Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

venerdì 29 luglio 2016

L’esortazione apostolica Amoris lætitia: una critica teologica - Introduzione: Autorità, pericoli.

Come anticipato qui è stato reso noto, nell'originale inglese, il testo integrale della critica teologica dei 45 studiosi all'Esortazione post-sinodale Amoris lætitia.
In attesa che venga diffusa la traduzione ufficiale del testo italiano, abbiamo voluto mettere a disposizione i due capitoli introduttivi, che ci danno la percezione di stile e contenuti estremamente corretti dal punto di vista sia formale che sostanziale. Con gratitudine al nostro traduttore per la sua prontezza.
Partiamo da qui, senza voler troppo affrettarci né anticipare; ma iniziando a entrare nello spirito e nelle intenzioni del Documento che tanto ci interessa e ci riguarda, per l'importanza della posta in gioco ma anche con tutta la dovuta discrezione e cautela, secondo quanto è nell'intenzione dei promotori ai quali va tutto il nostro appoggio anche  nella preghiera. Richiamando quanto già espresso in quello che consideriamo il nostro manifesto [qui].

L’esortazione apostolica Amoris lætitia:
una critica teologica

L’esortazione apostolica Amoris lætitia, pubblicata il 19 marzo 2016 da Papa Francesco e rivolta ai vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi, alle persone consacrate, alle coppie di persone sposate col matrimonio cattolico e a tutti i fedeli, ha generato costernazione e confusione in molti cattolici per via delle sue evidenti contraddizioni con vari insegnamenti della Chiesa cattolica sulla fede e sulla morale. Questa situazione rappresenta un grave pericolo per le anime. Poiché, come insegna San Tommaso d’Aquino, quanti sono sottoposti all’autorità la devono correggere pubblicamente quando vi è un pericolo immediato per la fede (Summa Theologiæ, IIa IIæ q. 33 a. 4 ad 2; a. 7 co.), e poiché i fedeli cattolici hanno allo stesso tempo il diritto e il dovere, in modo consono alle loro conoscenze, alle loro competenze e alla loro posizione, di far conoscere il loro punto di vista sui temi che concernono il bene della Chiesa (Codice latino di diritto canonico, Can. 212, §3), i teologi cattolici hanno il dovere inderogabile di denunciare apertamente gli errori evidenti che si trovano in questo documento. Questa dichiarazione sull’Amoris lætitia ha il proposito di adempiere a questo dovere e di aiutare la gerarchia della Chiesa ad affrontare questa situazione.

L’autorità dell’Amoris lætitia

Il carattere ufficiale dell’Amoris Lætitia fa sì che essa rappresenti un grave pericolo per la fede e per la morale dei cattolici. Anche se normalmente un’esortazione apostolica fa parte in modo principale del semplice potere connesso al governo pastorale, essa rientra in certo modo anche nell’àmbito del potere magisteriale, per via delle strette relazioni tra il munus regendi e il munus docendi. E può anche contenere dei passi di carattere direttamente magisteriale, che in questo caso vengono chiaramente indicati come tali. Questa contingenza si è verificata nel caso di esortazioni apostoliche del passato come l’Evangelii nuntiandi, la Familiaris consortio, e la Reconciliatio et pænitentia

Non c’è alcun impedimento oggettivo per cui un Papa non possa utilizzare un’esortazione apostolica per insegnare elementi di fede e di morale in modo infallibile; tuttavia, non vi è alcun insegnamento infallibile nell’Amoris lætitia, dato che nessuna delle sue dichiarazioni soddisfa i requisiti molto rigidi richiesti affinché una definizione sia considerata infallibile. Si tratta quindi di un esercizio non infallibile del magistero papale. 

