Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 29 dicembre 2015

Sulla musica sacra. Un saggio di Cornelio Fabro e un discorso di papa Benedetto

Ringrazio il prof Enzo Fagiolo per questo testo che ci ripropone il tema dell'attuale situazione della musica sacra come risultato della guerra contro una tradizione millenaria che aveva costruito il mirabile edificio del gregoriano e poi delle laudi e della polifonia, per proclamare la parola di Dio al popolo con l’efficacia del canto. Potete leggere qui e qui due suoi precedenti articoli.

Un saggio di Cornelio Fabro e
un discorso di papa Benedetto sulla musica sacra
L’emarginazione della musica sacra, in particolare liturgica, dal CVII in poi, ha lasciato un vuoto nella pratica religiosa del mondo cattolico e continua a suscitare dure critiche non solo da parte di musicisti di Chiesa fedeli alla tradizione, ma anche da parte di tanti fedeli privati di un mezzo efficace per recepire la parola di Dio, iniziato con la Chiesa nascente.
C. Fabro, grande filosofo e teologo ( 1911-1995), sacerdote della Congregazione delle Sacre Stimmate, del quale si sta ristampando l’opera omnia, molto critico della ‘svolta antropologica’, seguita al CVII, fu uno dei più autorevoli collaboratori della rivista di musicologia sacra ‘Cappella Sistina’, fondata dal venerato M°. card. Bartolucci, per la quale scrisse un magistrale saggio sul n.11 del 1966, quando stava maturando la riforma liturgica post-conciliare. Ottimo organista, il M° F. Vignanelli, titolare della cattedra di organo presso il Pontificio Istituto di Musica Sacra, gli propose di diventare suo assistente. La sua autorevole voce, come quella di molti altri, critica della distruttiva riforma liturgica, fu proditoriamente oscurata. Dall’ampio saggio di C. Fabro sono qui trascritti i passi più pertinenti alla musica sacra ed, in particolare, liturgica:
“ La musica è, come il linguaggio, una presentazione sensibile dello spirito, ma, mentre il linguaggio evoca direttamente idee, emozioni, immagini, la musica è anzitutto e soprattutto espressione di suoni di ‘forme di suono’, di dinamismo di complessi e strutture sonore affidate a strumenti o alla stessa voce umana nel canto. La musica, come il linguaggio, può spaziare in tutti i campi dello spirito, coglierne le intime movenze per evocarle in una partecipazione universale. La musica, anzi, può superare lo stesso linguaggio, obbligato a rispettare le regole della grammatica e della sintassi, poiché, quando si applica alla parola e diventa canto tende ad invadere l’intera persona, a scuotere le forze più misteriose e a esprimere le passioni e aspirazioni più profonde. Nella storia della civiltà la musica è stata legata soprattutto alle manifestazioni del culto verso l’Essere supremo ed alla celebrazione dei riti della vita e della morte; soprattutto per la religione cristiana nella quale la musica ha assunto forme nuove e di eccezionale ricchezza spirituale.
L’arte musicale esige una conoscenza accurata e specifica della scienza dei suoni nei loro rapporti e sviluppi (contrappunto); ma, d’altra parte, la musica scaturisce da una ‘idea musicale’ che muove nell’anima da cieli ignoti : là è scienza e conoscenza obiettiva, qui è ispirazione ed elevazione subiettiva, slancio ed impeto dello spirito. Parimenti la musica, come arte del suono, esige da un lato un impegno obiettivo quale si richiede nell’esecuzione di qualsiasi pezzo musicale; dal lato soggettivo, invece, della comprensione ed interpretazione, l’attività musicale ha radici misteriose e segrete che rimandano alla struttura più propria dell’Io nascosto nel fondo della coscienza.

Non stupisce allora che nella Sacrosantum Concilium (SC), la musica goda di particolare favore:
‘La tradizione musicale della Chiesa costituisce un patrimonio di inestimabile valore, per il fatto che il canto sacro unito alle parole è parte necessaria e integrante della liturgia solenne. La Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana al quale spetta, a parità di condizioni. il posto principale; altri generi di musica, specialmente la polifonia, sono ammessi purché rispondano allo spirito del’azione liturgica’. Si raccomanda poi ‘ una partecipazione al canto di tutta l’assemblea dei fedeli’.
Coesistenza di tradizione e novità; la conciliazione non sembra facile. La difficoltà non è affatto apparente e per poco che si voglia forzare uno dei termini si turberà quel meraviglioso equilibrio che deve regolare l’azione liturgica perché possa incidere intimamente nelle anime.

