Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 10 luglio 2024

Mons. Athanasius Schneider / Il giusto significato dell'obbedienza al Papa

Uno strumento snello ed efficace come il blog ha, però, l'inconveniente di fagocitare i contenuti. E dunque – in relazione alla situazione attuale, conseguente anche alla scomunica di mons. Viganò – dopo la presentazione del Compendio scritto e diffuso da mons. Athanasius Schneider [vedi], ripropongo un testo molto in tema, già pubblicato nella nostra traduzione da LifeSiteNews, nel quale il vescovo Schneider discute la natura e i limiti dell'obbedienza al Papa. Citando san Tommaso d'Aquino e altre fonti, spiega che ogni autorità e ogni obbedienza hanno dei limiti. “L'obbedienza”, dice, “non è cieca o incondizionata, ma ha dei limiti. Dove c'è peccato, mortale o meno, non abbiamo semplicemente il diritto, ma il dovere di disobbedire». Qui l'indice dei precedenti. Sul tema delle "due forme" del rito vedi.

«L'autorità è definita dai suoi limiti, e anche l'obbedienza è definita dai suoi limiti. La consapevolezza di questi limiti porta alla perfezione nell'esercizio dell'autorità e alla perfezione nell'esercizio dell'obbedienza».
Il giusto significato dell'obbedienza al Papa

La santa Chiesa è innanzitutto e più radicalmente un'istituzione divina e, nel suo significato soprannaturale,  è un mistero. In secondo luogo, ha anche la realtà umana e visibile, i membri visibili e la gerarchia (papa, vescovo, sacerdote).

Quando la Madre Chiesa sta attraversando una delle crisi più profonde della sua storia, come è nel nostro tempo, in cui la crisi tocca in misura spaventosa tutti i livelli della vita ecclesiale, la Divina Provvidenza ci chiama ad amare la nostra Madre Chiesa, umiliata e derisa non in primo luogo dai suoi nemici, ma dall'interno dai suoi pastori. Siamo chiamati ad aiutare la nostra Madre Chiesa, ciascuno al suo posto, ad aiutarla per un vero rinnovamento attraverso la nostra stessa fedeltà all'immutabile integrità della fede cattolica, attraverso la nostra fedeltà alla costante bellezza e sacralità della sua liturgia, la liturgia di tutti i tempi, attraverso la nostra intensa vita spirituale in unione con Cristo, e attraverso atti di amore e di carità.

Il mistero della Chiesa è più grande del solo Papa o del vescovo. A volte papi e vescovi hanno fatto del male alla Chiesa, ma allo stesso tempo Dio si è servito di altri strumenti, spesso semplici fedeli, semplici sacerdoti, o pochi vescovi, per restaurare la santità della fede e della vita nella Chiesa.

Essere fedeli alla Chiesa non significa obbedire interiormente a tutte le parole e agli atti di un Papa o di un Vescovo, poiché il Papa o il Vescovo non coincidono con tutta la Chiesa. E se un Papa o un Vescovo sostiene una via che lede l'integrità della fede e della liturgia, allora non si è in alcun modo obbligati a seguirlo interiormente, perché bisogna seguire la Fede e le norme della Chiesa di tutti i tempi, degli apostoli e dei santi.

La Chiesa cattolica è l'unica Chiesa fondata da Cristo, ed è volontà espressa di Dio che tutti gli uomini diventino membri della Sua unica Chiesa, membri del Corpo mistico di Cristo. La Chiesa non è proprietà privata di un Papa; anzi, egli è solo il vicario, il servo, di Cristo. Pertanto, non si può far dipendere il divenire pienamente cattolici dal comportamento di un Papa particolare. Bisogna sicuramente obbedire al Papa quando propone infallibilmente la verità di Cristo, quando parla ex cathedra, cosa molto rara. Dobbiamo obbedire al Papa quando ci ordina di obbedire alle leggi e ai comandamenti di Dio, [e] quando prende decisioni amministrative e giurisdizionali (nomine, indulgenze, ecc.). Se però un Papa crea confusione e ambiguità circa l'integrità della fede cattolica e della sacra liturgia, allora non bisogna obbedirgli, e bisogna obbedire alla Chiesa di tutti i tempi e ai Papi che, nel corso di due millenni, hanno insegnato costantemente e chiaramente tutte le verità cattoliche nello stesso senso. Verità cattoliche che troviamo espresse nel Catechismo. Bisogna obbedire al Catechismo e alla liturgia di tutti i tempi, che i santi e i nostri antenati hanno seguito.

Insieme ad altre riflessioni si propone nelle righe seguenti un breve riassunto del magistrale intervento del Prof. Roberto de Mattei, “Obbedienza e Resistenza nella storia della Chiesa”, tenuto a Roma Life Forum, 18 maggio 2018 [qui].

