Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 17 luglio 2024

Arciv. Viganò / In Sanguine Tuo Omelia nella solennità esterna Del Preziosissimo Sangue di N.S.G.C.

Qui l'indice degli interventi precedenti e correlati.
In Sanguine Tuo 
Omelia nella solennità esterna 
Del Preziosissimo Sangue di N.S.G.C. 

Redemisti nos, Domine, in sanguine tuo,
ex omni tribu, et lingua, et populo, et natione:
et fecisti nos Deo nostro regnum.
Ap 5, 9-10
Fratelli e sorelle carissimi,
Permettetemi innanzitutto di manifestarvi la mia serenità d’animo nell’affrontare questa prova. Ho sperimentato la stessa pace interiore quando, qualche anno fa, ho riscoperto la Messa tradizionale, che da allora non ho mai smesso di celebrare esclusivamente e che mi ha riportato al cuore palpitante della nostra santa Religione, a comprendere che essere unito a Cristo Sacerdote nell’offerta all’eterno Padre deve necessariamente tradursi nella mistica immolazione di sé sul modello di Cristo Vittima, nel ripristinare l’ordine divino in cui la Carità ci consuma di amore per Dio e per il prossimo, e ci mostra quanto sia incomprensibile – oltre che inaccettabile – modificare alcunché di quest’ordine perfetto che la Santa Chiesa anticipa sulla terra proprio mettendo la Croce al centro di tutto. Stat Crux dum volvitur orbis.

Da sessant’anni, tuttavia, assieme al mondo, volvitur et ecclesia. Anche il corpo ecclesiale ha perso il proprio punto di stabilità: ieri, nel folle tentativo di adeguarsi al mondo ammorbidendo la propria dottrina; oggi, nella deliberata volontà di cancellare la Croce, segno di contraddizione, per compiacere il Principe di questo mondo. E in un mondo ostile alla Croce di Cristo, non è possibile predicare Cristo, e Cristo crocifisso, perché ciò risulta “divisivo” di una “umana fratellanza” dalla quale è esclusa la paternità di Dio. Non stupisce quindi che coloro che annunciano il Vangelo senza adattamenti siano considerati nemici. I Cristiani di tutte le epoche, e tra loro i Pastori in primo luogo, sono sempre stati avversati e combattuti e uccisi proprio per l’incompatibilità tra la Civitas Dei e la civitas diaboli. Ce lo ha insegnato il Signore: Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra (Gv 15, 20).

Pochi giorni fa una chiesa asservita al mondo mi ha processato per scisma e condannato con la scomunica per aver professato apertamente la Fede che il Signore con la Consacrazione Episcopale mi ha ordinato di predicare; la stessa Fede per la quale furono uccisi i Martiri, perseguitati i Confessori, imprigionati o esiliati sacerdoti e Vescovi. Ma come possiamo anche solo pensare che sia la vera Chiesa a colpire i suoi figli e i suoi Ministri, e allo stesso tempo ad accogliere i suoi nemici e a far propri i loro errori? Questa chiesa, che si denomina “conciliare e sinodale”, è una contraffazione, una contro-chiesa, per la quale tutto inizia e finisce in questa vita, e che non vuole accettare nulla di eterno proprio perché l’immutabilità della Verità di Dio è intrinsecamente aliena alla rivoluzione permanente che essa ha accolto e che promuove.

Se non fossimo perseguitati da chi è ostile alla Croce, dovremmo mettere in discussione la nostra fedeltà a Cristo, che da quel trono di dolore e di sangue ha colpito a morte il Nemico del genere umano. Se il nostro Ministero potesse essere in qualche modo “tollerato”, vorrebbe dire che è inefficace e compromesso, anche solo per l’accettazione implicita di una impossibile convivenza tra opposti, di una ermeneutica della continuità in cui c’è posto per la verità e l’errore, per la luce e le tenebre, per Dio e Belial. Ecco perché considero questa sentenza del sinedrio romano come un motivo di chiarezza: un Cattolico non può non essere in stato di scisma con chi rifiuta la Professione della Fede nella Carità. Non può esservi alcuna comunione con chi per primo ha infranto il vincolo soprannaturale con Cristo e con il Suo Corpo Mistico. Né vi può essere obbedienza e sottomissione ad una versione adulterata del Papato in cui l’autorità si è deliberatamente sottratta a Cristo, principio primo di quell’autorità, per mutarsi in tirannide.

