Domenica IX dopo Pentecoste
Messa “Ecce, Deus”
Ho un vecchio Messalino del 1958, intitolato "Sacrificium nostrum". Prima di ogni Messa - e di ogni momento topico della celebrazione - reca scritte che aiutano a viverla con maggiore partecipazione. Riprendo qui, prima di completare con i testi successivi, la scritta che precede la Santa Messa di oggi, Domenica IX dopo Pentecoste. Giudicatene voi la pertinenza con la temperie che stiamo vivendo e sulla condizione umana di ogni tempo. Meditiamo e preghiamo,
Il castigo della colpa
I castighi e le calamità pubbliche sono causati dalla inosservanza della legge divina: questo l'insegnamento della liturgia odierna. Quando gli Ebrei rinnegarono il loro Dio, preoccupati solo di «mangiare bere e... divertirsi», furono colpiti dal castigo; pestilenza, fame, guerra, distruzione (Epistola - Vangelo). Raccogliamo la lezione. Anche in fondo al male dei nostri tempi c'è il peccato come ultima causa, sebbene non ci si pensi. Purifichiamoci, e viviamo secondo i precetti del Signore (Offertorio): allora ci sarà amico e protettore (Introito, Graduale) ed avremo portato il miglior contributo alla pace sociale. Guardate con particolare attenzione il Vangelo e il commento: Le lacrime di Gesù sulla città che s'era scelta... Ma è la fine che attende tutti i nemici della Chiesa di tutti i tempi.
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Introitus Ps 53:6-7 Ecce, Deus adiuvat me, et Dóminus suscéptor est ánimæ meæ: avérte mala inimícis meis, et in veritáte tua dispérde illos, protéctor meus, Dómine. Ps 53:3 Deus, in nómine tuo salvum me fac: et in virtúte tua libera me. Ecce, Deus adiuvat me, et Dóminus suscéptor est ánimæ meæ: avérte mala inimícis meis, et in veritáte tua dispérde illos, protéctor meus, Dómine. |
Introito Sl 53:6-7. Ecco, Iddio mi aiuta, e il Signore è il sostegno dell’ànima mia: ritorci il male contro i miei nemici, e disperdili nella tua verità, o Signore, mio protettore. Sl 53:3 O Dio, salvami nel tuo nome: e líberami per la tua potenza. Ecco, Iddio mi aiuta, e il Signore è il sostegno dell’ànima mia: ritorci il male contro i miei nemici, e disperdili nella tua verità, o Signore, mio protettore. |
Graduale Ps 8:2 Dómine, Dóminus noster, quam admirábile est nomen tuum in universa terra! V. Quóniam eleváta est magnificéntia tua super cœlos. Allelúia, allelúia. Ps 58:2 Eripe me de inimícis meis, Deus meus: et ab insurgéntibus in me líbera me. Allelúia. Offertorium V. Dóminus vobíscum. R. Et cum spíritu tuo. Orémus. Ps 18:9; 18:10; 18:11; 18:12 Iustítiæ Dómini rectæ, lætificántes corda, et iudícia eius dulcióra super mel et favum: nam et servus tuus custódit ea. |
Graduale Sl 8:2 Signore, Signore nostro, quanto ammirabile è il tuo nome su tutta la terra! V. Poiché la tua magnificenza sorpassa i cieli. Allelúia, allelúia Sl 58:2 Allontànami dai miei nemici, o mio Dio: e líberami da coloro che insorgono contro di me. Allelúia. Offertorio V. Il Signore sia con voi. R. E con il tuo spirito. Preghiamo Ps 18:9; 18:10; 18:11; 18:12 La legge del Signore è retta e rallegra i cuori, i suoi giudizi sono più dolci del miele e di un favo stillante: e il tuo servo li custodisce. |
I guai di Gerusalemme.
Messa
Preghiamo
La deplorazione dei guai di Gerusalemme forma in Occidente l'argomento del Vangelo del giorno e ha dato da lungo tempo il suo nome, presso i Latini, alla nona Domenica dopo la Pentecoste.
È facile trovare ancor oggi, nella Liturgia, le tracce della preoccupazione della Chiesa nascente riguardo alla prossima realizzazione delle profezie contro la città ingrata che fu oggetto delle prime predilezioni del Signore. Il termine stabilito dalla misericordia alla giustizia divina giunge alfine. Gesù Cristo, parlando della distruzione di Sion e del tempio, aveva predetto che la generazione che ascoltava le sue parole non sarebbe passata prima che si fosse compiuto quanto egli annunciava (Lc 21,32). Circa quarant'anni lasciati a Giuda per allontanare l'ira del cielo non hanno fatto che consolidare nel suo ostinato rinnegamento la razza deicida. Come un torrente a lungo trattenuto che infrange le sue dighe, la vendetta si precipita sull'antico Israele; l'anno 70 vede eseguire la sentenza che egli stesso ha pronunziata, quando esclamava mostrando ai Gentili (Mt 20,19) il suo re e il suo Dio: Il suo sangue cada su di noi e sui nostri figli! (ivi 27,25).