È falsa obbedienza quando una persona divinizza uomini che rappresentano l'autorità nella Chiesa (papa o vescovo), quando questa persona accetta ordini e acconsente alle affermazioni dei suoi superiori, che evidentemente ledono e indeboliscono la chiarezza e l'integrità della fede cattolica.

L'obbedienza ha un fondamento, uno scopo, condizioni e limiti. Solo Dio non ha limiti: è immenso, infinito, eterno. Ogni creatura è limitata e quel limite definisce la sua essenza. Pertanto, sulla terra non esiste né autorità illimitata, né obbedienza illimitata. L'autorità è definita dai suoi limiti, e anche l'obbedienza è definita dai suoi limiti. La consapevolezza di questi limiti porta alla perfezione nell'esercizio dell'autorità e alla perfezione nell'esercizio dell'obbedienza. Il limite insuperabile dell'autorità è il rispetto della legge divina dell'integrità e della chiarezza della fede cattolica, e il rispetto di questa legge divina dell'integrità e della chiarezza della fede cattolica è anche il limite insuperabile dell'obbedienza.

San Tommaso pone la domanda: "I sudditi sono tenuti a obbedire in tutto ai loro superiori?" ( Summa teologiae, II-IIae, q. 104, a. 5); la sua risposta è negativa. Come spiega, le ragioni per cui un soggetto non può essere obbligato a obbedire in ogni cosa al suo superiore sono duplici. Primo: per ordine di un'autorità superiore, dato che la gerarchia delle autorità deve essere rispettata. Secondo: se un superiore comanda a un suddito di fare cose illecite, ad esempio quando i figli non sono tenuti a obbedire ai genitori in materia di contrarre matrimonio, preservare la verginità o simili. Conclude san Tommaso: «L'uomo è soggetto a Dio in modo assoluto, e in tutte le cose, interne ed esterne: è quindi tenuto a obbedire a Dio in tutte le cose. Tuttavia, i sudditi non sono tenuti a obbedire ai loro superiori in tutte le cose, ma solo in alcune cose. (…) Si possono quindi distinguere tre tipi di obbedienza: il primo, sufficiente alla salvezza, obbedisce solo nelle questioni obbligatorie; il secondo, essendo perfetto, obbedisce in tutte le cose lecite; il terzo, essendo disordinato, obbedisce anche nelle cose illecite» (Summa theologiae , II-IIae, q. 104, a. 3).

L'obbedienza non è cieca o incondizionata, ma ha dei limiti. Dove c'è peccato, mortale o meno, non abbiamo semplicemente il diritto, ma il dovere di disobbedire. Ciò vale anche nelle circostanze in cui è comandato di fare qualcosa di dannoso per l'integrità della fede cattolica o per la sacralità della liturgia. La storia ha dimostrato che un vescovo, una conferenza episcopale, un Concilio, [e] anche un Papa hanno pronunciato errori nel loro magistero non infallibile. Cosa dovrebbero fare, in tali circostanze, i fedeli? Nelle sue diverse opere, san Tommaso d'Aquino insegna che, dove la fede è a rischio, è lecito, anzi proprio, resistere pubblicamente a una decisione papale, come fece san Paolo a san Pietro, primo papa. Infatti «san Paolo, che era soggetto a san Pietro, lo rimproverò pubblicamente per un imminente rischio di scandalo in materia di fede. Summa theologiae, II-II, q. 33, a. 4, annuncio 2).

La resistenza di san Paolo si manifestò come una correzione pubblica di san Pietro, il primo papa. San Tommaso dedica un'intera domanda alla correzione fraterna nella Summa. La correzione fraterna può essere diretta anche dai sudditi ai superiori, e dai laici contro i prelati. “Poiché però un atto virtuoso ha bisogno di essere moderato dalle debite circostanze, ne consegue che quando un suddito corregge il suo superiore, lo debba fare in modo conveniente, non con impudenza e durezza, ma con mansuetudine e rispetto” ( Summa theologiae , II-II, q. 33, a. 4, ad 3). Se c'è un pericolo per la fede, i sudditi sono tenuti a rimproverare i loro prelati, compreso il Papa, anche pubblicamente: «Perciò, a causa del rischio di scandalo nella fede, Paolo, che era infatti soggetto a Pietro, lo rimproverò pubblicamente ” (ibidem ).

La persona e l'ufficio del Papa ha il suo significato nell'essere solo il Vicario di Cristo, uno strumento e non un fine, e come tale questo significato va usato, se non si vuole capovolgere il rapporto tra i mezzi e il fine. È importante sottolinearlo in un momento in cui, soprattutto tra i cattolici più devoti, c'è molta confusione al riguardo. E anche l'obbedienza al Papa o al Vescovo è uno strumento, non un fine.

