Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

mercoledì 24 dicembre 2025

L'evento storico più significativo di sempre: la Natività di Nostro Signore Gesù Cristo

Nella nostra traduzione da Substack.com abbiamo un esempio dei “semi di verità”, che i Padri – come λόγοι σπερματικοί/Semina Verbi – attribuivano alle filosofie, anche se l’espressione risulta coniata da Giustino. Secondo i Padri dei primi secoli, compreso S. Agostino, i semina Verbi non fecondano le religioni pagane, alle quali essi riservano giudizi molto severi, quanto piuttosto la filosofia greca e la sapienza dei poeti e delle Sibille. Rimando alla mia nota in calce. È un po' lunga. Quasi un nuovo articolo. Ma meritava completare con riferimenti anche alla situazione attuale.

L'evento storico più significativo di sempre:
la Natività di Nostro Signore Gesù Cristo

Alcune note sul collegamento tra la caverna di Platone e l'iconografia cristiana

Duccio di Buoninsegna (1299–1319), La Natività, 1308 ( fonte )

Mentre ci prepariamo a celebrare l'evento più importante della storia dell'umanità, credo che nulla sia più appropriato di una riflessione sul significato di alcune delle icone più toccanti della storia dell'arte sacra cristiana. Il dipinto di Duccio di Buoninsegna (1299-1319), La Natività con i profeti Isaia ed Ezechiele (1308), è una vera sintesi visiva di questa venerabile tradizione iconografica, ben rappresentata sia nella tradizione bizantina che in quella del Medioevo occidentale.

Buon Natale a tutti voi!

Nessun evento nella storia dell'umanità può essere compreso senza un'attenta riflessione sulle conseguenze di quell'atto che ebbe luogo agli albori della storia: il peccato originale e la caduta dei nostri progenitori, Adamo ed Eva. Come conseguenza di quell'evento sfortunato, tutte le profezie autentiche – in primis quelle che si trovano nei testi sacri dell'Antico Testamento, e in seguito quelle dei visionari pagani di varie culture e tradizioni – parlano, direttamente o indirettamente, esplicitamente o implicitamente, della venuta del Divino Salvatore. Inquieti e turbati da ansie metafisiche, alcuni degli antichi saggi cercarono soluzioni alla disastrosa condizione dell'umanità. L'ateniese Platone, discepolo di Socrate, ci ha lasciato in eredità una delle descrizioni più profonde dello stato dell'umanità decaduta.

Molti dialoghi di Platone – Fedone, Politeia, Fedro e altri – parlano della condizione umana attraverso metafore entrate a far parte del patrimonio della cultura universale. Chi non ha mai sentito parlare dell'allegoria della caverna? Mi affretto, tuttavia, a sottolineare che non è l'unica descrizione simbolica della condizione umana. Altre parabole platoniche, altrettanto significative sebbene molto meno note, gettano una luce rivelatrice sulla nostra condizione attuale. Scriverò di tutti questi argomenti molto presto. La loro essenza, illuminata da diverse angolazioni dal genio letterario dell'autore, è sempre la stessa.

Avvolti nelle penombre di un mondo crepuscolare, in cui essere e nulla si mescolano misteriosamente, vaghiamo nel labirinto creato dalle nostre illusioni e dai nostri autoinganni, agitati dalle tentazioni di «quel serpente antico, che è chiamato diavolo e Satana, il quale seduce tutta la terra» (Apocalisse 12,9). Invece di prolungare e amplificare un sogno che spesso si trasforma in incubo, Platone propone l'unica soluzione perfettamente logica per chi sa: l'uscita dal labirinto oscuro. In un modo o nell'altro, questo è ciò che tutti gli amanti della Sapienza del passato hanno proposto. Eppure Dio, l'Onnipotente Creatore, ha preparato e realizzato una soluzione che supera tutto ciò che gli antichi saggi avrebbero potuto immaginare.