Alcuni commentatori hanno affermato che il documento non contenga insegnamenti magisteriali in quanto tali, ma solo le riflessioni personali del Papa sui soggetti da lui affrontati. Anche se questa affermazione fosse vera, i pericoli che questo documento pone per la fede e per la morale non svanirebbero. Se il Sommo Pontefice esprime un’opinione personale in un documento magisteriale, essa viene presentata in modo implicito come un’opinione che può essere legittimamente sostenuta dai cattolici. Di conseguenza, molti cattolici la potranno ritenere conforme alla fede e alla morale cattolica. Alcuni di essi, per rispetto nei confronti del giudizio espresso da un Sommo Pontefice, potranno credere che tale opinione non solo sia ammissibile ma che sia anche vera. Se l’opinione in questione è di fatto incompatibile con la fede e con la morale cattoliche, questi cattolici potranno quindi rifiutare gli insegnamenti autentici sulla fede e sulla morale della Chiesa cattolica toccati da quell’opinione. Se l’opinione ha a che vedere con questioni morali, ciò si tradurrà nel fatto che i cattolici che crederanno che essa sia legittima e autentica cambieranno il loro atteggiamento in conformità con essa, dato che è legittimo per i cattolici seguire un’opinione relativa a questioni morali che sia veramente legittimata dal Sommo Pontefice. Credere nella legittimità di una posizione morale può indurre quindi i cattolici a credere che sia legittimo seguirla come se fosse vera e comportarsi di conseguenza. Se poi essi hanno una forte motivazione a farlo, come può essere il caso di alcuni fedeli le cui situazioni sono affrontate all’interno di questo documento, riceveranno un ulteriore stimolo. Questi sono elementi da prendere in seria considerazione nella valutazione dell’Amoris lætitia, perché quest’ultima affronta delle questioni morali molto concrete. 

Tuttavia, non è affatto vero che l’Amoris lætitia non pretenda di essere nient’altro che l’espressione del punto di vista personale del Papa. È vero, questo documento contiene dichiarazioni relative alle posizioni personali dell’attuale Santo Padre, ma tali dichiarazioni non sono incompatibili con quelle che vengono presentate – all’interno del documento stesso – come insegnamenti della Chiesa. Gran parte del documento consiste in dichiarazioni assertive e imperative che non vengono menzionate come punti di vista personali del Santo Padre, e che quindi si presentano sotto forma di insegnamenti magisteriali. Questa forma potrà indurre i cattolici a credere che tali dichiarazioni non solo siano ammissibili, ma che siano anche insegnamenti dell’autentico magistero a cui si deve religiosa sottomissione della mente e della volontà; insegnamenti coi quali non è sufficiente essere in disaccordo interiore mantenendo un rispettoso silenzio, ma a cui si deve dare un’assenso interiore[1].

I pericoli inerenti all’Amoris lætitia

La seguente analisi non vuole negare né mettere in discussione la fede personale di Papa Francesco. Non è né giustificabile né legittimo mettere in dubbio la fede di un certo autore sulla base di un singolo testo, ancor meno nel caso di un Sommo Pontefice. Vi sono poi altre ragioni per le quali il testo dell’esortazione non può essere utilizzato come ragione sufficiente per sostenere che il Papa sia caduto nell’eresia: questo documento è molto lungo, ed è probabile che gran parte del suo testo originale sia stata redatta da un autore o da autori che non sono Papa Francesco, come può succedere nel caso di documenti papali. Le dichiarazioni in essa contenute che contraddicono la fede possono essere dovute a semplici errori da parte di Papa Francesco piuttosto che a un rifiuto volontario della fede. 

Ma per quanto riguarda invece il documento in sé, non c’è dubbio sul fatto che esso rappresenti un grave pericolo per la fede e per la morale cattoliche. Contiene molte dichiarazioni la cui vaghezza o ambiguità permettono interpretazioni contrarie alla fede o alla morale, o che suggeriscono posizioni che sono contrarie alla fede e alla morale pur non avendo la forma di dichiarazioni esplicite; ne contiene anche altre il cui significato naturale sembrerebbe contrario alla fede o alla morale. 