Il Romano Pontefice ha piena e immediata autorità su tutti i fedeli, e non c'è autorità sulla terra a lui superiore, ma non può, né con affermazioni errate e/o ambigue, modificare e indebolire l'integrità della fede cattolica, la costituzione divina della la Chiesa, o la tradizione costante della sacralità e del carattere sacrificale della liturgia della Santa Messa. Se ciò accade, vi è la legittima possibilità e dovere dei vescovi e anche dei fedeli laici non solo di presentare appelli privati ​​e pubblici e proposte di correzioni dottrinali, ma anche di agire nella “disobbedienza” di un ordinamento pontificio che cambia o indebolisce l'integrità della fede, della costituzione divina della Chiesa e della liturgia. Questa è una circostanza molto rara, ma possibile, che non viola, ma conferma, la regola della devozione e dell'obbedienza al Papa che è chiamato a confermare la fede dei suoi fratelli. Tali preghiere, appelli, proposte di correzioni dottrinali e una cosiddetta "disobbedienza" sono, al contrario, un'espressione di amore per il Sommo Pontefice per aiutarlo a convertirsi dal suo comportamento pericoloso nel trascurare il suo dovere primario di confermare tutta la Chiesa nella fede in modo inequivocabile e vigoroso.

Bisogna anche ricordare quanto insegna il Concilio Vaticano I: «Lo Spirito Santo è stato promesso ai successori di Pietro non perché, mediante la sua rivelazione, facessero conoscere qualche nuova dottrina, ma perché, mediante il suo aiuto, custodissero religiosamente e esponessero fedelmente la rivelazione o deposito della fede trasmessa dagli apostoli» (Concilio Vaticano I, Costituzione dogmatica Pastor aeternus, cap. 4).

Da qualche secolo nella vita della Chiesa prevale un positivismo giuridico, unito a una specie di papolatria. Tale atteggiamento tende a ridurre gli ordini esteriori del superiore e la legge a mero strumento nelle mani di coloro che detengono il potere, dimenticando il fondamento metafisico e morale della legge stessa. Da questo punto di vista legalistico, che ormai permea la Chiesa, ciò che l'autorità promulga è sempre giusto.

I trattati spirituali tradizionali ci insegnano come obbedire alla Chiesa e al Papa, o al vescovo. Tuttavia, si riferiscono ai tempi di normalità, quando il Papa e i vescovi hanno difeso e protetto valorosamente e senza ambiguità l'integrità della fede e della liturgia. Viviamo ora, ovviamente, nel tempo eccezionale di una crisi globale della fede a tutti i livelli della Chiesa. Un fedele cattolico deve riconoscere l'autorità suprema del Papa e il suo governo universale. Sappiamo però che, nell'esercizio della sua autorità, il Papa può commettere abusi di autorità a danno evidente della fede cattolica e della sacralità della liturgia della Santa Messa, come purtroppo è avvenuto nella storia. Vogliamo obbedire al Papa: tutti i Papi, compreso l'attuale Papa; ma se, nell'insegnamento di qualche Papa, troviamo una contraddizione evidente, la nostra regola di giudizio segue la tradizione bimillenaria della Chiesa, cioè il costante insegnamento dei Papi nel corso dei secoli e dei millenni.

Secondo padre Enrico Zoffoli [qui], i mali peggiori della Chiesa non derivano dalla malizia del mondo, dall'ingerenza o dalla persecuzione dei laici da parte delle altre religioni, ma soprattutto dagli elementi umani che compongono il Corpo Mistico: i laici e il clero. «È la disarmonia prodotta dall'insubordinazione dei laici all'opera del clero e del clero alla volontà di Cristo» ( Potere e obbedienza nella Chiesa, Milano 1996, p. 67):
All'autorità di un Papa o di un Vescovo che eccede i limiti della legge divina dell'integrità e della chiarezza della fede cattolica, si deve opporre una ferma resistenza, che può diventare pubblica. Questo è l'eroismo del nostro tempo, la via più grave della santità oggi. Diventare santi significa fare la volontà di Dio; fare la volontà di Dio significa obbedire sempre alla sua legge, in particolare quando ciò è difficile o quando ciò ci pone in conflitto con uomini che, pur in quanto legittimi rappresentanti della sua autorità sulla terra (papa, vescovo), purtroppo diffondono errori o indeboliscono l'integrità e la chiarezza della fede cattolica.
Tali momenti sono molto rari nella storia della Chiesa, eppure sono avvenuti, come è evidente agli occhi di tutti, accade anche nel nostro tempo.

Molti, nel corso della storia, hanno manifestato comportamenti eroici, resistendo alle leggi ingiuste dell'autorità politica. Ancora maggiore è l'eroismo di coloro che hanno resistito all'imposizione da parte dell'autorità ecclesiastica di dottrine che divergono dalla costante Tradizione della Fede e dalla Liturgia della Chiesa. La resistenza filiale, devota, rispettosa non porta all'allontanamento dalla Chiesa, ma moltiplica l'amore per la Chiesa, per Dio, per la sua Verità, perché Dio è fondamento di ogni autorità e di ogni atto di obbedienza.