L'Incarnazione e la Nascita della seconda Persona della Santissima Trinità, Dio Figlio, Gesù Cristo, sfidano la logica umana, così come la Sua morte in Croce e la Sua gloriosa Resurrezione. Veramente divina, la soluzione offertaci dal Logos incarnato porta a perfezione, in modo inimmaginabile, la saggezza di Platone e di tutti i pensatori antichi da lui rappresentati. Quella che segue è una vera storia di Natale. Sebbene in qualche modo filosofica, non è meno drammatica e, allo stesso tempo, permeata dalla luce eterna della Sapienza imperitura.

L'Incarnazione e la Nascita della seconda Persona della Santissima Trinità, Dio Figlio, Gesù Cristo, sfidano la logica umana, così come la Sua morte in Croce e la Sua gloriosa Resurrezione. Veramente divina, la soluzione propostaci dal Logos incarnato porta a perfezione, in modo inimmaginabile, la saggezza di Platone e di tutti i pensatori antichi da lui rappresentati. Quella che segue è una vera storia di Natale. Sebbene in qualche modo filosofica, non è meno drammatica e, al tempo stesso, permeata dalla luce eterna della Sapienza imperitura.

La grotta di Maestro Duccio e la saggezza di Platone
Il dipinto del maestro italiano Duccio di Buoninsegna (1299-1319) rappresenta una vera sintesi di una tradizione iconografica diffusa sia nell'Oriente cristiano che nel mondo occidentale. L'immagine principale che accompagna il mio articolo raffigura la nascita del Salvatore Gesù Cristo, visibile al centro del dipinto, all'interno di una grotta buia. È proprio questa grotta che può fungere da punto focale ricco di significato simbolico, nella direzione aperta dalla celebre parabola di Platone.

Presentato nel Libro VII del dialogo Politeia (di solito tradotto erroneamente come La Repubblica), il testo platonico descrive la condizione umana in modo figurato. Come è prevedibile per un argomento di tale importanza, a guidare la discussione e a rispondere alle domande degli interlocutori è Socrate. Ascoltiamolo:
Immaginate degli uomini che vivono in una specie di caverna sotterranea con un lungo ingresso aperto alla luce per tutta la sua larghezza. Immaginateli con le gambe e il collo incatenati fin dall'infanzia, in modo che rimangano fermi nello stesso posto, capaci solo di guardare avanti e impediti dalle catene di girare la testa. Immaginate inoltre la luce di un fuoco che arde più in alto e a una certa distanza dietro di loro, e tra il fuoco e i prigionieri e sopra di loro una strada lungo la quale è stato costruito un basso muro, come gli espositori di spettacoli di marionette hanno dei tramezzi davanti agli uomini stessi, sopra i quali mostrano le marionette.

"Tutto quello che vedo", disse.

“Guarda anche, dunque, uomini che portano oltre il muro utensili di ogni genere che si elevano al di sopra del muro, e anche immagini umane e forme di animali, lavorate in pietra, legno e ogni materiale, alcuni di questi portatori presumibilmente parlano e altri sono silenziosi.”

«Strana immagine quella di cui parli», disse, «e strani prigionieri».

"Come noi", dissi; "perché, per cominciare, dimmi, pensi che questi uomini avrebbero visto qualcosa di loro stessi o degli altri, se non le ombre proiettate dal fuoco sulla parete della caverna di fronte a loro?"

"Come potrebbero", disse, "se fossero costretti a tenere la testa ferma per tutta la vita?"

"E ancora, non varrebbe lo stesso per gli oggetti trasportati da loro?"

"Certamente."

«Se dunque fossero in grado di parlare tra loro, non credi che supporrebbero che, nominando le cose che vedono, stanno nominando gli oggetti che passano?»

"Necessariamente."

"E se la loro prigione avesse avuto un'eco dal muro di fronte, quando uno dei passanti avesse emesso un suono, pensi che avrebbero supposto che a parlare fosse stato qualcun altro oltre all'ombra che passava?"

«Per Zeus, non lo so», disse.

“Allora, in ogni caso, tali prigionieri riterrebbero che la realtà non sia altro che l'ombra degli oggetti artificiali.”