‘Canto del popolo’ e ‘canto popolare’ sono presi dagli avversari del ‘canto ecclesiastico’ per sinonimi, ma la realtà è meno semplicistica, perché il popolo può ben essere educato al canto gregoriano come l’hanno mostrato abili maestri di cappella e zelanti pastori di anime e allora la liturgia diventa veramente, nella partecipazione alle mistiche riflessioni del canto liturgico per eccellenza, una commossa festa dello spirito. Questo è l’autentico ‘canto del popolo’, nella spirituale continuità con la societas fidelium che ci ha preceduto nell’unità del segno della fede. Ma, se per canto del popolo s’intende l’abolizione e la sostituzione del canto gregoriano e della polifonia, allora il discorso diventa oscuro. Il cosiddetto canto popolare sarà allora il rivestimento dei testi liturgici con temi arieggianti nenie e movenze melodiche popolari, con il pericolo tutt’altro che nuovo ed ipotetico di cadere nelle sguaiataggini per non dire nella profanazione aperta. Chi ha potuto conoscere certe manifestazioni religiose, sa qualcosa di siffatti ‘canti religiosi popolari’ e conosce il discredito che gettano sulla religione. È chiaro che ‘la partecipazione del popolo’ non si identica affatto con il canto popolare nella lingua volgare di cui si sono fatti paladini i fautori del ‘populismo liturgico’. Non si comprende come qualcuno, appellandosi alla SC, abbia potuto scrivere: “Dopo che il coro si è isolato ad unità autonoma, la musica è diventata nella liturgia un elemento perturbatore” Allora tocca alla liturgia, alla manifestazione del sacro essenziale e soprannaturale com’è il culto cattolico, diventare proletario e banale e abbassarsi, oppure è invece l’uomo che si deve elevare alla grandezza ed alla consolazione dei dogmi che la dignità delle cerimonie e la sublimità del canto per ‘estrarlo’dalle banalità quotidiane e avvicinarlo a Dio ?

La musica polifonica e corale, che, è ovvio, necessita di una Cappella qualificata e va riservata alle manifestazioni più solenni, esigerebbe, per l’importanza e il significato altamente spirituale che le compete, un discorso a parte. L’intensità del pathos religioso, la luminosità dei dogmi e lo struggimento dell’anima per Dio, trovano in tale musica l’espressione più alta e completa, mai più superata; la sua fedeltà all’ispirazione dei temi gregoriani che le garantiscono la continuità con la tradizione e la purezza del sentimento religioso. D’altra parte, la costruzione delle parti nello sviluppo delle idee musicali è in grado di esprimere nell’incontrarsi e intranearsi delle voci, le dimensioni dello spirito spinto ai vertici dell’infinito. Ai cantori della Cappella Sistina, autentici ministri laici della liturgia, che un corrosivo ‘populismo liturgico’ vorrebbe bandire dalla Chiesa, Paolo VI si rivolgeva, nella festa di S. Gregorio Magno: “Voi siete quelli che interpretate la nostra preghiera, la rendete bella, le date anima per salire fino al Signore. …In tutto il mondo si è fatto sentire l’eco dei vostri canti”
Valga per tutti, la voce accorata del M° Bartolucci, direttore della Cappella Sistina :
“ La liturgia della Chiesa ha trovato nel canto e nella musica la sua anima. Certi inni festosi e certi versetti tristissimi ricevono dalla musica la loro caratterizzazione più evidente e più immediata. Chi non riconoscerebbe la letizia che scaturisce dal repertorio sia gregoriano sia polifonico che i musicisti nei vari secoli hanno preparato per le festività pasquali? Basterebbero le prime note del Kyrie della notte del Sabato Santo! O la bellissima sequenza di Pasqua o il sublime offertorio ‘Terra tremuit’ con il trepidante Alleluia. Chi non riconoscerebbe l’intensità e la commozione dei canti gregoriani della liturgia del Venerdì Santo, per lo scoprimento e l’adorazione della Croce così come ce li hanno tramandati i secoli o gli immortali Improperia palestriniani? E potremmo continuare con l’Avvento, la liturgia dei morti etc. .. Oggi se il popolo diserta la liturgia solenne non facciamone colpa ai musicisti perché cantano in latino e costringono il popolo a star zitto. Ricordo che il popolo cantava a gran voce: ai Vespri, alle Messe Solenni alle Via Crucis. La Chiesa aveva un repertorio incommensurabile di canto popolare praticato da secoli affondante le sue radici nel gregoriano e nelle laudi. Tutto s’è perso! Così il popolo non canta, come non prega più. Partecipazione attiva dei fedeli alla sacra liturgia è anche quella di ascoltare, rivivendo nel proprio intimo quanto gli interpreti ufficiali per lui rivolgono a Dio”
La musica tocca, per vie sconosciute, le dimensioni infinite delle vie dello spirito e ne evoca misteriose impressioni e possibilità nuove. La musica sacra non è poi semplice potenziazione del linguaggio, come qualsiasi musica, ma l’evocazione dei misteri e delle consolazioni della nostra fede giunta ai confini ultimi del senso e dello spirito in quell’incontro di attese e di speranze, di ultime consolazioni e di gaudi supremi che il nostro padre Dante affida alla musica e al canto dei beati. Il populismo liturgico che vuole bandire le Scholae cantorum, ossia la musica sacra, per far posto al cosiddetto ‘ canto popolare’, non è soltanto un’incomprensione delle direttive dei Pontefici da Leone XIII in poi e delle norme della SC, ma un attentato all’aspirazione universale di ogni coscienza umana. Speriamo che queste considerazioni possano prevalere sullo zelo incomposto dei nuovi iconoclasti della gemma forse più preziosa e spirituale del culto cattolico. Ogni anima profondamente religiosa, anche delle classi più umili, è fiera e contenta che le lodi e le suppliche della Chiesa a Dio, salgano al cielo con i più fulgenti splendori del culto e del canto come una tregua e un sollievo alla dura lotta per la vita e un’anticipazione della pace e della speranza di cui attende il compimento infallibile della morte “.
Dopo mezzo secolo, il discorso di ringraziamento (ancora una sua lectio magistralis!) [vedi] di papa Benedetto XVI, tenuto in occasione del conferimento della laurea honoris causa, da parte della Pontificia Università e dell’Accademia di Musica di Cracovia, il 4 luglio 2015, riprende e approfondisce, anche in base all’esperienza personale di musicista e teologo della liturgia, alcuni dei concetti del Fabro:
“…. Si può dire che la qualità della musica dipende dalla purezza e dalla grandezza dell’incontro con il divino, con l’esperienza dell’amore e del dolore. Quanto più pura e vera è quest’esperienza, tanto più pura e grande sarà anche la musica che da essa nasce e si sviluppa”….La risposta grande e pura della musica occidentale si è sviluppata nell’incontro con quel Dio che nella liturgia si rende presente a noi in Cristo Gesù. Quella musica, per me, è una dimostrazione della verità del cristianesimo. Laddove si sviluppa una risposta così è avvenuto un incontro con la verità, con il vero creatore del mondo. Per questo la musica sacra è una realtà di rango teologico e di significato permanente per la fede dell’intera cristianità. Essa non può scomparire dalla liturgia e la sua presenza può essere un modo del tutto speciale di partecipazione alla celebrazione sacra, al mistero della fede….Il grande dono della musica, che proviene dalla tradizione della fede cristiana, resti vivo e sia di aiuto perché la forza creativa della fede anche in futuro non si estingua“.
Enzo Fagiolo