A causa dell'amore per il ministero pontificio, dell'onore della Sede Apostolica e della persona del Romano Pontefice alcuni santi, ad esempio santa Brigida di Svezia e santa Caterina da Siena, non hanno esitato a ammonire i Papi, a volte anche in termini un po' forti, come possiamo vedere santa Brigida riportando le seguenti parole del Signore, rivolte a papa Gregorio XI: «Incominciate a riformare la Chiesa che ho acquistato con il mio stesso sangue, affinché sia ​​riformata e ricondotta spiritualmente al suo stato originario di santità. Se non obbedisci a questa mia volontà, allora puoi essere certo che sarai da me condannato davanti a tutta la mia corte celeste con lo stesso tipo di sentenza e di giustizia spirituale con cui si condanna e punisce un prelato mondano che deve essere spogliato del suo rango. Viene pubblicamente spogliato del suo sacro abito pontificio, sconfitto, e maledetto. Questo è quello che ti farò. Ti manderò lontano dalla gloria del cielo. Tuttavia, Gregorio, figlio mio, ti esorto ancora a convertirti a me con umiltà. Ascolta il mio consiglio” (Libro dell'Apocalisse, 4, 142).

Santa Caterina da Siena, Dottore della Chiesa, rivolse al papa Gregorio XI il seguente brusco monito, chiedendogli di riformare vigorosamente la Chiesa o, se non lo avesse fatto, di rinunciare al pontificato: «Santissimo e dolcissimo padre, la tua povera indegna figlia Caterina in Cristo dolce Gesù, si raccomanda a te nel suo Preziosissimo Sangue. La verità divina esige che tu esegua giustizia sull'abbondanza di molte iniquità commesse da coloro che sono nutriti e pascolati nel giardino della Santa Chiesa. Poiché Egli ti ha dato autorità e tu l'hai assunta, dovresti usare la tua virtù e potenza; e se non sei disposto ad usarle, sarebbe meglio tu rinunciassi a ciò che hai assunto; sarebbe più onore a Dio e salute alla tua anima”.

Quando coloro che hanno autorità nella Chiesa (Papa, Vescovi), com'è il caso nel nostro tempo, non adempiono fedelmente il loro dovere di custodire e difendere l'integrità e la chiarezza della fede cattolica e della liturgia, Dio chiama i subordinati, sovente i piccoli e semplici della Chiesa, per sopperire ai difetti dei superiori, mediante appelli, proposte di correzione e, con grande forza, mediante sacrifici vicari e preghiere.

Durante la profonda crisi della Chiesa del Quattrocento, dove l'alto clero spesso dava cattivo esempio e veniva gravemente meno ai propri doveri pastorali, Nicola cardinale di Cusa (1401-1464) fu profondamente commosso da un sogno che gli mostrava la realtà spirituale del potere dell'offerta di sé, della preghiera e del sacrificio vicario. Vide in sogno la seguente scena: Più di mille suore stavano pregando nella chiesetta. Non erano in ginocchio ma in piedi. Stavano a braccia aperte, i palmi rivolti verso l'alto in un gesto di offerta. Nelle mani di una suora magra, giovane, dall'aspetto infantile, Nicola vide il papa. Si poteva vedere quanto fosse pesante questo carico per lei, ma il suo viso irradiava un bagliore gioioso. Questo atteggiamento dovremmo emulare.

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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A I U T A T E, anche con poco,
l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
(ora che sono sola ne ho un gran bisogno)
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20 commenti:

Anonimo ha detto...

AAAA CERCASI CARDINALE che abbia il coraggio di recarsi a Covadonga e celebrare il Vero Rito Romano davanti alla Porta chiusa del Santuario di Covadonga.
Così scoppia un clamoroso caso mediatico, l'unica cosa di cui hanno timore i modernisti protestantizzati che occupano indegnamente il Vaticano.
Se tutti stanno zitti, gli atei della Congregazione del Culto Divino continueranno a seviziare i fedeli cattolici

mic ha detto...

Lo stile (e il linguaggio) raccomandati dal vescovo Schneider, pur nella necessità - che diventa dovere - di richiamare e correggere i superiori è appropriato soprattutto per noi fedeli.
Ma ci sono anche i toni invettivi dell'apologetica, che appartiene a chi ha autorità.
Certo occorre sempre fare dei distinguo anche in tal caso; ma diventa più difficile distinguere l'autentica apologetica dall'invettiva sopra le righe...

Anonimo ha detto...

Certi mali si ripetono...

"Veramente è a dolere, che in tanto collegarsi e stringersi di uomini scellerati a danno della società e della religione, i generosi e sinceri cattolici non siensi opposti almeno con ardor pari in società e lega di virtù e di fede a siffatta congiura di empietà. Questo procedere timido e lento fece dire ad un arguto e chiaro filosofo de' nostre tempi, che i buoni non sono buoni a niente, quando nell'imperversar de' malvagi essi stanno taciti o al più queruli osservatori de' loro danni."