"Inevitabilmente", ha detto.(1)
Pur appartenendo al mondo pagano precristiano, il dialogo dimostra quanto avessero ragione, tra gli altri, i santi Giustino Martire e Filosofo e Clemente Alessandrino: prima della venuta di Cristo Salvatore, anche i sapienti del mondo pagano, guidati con discrezione dalla Provvidenza, parlavano dei misteri della vita eterna. Questo spiega perché troviamo le loro figure dipinte sulle pareti di numerose chiese sia nel mondo cristiano orientale che in quello occidentale.

Nel testo sopra citato troviamo una straordinaria descrizione dello stato dell'umanità decaduta. Sebbene nei dialoghi platonici non incontriamo nulla di equivalente al "peccato originale", vi troviamo tuttavia una sorprendente comprensione delle sue conseguenze. Ecco come queste vengono presentate attraverso l'allegoria della caverna.

Il primo punto riguarda la nostra condizione, quella dei discendenti di Adamo ed Eva. Le catene che tengono immobili il nostro collo e la nostra testa, incapaci di volgerci verso “il mondo dell’invisibile”, sono simboli di quell’ignoranza derivante dalla mutazione della facoltà cognitiva avvenuta in conseguenza del peccato originale. Siamo stati accecati. Siamo stati accecati perché abbiamo perso le grazie che producevano nell’anima umana la conoscenza infusa all'inizio posseduta da Adamo ed Eva. Sebbene questa non fosse ancora la visione beatifica, ciò che essi furono comunque in grado di conoscere – attraverso una grazia dotata di eccezionali virtù epistemologiche, donata da Dio stesso – supera di gran lunga qualsiasi cosa possiamo immaginare. Dopo la Caduta ci troviamo incatenati nell’oscurità dell’ignoranza che deriva dall’incapacità di contemplare per mezzo di un intelletto illuminato dalla grazia. Dominati dalla conoscenza razionale (cioè discorsiva), in cui il sillogismo corretto è il risultato più alto a cui possiamo aspirare, e allo stesso modo dalla conoscenza empirico-sensoriale, siamo incapaci di vedere direttamente il mondo di Dio, degli angeli e dei suoi santi.

L'ignoranza, tuttavia, non è tutto. Se ogni persona potesse riconoscere all'istante questa miserabile condizione, questo di per sé sarebbe già qualcosa. Perché allora non si sarebbe ingannati dalla conoscenza inferiore che ora possediamo. Il nostro più grave problema attuale è che ci sembra che ciò che conosciamo attraverso i nostri sensi sia tutto – e che tutto ciò che è conosciuto in questo modo sia l'unica realtà – quando in realtà, come dice Platone, è qualcosa di meramente effimero e illusorio. La Rivelazione cristiana ci dice ancora di più: tutto ciò che ora conosciamo è destinato alla distruzione. Il mondo, come lo vediamo ora, avrà una fine – nel fuoco. Solo dopo di ciò i giusti di Dio avranno accesso a un "nuovo cielo e una nuova terra", conoscendo – come dice San Paolo Apostolo – "faccia a faccia". Eppure ora, senza un'attenta riflessione, giungiamo a considerare vero e reale ciò che in realtà è solo un miscuglio di essere e non essere, o, nei termini rivelati della Sacra Scrittura, di bene e male.

Secondo Platone, la funzione eccezionale di "colui che sa", l'amante della saggezza, è quella di aiutare gli altri a emergere da questo stato di ignoranza. Questa, per lui, è la philo-sophia (ovvero "l'amore per la saggezza"). Esponente di antiche tradizioni sapienziali la cui origine va ricercata nella conoscenza adamitica degli inizi, il pensatore ateniese è una guida spirituale affine a Pitagora, Socrate o Patañjali. Ognuno di loro predicava, nel contesto della propria cultura, una fuga dal mondo decaduto attraverso una vita di ascesi e contemplazione, intesa ad aiutare coloro che la seguivano a raggiungere la Saggezza. Ciononostante, il fallimento nel raggiungere l'immortalità era evidente a tutti, poiché tutti i saggi pagani morivano senza risorgere. L'uscita dalla caverna non era altro che un sogno intermittente.