Messa
Israele era diventato il nemico della Chiesa; Dio, come aveva annunciato (Dt 28,15-68) lo castiga e ne disperde i resti. La Chiesa coglie l'occasione dall'esecuzione dei giudizi del Signore, per professare l'umile fiducia che pone nell'aiuto del suo Sposo.
EPISTOLA (1Cor 10,6-13). - Fratelli: Non desideriamo cose cattive come essi fecero; né diveniate idolatri, come alcuni di loro, conforme sta scritto: Si adagiò il popolo per mangiare e bere, poi si alzò per divertirsi; né fornichiamo come alcuni di essi fecero e ne caddero morti in un sol giorno ventitremila; né tentiamo Cristo, come lo tentarono alcuni di loro, che furono uccisi dai serpenti; né mormoriate, come alcuni di essi mormorarono, e furono distrutti dallo sterminatore. Or tutte queste cose accaddero loro in figura, e sono state scritte a nostro avvertimento, per noi che siamo venuti alla fine dei secoli. Quindi chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere. Non vi hanno assaliti che tentazioni umane: or Dio è fedele e non permetterà che voi siate tentati oltre le vostre forze; ma con la tentazione darà anche il modo di trame profitto, donandovi la forza di poterla sopportare.Una lezione profetica.
"Tutti gli Ebrei - dice san Paolo - sono stati gratificati delle attenzioni di Dio. Nulla è mancato loro. Tuttavia, la benevolenza del Signore si è definitivamente allontanata da essi. Questo, perché l'amore di Dio ci crea una responsabilità davanti a lui e i suoi benefici non recano profitto se non a coloro che, ricevutili nell'umiltà, li fanno fruttificare con la completa fedeltà della vita. Sicché, nessuno dica che tutto ciò è solo storia antica e non riguarda che gli Ebrei. No, nella persona del popolo ebraico noi riceviamo una lezione profetica: ci si avverte di distoglierci dalle terrene cupidigie che l'hanno condotto alla perdizione, come potrebbero condurvi anche noi... Il popolo ebraico ha fatto, e spesso a sue spese, esperienze che dovevano servire al mondo intero. Tutti gli eventi della sua storia sono accaduti, sono stati scritti e sono giunti fino a noi come una lezione di cose destinata nella mente di Dio a illuminare noi che siamo gli ultimi venuti nel corso dei secoli, noi che apparteniamo alla alleanza nuova, ultima, eterna.
Vediamo in questo modo come si possa venir meno, anche dopo aver raccolto i benefici di Dio. Sicché, lungi da noi la presunzione e ogni ingannevole sicurezza. Possono sopraggiungere prove più dure di quelle sopportate finora e che Dio ha proporzionato alla nostra debolezza. Non già che il Signore, il quale è fedele, permetta mai che la prova superi assolutamente le nostre forze: con la tentazione che aumenta, Dio da la forza soprannaturale richiesta per resistere; ma non dobbiamo mai far assegnamento su di noi, e questa maggiore forza ci verrà soltanto da lui" [1].
VANGELO (Lc 19,41-47). - In quel tempo; Gesù, come fu vicino alla città, al vederla, pianse su di lei, e disse: O se conoscessi anche tu, e proprio in questo giorno, quel che giova alla tua pace! Ora invece è celato agli occhi tuoi. Che verranno per te i giorni nei quali i nemici ti stringeranno con trincee, ti chiuderanno e ti stringeranno da ogni parte, e distruggeranno te e i tuoi figli che sono in te, e non lasceranno in te pietra sovra pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata. Poi, entrato nel tempio, cominciò a scacciare coloro che vi vendevano e vi compravano, dicendo loro: Sta scritto: La mia casa è casa di preghiera; ma voi ne avete atta uria spelonca di ladri. Ed ogni giorno insegnava nel tempio.Le lacrime di Gesù.