Oltretutto, le dichiarazioni dell’Amoris lætitia non sono espresse con accuratezza scientifica, il che rappresenta un vantaggio per quella piccola percentuale di cattolici che hanno una formazione accademica nel campo della teologia, perché sono dotati del discernimento necessario per comprendere che le asserzioni dell’esortazione non richiedono la religiosa sottomissione della mente e della volontà, e nemmeno un rispettoso silenzio su di esse. Per fare una proclamazione magisteriale che richieda una tale sottomissione sono necessarie una formulazione accurata e la forma legale appropriata: due elementi che sono assenti nella maggior parte del documento. Ma il rischio è altissimo per la grande maggioranza di cattolici che non hanno una formazione teologica e non sono ben informati sugli insegnamenti cattolici sugli argomenti che l’esortazione tratta. La mancanza di precisione delle dichiarazioni del documento fa sì che diventi più facile interpretarle in un modo che contraddice i veri insegnamenti della Chiesa cattolica e della rivelazione divina e pensare che i cattolici siano autorizzati o tenuti ad abbandonare tali insegnamenti tanto nella teoria come nella pratica. Alcuni cardinali, vescovi e sacerdoti, compiendo un atto di tradimento nei confronti della responsabilità che hanno di fronte a Gesù Cristo e nei confronti della cura delle anime, forniscono già interpretazioni di questa sorta. 

Il problema dell’Amoris lætitia non è il fatto che abbia imposto norme legalmente vincolanti e intrinsecamente ingiuste o che abbia impartito in modo autorevole insegnamenti vincolanti ma falsi. Il documento non ha l’autorità di promulgare norme ingiuste o di richiedere l’assenso a insegnamenti falsi, perché il Papa non ha il potere di farlo. Il problema di questo documento è che può fuorviare i cattolici inducendoli a credere il falso e a fare quanto è proibito dalle leggi divine. Il documento è formulato in termini che non sono legalmente o teologicamente esatti, ma questo non influisce sulla valutazione dei suoi contenuti, perché nemmeno la formulazione più precisa potrebbe mai conferire statuto legale e dottrinale a decreti contrari alle leggi divine e alla rivelazione divina. Quel che preoccupa di questo documento è l’effetto nocivo che può avere sulla fede e sulla vita morale dei cattolici. L’entità di questi effetti sarà determinata dal significato che verrà attribuito ad esso dalla maggior parte dei cattolici, non dal suo significato concreto valutato in base a precisi criteri teologici, ed è tale significato che verrà trattato in questa sede. Le proposizioni censurabili dell’Amoris lætitia devono essere pertanto condannate per via del senso che il lettore medio corre il rischio di attribuire alle loro parole. E per lettore medio si intende qui una persona che non vuole piegare le parole del documento in nessuna direzione, ma che può interpretare come corretta l’impressione naturale o immediata del significato di tali parole. 

Si sostiene che alcune delle proposizioni censurate siano contraddette da altri passi del documento, e che l’Amoris lætitia contenga molti insegnamenti di valore. Alcuni passi dell’Amoris lætitia costituiscono un contributo importante alla difesa e alla predicazione della fede. La critica dell’Amoris lætitia offerta qui consente a questi elementi di valore di avere il loro effetto autentico, distinguendoli dagli elementi problematici contenuti nel documento e neutralizzando la minaccia alla fede che essi inoltrano. 

