Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

martedì 1 gennaio 2019

Semplicismo spirituale o semplicità di cuore? - don Elia

Ciò che più colpisce nell’attuale temperie ecclesiale, da un estremo all’altro del ventaglio in cui si dispiegano le varie versioni del cattolicesimo odierno, è il fatto che, pur nella loro enorme diversità, sembrano accomunate da un atteggiamento simile: quello che chiamo semplicismo spirituale, ossia l’illusione, assai diffusa, che per essere un buon cristiano basti conformarsi a un modello bell’e pronto, seguendo acriticamente un insieme di indicazioni e di prassi in cui dovrebbe esprimersi la quintessenza del vero cristianesimo. Che queste realtà si presentino come un’esperienza, un cammino, un movimento, una prelatura, una fraternità, un’organizzazione… ognuna propone la sua ricetta preconfezionata – implicitamente o esplicitamente esclusiva – la cui applicazione garantirebbe la perfezione evangelica e la soluzione di tutti i problemi, risparmiando agli adepti il duro sforzo di una diuturna e penosa lotta contro i peccati e quello di una progressiva purificazione del cuore in vista della santificazione personale.

Si riscontrano due estremi: uno è l’accontentarsi di una formale esecuzione di gesti e parole la cui efficacia oggettiva, indipendente dalle disposizioni individuali, sembra rendere superflua l’adesione interiore; l’altro è il mettere tutto il peso sul coinvolgimento emotivo, quasi che la riuscita dei riti dipendesse dall’attività dell’assemblea e fosse impossibile senza la sua partecipazione, secondo una visione tipicamente protestante. La sana dottrina cattolica afferma che i Sacramenti producono la grazia ex opere operato, cioè in virtù del fatto che un ministro valido compie nel debito modo i riti prescritti; la loro fruttuosità, tuttavia, cioè la misura in cui la stessa grazia viene accolta da ciascun fedele, è determinata ex opere operantis, cioè dalle disposizioni interiori di chi li riceve e dalla sua collaborazione con la grazia medesima. Per questo è importante prepararsi con cura alla comunione e alla confessione, dedicare un congruo tempo al ringraziamento e alla penitenza, nonché connettere ad esse opere spontanee di pietà e di carità in cui la grazia possa fruttificare.

Intendiamoci: qui non si sta giudicando la coscienza del singolo credente che, in buona fede, segue una proposta con una genuina intenzione di progredire nella santità utilizzando i mezzi che gli sono forniti: in virtù di questa sincerità, che lo rende disponibile alla grazia, egli può infatti realmente avanzare verso l’obiettivo nonostante l’adesione all’una o all’altra corrente, che in molti aspetti diverge sia dalle altre che dallo stesso cattolicesimo autentico. Qui si vuol semplicemente rilevare che, spesso, l’appartenenza a detti movimenti o associazioni non scalfisce nemmeno vite immerse nel peccato grave, che in vari modi viene dissimulato, sminuito o giustificato. In questo campo si va da rozze mistificazioni della misericordia divina, di sapore decisamente luterano, a sottili e dotti sofismi con cui si legittimano farisaicamente comportamenti che a una coscienza retta appaiono di primo acchito riprovevoli, se non si ama costruire cattedrali sugli stecchini.

Chi conosca un po’ la storia ecclesiastica osserverà che, in fin dei conti, si tratta di un déjà vu. Già nel XVII e XVIII secolo, per esempio, nello stesso Ordine dei gesuiti si potevano riscontrare, nella dottrina spirituale, divergenti orientamenti sospetti di quietismo, di legalismo o di formalismo. La differenza del nostro tempo, tuttavia, consiste nel fatto che, mentre a quell’epoca i genuini tipi di spiritualità spuntavano dalla comune radice della riforma cattolica e rifluivano nello stesso alveo di una cattolicità ben identificata, oggi si fa oggettivamente fatica a cogliere l’omogeneità, sia pure differenziata, delle svariate proposte disponibili. Dall’entusiasmo pentecostale alla rigida esecuzione di riti, passando per la scrutazione della Parola, la condivisione dell’esperienza, la santificazione della carriera o la ricerca dell’unità con tutte le religioni (e altro ancora), il cristiano ordinario si sente un po’ smarrito… Certo, ci sarà senz’altro chi, immancabilmente, etichetterà tutti gli altri come eretici ingiungendo a chi vuol salvarsi l’anima, come unica possibilità, di aggregarsi a lui; ma chi desidera sinceramente amare il Signore – e non per sentimentalismo – potrebbe rimanere deluso dalla sua glaciale freddezza.