Bibliografia
-D. Bartolucci: La colpa è tutta dei musicisti? Boll. Ceciliano; n.4, p.3, 1964. Funzionalità e arte nella musica liturgica. Atti I Conv. Naz. Compositori AISC. Trento; p.51, 1991.
-D. Celada: Riforma liturgica e musica sacra. Capp. Sistina n.4. p. 71, 1964 (la rivista che ebbe prestigiosi collaboratori, quali il preside del PIMS I. Anglés, gli storici della musica G. Pannain e G. Confalonieri, compositori anche di musica sacra come L Chaylly ed insigni maestri di Cappella di varie nazioni, non poteva non essere invisa al gruppo dei novatori che, sebbene minoranza esigua, avevano conquistato il potere e vinto: “ perché il papa era con noi”. La Segreteria di Stato impose alla redazione di farsi promotrice d’ufficio del nuovo corso, ma il M° Bartolucci preferì interrompere le pubblicazioni nel 1967 ).
-E. Schmidt: Il popolo cristiano al centro del rinnovamento liturgico.Civ. Catt. p. 127, giugno 1964.
-E. Fagiolo ( a cura di): Domenico Bartolucci e la musica sacra del novecento. Padova, 2009.
-E. Papinutti: Musica e Concilio. Saronno, 2015.
-Discorso di papa Benedetto XVI [qui] in occasione del conferimento del dottorato honoris causa da parte della Pontificia Università G. Paolo II e dell’Accademia di Musica di Cracovia (4 luglio 2015). Rinascita Gregoriana, n.63; settembre 2015.
Mi permetto di aggiungere un testo recente: Mattia Rossi, Le cetre e i salici. Riflessioni sull’eclissi del canto gregoriano nella Chiesa postconciliare. Fede & Cultura 2015 [vedi]
____________________________
Il testo è pubblicato anche da MiL

26 commenti:

irina ha detto...

A quanto detto in maniera così vera e toccante mi permetto di aggiungere un'altra violenza fatta alla musica sacra e ai fedeli: quando la musica vien staccata dalla liturgia e riproposta o nei teatri o anche nelle stesse chiese sistemate per l'audizione. In tutto ciò, con l'assenza dell'azione liturgica, scompare il sacro, scompaiono i fedeli e rimane il virtuosismo dei professori d'orchestra e dei cantanti, tutti variamente assortiti, e il pubblico, diventato comunque profano.
Questa operazione è smembramento, quindi morte, della musica sacra.

Anonimo ha detto...