Per amor di chiarezza e giustizia teologiche, questa critica delle parti dannose dell’Amoris lætitia assumerà la forma di una censura teologica dei singoli passi che sono carenti. La censura non deve essere interpretata nel senso ecclesiastico tradizionale[2], e si applica ai vari passi prout iacent, così come sono formulati. Le proposizioni censurate sono così pericolose che non si cerca nemmeno di fare la lista completa delle censure che si possono loro attribuire. La maggior parte di esse – se non tutte – sono censurabili in quanto aequivoca, ambigua, obscura, praesumptuosa, anxia, dubia, captiosa, male sonans, piarum aurium offensiva, oltre al motivo citato nello specifico. La lista degli elementi censurati comprende a) le censure applicabili ai contenuti delle dichiarazioni censurate e b) quelle applicabili agli effetti nocivi delle dichiarazioni. Le censure non hanno l’intenzione di essere una lista esaustiva degli errori che possono essere riscontrati da una lettura plausibile dell’Amoris lætitia, bensì cercano di identificare le peggiori minacce alla fede e alla morale cattoliche contenute nel documento. Le proposizioni censurate sono suddivise in quelle che sono eretiche e quelle che hanno un grado inferiore di censurabilità. Le proposizioni eretiche, censurate come ‘haeretica’, sono quelle che contraddicono proposizioni contenute nella divina rivelazione e definite con solenne giudizio come verità divinamente rivelate o dal Romano Pontefice quando parla ‘ex cathedra’, o dal Collegio dei Vescovi riuniti in concilio, o infallibilmente proposti alla fede dal magistero ordinario e universale. Le proposizioni che incorrono in censure minori rispetto all’eresia sono accusate di introdurre seri pericoli per la fede e per la morale. 

Le censure di queste proposizioni non sono censure di atti amministrativi, legislativi o dottrinali del Sommo Pontefice, dato che non sono tali. Le censure sono il soggetto di una richiesta filiale al Sommo Pontefice, per mezzo della quale gli si chiede di emanare un atto giuridico e dottrinale definitivo e finale che condanni le proposizioni censurate. Infine, alcuni dei teologi che hanno firmato questa lettera si riservano il diritto di realizzare delle piccole modifiche ad alcune delle censure attribuite ad alcune delle proposizioni: le loro firme dimostrano la loro convinzione del fatto che tutte le proposizioni debbano essere censurate e un accordo generale con le censure qui proposte.
___________________________________
1. Cf. Lucien Choupin, Valeur des décisions doctrinales et disciplinaires du Saint-Siège, 2ª edizione, Parigi, Beauchesne, 1913, pp. 52-55 e A.-M. Aubry, Obéir ou assentir ? De la « soumission religieuse » au magistère simplement authentique, Parigi, DDB, collana « Sed Contra », 2015.
2. Vedi H. Quilliet, Censures doctrinales, DTC II, 2101-2113, e Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Commento dottrinale sulla formula conclusiva della Professio fidei, 29 giugno 1998 [qui].
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

25 commenti:

Anonimo ha detto...

Rorate caeli afferma che su CNR e su un sito australiano sono stati pubblicati senza autorizzazione i testi della lettera con le firme dei teologi e il documento.
Non esiste più discrezione...

mic ha detto...

In effetti noi ci eravamo ben guardati dallo scendere in dettagli, mantenendo la consegna della riservatezza per dare il tempo di reazione ai cardinali e non offrire materiale di inopportuna discussione anzitempo.
Ma, una volta che i principali siti americani hanno dato il la, anche se presi in contropiede, non c'è più ragione di esimerci dal dare il nostro sguardo e offrire il nostro contributo e ogni sostegno ai promotori di questa iniziativa, ineludibile per dei fedeli impegnati e responsabili.
Strada facendo ne riparleremo anche in base all'evolversi della situazione.

Caterina63 ha detto...

Concordo con mic! Un ottimo lavoro e.... grazie ^__^

Anonimo ha detto...

Direi un'ottima notizia, il Corriere della Sera parla dell'iniziativa:

http://www.corriere.it/cronache/16_luglio_30/i-tradizionalisti-contro-francesco-auschwitz-3103d840-55ca-11e6-af7a-c71c10cda3a8.shtml

Ovviamente per criticarla su false premesse e liquidare ogni opposizione "tradizionalista" come oscurantismo ecc..., ma questo era scontato. La cosa che mi pare rilevante è che si sia scelto di affrontare l'argomento invece di lasciarlo passare sotto silenzio: non vorrà dire che sta creando parecchi nervosismi?