Un tempo, inoltre, tutte le pubblicazioni di soggetto teologico o ascetico-mistico erano attentamente monitorate dall’autorità ecclesiastica, che, alla bisogna, le correggeva o condannava, considerando che, in gioco, c’era la salvezza delle anime. Oggi, invece, oltre a lasciar tranquillamente circolare qualsiasi testo, la gerarchia non interviene mai, se non quando costretta da uno scandalo mediatico. Certe sedicenti organizzazioni cattoliche, però, sono internamente strutturate in modo talmente serrato e dispongono di un potere politico-finanziario così forte che quasi mai gli abusi (fossero pure “solo” il plagio e la coercizione) giungono in superficie. Qualora questo accada, come nel caso del vescovo Apuron, gli si fa comunque quadrato attorno, fino a metterlo spudoratamente accanto al Papa in mondovisione. Non si può negare che l’appartenenza a un movimento ecclesiale assicuri coperture potenti ad altissimi livelli.

Anche qui la radice del problema è una fede carente, che seleziona l’uno o l’altro aspetto della vita cristiana, rendendolo di fatto onnicomprensivo, ed eludendo regolarmente la necessità di una seria riforma di vita. Ora, un conto è lottare con debolezze che non si riesce ancora a vincere, un conto è accettare stabilmente il peccato grave nella propria esistenza confidando di poter ricorrere alla confessione. Il fatto è che un’assoluzione valida richiede un vero pentimento, il quale include il fermo proposito di non commettere più alcun peccato mortale; perché sia un proposito efficace, anziché una mera velleità, bisogna inoltre prendere la decisione di evitare le occasioni in avvenire. Come sacerdote, non potrei mai dare a qualcuno la falsa sicurezza di essere perdonato senza tale pentimento effettivo; non sarei altro che un cappellano di corte che deve compiacere il padrone o un venditore di fumo che ha paura di perdere clienti…

Ben diversa dal semplicismo è la semplicità di cuore, la quale è necessaria per accogliere la grazia ed esige che, senza artifici, si dica bianco ciò che è bianco e nero ciò che è nero. Non sempre essa, anche unita alla prudenza dei serpenti raccomandata dal Signore stesso (cf. Mt 10, 16), garantisce il successo personale o preserva da noie più o meno serie, ma è indispensabile per avere accesso alle celesti dimore: «Non chiunque mi dice: “Signore, Signore” entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli» (Mt 7, 21). Dire «Signore, Signore» può tradursi in qualunque pratica considerata fruttuosa, in rapporto alla vita spirituale, in virtù della sua semplice attuazione, a prescindere dalle reali disposizioni interiori del fedele e dalla sua effettiva prontezza a collaborare con la grazia assecondandola con generose rinunce e combattendo i propri peccati. In tal caso qualsiasi mezzo di grazia (fosse pure la Messa tradizionale), per quanto santo in se stesso, è trattato come un feticcio, cioè un oggetto dotato di un potere magico con cui basterebbe venire a contatto per ottenerne un beneficio.

