Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 19 agosto 2025

L’inganno della sicurezza: La vuota retorica di un sistema parallelo alla NATO per l'Ucraina.

Qui l'indice degli articoli sulla guerra in Ucraina
L’inganno della sicurezza: La vuota retorica
di un sistema parallelo alla NATO per l'Ucraina.

La proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, On. Giorgia Meloni, di istituire un meccanismo di sicurezza collettiva parallelo alla NATO, modellato sull’articolo 5 del Trattato del 1949 ma applicato esclusivamente all’Ucraina, rappresenta un artificio retorico privo di consistenza geopolitica, giuridica e filosofica.
L’idea, come emerge dalle dichiarazioni ufficiali, non è quella di estendere formalmente l’articolo 5 a un Paese terzo (la Repubblica di Ucraina appunto), eventualità giuridicamente impossibile senza modifica del Trattato, ma di costruire un sistema "ombra", un simulacro che ne imiti le forme senza possederne la sostanza. E proprio qui si rivela tutta la pochezza concettuale della proposta: un’alleanza senza alleanza, una garanzia senza vincolo, una promessa senza fondamento.
Geopoliticamente, l’idea di un sistema parallelo non è semplicemente velleitaria per mancanza di struttura, ma rischiosa proprio perché, se fosse davvero costruito con apparati di comando, catene decisionali e strumenti militari integrati, genererebbe una duplicazione di costi e di strategie che finirebbe per indebolire la stessa NATO (e la NATO lo permetterebbe?).
In un contesto in cui l’Alleanza atlantica già fatica a mantenere la coesione interna, basti pensare alle tensioni transatlantiche, alle divergenze sugli oneri di spesa e alla diversa percezione delle minacce tra Europa e Stati Uniti d'America, la creazione di un blocco parallelo comporterebbe un dispendio di risorse politiche, economiche e militari che né l’Europa, né gli alleati appaiono in grado di sostenere.
Un tale progetto obbligherebbe gli Stati coinvolti a scegliere se rafforzare la NATO o deviare risorse verso un contenitore istituzionale nuovo, inevitabilmente percepito come concorrente sia pure circoscritto a livello europeo. L’effetto, lungi dal rafforzare la deterrenza, sarebbe quello di frammentare l’architettura di sicurezza euro-atlantica, moltiplicando centri decisionali e linee di comando e indebolendo la presunta credibilità complessiva dell’Occidente agli occhi degli avversari.
A ciò si aggiunga che un progetto di questa portata difficilmente potrebbe poggiare sul piano di riarmo europeo avviato dalla Commissione nel marzo scorso, concepito non come duplicazione della NATO, bensì come coordinamento industriale e logistico interno all’Unione.
Quel piano non è pensato per finanziare una nuova alleanza autonoma (la stessa Meloni, a giugno scorso, in Senato, ha definito "un errore" la creazione di un sistema europeo di difesa parallelo all'Alleanza Atlantica del Nord), bensì per colmare le lacune difensive degli Stati membri e integrare le capacità con il sistema atlantico. Utilizzarlo come base per un sistema parallelo significherebbe tradirne la ratio e condannarlo a un insuccesso operativo e politico.
Giuridicamente, poi, in termini di diritto internazionale pubblico, la proposta è ancora più inconsistente. Senza un Trattato internazionale ad hoc, ratificato dagli Stati interessati, non può esistere alcuna obbligazione giuridica di mutua difesa.
La forza dell’articolo 5 risiede nel suo carattere vincolante, frutto di una procedura di consenso e di ratifica parlamentare. Un meccanismo parallelo, privo di questa base, non sarebbe altro che un patto politico evanescente, esposto alla contingenza dei Governi e privo di cogenza normativa. Parlare di garanzie di difesa collettiva senza i presupposti formali che le rendono obbliganti significa svuotare di senso il concetto stesso di alleanza. E anche si concludesse un accordo multilaterale secondo la Convenzione di Vienna del 1969 e poi si avviasse un iter interno per il recepimento e l'autorizzazione alla ratifica di questo "strumento di difesa collettiva fuori dal perimetro Nato", certamente il percorso non sarebbe indolore, soprattutto sul piano dell'opinione pubblica (meno su quello dei numeri dell'approvazione in Parlamento visti gli "yes man meloniani").
Filosoficamente, la proposta tradisce una concezione riduttiva e tecnicistica della difesa collettiva, come se bastasse replicare uno schema giuridico per ottenerne automaticamente gli effetti.
Ora, la vera forza di un’alleanza (non quella attuale della NATO) risiede nella comunità di destino che lega i suoi membri, nella condivisione di valori e interessi che rende pensabile il sacrificio reciproco. Un sistema parallelo, privo di tale radicamento, non costruisce fiducia, semmai la simula; non genera solidarietà, ma la recita. È la riduzione del vincolo politico-morale a un’imitazione burocratica, il trionfo dell’apparenza sulla sostanza.
Strategicamente, infine, una simile costruzione non solo non rafforzerebbe la sicurezza europea, ma la minerebbe. Mosca non distinguerebbe tra NATO e NATO parallela: vedrebbe in entrambi i casi un tentativo di penetrazione nella propria sfera d’influenza, un avvicinamento surrettizio dell’Alleanza ai propri confini.
L’effetto sarebbe quello di inasprire le tensioni, rafforzare la narrativa russa dell’accerchiamento e incentivare una risposta aggressiva. La sicurezza apparente dell’Ucraina si tradurrebbe, paradossalmente, in maggiore insicurezza per l’intera Europa. La verità è che la proposta di Giorgia Meloni non è un progetto di politica estera, quanto un esercizio di immaginazione diplomatica: una scorciatoia illusoria che maschera l’incapacità di affrontare i nodi reali del conflitto.
Senza la forza di un Trattato, senza la coesione di un’alleanza, senza la credibilità di una deterrenza effettiva, il sistema parallelo alla NATO si riduce a un vuoto involucro, destinato a sgonfiarsi al primo urto con la realtà. È l’ennesima dimostrazione di come, nella retorica politica contemporanea, la parola "sicurezza" sia spesso evocata non per garantire stabilità, ma per nascondere la fragilità delle scelte compiute.
Daniele Trabucco