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Fabrizio Giudici

mic ha detto...

Intanto a Bologna si è concluso il primo processo abbreviato di dichiarazione di nullità. C'è da chiedersi con quali garanzie.
E nessuno ha impugnato, come di doveva, i due Motu proprio.
Qui è stata pubblicata la seria critica di Paolo Pasqualucci e le osservazioni di Guido Ferro Canale.
Ma i vescovi e i cardinali o approvano o sono "in sonno"....
Mala tempora, non c'è che dire.

mic ha detto...

Grazie della segnalazione Fabrizio Giudici.

Al solito il Corsera applica una delle tecniche usate dai falsificatori. Vengono in mente certi avvocati difensori, la cui tecnica è quella di screditare i testimoni d‘accusa, anziché entrare nel merito delle questioni. E allora si insinua che i testimoni sono in mala fede e mossi dai motivi più abbietti e retrivi (quanto al Corsera nella migliore delle ipotesi nostalgici), insomma individui spregevoli o nemici dichiarati.
Non vogliono capire che non si è "contro" Bergoglio ma contro l'errore che favorisce e che una critica non è un attacco. Liquidato il problema in questi termini dimostrano di non aver argomenti o di essere in mala fede.

Ho notato che l'articolo è molto circostanziato e, senza nominare questo blog, non fa altro che seguire l'excursus degli ultimi articoli, riportandone pari pari molte affermazioni ma attribuendole direttamente alle relative fonti da cui abbiamo tratto le informazioni alcune delle quali tradotte da noi. Dopo aver chiamato in causa Corrispondenza Romana per altri aspetti...

Un'altra cosa che non vogliono capire è che chi applica la parresia, come nel nostro caso e in quello dei 45, non è un tradizionalista (in senso ideologico), ma è semplicemente un 'fedele'...

Andrebbe rintuzzato adeguatamente. Ma non ce ne daranno mai lo spazio...

Anonimo ha detto...

Due commenti, secondari. L'articolo cita CorrispondenzaRomana, ma curiosamente non la collega. Non è che sul Corriere si usi abbondanza di link negli articoli, ma d'altra parte non sono neanche totalmente inesistenti, specialmente quando il commento è direttamente riferito ad un testo referenziabile. È vero che il 90% dei lettori su internet saranno in grado di trovare il sito con Google, però diciamo che non hanno favorito l'operazione.

Secondariamente, a pancia direi che ora a CorrispondenzaRomana dovrebbero prestare più attenzione del solito a possibili attacchi di hacker.

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Fabrizio Giudici

Anonimo ha detto...

Ma voi pensate seriamente che gli attuali padroni della ex Chiesa Cattolica e i loro potentissimi compari laici più o meno dietro alle quinte si curino minimamente delle sacrosante e circostanziate critiche teologiche? Quelli ragionano in termini di Potere e basta. E il Potere, tutto il Potere ce l'hanno solo loro.
Miles

RR ha detto...

Mic,
potresti provare a scrivere una lettera di confutazione dell'articolo al Corriere, visto che ti cita senza nominarti, e chiederne la pubblicazione, appellandoti al diritto di rettifica.
Se la pubblicano, bene, se non la pubblicano, riferirai in giro la cosa, ed il Corriere scadrà ancora più in basso di quel che già è.

Miles,
il Potere ci vuole un attimo a perderlo, basta a volte un gradino ed un passo malfermo. ed è vero che il Diavolo concede lunga vita e successo ai suoi adepti, ma alla fine esige anche lui il redde rationem.

Anonimo ha detto...