@ Si voleva fare tabula rasa della vera musica sacra

Trovo nei miei appunti: "Nel 1972 l'arcivescovo-prelato di Loreto, mons. Loris Capovilla [l'ex-segretario di Giovanni XXIII, appunto] sciolse la Cappella musicale della Santa Casa, risalente al secolo XV, depositaria di una ricchissima tradizione di canto liturgico (fra lo sconcerto generale ddi sacerdoti e fedeli)". Ho dimenticato di riprendere la fonte, ma il fatto e' sicuramente autentico, credo che qualcuno lo possa confermare. Si pratico' lo scioglimento delle "cappelle musicali". E' vero o no che nei mercatini "delle pulci", per esempio in quello famoso di Roma,a Porta Portese, si trovavano rari esemplari di spartiti di musica sacra? Tutto all'incanto, al macero. L'attuazione delle "riforme" del Concilio e' stata fatta al modo dell'invasione delle cavallette: erano i neomodernisti che, finalmente al potere, si scatenavano distruggendo quanto potevano della Chiesa cattolica, da cima a fondo. Da qualche tempo vediamo aumentare l'odio e la persecuzione contro i cattolici, da tutte le parti. Ma quest'odio contro la Chiesa ha avuto via libera gia' 50 anni fa, dentro la Chiesa, con la vittoria degli eretici neomodernisti al Concilio, grazie alla complicita' dei Papi del tempo. Non c'e' nemico peggiore dell'eretico, per la Chiesa. historicus

Anonimo ha detto...

http://www.radiospada.org/2015/07/qualche-parola-sullultimo-discorso-di-benedetto-xvi-di-mattia-rossi/

Anonimo ha detto...

Benedetto XVI (citazioni a corrente alternata...)

...A questo punto, allora, è chiaro come sia mutato drasticamente il fine della musica sacra e liturgica; ma non solo quello, pure la sua origine. Ratzinger, infatti, nel suo discorso [l'ultimo discorso pubblico], individua tre «luoghi da cui scaturisce la musica». Li riporto perché i mantra che vi si ripropongono fanno tristemente sorridere: «Una sua prima scaturigine è l’esperienza dell’amore», «una seconda origine della musica è l’esperienza della tristezza», «infine, il terzo luogo d’origine della musica è l’incontro con il divino».

Occorre sottolinearli? L’“esperienza” e l’“incontro”. Tutto è ribaltato. Ma la Chiesa, ammantando il rito di una musica estremamente rigida e codificata (il canto gregoriano), ha sempre insegnato il contrario e cioè che è Dio, il quale non ha bisogno della nostra lode, che parla a noi attraverso un canto plasmato dallo Spirito. La musica sacra è per il cattolico una musica che dal Cielo discende sulla terra ed è in grado di infondere la gioia e la speranza nel cuore come la cetra di Davide calmava lo «spirito cattivo» di Saul e lo trasformava in un altro uomo (1Sam 16, 14-23). Va bene l’amore, la tristezza e l’incontro, ma essi vanno rovesciati: vengono da Dio e non dall’uomo.

Non solo: Ratzinger arriva addirittura a sostenere che «la qualità della musica dipende dalla purezza e dalla grandezza dell’incontro con il divino, con l’esperienza dell’amore e del dolore». Ebbene, dove non era riuscito ad arrivare nemmeno il Vaticano II, ovvero assoggettare così esplicitamente e candidamente la musica sacra alle sensazioni umane, arriva ora colui che si vorrebbe far credere essere il paladino della Tradizione.

Solo una cosa: noi possiamo accettare tutto, ma che, almeno, questa integrità tradizionale del “papa emerito” la si dimostri.
(Mattia Rossi)

Anonimo ha detto...

www.proliturgia.org. Actualités lundi 28/12/15.

Luisa ha detto...

Rossi, di Pietro Ricciotti, e altri che tralascio, istruiscono un processo unicamente a carico(à charge) contro Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, qui non si tratta di studi - analisi critiche di tipo accademico, si tratta di screditare una persona e la sua opera, troncando, uscendo dal contesto, citando solo frasi ad hoc omettendone altre che potrebbero smentire la tesi difese da quegli accaniti accusatori.

Mic ha scritto ieri :
"Aggiungo che chi è abituato all'ambito accademico, (mi riferisco a diversi collaboratori di questo blog), lo fa con aperta parresìa, senza dover temere di offendere l'interlocutore"
ebbene, l`ambito accademico non mi è estraneo come non lo sono i dibattiti fra persone con visioni varie e diverse, quel che osservo, come in questo articolo di Rossi, è una volontà manifesta di screditare l`opera e il pensiero di Benedetto XVI, per certo quelle persone non temono di offenderlo, Benedetto XVI è un bersaglio facile da colpire, un bersaglio che non può rispondere e difendersi.

Per restare nel tema della musica sacra , potrei citare tanti scritti e parole di Benedetto XVI, mi limito a riportare qui quelle che figurano nel discorso da cui Rossi ha ritagliato certe frasi funziuonali alla sua "analisi":

“Non conosciamo il futuro della nostra cultura e della musica sacra.
Ma una cosa è chiara dove realmente avviene l’incontro con il Dio vivente che in Cristo viene verso di noi, lì nasce e cresce nuovamente anche la risposta, la cui bellezza proviene dalla verità stessa”:
“Quella musica, per me, è una dimostrazione della verità del cristianesimo.
Laddove si sviluppa una risposta così, è avvenuto l’incontro con la verità, con il vero creatore del mondo.
Per questo la grande musica sacra è una realtà di rango teologico e di significato permanente per la fede dell’intera cristianità, anche se non è affatto necessario che essa venga eseguita sempre e ovunque.
D’altro canto è però anche chiaro che essa non può scomparire dalla liturgia e che la sua presenza può essere un modo del tutto speciale di partecipazione alla celebrazione sacra, al mistero della fede”.

