando questo freno verrà meno.
Come hanno scritto i Padri africani una quindicina di secoli fa: “Essere romano è essere cattolico, ed essere cattolico è essere romano”. [2]
22 luglio 2024
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[1] Per ulteriori approfondimenti sul sacerdozio pagano dell’imperatore romano e sul suo rapporto con il papato, vedere T. S. Flanders, City of God vs. City of Man (Our Lady of Victory Press, 2021), 29, 125, 133, 143-194 .
[2] Citato dal cardinale Vaughan in un discorso tenuto a Newcastle upon Tyne nel 1901; citato da Fimister, op. cit., 31.

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Nota di Chiesa e post-concilio
1. O Roma felix, quæ tantórum príncipum
es purpuráta pretióso sánguine,
non laude tua, sed ipsórum méritis
excéllis omnem mundi pulchritúdinem.

(Inno, Primi Vespri 29 giugno, festa dei santi Pietro e Paolo)

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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A I U T A T E, anche con poco,
l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
(ora che sono sola ne ho più bisogno)
IBAN - Maria Guarini
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Codice BIC SWIFT : UNCRITM1731

5 commenti:

Anche questa è Romanitas ha detto...

Dal pellegrinaggio Oviedo-Covadinga.

Ad Communionem all'Alta Messa di questa sera: un pezzo gregoriano seguito dall'"Adoro te devote" nella melodia originale, con strofe gregoriane alternate ad arrangiamento polifonico.

In questi pellegrinaggi si vede, all'aria aperta, in circostanze poco propizie, più devozione e segni di riverenza, più autentica tradizione cattolica, di quanto si possa vedere in una tipica parrocchia da sessant'anni. Guardate qui: inginocchiarsi per la comunione, davanti a una ringhiera improvvisata con un panno di rimedio; patena tenuta per chi di comunica; solo il clero distribuisce; canto gregoriano cantato, seguito da polifonia.

Questa è la boccata di aria fresca che il cattolicesimo tradizionale porta alla Chiesa più grande. Invece di essere trattati da lebbrosi, vanno accolti come coloro che riescono a ricordare a tutti noi ciò che è andato perduto e che deve essere ripristinato.

https://www.youtube.com/watch?v=bR5vWP7mrOI

Anonimo ha detto...

Credo che le bellissime variazioni di Adoro Te Devote siano del grande Sacerdote Carmelitano Padre RODRIGO DI ROCCO, compositore Sacro della metà del Novecento!
Stefano Gizzi

Anonimo ha detto...

Cio' dimostra che ci vuole poco, anzi pochissimo, per ristabilire l'ordine voluto da Dio : "chi sei tu e CHI SONO IO !" e chi sono i Suoi Ministri (riconoscibili,identificabili)che non lavorano per una 'amministrazione comunale' e non vestono la casacca di Mao ma per il Regno dei Cieli e che Lo testimoniano tutta la vita (con la grazia di Dio) con l'abito e con il sacrificio.

Anonimo ha detto...

Pellegrinaggio a Covadonga 2024. Alcune immagini. Domani 29 Luglio 2924 la Messa conclusiva “proibita” - - #nsc2024 #covadonga
Domani 29 Luglio si conclude il Pellegrinaggio da Oviedo a Covadonga 2024.
Per la prima volta la S. Messa solenne conclusiva (quest’anno celebrata da mons. Marco Agostini foto sotto), sarà officiata non nella basilica ma nel piazzale, a seguito del divieto scoccato niente popodimeno che dal Dicastero per il Culto Divino (qui il post di MiL sul caso).
Di seguito alcune foto (prese dalla pagina Facebook ufficiale di Nuestra Señora de la Cristianidad, in cui si vede che ai momenti di preghiera non sono mancati mimenti di spensieratezza giovanile) in attesa di quelle domani.
https://blog.messainlatino.it/2024/07/pellegrinaggio-covadonga-2024-alcune.html

Anonimo ha detto...

Lauda Ierusalem, Dominum! IV Peregrinación NSC-España (2024-07-28)
Canto festivo del Salmo 147: Lauda Ierusalem, Dominum! Mientras nos acercamos al altar de Dios, al Dios que alegra nuestra juventud (Salmo 42).
https://www.youtube.com/watch?v=ParKYpRhtAo
Domingo X después de Pentecostés, Día 2, IV Peregrinación Anual NSC-España Oviedo-Covadonga (2024-07-28).