Un’altra manifestazione della semplicità di cuore, per nulla secondaria, è l’obbedienza ai legittimi Pastori in ciò che è conforme alla legge divina ed ecclesiastica. Anche qui un certo fanatismo di autoconferma scantona subito per la facile scappatoia di un insindacabile giudizio secondo il quale essi o non sarebbero convertiti, o non avrebbero lo Spirito, o ancora sarebbero in blocco eretici… Agli uni occorre rammentare che il fondamento del ministero, nella Chiesa, non è affatto la santità o il fervore personale, ma la trasmissione, per via sacramentale e gerarchica, del mandato apostolico; agli altri, invece, che i fedeli non hanno l’autorità di giudicare i Pastori così da sottrarsi alla loro giurisdizione. Qualora uno osservi che il suo parroco o il suo vescovo parla o agisce in modo oggettivamente contrario alla verità rivelata e a quanto esige il suo compito, può ritenersi libero nei suoi confronti nel foro interno della sua coscienza, ma ciò non lo autorizza a comportarsi, in fin dei conti, come Martin Lutero.

Per rimanere realmente fedeli al Signore senza porsi fuori della Chiesa (in molti casi governata di fatto – non lo nego – da protestanti ultraliberali) bisogna imparare a insinuarsi nelle maglie del sistema in modo da poter continuare a predicare la sana dottrina e a fare del bene alle anime, senza partire in battaglie inutili, se non dannose, che si risolvano a detrimento della causa, confermando i pregiudizi degli avversari (che spesso colgono in noi difetti reali) e rafforzando la loro posizione. La scaltrezza evocata dal Signore, sulla quale i figli di questo mondo ci danno lezione (cf. Lc 16, 8), non è né l’infingarda codardia di chi non vuol fastidi né la calcolata dissimulazione di chi riesce a conciliare tutto e il contrario di tutto adattandosi ad ogni circostanza, bensì l’accortezza di chi comprende a cosa deve rinunciare pur di salvare l’essenziale: oltre alla retta fede e ai Sacramenti, c’è pure la comunione gerarchica.

Nella vita cristiana non si può scegliere a seconda dei gusti: per viverla in semplicità, anziché nel semplicismo, bisogna prendere il pacchetto completo – in cui, fra l’altro, c’è pure il martirio: sicuramente quello della coscienza e, se così volesse il Signore, anche quello di sangue. Ma sopra ogni cosa, quale cemento e anima di tutto, ci vuole un effettivo amore per Lui in una solida vita spirituale, non un surrogato che tenti di supplirlo per mezzo di manifestazioni o impegni collettivi. Tale amore non può nascere se non da quell’incontro intimo e sconvolgente con Gesù Cristo che in sant’Agostino fece detonare la conversione: incontro radicato nella Chiesa e compiutosi grazie alla Chiesa, ma avvenuto nelle profondità di un’anima peccatrice che scoprì in prima persona, quasi fosse unica al mondo, di esser stata da Lui creata e redenta per esser resa partecipe, fin da questa terra, della Sua vita filiale in vista dell’elevazione alla Sua gloria. Se per questo non hai mai pianto di commozione e di desiderio, tale incontro non l’hai ancora sperimentato. Chiedilo.

Ti cercò il mio volto; il tuo volto, Signore, cercherò (Sal 26, 8 Vulg.).

11 commenti:

Anonimo ha detto...

CONOSCIAMO IL SANTO DEL GIORNO: CIRCONCISIONE DI NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO E OTTAVA DI NATALE