Così, come nella scelta moralmente necessaria di tornare alla Messa Apostolica ho ritrovato il vero significato del mio Sacerdozio, anche nella decisione di denunciare l’apostasia della Gerarchia modernista e globalista ho ritrovato il senso del mio Episcopato, dell’essere un Successore degli Apostoli, testimone di Cristo e Pastore nella Sua Chiesa.

Pavidità, rispetti umani, valutazioni opportunistiche, sete di potere o corruzione hanno condotto molti miei Confratelli a compiere la scelta più semplice: lasciare solo il Signore nella Sua Passione e mischiarsi tra la folla dei Suoi carnefici, o anche solo rimanere a guardare per timore di mettersi contro i sommi sacerdoti e i gli scribi del popolo. Alcuni di essi, come Pietro, ripetono il Non Lo conosco per non essere condotti davanti allo stesso sinedrio. Altri se ne stanno chiusi nel loro cenacolo, accontentandosi di non essere processati e condannati. Ma è questo che il Signore vuole da noi? è a questo che Egli ci ha chiamati, scegliendoci come Suoi Ministri e come annunciatori del Suo Vangelo? Cari fratelli, benedite con me questi tempi di tribolazione, perché è solo in infirmitate che abbiamo la certezza di compiere la Volontà di Dio e di santificarci con la Sua Grazia. Come dice San Paolo: La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza (2 Cor 12, 9). Il nostro essere docili strumenti nelle mani del Signore è l’indispensabile premessa per far sì che la Sua opera sia veramente divina.

A noi non è chiesto altro che di seguirLo: Veni, et sequere me (Mt 10, 21); di seguirLo lasciando tutto il resto, che è compiere una scelta radicale. Ci è chiesto di predicare il Suo Vangelo, di battezzare tutte le genti nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, di custodire fedelmente tutti i precetti che il Signore ci ha comandato di osservare (Mt 28, 19-20). Ci è chiesto di tramandare intatto ciò che abbiamo ricevuto – tradidi quod et accepi – senza aggiunte, senza cambiamenti, senza omissioni. E di predicare il Verbo opportune, importune, sopportando tutto: in omni patientia et doctrina (2 Tim 4, 2). Ci è chiesto di prendere la nostra croce ogni giorno, di rinnegare noi stessi, di essere pronti a salire il Calvario e farci crocifiggere con Cristo per risorgere con Lui, per partecipare della Sua vittoria e del Suo trionfo nell’eternità beata del Cielo. Ci è chiesto di completare nella nostra carne ciò che manca ai patimenti di Cristo, per il bene del Suo Corpo che è la Chiesa (Col 1, 24). Occorre che i Pastori tornino ad appartenere a Cristo, scrollando da sé il giogo opprimente di un asservimento al mondo che li rende complici della rovina della Chiesa.

Dal Sacratissimo Cuore, trafitto da una lancia, sgorga la Grazia infinita dei Sacramenti e principalmente del Sacerdozio cattolico. Esso assicura la perpetuazione dell’azione redentrice di Cristo attraverso la Storia, perché il Sacrificio perfetto della Vittima divina – che mediante il proprio sangue entrò una volta per sempre nel Santuario (Eb 9, 12) – continui ad essere offerto sotto le Specie sacramentali all’Eterno Padre. Similmente, quando la Chiesa appare vinta e la si dà per morta, una lancia al suo costato rinnova quel sangue e quell’acqua, preparando le premesse di una futura restaurazione e garantendo la conservazione del Sacerdozio, della Messa, dei Sacramenti: della Tradizione. Saranno quel sangue e quell’acqua ad irrigare questa terra arsa e spaccata dalla siccità, assetata di Vero e di Bene, perché il semen Christianorum germogli e dia frutto.

Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi sotto l’aspetto di pecore, ma che nell’intimo sono lupi rapaci (Mt 7, 15): con queste parole, significativamente proposte dalla Liturgia di questa VII Domenica dopo Pentecoste e che leggeremo nell’ultimo Vangelo, il Signore ci mette in guardia da coloro che usurpano il dono della profezia per contraddire la Fede che Egli ha rivelato e insegnato agli Apostoli affinché fosse tramandata fedelmente nel corso dei secoli. Il Signore non dice: Guardatevi da chi semina l’errore, ma dai falsi profeti. Chi sono questi falsi profeti, questi pseudochristi di cui parla la Sacra Scrittura? Sorgeranno infatti falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti. Ecco, io ve l’ho predetto (Mt 24, 24-25). Costoro sono i mercenari, i falsi pastori, coloro che possiamo riconoscere ex fructibus eorum, dai loro frutti, da ciò che essi compiono (Mt 7, 16-20). I frutti li conosciamo e li abbiamo sotto gli occhi: la distruzione pianificata della Vigna del Signore da parte dei Suoi stessi vignaioli.

Quanto mi viene imputato come crimine per dichiararmi scismatico e condannarmi alla scomunica è stato messo agli atti di un processo che condanna non me, ma i miei accusatori, nemici della Croce di Cristo. Quando l’eclissi che oscura la Chiesa terminerà e Nostro Signore tornerà ad essere al centro della vita dei suoi Ministri, chi oggi è ostracizzato troverà giustizia, e chi ha abusato del proprio potere per disperdere il Gregge del Signore dovrà rispondere al Suo tribunale e a quello della Storia. Noi continueremo a fare quello che hanno fatto tutti i Vescovi cattolici, spesso venendone perseguitati.

E continueremo nella nostra opera anche se ciò viene ostacolato da chi usurpa il potere delle Sante Chiavi contro la Chiesa stessa. L’autorità dei Pastori – e quella del Sommo Pontefice – è nelle mani di falsi pastori, che in quanto tali contano proprio sul nostro rispetto per la Gerarchia e sulla nostra abituale obbedienza, per farci accettare il tradimento di Cristo e la rovina delle anime. Ma l’autorità viene solo da Cristo, che vuole che tutti siano salvi e che giungano per mezzo dell’unica Arca di Salvezza all’eterna beatitudine. Se l’autorità vicaria in terra predica la salvezza dalle false religioni e l’inutilità del Sacrificio di Cristo, essa rompe quel cordone ombelicale che la lega a Lui, delegittimandosi da sé. Noi non ci separiamo dalla Santa Madre Chiesa, ma dai mercenari che la infestano. Non rifiutiamo obbedienza e sottomissione al Pontefice, ma a chi umilia e manomette il Papato contro la Volontà di Cristo. Non impugniamo la Verità rivelata – quod Deus avertat! – ma gli errori che tutti i Papi hanno sempre condannato e che oggi sono imposti da chi vuole rendere la Santa Chiesa serva dei suoi nemici (Lam 1, 1), da chi si illude di poter mantenere vivo il corpo ecclesiale separandolo dal suo Capo che è Cristo.

Noi non abbiamo un Pontefice che possa giudicarci e scomunicarci. Se ci fosse un Papa non sarei nemmeno processato, né scomunicato o dichiarato scismatico, perché entrambi professeremmo la medesima Fede e comunicheremmo al medesimo altare. Se oggi Bergoglio mi processa per condannarmi e scomunicarmi, è proprio perché costui fa pubblica professione di appartenere ad un’altra religione e di presiedere un’altra chiesa, la sua chiesa, la chiesa sinodale dalla quale io vengo “cacciato” in quanto Cattolico e, appunto, estraneo ad essa.