RR, vero. La mia considerazione è in termini e tempi puramente tangibili ed umani; in questo ambito, non solo per quanto riguarda la (ex) Chiesa Cattolica ma anche per tutto il resto il Potere, che è ormai a un piccolo ultimo passo dall'essere totale ed assoluto, dei Padroni del Mondo di fatto non ha una opposizione con forze minimamente bastevoli a contrastarlo.
L'ultimo bastione era la Chiesa Cattolica ma in un sorprendente baleno è stata espugnata senza alcuna resistenza.
In un certo senso sono ammirato da tanta perfezione strategica.
Miles

Anonimo ha detto...

Il corrierone ormai ha abbracciato il politicamente corretto con impegno e passione .Se provate a scrivere sui loro forum contro l'invasione del nostro povero paese verrete inesorabilmente bannati.A pensare che una volta era il giornale della borghesia .Poi cambiano padrone ogni due per tre perché i conti non tornano.bobo

Rr ha detto...

Bobo,
notoriamente la borghesia vendeva ai bolscevichi la corda con cui essi l' avrebbero impiccata (cit.Lenin). Quindi ora vende agli Islamisti e agli invasori i coltelli e i kalashnikov con cui ci faranno fuori.
Ragiona sempre in termini di bottega. Sempre.

Cesare Baronio ha detto...

"Le proposizioni eretiche, censurate come ‘haeretica’, sono quelle che contraddicono proposizioni contenute nella divina rivelazione e definite con solenne giudizio come verità divinamente rivelate o dal Romano Pontefice quando parla ‘ex cathedra’, o dal Collegio dei Vescovi riuniti in concilio".

Beh, anche questa proposizione suona prossima all'eresia, dal momento che è il Sommo Pontefice - e lui solo - il soggetto dell'infallibilità. Si riformuli quindi la frase come segue:

"Le proposizioni eretiche, censurate come ‘haeretica’, sono quelle che contraddicono proposizioni contenute nella divina rivelazione e definite con solenne giudizio come verità divinamente rivelate dal Romano Pontefice o quando parla da solo ‘ex cathedra’, o quando lo fa assieme ai Vescovi riuniti in concilio sotto la sua autorità".

Anonimo ha detto...

Rr, guardi che quella Borghesia aveva dei valori formidabili ed era la spina dorsale del paese in pace ed in guerra.Adesso purtroppo i valori che essa incarnava vengono derisi e combattuti da tutti ,o quasi. Purtroppo questa follia la pagheremo a carissimo prezzo.bobo

Anonimo ha detto...


@ Notazione di C. Baronio

Osservazione pertinente. Tuttavia, quando il testo dice: "o dal Collegio dei Vescovi riuniti in concilio", a quale "concilio" si riferisce? Al concilio ecumenico? E' possibile anche se non e' detto che sia cosi'. Tuttavia, che sia cosi', sembra l'interpretazione piu' probabile.
L'autore citato in nota, rinvia a un testo ufficiale della Congregazione per la dottrina della fede, del 1998, al tempo presieduta dal card. Ratzinger, di commento alla formula della Professione di Fede, dopo un intervento ad hoc di GPII. In quel testo, reperibile sul sito del Vaticano, a pp. 9 e 10 di 17 pagine, viene riproposta la dottrina della collegialita' del Vaticano II, con citazioni dalla Lumen Gentium, art. 22 e 25.
A p. 9 si legge il passo ripreso da chi ha elaborato il documento dei 45. "Tali dottrine sono contenute nella Parola di Dio scritta o trasmessa e vengono definite con un giudizio solenne come verita' divinamente rivelate o dal Romano Pontefice quando parla "ex cathedra" o dal Collegio dei Vescovi radunato in Concilio, oppure vengono infallibilmente proposte a credere dal magistero ordinario e universale".
Si tratta della nuova e ambigua collegialita' introdotta dal Vat. II. Di fatto, C. Baronio accusa di eresia il Concilio. Accusa certamente da non sottovalutare. Ma e' evidente che i 45 non potevano non tener conto della dottrina oggi ufficiale, anche se ambigua. Non potevano in quel particolare documento metter in discussione il Concilio. Cosa che bisognerebbe pur fare, un giorno, se si vuole davvero uscire dalla crisi, come si e' sempre sostenuto su questo blog. La discussione che puo' nascere un domani da un documento come la Lettera-denuncia dei 45 potrebbe essere un'ottima occasione in questo senso.

mic ha detto...