Oggi 01 gennaio 2019 si festeggia la Circoncisione di nostro Signore Gesù Cristo, e Ottava del suo Natale.
Omelia di S. Ambrogio sul vangelo di Luca: Si circoncide dunque il bambino. Chi è questo bambino se non quello di cui fu detto «Ci è nato un bambino, ci è stato dato un Figlio?» Is. 9,6. Egli s'è assoggettato alla legge per guadagnare quelli ch'eran sotto la legge. «Affin di presentarlo al Signore» Luc. 2,22. Cosa voglia dire essere presentato al Signore in Gerusalemme lo direi se non l'avessi già detto nel commento su Isaia. Colui che si circoncide nei vizi, è giudicato degno dello sguardo del Signore, perché: «Gli occhi del Signore sono sopra i giusti» Ps. 33,16. Vedi come tutta la serie dell'antica legge fu figura del futuro; perché anche la circoncisione significa la purificazione dai peccati. Ma siccome la fragilità della carne e dello spirito dell'uomo trascina, per una tendenza naturale di cupidigia, al male e la impiglia in vizi inestricabili, perciò l'ottavo giorno della circoncisione è figura del tempo della risurrezione e della nostra futura liberazione da ogni colpa. Difatti questo vuol dire: «Ogni maschio primogenito sarà consacrato al Signore» Exod. 13,2. Perché le parole della legge esprimono la promessa del frutto della Vergine. (Frutto) veramente santo, perché immacolato. E che sia proprio questo il frutto significato dalla legge, lo dichiarano le parole, quasi identiche, ripetute dall'Angelo: «Per questo il Santo (essere), dice, che nascerà da te, sarà chiamato Figlio di Dio» Luc. 1,35. Infatti fra i nati di donna solo il Signore Gesù fu santo in tutto, egli che per la novità d'un parto immacolato non risentì del contagio della corruzione terrena, che tenne lontana colla celeste sua maestà. Perché se stiamo alla lettera, come potrà esser santo ogni maschio, mentre sappiamo molti essere stati scelleratissimi? Fu santo forse Acab? furono santi forse i falsi profeti che il fuoco, vendicatore dell'ingiuria fatta al cielo, consumò a preghiera di Elia? Ma santo è colui che i pii precetti della legge divina ci rappresentavano nelle figure del mistero avvenire; poiché per lui solo la Chiesa, ch'è santa e vergine, possiede il segreto di generare, nella sua immacolata fecondità, i popoli di Dio.

Japhet ha detto...

Buona Festa della Theotokos oltre che Buon Anno!

Servus Mariae ha detto...

Invochiamo lo Spirito Santo per impetrare, per mezzo di Maria Santissima Madre di Dio, Madre nostra e Sua castissima Sposa, ogni grazia e benedizione per il 2019.
Che sia per tutti un anno di santità, salute nell'anima e nel corpo, serenità.
Auguri

Veni, creátor Spíritus,
mentes tuórum vísita,
imple supérna grátia,
quæ tu creásti péctora.
Qui díceris Paráclitus,
Donum Dei altissimi,
fons vivus, ignis, cáritas,
et spiritális únctio.
Tu septifórmis múnere,
dígitus patérnæ déxteræ,
tu rite promíssum Patris,
sermóne ditans gúttura.
Accénde lumen sensibus,
infúnde amórem córdibus,
infírma nostri córporis
virtúte firmans pérpeti.
Hostem repéllas lóngius
pacémque dones prótinus;
ductóre sic te prǽvio
vitémus omne nóxium.
Per Te sciámus da Patrem
noscámus atque Fílium,
teque utriúsque Spíritum
credámus omni témpore.
Deo Patri sit glória,
et Fílio, qui a mórtuis
surréxit, ac Paráclito,
in sæculórum sǽcula.
Amen.

Anonimo ha detto...