Prigionieri del nulla
Ma cos'è, dopotutto, la caverna dei prigionieri descritta da Platone? È un mondo di ombre oscure, considerato – a causa dell'ignoranza metafisica – l'unica realtà da coloro che vi sono tenuti prigionieri. Non avendo mai avuto la possibilità di vedere il Paradiso, è facile giungere a negarne l'esistenza. Priva di accesso al Regno dei Cieli, l'umanità decaduta è giunta a credere che ciò che ci circonda sia tutto ciò che esiste. Uno dei grandi pensatori che denunciarono questa illusione fu il genio supremo della metafisica cristiana: Sant'Atanasio (c. 296–373).

Il grande Dottore Alessandrino descrisse la discesa dell'umanità decaduta lungo il pendio verso il nulla: creati dal nulla, dopo aver rifiutato – in Adamo ed Eva – il sacro comandamento del Creatore ("dell'albero della conoscenza del bene e del male, non ne mangerai"), rotoliamo indietro verso il nulla da cui siamo stati creati. Corrotta, la natura umana è diventata simile a una terra arida e completamente priva d'acqua. Profonde fenditure la solcano, frammentandola. L'armonia originaria è stata sostituita da uno stato caotico di guerra continua. L'assassinio di Abele da parte del fratello Caino inaugura la lunga catena dell'odio. Al posto della luce benedetta della grazia, che ha trasformato la natura originaria in un giardino fertile, l'oscurità del nulla si rivela attraverso i vuoti spalancati che si aprono nella natura decaduta.

Se adottassimo la metafora preferita di un altro Santo Padre, Gregorio di Nissa, la natura umana – come un vaso creato per accogliere nel suo vuoto il contenuto luminoso della grazia – ricevette, attraverso l'inganno del diavolo, il piombo (o fango) di quella che Sant'Atanasio chiamava "corruzione". In effetti, sia l'umanità che il cosmo entrarono, sotto l'influenza di questa corruzione, in un vero e proprio processo di entropia e dissoluzione, che solo Dio Salvatore può interrompere. Ecco perché nessun saggio prima di Cristo Salvatore fu in grado di risolvere la tragedia della condizione umana. Se Dio non fosse intervenuto, l'umanità si sarebbe autodistrutta attraverso la generalizzazione e l'istituzionalizzazione del peccato.

L'oscurità su cui siamo sospesi, il vuoto in cui siamo rinchiusi, è – per usare le parole di Platone – la “caverna” in cui la nostra stessa disobbedienza ci ha imprigionati. L'amore per Dio, l'Essere supremo e assoluto, è stato sostituito dall'amore per il nulla, consegnatoci sotto forma di illusioni e menzogne in cui viviamo avvolti senza rendercene conto. È come se, invece di amare il suo sposo che le dona l'anello di fidanzamento più bello che si possa immaginare, la sposa amasse l'anello, dimenticando e ignorando completamente colui che glielo ha offerto. L'idolatria non era e non è altro che un'altra forma di questa illusione pseudo-metafisica: invece di adorare il Creatore, gli uomini adorano le creature – o, in versioni più recenti, adorano se stessi in modo egocentrico ed egomaniacale. Solitari e spesso perseguitati, saggi come Socrate si sforzarono di convincere i loro contemporanei che il vero mondo, la vera vita, si trova altrove. Ma il loro fallimento dimostrò che la missione che stavano cercando di compiere li superava.

Lo stupefacente piano divino nascosto
Dio conosceva tutte queste cose perfettamente – e conosceva anche la soluzione, assolutamente inconcepibile per noi: l'incoerenza ontologica del nostro mondo, che era come una striscia di celluloide che si disintegrava sotto il fuoco covante sotto la sua superficie illusoria, può essere superata solo da Colui che conosce il segreto dei segreti: il potere di quella luce che Tolkien chiamava "la Fiamma Imperitura" – la grazia santificante che Adamo ed Eva persero, ingannati dal diavolo, in Paradiso. Questa grazia non può essere ottenuta con alcun meccanismo, con alcun atto o con alcuna forma di violenza fisica; solo Dio può concederla a coloro che diventano Suoi amici.