Ottima osservazione. Da mettere a memoriale per l'impegno da proseguire....

RR ha detto...

quella Borghesia aveva dei valori formidabili ed era la spina dorsale del paese in pace ed in guerra

Guardi, Bobo, che il "Corriere" NON è MAI stato espressione di quegli Italiani che erano "la spina dorsale", che non erano gli altoborghesi rappresentati da quel giornate, sempre pronti a vendersi al nemico. Quegli Italiani erano contadini, artigiani, piccoli proprietari terrieri, piccoli imprenditori e commercianti, piccoli liberi professionisti. E qualche aristocratico decaduto. Cattolici. Non anticlericali e massoni dei salotti chic milanesi col birignao.

Cesare Baronio ha detto...

Lungi da me accusare un Concilio di eresia. Sto dicendo che l'infallibilità risiede nel solo Pietro, da solo o assieme al Concilio. Non consta dalle fonti della rivelazione, né dai documenti dogmatici, che il Concilio separato dal Papa goda di qualsiasi infallibilità (cfr. ad esempio i pronunciamenti del Concilio Vaticano I). Suona quantomeno strano che dei teologi, proprio nel momento in cui si pronunciano su una materia delicatissima quale il contenuto teologico e la portata dottrinale dell'Esortazione Amoris laetitia, cadano essi stessi in errore, facendo propria un'interpretazione eterodossa diffusa a partire dal Vaticano II, priva di qualsiasi base tanto nella Sacra Scrittura quanto nella Tradizione.

Anonimo ha detto...


@ "suona strano che dei teologi cadano essi stessi in errore etc."

Non mi sembra esatto ricondurre la frase in questione ad un "errore" nel quale sarebbero caduti i teologi, quasi fosse stato un loro smarrimento personale.
Infatti: 1. la frase incriminata non e' dei teologi perche' altro non e' che 2. una citazione di un documento dell'ex Sant'Uffizio del tempo di Ratzinger; il quale documento 3. non faceva altro che ricordare e riproporre la nuova dottrina contenuta nella Lumen Gentium, artt. 22 e 25, a proposito della collegialita' (il Collegio dei Vescovi titolare della summa potestas su tutta la Chiesa non solo sub Papa ma anche cum Papa, pur non potendo esercitarlo da solo mentre il Papa lo puo').
Pertanto: se e' eretica la proposizione affermata dai teologi che hanno approntato il documento detto ormai "dei 45", non essendo essa nient'altro che (alla lettera) dottrina professata oggi dalla Chiesa, allora e' eretica anche questa dottrina; e poiche' essa non e' altro, alla lettera, che dottrina insegnata dal Vaticano II, bisogna considerare eretico anche il Concilio, su quel determinato punto.
Se poi il termine "eretico" non piace o sembra eccessivo (non l'ho usato io per primo) diciamo che comunque quella dottrina non appare conforme alla tradizione della Chiesa, crea confusione e sulla titolarita' e sull'esercizio della summa potestas, e sembra evidentemente inclinare all'errore dottrinale.
Il Concilio ha voluto essere meramente "pastorale", le novita' che ha introdotto non le ha voluto proclamare come dogmi, se in esse ci sono errori dottrinali o addiritture eresie non c'e' da scandalizzarsi piu' di tanto. Sopra tutto vedendo come vanno le cose nella Chiesa da 50 anni a questa parte.

Cesare Baronio ha detto...

...il che dimostra la congerie di errori non nasce con Bergoglio e che per sradicarli tutti occorre risalire alla fonte di questa crisi, che è - e non credo di averlo mai taciuto - il Vaticano II. Continuare a citare quell'infausta assise a supporto di operazioni anche animate da buone intenzioni si rivelerà sempre e comunque inutile, se non pernicioso. Lo fanno quasi tutti, ahimè: da Burke a tanti altri Prelati, ed oggi anche i Quadraginta Quinque Doctores.