...che si presentino come una fraternità, un istituto, un priorato, una prelatura, un movimento, un'esperienza, un papa o due papi….la forma sufficiente? o la carica? e tantissime forme e per ogni forma una carica…..La sostanza spesso liquefatta magicamente: lei don Elia ha messo il dito nella verità della piaga attuale del corpo ecclesiale. Corpo ecclesiale diviso VISIBILMENTE, ogni forma afferma di essere il vero ma il vero uno non si vede in forma alcuna. Chi ha il coraggio di dirmi : questa è la Chiesa perché quel capo è eretico? questa è la Chiesa anche se il suo capo è eretico? San Paolo dice anatema , san Giovanni dice anticristo. Anima ecclesiale sussistente (questo sussistere è stato profetico) in tante forme che si fanno la guerra sulla forma,ed anche senza carità in molti membri. Il semplice è il migliore ma ormai anche il semplice non sa più che pesci pigliare. La sua analisi don Elia è spietatamente vera, le faccio presente che questa analisi è stata il motivo x cui frequento di nuovo il NO, dopo aver fatto il giro a 360 gradi nelle varie forme,però non frequento la parrocchia, mi cerco sacerdoti seri e quell'una cum l'apostata continua a non farmi stare in pace. Non so bene cosa devo fare, non vado alla comunione, l'esperienza dei confessori mi lascia esterrefatta (sono talmente buonisti che mi danno l'assoluzione pur non essendo pentita di dichiarare che Bergoglio è un anticristo,e spero sia anche l'ultimo; le altre forme invece mi scomunicano o dicono in peccato mortale se non rispetto la forma loro), oppure vado ascoltando gli inviti di certe apparizioni ? E facendo la preghiera mentale : se non ci sei, TI adoro nel Sacramento e vieni spiritualmente...Ex opere operato non è gradito a Dio se il fedele sa che ci sono cose gravi nel ministro, ex opere operato valido sempre ma quando non sono ordinati validamente ? Le riforme di Paolo VI vanno vagliate x saperlo, ricordiamoci che gli anglicanie protestanti non hanno ordine valido, e qui han fatto di peggio (da Paolo sesto in poi le cose sono peggiorate e divenute invalide ormai, questo purtroppo può essere successo).I ministri anglicani tradizionalisti devono essere ORDINATI se diventano cattolici (non lo pretende certo né Ratzinger né Bergoglio, ma un Papa dei secoli andati). Un poco di chiarezza x pietà dei semplici, qualcuno potrà averla, invece di andare avanti come un carro armato, nel continuare ad affermare :la Chiesa siamo noi? Sono troppe le forme tra cui scegliere, pietà dei semplici!

irina ha detto...

Ieri sera stavo leggendo alcuni tra i detti dei Padri del deserto: il tacere, il silenzio sono le mete che ritornano. Siamo veramente disturbati, parole a fiumi ogni giorno. Dobbiamo ridurre. Riduciamo e preghiamo affinché chi disturba azzeri le sue parole e opere verso di noi e cominci ad occuparsi dell'anima sua, tacendo, stabile, in una cella.

Anonimo ha detto...

“Riconosci, cristiano, la tua dignità e, reso partecipe della natura divina, non voler ricadere alla condizione spregevole di un tempo con una condotta indegna. Ricordati chi è il tuo Capo e di quale Corpo sei membro. Ricordati che, strappato dal potere delle tenebre, sei stato trasferito nella luce e nel Regno di Dio” (S.Leone Magno, Sermone 1 sul Natale, 3,2: CCL 138,88).

tralcio ha detto...