Dagli scritti di un padre gesuita, 1853.

Anonimo ha detto...

Pur con tutta la stima verso Mons. Schneider mi permetto un paio di obiezioni:
Lui parla di legittima "disobbedienza" quando atti e dichiarazioni del vicario di Cristo ledono la fede, non altrettanto nelle sue decisioni giurisdizionali, ad esempio nomine.
Prima obiezione: la nomina di cattivi pastori che insegnano false e pericolose dottrine non ledono, forse, la fede?
Penso proprio di sì.
Secondo lui è secondo voi dovremmo, in cuor nostro, accettare e magari esultare anche per il cardinalato di un De Lubac piuttosto che Kasper?
La domanda è, naturalmente, retorica anche perché, di conseguenza dovremmo per forza "condannare" Mons. Lefebvre ed i suoi successori, Viganò etc...
Seconda obiezione:
Mons. Schneider dice, riferendosi evidentemente a circa 2000 anni di storia della Chiesa, che le ambiguità e gli errori papali sono molto rari includendo, evidentemente, anche i pontificati di Giovanni XXIII, Paolo VI, GPII e Benedetto XVI.
La realtà degli ultimi 66 anni, purtroppo, dimostra il contrario, a mano di voler passare sopra a quisquilie tipo, riabilitazione di teologi eretici, accordi con il comunismo sovietico, gli errori conciliari, il Novus Ordo, le giornate di Assisi, le succitate nomine, l' equiparazione delle tre religioni monoteiste, le salvezze parallele, l' ermeneutica della continuità, il sincretismo , l'idolatria (vedi pachamama), la comunione a chi è nello stato di peccato grave permanente, approvazione del gender e, tra poco, sacerdozio femminile.
La verità è che si parla solo di una grandissima crisi, e non di vera e propria Apostasia ma, soprattutto, si fa riferimento, ancora, a S. Roberto Bellarmino, il Caetano etc...per spiegare un fenomeno totalmente nuovo nella Chiesa che è appunto l' Apostasia.
Antonio

Anonimo ha detto...

È certamente difficile sulla base di un articolo, o di pochi articoli distinguere quanto lei dice. Ma in un'intera produzione letteraria (anche sui social media) si capisce benissimo se quello che prevale è uno spirito amaro, risentito, intaccato da inconscio protagonismo... oppure uno spirito virile e talvolta giustamente indignato, ma complessivamente posto al servizio dell'edificazione e dell'istruzione altrui.

Il giudizio acre su chi non aderisce al proprio punto di vista, in particolare, non è un buon segno.

Questo anche se le cose dette sono più o meno le stesse.

Anonimo ha detto...

Il Patriarcato Latino condanna con fermezza l'ennesimo scempio operato dallo stato di Israele, il cui esercito ha distrutto il 7 luglio la Scuola della Sacra Famiglia, edificio in cui erano rinchiusi centinaia di civili inermi.
Ad memoriam.

Anonimo ha detto...

Complessivamente d'accordo. Qui siamo di fronte a qualcosa di nuovo nella Chiesa, di più profondo e misterioso. Ecco perché le parole non bastano: da parte dei Pastori come mons. Schneider occorrerebbero i fatti.

Sicuramente ci vogliono anche parole ponderate e inattaccabili (non teoremi di paglia), ma ad esse vanno affiancate opere coraggiose e lucide per assicurare alle anime il cibo necessario.

Mi disse una signora una volta: "In tutto questo, dov'è Gandalf?". Per quanto mi riguarda, non ne intravedo alcuno all'orizzonte.

Laurentius ha detto...

Il suo commento e le sue obiezioni sono assai opportuni. Solo che Mons. A. Schneider è un conservatore e da un conservatore non ci si può aspettare niente di più di dotte considerazioni utili per tenere buoni gli amanti del Vetus Ordo - come lo chiamano loro -, ai quali è tuttavia richiesta l'accettazione del Concilio Vaticano II - sia pure "alla luce della Tradizione", sia pure smussato delle sue punte più estreme - e il Novus Ordo Missae, che essi celebrano tranquillamente. I conservatori e i progressisti sono sostanzialmente uniti contro i cattolici tradizionali, un po' come il NFP e Macron contro il RN. È la stessa musica!

Anonimo ha detto...

Siamo profondamente grati a Sua Eccellenza per la sua chiarezza di insegnamento e per il suo incoraggiamento a quei cattolici che sono costernati per lo smantellamento della fede cattolica di tutte le epoche davanti ai nostri occhi ma ci domandiamo come mai sua eccellenza che dispensa saggi consigli al popolo di Dio, insieme ai suoi confratelli vescovi e cardinali, non fanno pubblica opposizione a papa Bergoglio che con l'aiuto del suo fidato amico cardinale Fernandez stanno smantellando la dottrina cattolica?

Anonimo ha detto...