Anonimo ha detto...


@ "dove avviene l'incontro con il Dio vivente che in Cristo viene verso di noi, li' nasce e cresce nuovamente la risposta, la cui bellezza proviene dalla verita' stessa".

Sembra chiara questa frase? A me non tanto, sara' per colpa mia. Ll'incontro con il Dio vivente che in Cristo viene verso di noi". Che vuol dire "l'incontro", che uno si e' fatto cristiano? E il "viene verso di noi"? che vuol dire? Il "Dio vivente" non si rivela in Cristo? Egli dice "chi vede me vede il Padre". Molto di piu' che "venire verso di noi", immagine che ha qualcosa di indeterminato, una tinta esistenzialistica. O no? Come risponde, lei? parvus

Anonimo ha detto...

Vorrei segnalare alla cortese attenzione dei Lettori la nascita di un blog dal titolo la pulzella online, un modesto contributo all'apologetica cattolica. Non vuole fare assolutamente concorrenza agli altri blog, ma essere un umile strumento per veicolare chiavi di lettura cristiane in un mondo laico. grazie

marius ha detto...

"...perché il popolo può ben essere educato al canto gregoriano come l’hanno mostrato abili maestri di cappella e zelanti pastori di anime e allora la liturgia diventa veramente, nella partecipazione alle mistiche riflessioni del canto liturgico per eccellenza, una commossa festa dello spirito. Questo è l’autentico ‘canto del popolo’, nella spirituale continuità con la societas fidelium che ci ha preceduto nell’unità del segno della fede."

Educare il popolo al canto liturgico per eccellenza, il gregoriano, è uno dei compiti della Schola Cantorum, tramite l'esempio di una esecuzione esemplare e tramite il sostegno vocale al canto del popolo. La gente ascolta ed impara, canta e si sente guidata senza forzature. La schola ha un ruolo importantissimo perchè è in grado di trasmettere al popolo uno spirito di preghiera potenziato dal vigile rispetto delle dinamiche di relazione tra parole e melodia, cosa che il popolo non riesce a fare: per mancanza di educazione si ferma ad un livello abitudinario dove lo spirito di preghiera non riesce ad incarnarsi compiutamente nel linguaggio musicale rimanendo cosí solo a livello di intenzione interiore. Soltanto l'esempio ed il sostegno possono smuovere questa inerzia conducendo alla sopraccitata "commossa festa dello spirito".

M R ha detto...

Cara Luisa, dire tutto e il suo contrario, mescolare verità ed errore è tipico di una sola cosa: modernismo. Questo è Ratzinger: un modernista. Non interessa minimamente la persona, interessa il fatto che sia - ripeto - un modernista.

mic ha detto...

La formazione modernista di Ratzinger è un fatto confermato da lui stesso (ultimo discorso ai sacerdoti che per noi stessi fu una "doccia fredda"). Che sia moderato da una sensibilità da una cultura e da uno stile speciali può fare la differenza con la scomposta rivoluzione attuale ma non cambia la sostanza. Dire queste cose, distinguendo il grano dal loglio quando càpita, non significa disprezzarlo ma guardare la realtà in faccia.

Luisa ha detto...

@parvus : Come rispondo io?

Rispondo dicendole che quelle parole sono di una chiarezza e semplicità essenziale, semplicità, profondità e chiarezza che sono non solo un marchio distintivo del pensiero di Benedetto XVI ma che arrivano al cuore e alla mente, non intendo dilungarmi e mettere tanti link che ci parlano del rapporto di Benedetto XVI con la musica sarebbe solo fastidioso, metto solo il link ad un articolo di Ciro Fusco, leggendolo mi son commessa riportandomi con la memoria a quel 18 novembre 2006 quando ero fra i presenti nella Sala Paolo VI:

http://www.korazym.org/12837/benedetto-xvi-e-la-musica-una-grande-partitura-teologica/

Il 16 aprile 2007, in occasione del suo 80° compleanno, così Benedetto XVI ad esprimersi dopo il concerto dell’orchestra radiosinfonica di Stoccarda:

“Nel guardare indietro alla mia vita, ringrazio Iddio per avermi posto accanto la musica quasi come una compagna di viaggio, che sempre mi ha offerto conforto e gioia. Ringrazio anche le persone che, fin dai primi anni della mia infanzia, mi hanno avvicinato a questa fonte di ispirazione e di serenità. Ringrazio coloro che uniscono musica e preghiera nella lode armoniosa di Dio e delle sue opere: essi ci aiutano a glorificare il Creatore e Redentore del mondo, che è opera meravigliosa delle sue mani”.

