Sull'appena trascorsa IX Domenica dopo Pentecoste (qui) abbiamo già meditato con p. Zuhlsdorf (qui), per coglierne i frutti nell'ottava in cui ci troviamo.
Ringrazio il lettore che ha segnalato le riflessioni che seguono di Peter Kwasniewski, che ho tradotto dall'originale trovato su Facebook. E approfitto per aggiungere le immagini dei testi a cui si riferisce.
Echi dalla Liturgia: lo spazio ristretto, l'angustia di chi si ostina nel peccato
Quanto ci sarebbe da dire sui canti di oggi per la IX domenica dopo Pentecoste!
Ecco un dettaglio affascinante.
Normalmente, i canti presentano melodie di ampio respiro. Occasionalmente se ne troverà uno con una portata molto limitata. Ma non si presentano quasi mai canti *molti* canti di quel tipo in un’unica Messa.
Oggi è diverso.
L’Introito e l’Offertorio presentano entrambi melodie con solo 6 note; l’Alleluia ha solo 5 note.
Ecco un dettaglio affascinante.
Normalmente, i canti presentano melodie di ampio respiro. Occasionalmente se ne troverà uno con una portata molto limitata. Ma non si presentano quasi mai canti *molti* canti di quel tipo in un’unica Messa.
Oggi è diverso.
L’Introito e l’Offertorio presentano entrambi melodie con solo 6 note; l’Alleluia ha solo 5 note.
Il Vangelo è la profezia della distruzione di Gerusalemme. Si noti cosa predice il Signore: “Poiché verranno su di te giorni in cui i tuoi nemici ti circonderanno di trincee, ti assedieranno e ti stringeranno da ogni parte...”
Il verbo per “stringere” è _coangustare_, che significa: confinare in uno spazio angusto, intasare, restringere, ridurre o limitare la portata o l’applicazione.
Beh, che ne dite? Tre dei cinque canti di questo giorno sono confinati in uno spazio ristretto, angusto, limitato, proprio come Gerusalemme nelle mani dei suoi nemici nel 70 d.C.
Ora, non sto dicendo che qualcuno (men che meno qualche Commissione) lo abbia fatto apposta. Ma l’eterno Dio aveva in mente questo e ha disposto che questi canti riflettessero, anche letteralmente, il messaggio terrificante sia dell’Epistola che del Vangelo.
Se si osservano i testi dell’Introito e dell’Alleluia, si vedranno uomini che invocano aiuto contro i loro nemici. Notiamo un parallelo: possiamo immaginarci assediati dal mondo, dalla carne e dal diavolo, e imploriamo il Signore di liberarci dai nostri nemici, invece di consegnarci a loro a causa dei nostri peccati.
5 commenti:
PESTAGGIO DEMOCRATICO
Mio commento. Biden parlerà proprio mentre c'era quasi da convocare la Sciarelli di "Chi l'ha visto".
Ma resta il giallo del suo silenzio per quattro lunghi giorni. Né è detto che stasera il presidente farà davvero chiarezza sui reali motivi del suo ritiro dalla corsa.
Il Covid, certo, lo ha colpito negli ultimi giorni: ma un po' di febbre non impediva di registrare un messaggio audiovideo, di lasciare una testimonianza "viva" di una decisione storica. E invece...
Cosa possiamo immaginare della cinica strategia comunicativa della macchina politica dem.
“È il grande mistero della vita umana che l’antico dolore si trasforma gradualmente in quieta tenera gioia.”
“I Fratelli Karamazov” di Fëdor Dostoevskij
Si tratta di una frase pronunciata da Alëša, uno dei fratelli Karamazov, nel romanzo omonimo di Fëdor Dostoevskij. Questo romanzo, considerato un capolavoro dello scrittore russo, è un’opera complessa e profonda che affronta temi come la fede, il dubbio, la moralità, il libero arbitrio, il parricidio, l’amore, la sofferenza e la redenzione.
Alëša è il fratello più giovane e più puro dei Karamazov, un ragazzo sensibile e religioso che cerca di seguire gli insegnamenti del suo maestro, Zosima, un monaco saggio e carismatico. Alëša è testimone delle tragedie che colpiscono la sua famiglia e il suo paese, ma non perde mai la speranza e la fiducia in Dio. Al contrario, egli riesce a trasformare il suo dolore in una fonte di compassione e di amore verso gli altri, soprattutto verso i bambini, i poveri, i peccatori e i disperati.