11 luglio, festa della Traslazione delle Reliquie e del Patrocinio sull'Europa di San Benedetto e Santa Scolastica da Norcia, per conoscere e ricordare cosa sia la vera Europa, diversa da quella che ne usurpa il nome

Anonimo ha detto...

Mons. S. parte dal presupposto che sia normale l'apostasia (dal 2013 non abbiamo avuto errori ma idolatria e approvazione del peccato con eresie, e aggiungasi che nei precedenti le eresie sono state diffuse nei seminari a piene mani, tanto che dagli anni 2000, 11 settembre ecclesiale, in parrocchie e diocesi fioccavano, mentre il Vescovo di Roma teneva ancora, ora il disastro è totale con scomunica di chi denuncia) ... ma ció non è normale, ció non è approvato da Dio. Possibile che possano ancora tacersi? Disse il vescovo di Roma Bergoglio che i tradizionalisti si sarebbero estinti per morte. Il tacere dei vestiti di rosso (martirio) dopo il fatto Viganó grida vendetta al cospetto di Dio.

Anonimo ha detto...

alcuni vestiti di rosso (i pochi superstiti!) tacciono perché aspettano il conclave.
Ma non sanno che resteranno delusi????

SAN PIO E IL "PROBLEMA" DELL'EBRAISMO ha detto...

Oggi cade la memoria di San Pio I, pontefice martire vissuto nel II secolo e fratello del famoso autore del "Pastore di Erma".
Fra le sfide del suo pontificato, l'azione dello gnostico Valentino e il problema rappresentato dal vescovo Marcione, creatore di un'eresia che negava l'ispirazione dell'antico testamento.
In generale, san Pio ebbe a che fare con cui che riguarda il mondo ebraico ma qual è il corretto approccio a questa realtà?

La prima cosa da tenere in considerazione è che fra l'ebraismo precristiano e quello post cristiano vi siano enormi differenze.
La religione dei Patriarchi e dei Profeti è una religione templare, incentrata sul sacrificio al tempio, prefigurazione di quello di Cristo.
"Abramo vide il mio giorno e si rallegrò" qui le parole di Gesù Cristo non lasciano dubbi; i santi dell'antico testamento credono nella Sua Venuta mentre per coloro che negano la Sua origine divina il Vangelo ha parole durissime "avete per padre il diavolo". Vi è uno strappo evidente dunque fra l'antico ebraismo e l'ebraismo dell'era cristiana, rappresentato bene sia dalla distruzione del Tempio sia dallo strappo delle vesti di Caifa al processo, come insegnano i Santi.
Qui il problema dell'eresia di Marcione che voleva scartare l'antico testamento in quanto "troppo violento e opera di un dio malvagio": la stessa Trinità che immola il Figlio per i peccati del mondo è la Medesima che scatena il Diluvio, le piaghe d'Egitto e tutto il resto.
Ora, la domanda sorge: ha senso credere solamente nell'antico testamento?

Come disse il rabbino Israel Zoller, o l'antico testamento parla di Cristo o non ha senso. Lo stesso Israel si battezzò in seguito col nome di Eugenio e un'altra convertita ebrea ebbe a dire :"La cosa più ebraica che un ebreo possa fare è farsi cattolico" indicando una perfetta convergenza fra i Patriarchi e Cristo, convergenza evidente dal fatto che, sul Tabor, Cristo si trasfigura in mezzo ad Elia, simbolo dei Profeti, e a Mosé, simbolo della Legge; entrambi convergono verso Cristo, segno che Lui sia il terminale di entrambe.
I santi, inoltre, sottolineano la cessazione dell'antica alleanza: ne nasce una nuova in cui, ebrei e gentili, diventano un'unica nazione. Da qui la necessità di far cessare tutte le usanze e i riti ebraici che diventano, come insegna san Tommaso, "morti e mortiferi".
A tal proposito, vi è un episodio della vita di San Silvestro I, pontefice al Concilio di Nicea.
Il Papa entrò in lizza con un rabbino, che sosteneva che il nome di Dio portasse alla morte: fattosi portare un toro, pronunciò nel suo orecchio il nome, facendolo morire. Il Papa allora si alzò e gli disse:" Non di Dio ma di un demonio gli ha sussurrato il nome" e pronunciato il Nome di Gesù, resuscitò l'animale.

La massima carità e il massimo amore dunque verso gli Ebrei consiste nell'aiutarli a completare quella convergenza fra i Patriarchi e Cristo, passando dalla Chiesa, senza farsi condizionare in alcun modo dalle tragedie del secolo scorso.

A proposito di linguaggio ha detto...

San Pier Damiani su Papa Benedetto IX

"..sguazzante nell’immoralità, un diavolo venuto dall’Inferno travestito da prete” “apostolo dell’Anticristo, puzza del mondo, vergogna dell’umanità”

(Dal Liber Gomorrhianus
Libro di Pier Damiani)

Ave Maria
Santa meditazione

Anonimo ha detto...