Luisa ha detto...

In fondo i vari inflessibili e zelanti censori di Joseph Ratzinger-Benedetto XVI sono ulcerati da chi lo ha definito un "papa tradizionalista" allora da autentici difensori e rappresentanti della vera e sola "Tradizione" e della "retta dottrina", sentono come un dovere-diritto quello di abbattere il mito-monumento del "Papa tradizionalista", c`è anche chi si attacca al mito del papa "grande teologo"... picconata dopo picconata si arriva anche a dire che alla guida della Chiesa durante otto anni abbiamo avuto un eretico!

Ma in fondo chi ha creato quel "mito", chi ha detto che Benedetto XVI era un papa tradizionalista?

Certi tradizionalisti riconoscenti che lo hanno amato per aver dato alla Chiesa il SP e aver avuto il coraggio di riprendere dalla base i principi fondamenteli della nostra fede,
e
i progressisti che lo hanno odiato per gli stessi motivi.

In realtà l`altezza e la profondità del pensiero e dell`opera di Benedetto XVI non si lasciano ingabbiare dietro le sbarre di sterili e faziose etichette.

Anonimo ha detto...

Bisogna reinsegnare alle famiglie come vivere, come mangiare, come bere, come dormire, fino all’apprendimento e all’ascolto della musica».

Leggi di Più: Scuola: la regola benedettina nelle famiglie | Tempi.it
Padre Massimo Lapponi, monaco benedettino dell’abbazia di Farfa, ha aperto una scuola chiamata “Le dodici Stelle”

Maddalena ha detto...

Mi serve un consiglio. Ho con fb, un contorto rapporto. mi cancello e mi ri-iscrivo. Mi cancello perchè mi rendo conto che non mi fa bene. Non dico, come ho visto scritto in giro, che è occasione semi-prossima di peccato (ma lo è, forse sconto, lo confesso, di essermi iscritta per poter sfogare le mie depressioni e anche per altri motivi). Certamente è un ladro di tempo e di vita. Poi, vedo come è diventato difficile avere confronti con il prossimo anche virtuali, (ormai fb ha monopolizzato quasi tutto, sopravvivono, fuori da fb, conventicole di appassionati di altri mezzi, ma sono appunto conventicole, con volumi di traffico ridicoli, al confronto solo con quelli, che tali mezzi, avevano non più di due-tre anni fa), e tac, mi ri-iscrivo. PENSO CHE POSSO fare del bene e mi faccio imbrogliare da questo pensiero. in confessione, all'inizio mi dissero di troncare tutto. Poi, lo stesso confessore, forse preso atto che non lo facevo, ha parlato diversamente, mi ha ricordato il discorso sui mezzi che in se sono neutri, che non sono una bambina e, quindi, posso, se voglio, staccare prima di trovarmi in compagnie strane?

mic ha detto...

A Maddalena rispondo con la mia esperienza personale.
Mi sono iscritta a Fb solo per poter colloquiare con un gruppo di amici condividendo contenuti scambiando riflessioni e programmando incontri. Per lungo tempo non sono andata oltre. Poi ho aperto la pagina Fb del blog che uso solo per aggiornare i titoli e allargare la piattaforma di condivisione anche attraverso alcuni gruppi nei quali mi sono trovata iscritta.
Francamente mi sono accorta che è grande il rischio di lasciarsi fagocitare in una comunicazione che per forza di cose è frammentaria e rischia di rimanere in superficie, oltretutto in 'nicchie' che risultano cerchie e mondi a parte...
In alcuni casi mi pare diventi quasi esclusivamente una forma di esibizionismo in forme stucchevoli di sentimental-pop che oltretutto rappresentano una perdita di tempo, che è invece prezioso.
Attualmente mi limito a scorrere velocemente le notifiche via mail, la maggior parte delle quali - frutto dell'attività frenetica di alcuni - cancello senza neppur leggere, utilizzando solo alcune informazioni alle quali diversamente non avrei occasione di attingere.
Credo che il mondo dei social network crei molta dispersione nell'illusione di comunicare ma tutto rischia di rimanere nel 'virtuale'...
Dobbiamo recuperare la concretezza del quotidiano che è il vero 'luogo' dell'incarnazione. Nella consapevolezza che la tecnologia ci offre 'strumenti', da usare cum grano salis. Così saremo noi a governarli e non ad esserne condizionati o, nella peggiore delle ipotesi, alienati.

mic ha detto...

Sul consiglio del confessore, aggiungo che i mezzi non sono del tutto neutri. E' attendibile l'affermazione di Marshall McLuhan che il mezzo è il messaggio. Ma non sono certa che sia da assolutizzare. perché è anche vero che il mezzo è sempre un mezzo, se lo si usa come tale e non lo lasciamo esorbitare dalla sua funzione. Qui subentra sia la 'capacità di staccare' che quella di selezionare gli ambiti, gli argomenti e gli interlocutori.

mic ha detto...