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Le garanzie di sicurezza per l'Ucraina possono essere l'ostacolo più difficile da superare perché la Russia ovviamente vorrebbe escludere la presenza occidentale dai propri confini.

Infatti Trump è stato costretto a interrompere l'incontro per 40 minuti per informare Putin degli sviluppi su questo punto.

Ricordo che stiamo parlando, in realtà, della sicurezza della Russia e ricordo per l'ennesima volta come si sono comportati gli americani quando i russi hanno minacciato di stabilirsi a Cuba con tutte le loro armi.

Al momento, bisognerebbe cominciare a ringraziare Trump per l'enorme lavoro fatto fin qui vista la situazione difficilissima da risolvere e per essere una garanzia insostituibile per Putin.

"Ho avuto un ottimo incontro con illustri ospiti, il Presidente Volodymyr Zelenskyy, dell'Ucraina, il Presidente Emmanuel Macron, della Francia, il Presidente Alexander Stubb, della Finlandia, il Primo Ministro Giorgia Meloni, d'Italia, il Primo Ministro Keir Starmer, del Regno Unito, il Cancelliere della Repubblica Federale di Germania, Friedrich Merz, Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e Segretario generale della NATO, Mark Rutte, alla Casa Bianca, che si è conclusa in un ulteriore incontro nello Studio Ovale. Durante l'incontro abbiamo discusso delle Garanzie di Sicurezza per l'Ucraina, che le Garanzie sarebbero fornite dai vari Paesi europei, con un coordinamento con gli Stati Uniti d'America. Tutti molto contenti della possibilità di PACE per la Russia/Ucraina. A conclusione degli incontri, ho chiamato il Presidente Putin, e ho iniziato gli accordi per un incontro, in un luogo da definire, tra il Presidente Putin e il Presidente Zelenskyy. Dopo quell'incontro, avremo un Trilat, che sarebbero i due Presidenti, più io. Ancora una volta, questo è stato un ottimo passo iniziale per una guerra che dura da quasi quattro anni. Il vicepresidente JD Vance, il Segretario di Stato Marco Rubio e l'inviato speciale Steve Witkoff si stanno coordinando con Russia e Ucraina. Grazie per la vostra attenzione a questo tema! "
Donald Trump

Anonimo ha detto...