Questa grazia, quindi, può essere ricevuta solo attraverso un dialogo cuore a cuore tra persone: l'umile essere umano faccia a faccia con le tre Persone della Santissima Trinità. Ahimè! Quale distanza separa la creatura decaduta dal Creatore: non mille, un milione o un miliardo di anni luce, ma una distanza infinita! Proprio per questo, per mostrarci che desidera esserci vicino, Dio ha fatto la cosa più inaspettata: è venuto, come una sfera di fuoco soprannaturale, in mezzo alle nostre tenebre. Lui, il Sole del regno eterno, è disceso nella grotta in cui siamo prigionieri. Questo miracolo divino è esattamente ciò che le icone cristiane tradizionali ci presentano.

Ma cosa vediamo in loro? Un punto incandescente nella profonda oscurità del mondo decaduto. Questo è il Bambino divino stesso, Gesù di Nazareth, nato da Maria, la moglie di Giuseppe. Le gerarchie celesti, rappresentate dagli angeli che guardano con stupore il Bambino appena nato, sono scosse. La Vergine stessa è scossa. In molte icone bizantine, la Regina del Cielo e della Terra, con il volto oscurato da profonda meraviglia, è voltata dall'altra parte rispetto alla mangiatoia dove giace il Bambino. Anche San Giuseppe è sconcertato. Chi può comprendere un simile evento?

Andrej Rublev (?–1430), Natività del Signore

La nascita verginale, come la Resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, è l'articolo più controverso della nostra fede. Oggi, in mezzo alla valanga multimediale, si possono vedere video in cui eruditi rabbini affermano che una cosa del genere è impossibile: il Signore dei Signori e Dio degli Dei, il grande Dio Onnipotente, non può diventare uomo. Privati della luce della grazia soprannaturale della fede, non possono accettare che Dio possa umiliarsi incarnandosi. E non sono i soli. Tutte le religioni monoteiste lo negano. L'Induismo ha inventato sofisticate teorie sugli avatar della Divinità suprema solo per dirci ciò che sostiene l'insegnamento eretico chiamato docetismo (dal greco dókēsis "apparizione, fantasma"): che Dio può assumere solo un aspetto umano. In altre parole, Egli si limita a "fingere" di essere umano attraverso un trucco, attraverso un'illusione.

Fede cristiana eterna e infallibile
Contro tutte queste speculazioni, la fede cristiana confessa tuttavia qualcosa di veramente straordinario: che Dio Figlio, la seconda Persona della Santissima Trinità, si è incarnato. Gesù di Nazareth non è semplicemente un grande saggio, come Buddha, Lao-Tse o Milarepa, né semplicemente un'“apparizione” sotto la quale la divinità si è manifestata giocosamente. No. Gesù di Nazareth è pienamente e veramente Dio e pienamente e veramente uomo: un'unica Persona nella quale, per un atto divino, la natura divina e la natura umana sono unite senza essere confuse, e distinte senza essere divise.

Giunti a questo punto, riconosciamo: non è stata la nostra ragione, né il genio dei filosofi o dei grandi pensatori a offrirci questo insegnamento, ma la Rivelazione della luce eterna, che – superando di gran lunga la nostra capacità di comprensione – sostiene le nostre menti affinché, per comando della nostra volontà messa in moto dalla grazia, possiamo aderire agli insegnamenti eterni di Dio. Per questo san Francesco di Sales sottolineava che, di fronte ai misteri divini, la ragione è impotente. Nemmeno il più grande logico – lo stesso Aristotele – sarebbe capace, con la forza del suo intelletto, di scoprire tali insegnamenti, perché sono accessibili alla nostra mente solo per grazia. Per questo è vitale la nostra preghiera per coloro che non credono, per coloro che dubitano: pregando, chiediamo al Padre delle grazie di illuminare coloro che abitano nelle tenebre, o coloro che, per vari motivi, hanno spento la luce donata nel Battesimo.