Pregate, fratelli carissimi. Pregate anzitutto per i fedeli e i Ministri che vivono la contraddizione dell’appartenenza morale alla vera Chiesa di Cristo e alla falsa chiesa dell’usurpatore-Bergoglio, perché si scuotano dal loro torpore e si schierino sotto la Croce, dando testimonianza alla Verità. Pregate per quei Vescovi e sacerdoti che con umiltà e nonostante le loro infermità servono il Signore. Non vanifichiamo il Sangue Preziosissimo che Egli ha sparso per noi, e anzi facciamo in modo di poter ripetere con San Paolo: Gratia Dei in me vacua non fuit (I Cor 15, 10). Questo Sangue scenderà oggi sul nostro Altare, e continuerà a scendervi finché la Chiesa avrà Vescovi che possano perpetuare il Sacerdozio e sacerdoti che celebrino il Santo Sacrificio, secondo il rito consegnatoci dalla Sacra Tradizione. Per questo agiamo con il cuore sereno e nella persuasione che quanto sto compiendo sia conforme alla volontà di Dio. E così sia.
+ Carlo Maria Viganò, Arcivescovo
7 Luglio 2024 Dominica VII post Pent.

8 commenti:

Anonimo ha detto...

«Pio X, nel 1906, proprio qui a Roma aveva beatificato le sedici Carmelitane di Compiègne martiri durante la rivoluzione francese. Durante il processo si sentì la condanna: a morte per fanatismo. E una nella sua semplicità ha chiesto: "Signor Giudice, per piacere, cosa vuol dire fanatismo?, e il giudice: "è la vostra sciocca appartenenza alla religione". "Oh, sorelle!, ha detto allora la suora, avete sentito, ci condannano per il nostro attaccamento alla fede. Che felicità morire per Gesù Cristo!". Sono state fatte uscire dalla prigione della Consiergerie, le hanno fatte montare sulla fatale carretta, durante la strada han cantato inni religiosi; arrivate al palco della ghigliottina, uno dopo l'altra si sono inginocchiate davanti alla Priora e hanno rinnovato il voto di obbedienza. Poi hanno intonato il Veni Creator; il canto, però, si è reso via via sempre più debole, man mano che le teste delle povere suore, ad una ad una, cadevano sotto la ghigliottina. Rimase ultima la Priora, Suor Teresa di S. Agostino; e le sue ultime parole furono queste: "L'amore sarà sempre vittorioso, l'amore può tutto". Ecco la parola giusta, non la violenza può tutto, ma l'amore può tutto».
(Giovanni Paolo I, Angelus 24 settembre 1978)

Laurentius ha detto...

Grazie, Monsignore, per la sua chiara e coraggiosa omilia. È la voce del Buon Pastore! Viva Gesù nostro amore. E Maria nostra speranza.

Anonimo ha detto...

La mia impressione, che una cappa diabolica sia stata calata sull' umanità, ormai è  certezza. In casa si diceva: il più  pulito ha la rogna. Purtroppo rognosi siamo tutti, chi più  chi meno. Ma esiste un gruppo moltissimo rognosissimo, che si moltiplica di giorno in giorno. E anche la Fede, purtroppo, è  tiepida. Causa forza maggiore, ieri ho assistito ad un messa conciliare: le solite sgominate tra laici per le letture, i sacerdoti anziani che cercano di mantenere invano un ordine, le variazioni anche nelle preghiere che abbiamo imparato da bambini, il sacerdote che durante il rosario scandisce bene il nome del regnante (forse ha anche lui qualche dubbio),  si ha l'impressione di una recita in cui non si capisce se gli interpreti recitano ignari di recitare o ne sono consapevoli, eppoi quel certo o quella certa appena comunicato/a che svicola rapido/a verso l'uscita...mi fu detto che forse sono di quelli che fanno riti strani con l'ostia consacrata, non so. Se si sa, bisognerebbe arginare il fenomeno. Insomma alla fine un gran dolore, aumentato dal fatto che non siamo nelle periferie del mondo, ma evidentemente il degrado in cui siamo immersi ci gemella con esse.
m.a.

Boh!? ha detto...

Il più grande nemico del Rito Romano, insieme al Cardinale Parolin, è Monsignor Vittorio Viola, Segretario del Dicastero per la Liturgia, soprannominato 'Monsignor Nada, Nada, Nada', scrive PaixLiturgique.fr (11 luglio).
https://gloria.tv/post/y1434pMkFTw92GTGq69gTVycB

Una volta sono incappata in rete in un commento (uno dei tanti come il mio)relativo ad una omelìa sul peccato originale in cui l'autrice scriveva :" Beh, il peccato originale l'ha fatto Eva, io non c'entro niente quindi e' inutile che incolpate anche noi ". Questo il tenore..