Semplicemente: oggi è la festa di Maria Madre di Dio.
Alla Santa Messa, seppur molto curata, il parroco non ne ha fatto menzione.
Oggi è la giornata della pace e l'omelia è stata incentrata sul messaggio di Francesco.
La parte che è stata presentata era tutta incentrata sulla politica.
Naturalmente non si sono fatti nomi (o cognomi): solo buone intenzioni e cura per tutti e per tutto, anche l'ambiente. Nel mondo ideale fatato che prevede un percorso parrocchiale volto a progettare la città nei prossimi decenni, mi ha colpito un passaggio:
«Cosa c’è di più bello di una mano tesa? Essa è stata voluta da Dio per donare e ricevere. Dio non ha voluto che essa uccida (cfr Gen 4,1ss) o che faccia soffrire, ma che curi e aiuti a vivere. Accanto al cuore e all’intelligenza, la mano può diventare, anch’essa, uno strumento di dialogo». Scritto da un esperto in silenzio stizzito, contumelia pubblica e dimissione di chi non riga diritto, inclusi i sinodi taroccati per far dire "allo Spirito" quel che si era già stabilito che dicesse...
In tutto ciò tanti bei progetti, ma nemmeno un cenno alla Maternità divina di Maria SS.ma.
Sarà che anche lei ha dovuto diventare santa, occupandosi del bene comune.
Lei, una donna tra le altre, alle prese con un ministero dell'interno ostile e pretenzioso.
Lei e il marito, rifugiati in Egitto, terra accogliente e ben disposta con chiunque.
La divina maternità di Maria in realtà avrebbe meritato qualche sottolineatura, giusto per non dimenticarla del tutto o facendola passare come una cosa "normale" oppure "assurda": non è normale che Dio abbia una mamma, ma nemmeno che l'Eterno sia generato da una creatura. La maternità del Verbo incarnato, del Dio fatto uomo consiste nel mistero della generazione della natura umana di Cristo: Maria è madre del farsi uomo di Dio. Ci sono stati santi capaci di immagini purissime di questa realtà salvifica che porta alla pace di Cristo, data certamente non al modo che la dà il mondo. E anche fare politica, da cristiani, ha poco a che vedere con l'ennesima partecipazione ai riti mondani, se non viene da una radicata fede e da una profonda devozione a Gesù e alla sua mamma santissima.
Proprio quel che manca in tanti messaggi e in tante proposte pastorali.
E' la fede incrollabile in Dio di Maria che permette il concepimento verginale, non il dialogo dubitabondo e compromesso con il mondo che bolla (anche pastoralmente) di integrismo ogni devozione.
La maternità di Maria non è semplice biologia, ma il distillato spirituale di un'anima (una mente, un intelletto puro) innamorata di Dio che magnifica il Signore e il cui spirito esulta per il suo Salvatore, sapendo (custodito nel silenzio orante) chi porta in grembo.
La maternità di Maria è pienezza di Grazia prima ancora che pienezza di un feto.
La pienezza, lo shalom biblico, non è la pace dei trattati, delle tregue o degli armistizi.
Non è l'azzeramento del bene e del male in un indistinto compromesso da far rispettare autoritariamente, accusando di essere contro la pace chiunque osi criticare quel progetto.
La pienezza biblica è una gioia che viene dalla Grazia, cioè dalla volontà di Dio.
La pace che viene da Nostro Signore è molto differente dalla melassa zuccherosa e della assemblee a maggioranza semplice o qualificata. No: passa dal sacrificio e dalla croce.
Passa dallo smascheramento del peccato e dalla sconfitta, poco animalista, della serpe.
Maria resta Madre anche sotto la croce, divenendo -da creatura- la corredentrice.
Oggi però, giornata della pace, conta di più il messaggio di chi agisce lo spoil system.
Buon anno!

Elia ha detto...

Per l'Anonimo delle 12,12

Non si preoccupi dell'una cum né della forma da scegliere. Preghi, faccia la comunione, si trovi un confessore fisso (evitando in confessione il discorso su Bergoglio). I sacerdoti ordinati con il nuovo rito sono validi; nelle ordinazioni anglicane fu modificata la forma in modo sostanziale al punto che esprimesse un'altra intenzione, ma non è il nostro caso dopo Paolo VI. Non si ponga problemi insolubili che finiscono in vicoli ciechi, ma curi la Sua vita spirituale nel modo ordinario e nell'essenziale, senza pensare ad altro.

Marisa ha detto...

OT:


https://opportuneimportune.blogspot.com/2018/12/padre-cantalamessa-alla-curia-romana.html

Anonimo ha detto...

«tale infallibilità risiede pure nel corpo episcopale, quando esercita il supremo magistero col successore di Pietro» (Lumen gentium, 25)».
Espressione ambigua. Considerando che il CVII è solo pastorale e non dogmatico e in suddetto punto vorrebbe riformare o interpretare il dogma petrino sulla infallibilità papale, mi pare ci sia un filo di cortocircuito... oh, no? Non mi suona bene questo passaggio...

Elia ha detto...

Per l'Anonimo del 2 gennaio, ore 13,38

In quel paragrafo la "Lumen gentium" non fa altro che riprendere il Concilio Vaticano I, che cita più volte. La frase da Lei riportata va quindi letta alla luce di ciò che precede e non è un attentato all'infallibilità che il Papa può esercitare anche da solo. Il corpo episcopale esercita l'infallibilità o in modo solenne (cioè riunito in concilio ecumenico) o in modo ordinario (cioè mediante il magistero universale).