Eppure, per pregare, guardiamo attentamente le icone della Natività del Salvatore e lasciamoci permeare dallo stesso sacro stupore provato dalla Santa Vergine Maria davanti al Bambino divino. Se riusciamo a malapena a immaginare cosa significhi toccare Dio, possiamo immaginare cosa significhi portarlo, come una madre, nel proprio corpo e – miracolosamente – darlo alla luce rimanendo perpetuamente vergini? Le mie parole non possono illuminare tali misteri, ma possono invitarvi a meditare per meravigliarvi, e a meravigliarvi per pregare, specialmente per coloro tra noi che si allontanano dal cammino della salvezza ignorando o addirittura negando tali verità eterne.
Robert Lazu Kmita, 23 dicembre
_____________________________
1. Cito la traduzione di Paul Shorey: Platone in dodici volumi, volumi 5 e 6, Cambridge, MA, Harvard University Press; Londra, William Heinemann Ltd., 1969.

[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]

Nota di Chiesa e post-concilio
Il pensiero post-illuminista, che purtroppo ha avuto la sua influenza anche all’interno della Chiesa per effetto dell’abbandono del principio aristotelico della non contraddizione, ha portato all’affermazione che le diverse religioni sono tra loro complementari: ognuna conterrebbe i “semi di verità”, che invece i Padri – come λόγοι σπερματικοί / Semina Verbi – attribuivano alle filosofie, anche se l’espressione risulta coniata da Giustino.[1]
Secondo i Padri dei primi secoli, compreso S. Agostino, i semina Verbi non fecondano le religioni pagane, alle quali essi riservano giudizi molto severi, quanto piuttosto la filosofia greca e la sapienza dei poeti e delle Sibille.
Invece, a partire dal Vaticano II:
« fuori dei confini della chiesa visibile, e in concreto nelle diverse religioni, si possono trovare “semi del Verbo”; il motivo si combina spesso con quello della luce che illumina ogni uomo e con quello della preparazione evangelica (Ad gentes, nn. 11 e 15; Lumen gentium, nn. 16-17; Nostra aetate, n. 2; Giovanni Paolo II, Redemptoris missio, n. 56).
La teologia dei semi del Verbo inizia con san Giustino. Di fronte al politeismo del mondo greco, Giustino vede nella filosofia un’alleata del cristianesimo, perché essa ha seguito la ragione; ma ora questa ragione si trova nella sua totalità soltanto in Gesù Cristo, il ‘Logos’ in persona. Solamente i cristiani lo conoscono nella sua integrità. Di questo ‘Logos’ però è partecipe tutto il genere umano; perciò da sempre c’è stato chi è vissuto in conformità con il ‘Logos’, e in questo senso ci sono stati “cristiani”[2], pur avendo essi avuto soltanto una conoscenza parziale del ‘Logos’ seminale. C’è molta differenza tra il seme di una cosa e la cosa stessa; ma in ogni modo la presenza parziale e seminale del ‘Logos’ è dono e grazia di Dio. Il ‘Logos’ è il seminatore di questi “semi di verità” ».
Nella sua ripresa moderna, quindi, la formula è applicata proprio alle religioni non cristiane, secondo due significati. Il primo è anche quello del Concilio Vaticano II, nei cui documenti i ‘semina Verbi’ sono la misteriosa presenza di Cristo salvatore in tutte le religioni, in quanto esse possono avere di “vero e santo” e quindi anche di salvifico, sempre però attraverso Cristo per vie che solo lui conosce. Il secondo compare in alcune correnti teologiche della seconda metà del XX secolo, secondo le quali le religioni non cristiane avrebbero capacità salvifica non mediata ma propria, perché esprimerebbero molteplici esperienze del divino, indipendenti e complementari, e Cristo – piuttosto che l’unica Via necessaria – sarebbe il simbolo di questa molteplicità di esperienze e di percorsi dell’intelletto e dello spirito.