Anonimo ha detto...

Io ve la metto in parole semplici. Mi risulta che dal concilio di Trento esista la comunione spirituale. La chiesa diceva che i divorziati risposati (io sono sposato con una divorziata e ho un figlio in famiglia, abbandonata dal marito) non sono fuori dalla chiesa. Ma non possono confessarsi! Pero' possono fare la comunione spirituale! Non e' sacrilegio? Parresia per Parresia in che stato si trovano queste persone? E di chi e' la "colpa" di eventuale sacrilegio. Io parlo del pre Bergoglio! LUIGI

Anonimo ha detto...


@ Luigi
Per rispondere bene a lei ci vorrebbe un sacerdote preparato sull'argomento. A me sembra di poter dire questo, anch'io alla buona.
Il sacrilegio lo fa chi pur essendo in peccato mortale va a comunicarsi in Chiesa, insomma chi fa la comunione autentica non quella "spirituale". Il sacrilegio consiste nel consumare "indegnamente" il Corpo del Signore (corpo, sangue, anima e divinita'). Indegnamente, se non ti sei confessato dei tuoi peccati.
Oppure se permani in una condizione di peccato perche' il sacerdote non ti puo' assolvere e vai a fare la Comunione lo stesso. Chi ha detto che i divorziati risposati non possono confessarsi? E' vero? Ho sempre saputo che non possono comunicarsi, se si mantengono nello stato in cui sono, non che non possano confessarsi. In ogni caso, peccati altri rispetto a quello rappresentato dallo status irregolare, per la Chiesa, nel quale si trovano, non li possono confessare? Questo mi sembra del tutto impossibile. Quindi, bisognerebbe chiarire in che senso i divorziati risp. "non si possono confessare". Forse lei voleva dire: non possono ottenere l'assoluzione per il peccato rappresentato dal permanere nel loro status, se non interrompono l'intimita' reciproca? Cioe' se non sottostanno ad una condizione stabilita dalla Chiesa e che adesso invece la "misericordia" dell'attuale Papa vuole far cadere?
Nella comunione spirituale il sacrilegio non ci puo' essere. E' una cosa solo spirituale, preceduta dall'atto di dolore. In un certo senso rappresenta un desiderio di purezza, di esser sollevati da NS, nonostante i nostri peccati. E ci puo' procurare delle grazie.

Anonimo ha detto...

Grazie della risposta. Uno si puo' confessare se ha l'intenzione di smettere di peccare! Nel mio caso io non posso e non voglio rompere la famiglia (per il bambino), seppur sposato civilmente, risulto comcubino. I miei 3 preti (diciamo impreparati) negano pure la confessione. Al che' si che siamo chiesa! ma non si ha nemmeno un minimo di direzione spirituale. Leggendo ieri sera su Tommaso d'Acquino mi sono ancor piu' stupito. Tracciava 3 categorie 1) comunione sacramentale per i peccatori (
?!) Spirituale che "da' frutti" ed entrambe per chi si confessa. Va da se che io in coscienza obbedisco alla chiesa, ma.... le cose non mi sono chiare. Inoltre pure Giuda fece la comunione...e che fine han fatto le scomuniche del sillabo..ora anche i comunisti....LUIGI

Anonimo ha detto...


Le abbisogna trovare un sacerdote che le dia una vera "direzione spirituale". Anche per
il giusto modo di intendere certi passi di S. Tommaso. Ha provato con un sacerdote della FSSPX?

Anonimo ha detto...

No 😃 Comunque....mi rimetto nelle mani del Signore. Io non ci capisco piu' niente...comunque c'e' intere parti di societa' tagliate fuori, abbandonate...d'altronde in grandi citta'. Grazie comunque pregate per me LUIGI