Riflettendo sulle immagini per dire gli stessi concetti,  possiamo aggiungere anche 'Il fumo di Satana entrato nella Chiesa' di Paolo VI. Quindi Montini, Ratzinger e Viganò  hanno detto, ognuno a modo suo, che la Chiesa era ed è minacciata assediata occupata da elementi interni ed esterni la Chiesa.
Woityla certamente, se non lo aveva capito prima, ha capito tutto quando gli hanno sparato.
Luciani, che morì causa un infarto, la sera prima, fu sentito avere un confronto, ad alta  voce, durissimo con un prelato francese.
Giovanni XXIII, in odore di massoneria e modernismo, anche lui deve aver capito, andando, che la chiesa profonda e gli stati profondi erano in combutta tra loro per distruggere il mondo così  come era da tutti conosciuto. Un rapido tumore lo consumò  in breve tempo.
Tutti questi Papi sono stati, vuoi o non vuoi, più o meno, figli del loro tempo. Che tempo fu il loro tempo? Fu il tempo di grandi illusioni: prima tra tutte che l'essere umano nasce senza peccato, cioè nasce buono; secondo, è  la società  ingiusta, male organizzata  che incattivisce gli uomini; terzo, piano piano, malgrado la cavalcata vittoriosa della scienza, dal Romaticismo si passò al Decadentismo e con esso si iniziò a decadere, non solo nel sentimento, ma in ogni altra potenza umana,  pensiero e volontà incluse.
Il modernismo , mi sembra proprio un frutto anche esso di questo tempo.
Questi Papi, che ho citato, hanno  creduto più nell' uomo, nella buona organizzazione sociale, nel nel sentimento espanso ad arte, ipocriticanente, che diventa sentimentalismo/ buonismo, piuttosto che nel lungo, spesso difficoltoso e drammatico cammino di santificazione.
Non so se e quando usciremo da questa tragedia, ma vi supplico ricordiamoci che con ogni generazione bisogna ricominciare dall' a, b, c... con tutte le potenze umane che ogni neonato porta con sé. 
m.a.

Anonimo ha detto...

Partecipiamo alle sofferenze del Patriarcato Latino, tenendo però sempre presente che di civili inermi probabilmente c'è ne sono ben pochi.

Anonimo ha detto...

Tutti i Papi hanno dunque capito che la Chiesa era sotto attacco e con loro lo avranno capito almeno una parte di quelli che lavoravano negli uffici vaticani  o nelle arcidiocesi o nelle diocesi o nelle parrocchie. Come è potuto accadere che nessuno abbia dato l'allarme? Quando poi in Italia ci sono stati anche cambi violenti di intere classi politiche? E come lo si sapeva all'interno della Chiesa, così lo si sapeva all'interno dello Stato. E tutti zitti! Ora capiamo che evidentemente sia nella Chiesa, sia nello Stato, vi erano e vi sono ormai saldamente insediati la deep church ed il deep state..E nessuno è più  in grado di riconoscere chi sia il traditore e chi il fedele servitore. Quindi il non essersi esposti e l'aver lasciato correre, nei fatti, ha contaminato tutte le anime, a tal punto che un vescovo oggi parla e ragiona come un avventore al bar dello sport. Il Male come dalla Russia si è diffuso in tutto il  mondo, mentre la Russia prendeva in mano la sua purificazione; così ora il Male si è diffuso capillarmente tra noi sia nella Chiesa, sia nello Stato. Solo un nostro ritorno a Gesù Cristo potrà cambiare la nostra sorte, oggi volta alla nostra sola cancellazione.
m.a.

by Tripudio ha detto...

Il pregio del blog Chiesa e Postconcilio è che non "fagocita" i contenuti ma li mantiene consultabili e ricercabili da Google.

Ulteriore pregio sono le pagine riepilogative "Indice articoli su...", cosa che altri siti web cattolici (o sedicenti tali) non offrono con altrettanta completezza e semplicità d'uso.

Anonimo ha detto...

Molto buono lo spunto su San Pio delle 11.51
Ringraziando l'autore, mi permetto un approfondimento

ALLA RADICE

Lo gnosticismo ha attentato al cristianesimo fin dall’epoca apostolica. Il nuovo testamento è zeppo di ammonimenti contro i falsi dottori in gran spolvero nel diffondere eresie tra il tempo in cui Gesù abitò la terra e gli ultimi sussulti di grandezza del farisaismo che nel 70 d.C. incappò nella distruzione di quel tempio che conobbe i suoi massimi fasti solo dei anni prima, proprio mentre Roma bruciava!