Stamattina viene subito alla mente il san Paolo di Romani 4,18: in spe contra spem. Ancora fatico a credere che si vada verso un summit bilaterale Putin-Zelensky. Le posizioni sono talmente distanti che il processo di distensione potrebbe arrestarsi anche subito. Però non ripetiamoci la favoletta degli autocrati cattivi che non permettono ai buoni di far trionfare il bene. Che a decidere gli assetti internazionali sono i rapporti di forza fra gli stati e non l'ossequio al diritto internazionale non è una novità introdotta da Putin e da Trump. Nel commento cerco anche di smentire questa ipocrisia.

https://www.tempi.it/trump-zelensky-putin-summit-washington/

Chi sono “i cattivi”? ha detto...

Delusione e preoccupazione sono lecite; meno lecita è la limitatezza moralista che fa dire a tanti europei che le cose vanno così perché «due autocrati non si azzannano fra loro». Sottinteso: noi non siamo così, noi siamo quelli del primato del diritto internazionale, del rispetto delle sovranità altrui, della solidarietà fra democrazie, sempre minacciate dalle autocrazie. I cattivi, quelli che hanno deciso che la forza conta più del diritto, che le alleanze si basano sugli interessi materiali e non sui valori ideali, sono loro: Putin e Trump. I fatti, però, raccontano una storia piuttosto diversa.

Raccontano che da sempre ci siamo scelti per alleato sul fronte sud-est la Turchia prima dei militari e poi degli islamisti, che le abbiamo lasciato occupare metà di Cipro (1974) e che non abbiamo certo decretato sanzioni economiche e spedizioni di armi ai ciprioti per combattere l’occupazione nemmeno quando abbiamo accolto Cipro nell’Unione Europea (2004), anzi: abbiamo versato e continuiamo a versare miliardi di euro ad Ankara perché faccia la guardia alle nostre frontiere, e pazienza se giornalisti e politici di opposizione finiscono dietro le sbarre o vengono neutralizzati.

Anonimo ha detto...

Risultato dell'incontro di ieri tra Trump e l'Europa:

> Nessun cessate il fuoco
> Nessuna nuova sanzione alla Russia
> Nessuna pressione sulla Russia
> Ribadisce che l'Ucraina dovrà rinunciare al territorio che non potrà recuperare in cambio della pace
> Respinti tutti i suggerimenti dei leader europei.

Anonimo ha detto...