In ogni caso l'uso di 'media' diversi dalla parola originaria, (con l'uso di una "tecne" sempre più sofisticata, a partire da simboli primordiali, alfabeti e scrittura, stampa, ed oggi le tecnologie che rischiano di ipostatizzare l'immaginario rispetto al reale) di certo ha determinato e determina trasformazioni esponenzialmente significative del nostro "essere nel mondo".
Ma il contatto con la Realtà è sempre recuperato, vivo e vero e per questo fecondo secondo il progetto di Dio, in Cristo Signore.

Silente ha detto...

Come sempre accade, anche la rovina della musica liturgica ha cause molteplici: la principale è certamente la perdita del senso del Sacro, conseguente al modernismo, al concilio e allo stravolgimento della sacra liturgia. Se sciatta, volgare, orizzontale, "democratica" è la liturgia, altrettanto deve essere la musica che l'accompagna, la sostiene e l'incarna. Ciò ha portato anche, in nome di un inconfessato ecumenismo liturgico, all'adozione di molti inni protestanti, alcuni dei quali musicalmente non disprezzabili, ma totalmente inadatti alla liturgia cattolica. Come conseguenza, si è generata una perdita di competenze musicali nella parrocchie, prima diffuse anche a livello popolare: oggi cori sono raccogliticci, impreparati musicalmente, spesso senili. L'uso dell'organo, anche di organi antichi e preziosi, è stato quasi del tutto abbandonato a favore di strumenti "facili" come chitarre e tamburelli. E, nelle chiese, migliaia di organi stanno andando in rovina.
Ma, sullo sfondo, e in generale come fenomeno sociale, c'è anche l'eclissi del Bello nell'arte con il trionfo dell'informe, del volgare, dell'osceno, del disarmonico, dell'in-significante, con sconfinamenti non rari nel sub-umano e nel demoniaco, come ha ben dimostrato Hans Sedlmayr. La musica, in generale, non ne è rimasta immune. Prima ancora che venisse denunciato il demoniaco evocato in certa musica heavy metal, e non solo, ne avevano parlato, in diversi saggi, Vittorio Mathieu, Quirino Principe e Emanuele Samek Lodovici. La musica "colta" attuale è dissonanza, a-tonalità, disarmonia, incomprensibilità. Basti pensare a un Arnold Schönberg o, in casa nostra, a un Luigi Nono. Ma le avvisaglie risalgono già alla fine dell'800.
Per carità, ovviamente l'attuale musica "liturgica" non è (quasi) certamente demoniaca, ma è evidente il prevalere del timbro ritmico su quello armonico, la facilità canzonettistica, la sciatteria musicale. Per non parlare della banalità e dell'insignificanza religiosa delle parole.
L'abbandono del gregoriano e del polifonico è l'abbandono del Sacro, della verticalità, della consustanzialità, non solo estetica, tra l'azione liturgica e la musica. Più in generale, è un sintomo (evidente anche nell'arte sacra non musicale ma, ovviamente, anche nell'arte in generale) della tragica eclissi della percezione dell'intima identità tra Vero, Bello e Buono, che è uno dei più apocalittici segni dei tempi attuali.

Anonimo ha detto...


@ Luisa la paladina di Ratzinger, a prescindere

Le sue risposte mi sembrano rimanere sulle generali. Come hanno detto altri intervenienti di questo blog: non si tratta di avercela con Ratzinger ma di dover denunciare la presenza di componenti moderniste ossia ereticali la' dove si trovano, anche in chi, come l'ex-Papa, ha indubbiamente avuto dei meriti nei confronti della Tradizione della Chiesa. Sembra che lei non le veda queste componenti. Da qui un discorso tra sordi. Circa l'elogio della musica fatto da Ratzinger, da lei citato: se avesse studiato meno Mozart e di piu' san Tommaso, cio' sarebbe stato certamente un bene per la Chiesa. Non crede? parvus

Luisa ha detto...

@ parvus
Se le catechesi, le omelie, le encicliche, il Magistero di Benedetto XVI, sono quelli di un modernista,
se aver difeso e promosso, con coraggio in questi tempi, i valori fondamentali della nostra fede, compresi quelli non negoziabili, è essere modernista,
se aver voluto ridare dignità, sacralità e bellezza alla liturgia riformata,
se aver voluto porre fine agli abusi liturgici ed esserne stato impedito, manifesta il suo modernismo,
se aver dato alla Chiesa il SUMMORUM PONTIFICUM è essere modernista,
se il Papa che è stato per me un padre, una guida, spirituale (e lo è tuttora) che mi ha accompagnato durante otto anni e di cui ho seguito con attenzione il Magistero è un modernista... allora mi vedo costratta a rivedere la mia comprensione del modernismo!