Il passo che abbiamo ora letto nel santo Vangelo si riferisce al giorno dell'entrata trionfale del Salvatore a Gerusalemme. Questo trionfo, che Dio Padre faceva provare al suo Cristo prima dei giorni della sua passione, non era, purtroppo - lo si vede presto il riconoscimento dell'Uomo-Dio da parte della sinagoga. Né la dolcezza di quel re che veniva alla figlia di Sion a cavallo di un'asina (Zc 9,9) né la sua severità misericordiosa contro i profanatori del Tempio, né i suoi ultimi insegnamenti nella casa del Padre suo dovevano aprire quegli occhi ostinatamente chiusi alla luce della salvezza e della pace. I pianti stessi del Figlio dell'Uomo non potevano dunque arrestare la vendetta divina: è pur necessario che alfine la giustizia abbia il suo corso.
È opportuno che contempliamo per un istante le lacrime di Gesù. "Il Signore fermò lo sguardo sulla grande città, sulla mole del Tempio, e una tristezza infinita gli invase l'anima... Pianse sulla sua patria: furono veri singhiozzi; e le parole che pronunciò hanno, infatti, un accento quasi rotto, in cui si tradisce la violenza dell'emozione. Non dimentichiamo mai quanto il Signore appartenesse alla nostra umanità. Amava Gerusalemme come ebreo, come Figlio dell'Uomo, come Figlio di Dio. Gerusalemme era il cuore d'Israele e di tutto il mondo religioso, la città che Dio s'era scelta. Sarebbe potuta divenire la capitale del regno messianico destinato ad abbracciare tutte le genti. Nel passato non le erano mancati gli avvertimenti e i castighi salutari, e da tre anni il Signore stesso le aveva prodigato così abbondantemente la sua luce! Fin sul Calvario e oltre, mediante il ministero degli Apostoli, egli doveva tendere le braccia al suo popolo. Ma tutto sarebbe stato vano. Sarebbe stato pur necessario che intervenisse alfine la giustizia. E possiamo leggere presso lo Storico Giuseppe (V e VI libro della Guerra Giudaica), con quale rigorosa esattezza si è realizzata la profezia del Salvatore riguardo al castigo di Gerusalemme che rimane la più impressionante lezione della storia" [2].
Preghiamo
O Signore, nella tua grande misericordia, ascolta le nostre preghiere e, affinché tu possa esaudire le nostre domande, fa' che chiediamo ciò che ti è gradito.
__________________________ [1] Dom Delatte, Epitres de saint Paul, I, p. 337.
[2] Dom Delatte, Evangile de N. S. J. C., II, p.74
[2] Dom Delatte, Evangile de N. S. J. C., II, p.74
(da: dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico. - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 460-463)
8 commenti:
“Se intendessimo che cosa è per noi l’Eucaristia, questo cibo di vitti colto dall’albero della Vita! Satana porse ad Eva, e per lei ad Adamo, il frutto fatale, frutto proibito, perchè Dio l’aveva riservato per Sè, e subito s’accese nei sensi la concupiscenza; l’uomo s’accorse d’essere nudo, e per la vergogna si nascose. Gesù Cristo porse alle sue creature in cibo di vita Se stesso, e nell’umana carne s’accese il fuoco dell’amore e della purezza, per cui l’uomo s’accorse d’essere vestito di grazia. Il regno di satana fu caratterizzato dalla nudità vergognosa, quello di Gesù Cristo dalla purezza gloriosa; il cibo della morte scacciò l’uomo dalla faccia di Dio, il cibo della vita lo avvicina a Lui nella purezza. Per essere puri dunque bisogna avvicinarsi a Gesù Sacramentato, come ad albero di vita piantato nella Chiesa, cogliere il frutto soavissimo del Corpo e Sangue del Redentore e cibarsene; allora avviene l’opposto di quello che avvenne ad Adamo; il corpo animale sparisce tra i fulgori di una nuova vita, i sensi hanno per oggetto l’amore di Dio ed i beni eterni, la purezza ammanta l’anima di un candore smagliante, ed essa, lungi dal vergognarsi di comparire innanzi a Dio, lo segue con grandissimo amore.”
Don Dolindo, Nei raggi della grandezza e della vita Sacerdotale
Oggi Santa Messa ore 10.30
via del Angelo custode 18
Lucca. Fsspx
Ricordando, l'altro giorno, di mamme che hanno allattato, magari solo una poppata, i figli per più di un anno, mi è venuto spontaneo paragonare l'allattamento al seno alla Eucarestia, entrambi nutrimenti essenziali, olistici come si dice oggi, che non devono mancare né al neonato, né pochi anni dopo dal fanciullino, fino all'ultimo respiro su questa terra. Mi sembra una similitudine calzante che può essere ulteriormente sviluppata. Che ne dite?
m.a.