L'on Meloni non è simpatica al prof. Trabucco, lo si era capito da altri suoi interventi. La proposta meloniana sull'art. 5 sarebbe invalida dal punto di vista politico, giuridico, filosofico, morale e chi più ne ha più ne metta.
Forse occorrerebbe maggior semplicità nell'approccio. Il prolema è costituito dal trovare il modo di garantire in qualche modo la sicurezza dell'Ucraina una volta (si spera) finita la presente guerra. Il problema è soprattutto pratico e non è di facile soluzione, stante il divieto russo di arruolare l'Ucraina nella Nato (divieto comprensibile, visto che questa guerra è sorta alla base dall'indiscriminata espansisone della Nato ad Est, contro gli impegni verbali assunti a suo tempo dagli stessi americani, secondo quanto affermano i russi).
La proposta di Meloni è discutibile, come altre. Assumere l'impegno a difendere l'Ucraina da una nuova invasione come se fosse un membro della Nato pur non potendolo essere, è soluzione indubbiamente ambigua e pericolosa: potremmo un domani esser costretti per mantenere la parola data ad inviare truppe in Ucraina. L ' art. 5 non obbliga all'intervento automatico per difendere uno Stato membro aggredito, c'è sempre un margine di manovra, anche se ridotto.
All'inizio degli anni Cinquanta, quando ci furono gravi incidenti a Trieste ancora sotto amministrazione inglese, Tito, il capo comunista della Jugoslavia, mirante da sempre alla conquista della città, mobilitò le sue truppe al confine. Pella, DC ma piemontese vecchio stampo, inviò truppe italiane dalla parte nostra. Ci fu un momento di grande tensione, gli americani si interposero inviando una loro unità sul medesimo confine. Molti anni dopo, Cossiga rivelò che gli USA avevano fatto sapere a Mosca in segreto che in caso di guerra tra Jugoslavia e Italia, membro della Nato, non avrebbero usato armi atomiche per difendere l'Italia. C'è da chiedersi se sarebbero affatto intervenuti. Tito aveva rotto con Mosca, ma era sempre il capo di uno Stato comunista, un ottimo pretesto per un intervento "fraterno" dei russi a sostegno. Ho citato a memoria, ma si potrebbe andare a ricostruire l'episodio, potrebbe costituire un precedente interessante.
Che fiducia bisogna riporre nella Nato, guidata per forza di cose dagli USA, nazione che mai vorrebbe esser coinvolta in una guerra europea, anche limitata? Le è sufficiente la posizione di predominio che ha acquisito con la vittoria nella II gm. Da mantenersi possibilmente con mezzi politico-economici.
Proponga il prof. Trabucco una soluzione più valida di quella di Meloni.
Politicus

Anonimo ha detto...

Ottimo articolo.
La proposta Meloni denota ignoranza del diritto internazionale ma anche del diritto privato:
come pensare di applicare la norma di uno statuto ad un soggetto che non ha firmato e ratificato tale statuto perchè non è membro o socio dell'ente che ha stipulato lo statuto?

Anonimo ha detto...

"Ci siamo scelti la Turchia come alleata nella Nato.."
Non ci siamo scelti niente. La Turchia fu inclusa nella Nato dagli americani e c'era poco da fare. Nella guerra di Corea noi mandammo solo un ospedale da campo, perché al tempo poco avevamo e comunque, si sa, fare la guerra è "da fascisti". I turchi inviarono un battaglione che fece faville contro i nordcoreani, soprattutto nei combattimenti all'arma bianca. Gli americani ne furono impressionati, da qui nacque l'diea di far entrare la Turchia nella Nato. Vera o no questa storia, l'ingresso della Turchia corrispondeva anche ad una evidente esigenza strategica generale, una volta che la Nato (messa in piedi per difendere il Nord Atlantico, come dice il nome - North Atlantic Treaty Organization) , si era estesa al Mediterraneo per parare anche da quel lato la minaccia rappresentata dalla Russia di Stalin.

Anonimo ha detto...

https://www.maurizioblondet.it/zelenski-si-e-comprato-una-banca-in-francia-rotschild/

Anonimo ha detto...

Nel caso Zelensky se ne fosse dimenticato, Trump gli ha messo nello Studio Ovale una bella gigantografia delle regioni che ha perso, quasi un quarto del paese.
Sulla legenda della mappa tali regioni sono indicate sotto la dicitura “Aree di controllo” (e non di “occupazione”) come “Russia”. Le altre semplicemente come “contese”.

Anonimo ha detto...

Tra le tante letture dell'evento di ieri.
Dalla resa della sovranità nazionale agli Stati Uniti, alla spartizione degli interessi economici tra ricostruzione e sfruttamento minerari in Ucraina.
Io ci voglio vedere Europa e America, due continenti, la società occidentale (sicuramente imperfetta), alla ricerca della via d’uscita ad una guerra che sta trascinando il mondo in un baratro senza ritorno.
Vorrei conservare quella speranza in un mondo migliore che ha guidato chi ha vissuto sulla sua pelle gli orrori dei regimi e delle guerre del secolo scorso.
Che buon Dio guidi i dialoghi e le trattative affinché non ci sia il cessato il fuoco ma la pace duratura.