Anche dopo il 70 il problema non scomparve presentandosi in vesti multiformi, tra cui l’eresia di Marcione tesa a negare l'ispirazione divina dell'antico testamento, di fatto contrapponendosi alla predicazione stessa di Cristo e al valore immenso rappresentato dalla tradizione veterotestamentaria per accogliere compiutamente la Rivelazione cristiana.
L’ulteriore recrudescenza della guerra tra Roma e Gerusalemme, ribattezzata Aelia Capitolina da Adriano dopo il conflitto tra il 131 e il 135 d.C. non determinò una cessazione degli intensi rapporti tra l’ebraismo e il cristianesimo. Ce ne furono anche dopo che Costantino sancì per il cristianesimo la dignità di religione dell’impero e vide subito in Giuliano l’apostata una riapertura delle pretese (fallite) di ricostruire il tempio.

C’è una gran differenza tra l’ebraismo con il quale si confrontarono gli apostoli (tutti provenienti dall’osservanza delle pratiche religiose di Israele) e quello che riguardò i cristiani dei secoli successi al secondo secolo dopo Cristo.
La religione dei Patriarchi della Legge e dei Profeti è una religione incentrata sul sacrificio al tempio, che i cristiani riconobbero prefigurazione di quello di Cristo. Le parole di Gesù Cristo non lasciano margini al dubbio: "Abramo vide il mio giorno e si rallegrò". Tutti i santi dell'Antico Testamento credono nella Venuta di Cristo. A coloro che negano la l’origine divina di Gesù il vangelo riserva parole durissime: "avete per padre il diavolo".

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Anonimo ha detto...

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Vi è uno strappo evidente dunque fra l'antico ebraismo e l'ebraismo dell'era cristiana, rappresentato bene sia dallo strappo delle vesti di Caifa al momento del processo, sia dalla lacerazione del velo del tempio al momento della morte di Gesù in croce per mano dei Romani. Come predetto da Gesù, l’ostinazione dei capi di Israele portò in breve tempo alla distruzione stessa del tempio ad opera dei Romani, preceduta però (secondo quanto riporta Giuseppe Flavio) da un misterioso episodio, nella festa di Pentecoste del 66 d.C., in cui l’Altissimo apre le porte del tempio, come per uscirne.

L'eresia di Marcione (II secolo) intende scartare l'Antico Testamento non riconoscendo continuità con il Cristo del quale è credente e vescovo della sua Chiesa. Eppure la stessa Trinità che immola il Figlio per i peccati del mondo è la medesima potenza divina prima della Creazione e poi del Diluvio, di Sodoma e Gomorra, delle piaghe d'Egitto etc.
Caso mai la domanda più sensata è: dopo venti secoli di cristianesimo ha senso credere solo nell'Antico Testamento?

Come disse il rabbino Israel Zoller, o l'Antico Testamento parla di Cristo o non ha senso.
Lo stesso Israel si battezzò in seguito col nome di Eugenio e un'altra convertita ebrea ebbe a dire: "La cosa più ebraica che un ebreo possa fare è farsi cattolico", indicando una perfetta convergenza fra i Patriarchi, le profezie e l’avvento di Cristo, convergenza evidente dal fatto che, sul Tabor, Cristo si trasfigura in mezzo ad Elia (simbolo dei Profeti) e a Mosé (simbolo della Legge): entrambi convergono verso Cristo, segno che Lui è il terminale (provvisorio) di entrambe.

Provvisorio perché lo stesso Cristo, risorto e asceso al Cielo, ha detto che tornerà e i cristiani ne attendono la Parusia.

Alla pienezza dei tempi il tempo dell’Incarnazione del Verbo (vero Dio e vero uomo) in Maria Vergine (donna pia del popolo di Israele, custodita da San Giuseppe, un pio israelita osservante) culmina nella Redenzione sulla croce. Questo determina (come disse Gesù nell’ultima cena) la cessazione dell'antica alleanza perché ne subentri la nuova in cui l’umanità intera, ebrei e gentili, diventano un'unica nazione. La Gerusalemme prostituitasi con il mondo ed orgogliosa tanto delle leggi, quanto del proprio potere legale ed esclusivo, arrogante con gli altri perché geloso di un’elezione di cui si serve per porsi sul piedestallo, senza umiltà, può diventare la Nuova Gerusalemme, la città di Dio.

Da qui la necessità di far cessare tutte le usanze e i riti ebraici che diventano, come insegna san Tommaso, "morti e mortiferi" se non rinascono nella novità cristiana, anche rituale e soprattutto della grazia santificante sacramentale.

Significativo l'episodio riguardante Papa Silvestro, nel III secolo. Un rabbino sosteneva che il nome di Dio e la vista di Dio portassero alla morte: fattosi portare un toro, pronunciò nel suo orecchio il nome “indicibile”, facendolo morire. Il Papa allora si alzò e gli disse:" Non di Dio, ma di un demonio gli ha sussurrato il nome" e pronunciato il Nome di Gesù, davanti a tutti resuscitò l'animale.

La massima carità e il massimo amore verso gli ebrei consiste nel servizio di Verità che completerà la convergenza fra i Patriarchi e Cristo, passando dalla Chiesa senza farsi condizionare dalle tragedie e le responsabilità succedutesi nei secoli.