È opportuno che contempliamo per un istante le lacrime di Gesù. “Il Signore fermò lo sguardo sulla grande città, sulla mole del Tempio, e una tristezza infinita gli invase l’anima… Pianse sulla sua patria: furono veri singhiozzi; e le parole che pronunciò hanno, infatti, un accento quasi rotto, in cui si tradisce la violenza dell’emozione. Non dimentichiamo mai quanto il Signore appartenesse alla nostra umanità. Amava Gerusalemme come ebreo, come Figlio dell’Uomo, come Figlio di Dio. Gerusalemme era il cuore d’Israele e di tutto il mondo religioso, la città che Dio s’era scelta. Sarebbe potuta divenire la capitale del regno messianico destinato ad abbracciare tutte le genti. Nel passato non le erano mancati gli avvertimenti e i castighi salutari, e da tre anni il Signore stesso le aveva prodigato così abbondantemente la sua luce! Fin sul Calvario e oltre, mediante il ministero degli Apostoli, egli doveva tendere le braccia al suo popolo. Ma tutto sarebbe stato vano. Sarebbe stato pur necessario che intervenisse alfine la giustizia. E possiamo leggere presso lo Storico Giuseppe (V e VI libro della Guerra Giudaica), con quale rigorosa esattezza si è realizzata la profezia del Salvatore riguardo al castigo di Gerusalemme che rimane la più impressionante lezione della storia” ( Dom Delatte, Evangile de N. S. J. C., II, p.74)
IX DOMENICA DOPO PENTECOSTE :
Cum appropinquáret Iesus Ierúsalem, videns civitátem, flevit super illam, dicens : Quia si cognovísses et tu, et quidem in hac die tua, quæ ad pacem tibi, nunc autem abscóndita sunt ab óculis tuis. Quia vénient dies in te : et circúmdabunt te inimíci tui vallo, et circúmdabunt te : et coangustábunt te úndique : et ad terram prostérnent te, et fílios tuos, qui in te sunt, et non relínquent in te lápidem super lápidem : eo quod non cognóveris tempus visitatiónis tuæ.(Lc.19,41-44)
È così difficile trovare qualcuno che piange per una cosa giusta, quasi fosse indegno di Gesù Cristo piangere.
Non è un pianto disperato, ma vero.
Cosciente che il peccato ha delle conseguenze sempre nella vita e la peggiore delle conseguenze è l’INDURIMENTO DEL CUORE.
Non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata/o visitata/o.
Può capitare ad una porzione di Chiesa, non a tutta la Chiesa per la promessa di Cristo.
Può capitare alla maggioranza.
Può capitare a me.
Attenti alla superbia spirituale.
don Alberto Secci
« Et ingressus in templum, cœpit ejicere vendentes in illo, et ementes, dicens illis : Scriptum est : Quia domus mea domus orationis est : vos autem fecistis illam speluncam latronum. » (Lc 19:45,46)
Tante cose si potrebbero dire sui canti giusti di oggi per la nona domenica dopo la Pentecoste!
Ecco un dettaglio affascinante.
Normalmente, i canti presentano melodie ad ampio raggio. Occasionalmente, ne avrai uno con un raggio molto limitato. Ma non si ottiene quasi mai *più* canti di quel personaggio in una sola messa.
Oggi è diverso. L'Introit e l'Offertory presentano entrambe melodie limitate a 6 note; l'Alleluia è limitata a sole 5 note.
Il Vangelo è la profezia della distruzione di Gerusalemme. Notate cosa il Signore prevede:
"Perché i giorni verranno su di te, e i tuoi nemici getteranno una trincea intorno a te, ti bussoleranno intorno e ti stringeranno da ogni parte... "
Il verbo per "straitare" è coangustare, che significa: limitarsi ad uno spazio stretto, crampi, rendere più stretto, ristretto o limitare l'ambito o l'applicazione.
Beh, che ne dici? Tre dei cinque canti corretti sono confinati in uno spazio stretto, stretto, limitato - anche se Gerusalemme sarà nelle mani dei suoi nemici nel 70 d.C.
Ora, non dico che nessuno ( tantomeno qualsiasi comitato) avesse in mente questo specifico. Ma l'eterno Dio lo aveva in mente, e ha disposto che questi canti riflettassero, anche letteralmente, il messaggio spaventoso sia della Lettera che del Vangelo. Se guardi i testi di Introit & Alleluia, vedrai persone che gridano aiuto contro i loro nemici. C'è un parallelo qui: possiamo immaginarci sotto assedio dal mondo, dalla carne e dal diavolo, e preghiamo il Signore di liberarci dai nostri nemici, invece di consegnarci a loro a causa dei nostri peccati.
Cit. Peter Kwasniewski
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