La proposizione di cui al punto 1 della Dichiarazione conciliare sulla libertà religiosa Dignitatis humanae : «...la verità non si impone che per la forza della verità stessa, la quale si diffonde nelle menti soavemente e insieme con vigore» è falsa in relazione alle verità del cattolicesimo. Infatti, le verità contenute nella Rivelazione apostolica, di origine divina, custodite nel Depositum fidei, oltrepassano il nostro intelletto che le accoglie e le comprende solo con l'aiuto della grazia santificante; mentre la Fede, oltre che adesione dell'intelletto e del cuore, è anche misterioso dono di grazia. Tra l'altro, dare per scontata la diffusione della verità "da se stessa", senza un annuncio (εὐαγγέλιον - vangelo) che la veicola da parte di un testimone che l'ha accolta e la vive, significa non tener conto delle conseguenze del peccato originale che ha ferito e indebolito l'intelligenza e la volontà rendendole soggette all'errore. È la grazia, di cui il testimone è portatore intessuto e riverberante dalle sue parole e azioni, che opera. Se perdiamo questa consapevolezza, siamo fuori strada.
Ecco perché anche Leone XIV non parla di evangelizzazione (dov'è più il munus docendi?). E può confermare Fratelli tutti e la Dichiarazione di Abu Dhabi. Per lui l'annuncio efficace deriva dall'aver vissuto l'incontro con Dio, "trasmettendo non dottrina ma la propria amicizia con Cristo attraverso lo stile di vita, non solo ideologia". La prima via di evangelizzazione resta “la testimonianza di una vita autenticamente cristiana, abbandonata in Dio e donata al prossimo”... Poi parla di educazione integrale, e ben venga; ma le verità della fede? Almeno finora è cambiato lo stile, ma non la sostanza. _____
1. «Tutto ciò che rettamente enunciarono e trovarono via via filosofi e legislatori, in loro è frutto di ricerca e speculazione, grazie ad una parte di Logos. Ma poiché non conobbero il Logos nella sua interezza, che è Cristo, spesso si sono anche contraddetti» (Seconda apologia, X, 2-3).
Anche Giustino, più che le altre religioni, valorizza la ricerca filosofica e morale dell’uomo. Egli percepisce che lo sforzo di comprendere il bene e la verità insito nell’uomo ha a che fare con Dio e con il suo Logos, sebbene in forma incompleta ed anche contraddittoria: «Ciascuno infatti, percependo in parte ciò che è congenito al Logos divino sparso nel tutto, formulò teorie corrette; essi però, contraddicendosi su argomenti di maggior importanza, dimostrano di aver posseduto una scienza non sicura ed una conoscenza non inconfutabile. Dunque ciò che di buono è stato espresso da chiunque, appartiene a noi cristiani. Infatti noi adoriamo ed amiamo, dopo Dio, il Logos che è da Dio non generato ed ineffabile, poiché Egli per noi si è fatto uomo affinché, divenuto partecipe delle nostre infermità, le potesse anche guarire. Tutti gli scrittori, attraverso il seme innato del Logos, poterono oscuramente vedere la realtà. Ma una cosa è un seme ed un’imitazione concessa per quanto è possibile, un’altra è la cosa in sé, di cui, per sua grazia, si hanno la partecipazione e l’imitazione» (Seconda apologia, XIII, 3-5). Nella prima apologia, aveva fatto derivare la dipendenza di Platone e Socrate dal Logos anche dal fatto che, a suo dire, essi avrebbero letto il Pentateuco e, quindi, avrebbero imparato da Mosè i buoni insegnamenti che si trovano nei loro scritti: «Quando Platone disse: ‘La colpa è di chi sceglie, Dio non è responsabile’, prese il concetto da Mosè, poiché Mosè è più antico anche di tutti gli scrittori greci. Tutte le teorie formulate da filosofi e poeti sull’immortalità dell’anima, o sulle punizioni dopo morte, o sulla contemplazione delle cose celesti, o su simili dottrine, essi le hanno potute comprendere e le hanno esposte prendendo le mosse dai Profeti. Per questo appaiono esserci semi di verità presso tutti costoro. Li si può però accusare di non aver inteso giustamente, quando si contraddicono tra loro» (Prima apologia, XLIV, 8-9).
2. Commissione Teologica Internazionale, Il cristianesimo e le religioni, 1996, n. 43