Anonimo ha detto...

Non ci crederete, ma proprio questa mattina presto, dopo la santa Messa, mi è balenato in mente "stat crux dum volvitur orbis".
Quindi -trovato l'articolo su Chiesa e post concilio- ho letto le parole di Mons. Viganò con particolare emozione.

Innanzitutto perché sono le parole di un pastore, cioè di chi ha ricevuto il sacramento dell'ordine e ora si trova come dis-ordinato, in una situazione in cui lo scomunicante e lo scomunicato si presentano come "segno di contraddizione" rispetto al vero e al consueto.

Poi perché nell'orbis che "volvitur" c'è finita anche un'ecclesia che sembra disordinatamente confusa: rende culto solo all'uomo e non allo Sposo vero Dio e vero uomo.
In Gesù ciò che è divino identifica la sua natura, mentre ciò che è umano quella natura l'ha assunta perché noi potessimo assumere quella divina. E' il mistero del cristianesimo.

Un mistero che passa dal sangue versato dal corpo di Cristo piagato dalla e sulla croce.
Un mistero in cui -per Grazia- a chi Dio lo concede (spesso solo ai piccoli è dato, come abbiamo ascoltato nel vangelo) si scopre che: "solo quando sono debole allora sono forte"

Perché questo rovesciamento? Questo apparente "capovolgimento dell'ordine naturale"?
Perché è solo ai piccoli che capita di cogliere ciò che ai grandi del mondo è impossibile.

In Cristo tutte le creature sussistono: Lui ne è il fondamento. E il fondamento è in basso!
Bisogna stare nel punto di vista di Cristo, che è il fondamento.
Non è una banalità... Senza quello, crolla tutto! Crolla e finisce nel non senso.
Vale anche per l'Ecclesia e per il suo "ordine".
Può trasformarsi in ministerium e dunque anche nel potere dei grandi.
Perde l'innocenza. Perde la Grazia.

Per con e in Cristo il cristiano e il cristianesimo stanno dove si deve: sotto, dove si sopporta e si sostiene tutto, perché tutto possa stare su.

Questo vuole Dio, questo ha detto Gesù, questo attiene ai cristiani in comunione eucaristica con Lui, l'ostia (che infatti significa vittima). Non è da “perdente”: è da risorti. Non è la forza per offendere o uccidere, ma per tenere su tutto, anche i cattivi!
Leggerissima come il soffio dello Spirito Santo. Pura Grazia! Sottostante, a sopportare.
Come l'Agnello di Dio che prende su di sé il peccato del mondo.

Stare lì, nella debolezza, rende forti. Nel farsi piccolo si sta dove si deve, per riempirsi di Grazia. E’ la perfetta assimilazione con il Cristo in croce, nostro Redentore.
Se togliamo questo crolla tutto: anche noi con tutte le nostre eventuali ragioni.

Dal caos diabolico del mondo, dalla falsità che caratterizza chi è falsario e omicida fin dal principio discende l’inevitabile incontro con la morte. Ci può salvare soltanto il Signore. E lo sta facendo. Per noi dipende da dove stiamo.

Ci fidiamo? Bisogna stare con Gesù sotto, dove si sop-porta la croce.

R.S.

Anonimo ha detto...

Perfetto e limpido come spada che divide. Riconosco la Voce del Buon Pastore. E vorrei che i Pietro che dicono : non Lo conosco, (predicando altro che è gradito oggi o tacendo o giustificando), per il terrore conscio o inconscio del sinedrio odierno, e gli altri che si chiudono nel cenacolo ( nei cenacoli) accontentandosi di non essere perseguiti ( in effetti queste isole felici non possono essere di chi segue Cristo, perchè la caratteristica che più indica la vera Chiesa -lessi e constato- è la persecuzione), vorrei dunque, e prego per questo, che invocassero lo Spirito Santo affinchè doni loro quella fortezza indispensabile per uscire dai Cenacoli e per pianger le vigliaccherie , per la salvezza dell'umanità. Non serve attendere il conclave prossimo perchè si rischia di cadere nel baratro oppure di combattere ancor di più ... dovranno versare il loro sangue comunque, se ancora crederanno. E lo scisma ci sarà comunque perchè chi consciamente ha cambiato la faccia della Chiesa non si arrenderà neppure in conclave. Trovate il coraggio ora di difendere Cristo.

by Tripudio ha detto...