Alëša crede che il dolore sia una parte inevitabile della vita umana, ma che non sia una condanna o una punizione, bensì una prova e una possibilità di crescita. Egli pensa che il dolore possa essere superato solo attraverso la fede, la preghiera, il perdono e la carità. In questo modo, il dolore si trasforma gradualmente in una quieta tenera gioia, che non è una gioia effimera o superficiale, ma una gioia profonda e duratura che nasce dalla pace interiore e dalla comunione con Dio e con il prossimo.
https://rb.gy/4hoew0
Nella Chiesa sempre sono stati presenti pastori e pecore neri/e circoscrivibili ed in qualche modo gestibili e/o emarginabili.
Lo sbandamento più che centenario attuale, oltre ad avere le sue radici nella superbia tipica della modernità tecnico/meccanica, ha messo in evidenza che l'uomo è polvere, cioè creta che può essere plasmata e riplasmata a piacere dagli stessi uomini nel Bene e nel Male. Più nel Male che nel Bene, perché il Male mediamente si presenta come un bene prossimo che soddisfa apparentemente il desiderio invidioso di onnipotenza ed onniscienza che sono caratteristiche proprie e solo di Dio.
Da qui ritorno al minimalismo modernista che ha fatto strame anche della gloria e grandiosità dei riti solenni cattolici. Ritorno sul simbolo del Triregno regalato e/o messo in cantina; quando un pontefice, Tuzzabanchi Nicola, lo indossa non diventa per magia dio, rimane quello che è una comparsa, Tuzzabanchi Nicola, che indossa il simbolo il segno il promemoria di Dio Onnipotente Onnisciente Eterno Immenso.
Ed ora torniamo alla Messa cantata solenne che oggi è quasi scomparsa del tutto, cioè il rito rito è stato espunto, mentre musiche e canti sono eseguiti, da cantanti e suonatori virtuosi, nei teatri, nelle arene ed anche nelle chiese durante le serate musicali, fuori dalla Messa. Avendo ascoltato almeno una volta questi spettacoli musicali e canori di professionisti di alto livello, ho capito che lì Gesù Cristo non c'era, c'era una tecnica musicale e canora potente. Una sola volta ho assistito ad un Messa cantata solenne. Lunghissima estenuante.
Allora ne capii la funzione purificante risanante santificante del singolo e dell'intera comunità assiepata in ogni angolo. Uscii che mi sentivo le ossa nude tirate a lucido. La tecnica perfetta non è spiritualità santa. È come l'AI che non è intelligenza umana capace di Dio.
m.a.
LA DEIFICAZIONE DEL SESSO E LA PERDITA DELLA FEDE IN DIO
Il motivo principale della deificazione del sesso è la perdita della fede in Dio. Perdendo Dio, gli uomini perdono lo scopo della vita; e quando si perde lo scopo della vita, l’universo perde ogni significato. L’uomo si sforza di dimenticare la sua povertà nell’intensità di una temporanea esperienza, arrivando qualche volta a deificare la carne di un’altra persona: idolatria e adorazione, che possono però mutarsi in delusione quando il soggetto si accorge che il cosiddetto “angelo” altro non è se non un angelo caduto e per niente attraente.
A volte l’uomo divinizza la propria carne: in tal caso finisce col tiranneggiare l’altra persona e, di conseguenza, col farne oggetto della sua crudeltà. Non c’è formula più sicura d’insoddisfazione che il tentativo di soddisfare il nostro ardente desiderio dell’oceano di Amore infinito con una tazzina di soddisfazioni “finite.” Nulla che sia materiale, fisico o carnale può mai del tutto soddisfare l’uomo, la cui anima immortale necessita di un Amore eterno. “Non di solo pane vive l’uomo”.
Il suo bisogno di amore divino, una volta pervertito, lo costringe a proseguire nella sua ricerca dell’Amore infinito negli esseri finiti; e si preoccuperà inutilmente, ma, pur continuamente deluso, non rinuncerà all’impresa. Di qui cinismo, noia, fastidio e, infine, disperazione. Perduto l’ossigeno spirituale, l’uomo soffoca. Per lui la vita non è più una cosa preziosa e pensa di farla finita con un ultimo e supremo atto di ribellione contro il Signore della vita.
(Fulton J. Sheen, da "La Pace dell'Anima" edizioni Fede e Cultura)
ABSORBEAT
Attribuita a san Francesco d'Assisi da frate Ubertino da Casale
Rapisca, ti prego, o Signore,
l’ardente e dolce forza del tuo amore
la mente mia da tutte le cose che sono sotto il cielo,
perché io muoia per amore dell’amor tuo,
come tu ti sei degnato morire
per amore dell’amor mio.
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