Ed è inesatto parvus che io non veda quel che di modernismo ha potuto esserci nel lungo percorso, in particolare ai suoi inizi, di Joseph Ratzinger, nessuno è perfetto, ognuno di noi ha luci e ombre, ma chi può pretendere di avere avuto un percorso tutto e perfettamente lineare, senza soste, dubbi, ripensamenti, approfondimenti, ricerche e anche esperienze forse anche in margine o fuori dai binari di una perfetta ortodossia cattolica, o dolorose traversate di deserti?
Chi? Chi non ha visto il suo pensiero evolversi? In particolare chi fra gli studiosi, i cercatori, i curiosi, gli appassionati di Verità?
Quel che rimprovero agli accusatori di Benedetto XVI a prescindere, a chi è contro di lui a prescindere, è il loro analizzare quel lungo percorso con un pregiudizio feroce e granitico, portando il loro focus unicamente su quel che verrebbe a comprovare la loro tesi, omettendo tutto il resto.
E questo non è onesto intellettualmente, non è onesto tout court.
Detto questo, de hoc satis.
Le auguro un felice anno Nuovo!

Anonimo ha detto...


@ lUisa

Forse, piu' che "rivedere la sua comprensione del modernismo" lei dovrebbe, a questo punto, rivedere la sua "comprensione del cattolicesimo" e smetterla di dare del "disonesto intellettuale" o addirittura del "disonesto tout court" a chi non la pensa come lei.
Questo il mio augurio per il 2016. parvus

Luisa ha detto...

Non son certa che dovrei reagire...ma le chiedo : lei sa fare la distinzione fra la persona e il comportamento della stessa, fra la persona e i metodi che usa?
Quando scrivo "questo non è onesto intellettualmente, non è onesto tout court" non mi rivolgo alla persona, che non conosco, ma al metodo, all`approccio, alle analisi, alle ricerche fatte a partire da un pregiudizio granitico e feroce e centrate unicamente su quel che sarà funzionale alla sedicente prova che verrebbe a confermare quei pregiudizi-giudizi, omettendo tutto quel che potrebbe venire a contrariarli.
Di quei metodi ne ha fatto le spese Benedetto XVI che ha subito, durante 8 anni, gli attaccchi velenosi di coloro che vedevano in lui un ostacolo maggiore alla rivoluzione postconciliare, ho ancora in mente certi commenti vergognosi, ma a farli erano appunto progressisti e modernisti.
Quanto al suo delicato augurio che io io riveda la mia "comprensione del cattolicesimo", posso solo dirle che ho già un maestro, che non ho bisogno di "istruttori" e "correttori" sedevacantisti o tradizionalisti puri e duri che, nei loro metodi e nella loro comunicazione, sono speculari ai modernisti.
In fondo modernisti e certi cattolici tradizionali, nelle loro critiche a Benedetto XVI, stanno usando entrambi una sorta di " reductio ad Hitlerum".

mic ha detto...

Cara Luisa,
Credo che ci sia bisogno di distinguere le critiche che nascono da pregiudizi o da avversione determinata da progressismo spinto et alia, che tanto ha fatto soffrire Benedetto XVI fino all'estenuazione, dalle puntualizzazioni obbiettive su alcuni tratti modernisti ineludibili, riconoscendo per contro ciò che va in profondità.

mic ha detto...

Cara Luisa,
Credo che ci sia bisogno di distinguere le critiche che nascono da pregiudizi, da visioni sedevacantiste o da duri e puri oppure, per contro, da avversione determinata da progressismo spinto et alia, che tanto ha fatto soffrire Benedetto XVI fino all'estenuazione, dalle puntualizzazioni obbiettive su alcuni suoi tratti modernisti ineludibili.

Luisa ha detto...


"Credo che ci sia bisogno di distinguere le critiche che nascono da pregiudizi, da visioni sedevacantiste o da duri e puri oppure, per contro, da avversione determinata da progressismo spinto et alia, che tanto ha fatto soffrire Benedetto XVI fino all'estenuazione, dalle puntualizzazioni obbiettive su alcuni suoi tratti modernisti ineludibili. "

Concordo Maria, mi sembra di averlo detto in particolare il 31 alle 12.15, si tratta di "tratti" che si iscrivono in una lunghissima traiettoria e come tali devono essere esaminati, studiati, da chi vuole fare un`analisi obbiettiva, del resto non sarebbe lo studioso "Joseph Ratzinger", che mai ha temuto i confronti intellettuali e le critiche, a esigere un`adesione acritica.
L`importante, mi sembra, è di non ridure l`opera, il pensiero e la vita di Benedetto XVI a quei "tratti" , di non fare di quei "tratti" l`essenza del suo pensiero e della sua opera, esistono, fanno parte di un "tutto" difficilmente riducibile a quei "tratti" .
Tu sai quanto siano importanti le parole, ad esempio il "ma", leggo ogni tanto di persone che, dopo aver riconosciuto i meriti di Benedetto XVI, continuano con un "ma" e dopo quel "ma" esprimono il loro vero pensiero finendo immancabilmente il loro discorso con il "modernista", insomma sì, Benedetto XVI ha detto e fatto questo o quello di positivo "MA" è e resta un modernista, l`ultima parola è per il modernista.
Ti ringrazio, cara Maria, per la tua reazione, auguro a te, ai lettori e ai blogger un felice Anno Nuovo!