Piccolo promemoria per i lettori distratti: l'eretico, per continuare a spacciarsi per cattolico, non proferisce eresie chiare e tonde e riconoscibili (lo sa benissimo di essere eretico e di dover evitare di farlo notare) ma gioca continuamente sulle ambiguità, in modo da avere sempre qualche comoda scappatoia.

Esempio: l'eretico non ti viene a dire "Gesù non è Dio"; l'eretico ti dirà frasi ampollose e ambigue - del tipo: "Gesù ha fatto esperienza del perdono del Padre" - in modo che se lo accusi di eresia ti dirà che non hai capito che con "perdono" lui intendeva come "amore misericordioso". (Fun fact: è esattamente una delle eresie neocatecumenali, che viene propalata solo perché è il fondatore Kiko ad insegnarla: i suoi adepti mai si sognerebbero di insegnare cose che non hanno prima udito da lui).

Nessun eretico ammette mai di essere eretico. L'eretico si presenta sempre come quello che ha capito e che ti spiega, come quello che finalmente porta una novità, come quello che "riscopre" (cioè reinterpreta), come quello dall'elegante parlantina...

...e però, posto di fronte alle sue ambiguità, si rifiuterà di dire se il bianco è bianco e il nero è nero.

Dunque se mons.Viganò indica come eretici dei soggetti, non dovreste lamentarvi troppo dell'assenza di una sentenza ufficiale che li dichiari tali, né lamentarvi di non aver ancora visto la "pistola fumante" di un'eresia chiarissimamente riconoscibile come tale. Viganò, in qualità di successore degli Apostoli, ha l'autorità di che voialtri laici non avete, oltre che la grazia di stato e la maggior capacità di riconoscere quelle pieghe di ambiguità in cui si nascondono eresie. (Peccato che la stragrande maggioranza dei vescovi sia donabbondiesca e timorosa di rovinarsi la "carriera" ecclesiastica; anche gli Apostoli, e praticamente tutti, nel momento difficile, fuggirono...).

Vi raccomando poi di non avere la memoria corta. Per esempio, quanto detto e ripetuto nella Correctio Filialis anni fa è -purtroppo!- ancora valido: indica ben sette affermazioni eretiche ben nascoste nelle pieghe dell'ambiguità, la più plateale nel paragrafo 301 (quello del «non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante»). E quando i catto-normalisti vanno in giro con la foglia di fico che l'Amoris laetitia sarebbe solo un'esortazione apostolica postsinodale, bisogna rispondere loro che è il dicastero per la Dottrina della Fede ad averlo classificato come "magistero ordinario").

Insomma, la questione sta diventando sempre più spinosa, e non può essere derubricata a una robetta dei soliti Masaniello clericali.

(E se qualcuno ha voglia di leggersi un polpettone di centocinquanta pagine imbottito di citazioni di Bergoglio, Ratzinger, Wojtyła, che però punta a demolire "ecumenicamente" tutte le certezze che avevamo sul successore di Pietro, si accomodi pure: "Il vescovo di Roma")

Anonimo ha detto...

Ho riletto, dopo pochi giorni, l'omelia di Mons.Viganò, forse con più  attenzione, forse con stato d'animo più  sereno. Il fatto che mi era sembrato un po' stridente, cioè parlare di sé in una omelia,  oggi l'omelia mi è  parsa il solo luogo giusto dove un vescovo possa e debba parlare della Chiesa e del suo sacerdozio. Eppoi oggi vi ho notato,  per la prima volta, una semplice umiltà che rincuora.

Ringrazio Monsignore Viganò e Maria Guarini per quanto fanno per noi.
m.a.