5 commenti:

Anonimo ha detto...

LE RAGIONI PER CUI ERA CONVENIENTE CHE GESU' CRISTO NASCESSE NON DA UNA SEMPLICE VERGINE MA DA DONNA SPOSATA (S. GIROLAMO)

Perché Gesù Cristo viene concepito non da una semplice vergine ma da donna sposata? Prima di tutto perché attraverso la generazione di Giuseppe si rendesse manifesta la discendenza di Maria; in secondo luogo affinché essa non venisse lapidata dai Giudei come adultera; in terzo luogo perché trovasse sostegno durante la fuga in Egitto. Il martire Ignazio aggiunge anche una quarta ragione per cui Gesù fu concepito da una donna sposata: perché il parto di lui, disse, rimanesse nascosto al diavolo, il quale avrebbe potuto credere che fosse stato generato da una donna sposata e non da una vergine.

Prima che andassero a vivere insieme fu trovata incinta per opera dello Spirito Santo (Mt.1,18). Fu trovata tale non da uno estraneo ma da Giuseppe il quale, ormai vicino ai diritti matrimoniali, sapeva tutto della futura sposa. La frase “Prima che andassero a vivere insieme” non autorizza a pensare che in seguito abbiano avuto rapporti maritali. Significa semplicemente che la Scrittura non afferma ciò che è successo dopo.

Giuseppe, suo sposo, che era uomo giusto e non voleva ripudiarla, decise di rimandarla in segreto (Mt. 1,19). “Se uno si unisce con una prostituta, forma con essa un corpo solo” ( 1 Cor. 6,16). E nella legge si ammonisce che non solo i rei ma anche quelli che conoscono i reati sono colpevoli di peccato. Come allora Giuseppe potrebbe essere definito un uomo giusto, se celasse il crimine della moglie? Ma questa testimonianza è a favore di Maria, perché Giuseppe conoscendo la purezza di lei, e pieno di ammirazione per quanto era accaduto, nasconde nel silenzio il mistero di Colui che egli non conosceva.

VIGILIA DI NATALE
Mt.1,18-21

S.GIROLAMO
Liber I Comment. in c. 1 Matth. [ Motivi dello sposalizio della Vergine Maria]

Breviario Romano, Lezioni del Mattutino

Attualità ha detto...

"Quando la difesa diviene un’industria che necessita di conflitti per auto-sostenersi, siamo usciti dal perimetro della legittima difesa ed entrati in quello della destabilizzazione planetaria pianificata"
Leone XIV

Leone sconfessa Zuppi ha detto...

È recente l'intervista al Corriere in cui sul fine vita Zuppi si allinea alla sinistra e tace su queste chiarissime parole di papa Leone XIV pronunziate ieri. Ecco il testo dell'articolo di Vatican news:
"Delusione per la legge sul suicidio assistito in Illinois"
Spostando l’attenzione agli Stati Uniti, il Papa ha commentato la recente approvazione nel suo Stato d’origine, l’Illinois, di una legge che consente il suicidio assistito per adulti con malattie terminali con una prognosi di sei mesi o meno, a partire da settembre 2026. Leone XIV ha spiegato di aver già affrontato il tema “molto esplicitamente” con il governatore JB Pritzker durante l’udienza in Vaticano dello scorso novembre: “A quel tempo il disegno di legge era già sulla sua scrivania”. “Eravamo molto chiari sulla necessità di rispettare la sacralità della vita, dall'inizio alla fine. E purtroppo, per diverse ragioni, ha deciso di firmare quel disegno di legge. Sono molto deluso da questo”, ha sottolineato il Pontefice, che ha quindi invitato “tutti, soprattutto in questa festa di Natale, a riflettere sulla natura della vita umana, sul valore della vita umana. Dio si è fatto uomo come noi per mostrarci cosa significhi veramente vivere la vita umana”. La speranza e la preghiera del Papa è che “il rispetto per la vita torni a crescere in tutti i momenti dell’esistenza umana, dal concepimento alla morte naturale".

Altro che "seguire la Consulta" come Zuppi invita a fare.
Il papa parla di Dio che si è fatto uomo, di sacralità della vita e non teme di esporsi raccontando di avere esplicitamente insistito col governatore perchè si fermasse quella legge.
Che fatica leggere parole del presidente della CEI che sembrano quelle di un segretario del Partito Democratico.

I compromessi al ribasso sono molto facili da raggiungere, e siamo bravissimi a farceli da soli, anche senza l'intervento dei vescovi.

Anonimo ha detto...

Buon Natale a tutto il blog. Lupus et agnus.

mic ha detto...

Ben rivisto! Buon Natale anche a te!