Peregrinatio Summorum Pontificum 2022

lunedì 15 gennaio 2024

“Fiducia supplicans”. Il cardinale Sarah: “Ci opponiamo a un’eresia che mina gravemente la Chiesa”

Il cardinale Robert Sarah ha affidato a Settimo Cielo questa sua riflessione sull’attuale stato di confusione nella Chiesa, con “scandalo dei piccoli” ancor più aggravato dalla recente dichiarazione del dicastero per la dottrina della fede “Fiducia supplicans”, uno scandalo dal quale, come disse Gesù, solo “la verità vi farà liberi” (Gv 8,32). Peccato che il conservatorismo del cardinale ponga l'accento sul divisore e non sulla responsabilità di chi deforma la fottrina perenne...
“Fiducia supplicans”. Il cardinale Sarah:
“Ci opponiamo a un’eresia che mina gravemente la Chiesa”

Sandro Magister 8 gennaio 2024

Robert Sarah, 78 anni, nato e cresciuto in Guinea, studi teologici a Roma e biblici a Gerusalemme, è stato parroco in un villaggio della savana e poi vescovo a Conakry, la capitale, difensore indomito della libertà religiosa e civile in anni di spietata dittatura, anche a rischio della vita.
Chiamato a Roma nel 2001 da Giovanni Paolo II come segretario della congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, nel 2010 è stato fatto cardinale da Benedetto XVI, che lo volle presidente del pontificio consiglio “Cor Unum”, a sostegno dei popoli sofferenti. Il 23 novembre 2014 Francesco lo nominò prefetto della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, incarico da cui fu congedato il 20 febbraio 2021.
Sarah è uno dei cinque cardinali che hanno sottoscritto i “dubia” presentati al papa la scorsa estate, ricevendone risposte da loro per primi giudicate elusive.
È autore di libri letti in più lingue, dal forte impatto spirituale, ed è una delle personalità più autorevoli della Chiesa africana, alla quale tutta dà voce in questo suo scritto.
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Messaggio di Natale di Robert Sarah
Roma, 6 gennaio 2024, festa dell’Epifania del Signore

A Natale, il Principe della Pace si è fatto uomo per noi. Ad ogni uomo di buona volontà porta la pace che viene dal Cielo. “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (Gv 14,27). La pace che Gesù ci porta non è una nuvola vuota, non è la pace mondana che spesso è solo un compromesso ambiguo, negoziato tra gli interessi e le menzogne di ciascuno. La pace di Dio è verità. “La verità è la forza della pace, perché essa rivela e compie l’unità dell’uomo con Dio, con se stesso, con gli altri. La verità rafforza la pace e costruisce la pace”, insegnava san Giovanni Paolo II [1]. La Verità fatta carne è venuta ad abitare tra gli uomini. La sua luce non disturba. La sua parola non semina confusione e disordine, ma rivela la realtà di tutte le cose. Egli “è” la verità e quindi è “segno di contraddizione” e “svela i pensieri di molti cuori” (Lc 2,34-35).

La verità è la prima delle misericordie che Gesù offre al peccatore. Sapremo a nostra volta fare opera di misericordia nella verità? Per noi è grande il rischio di ricercare la pace del mondo, la popolarità mondana che si acquista a prezzo della menzogna, dell’ambiguità e del silenzio complice.

Questa pace del mondo è falsa e superficiale. Perché la menzogna, il compromesso e la confusione generano la divisione, il sospetto e la guerra tra fratelli. Lo ha ricordato recentemente papa Francesco: “Diavolo significa ‘divisore’. Il diavolo vuol sempre creare divisione” [2]. Il diavolo divide perché « in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna » (Gv 8,44).

Proprio la confusione, la mancanza di chiarezza e di verità e la divisione hanno turbato e oscurato la festa di Natale di quest’anno. Alcuni media asseriscono che la Chiesa cattolica incoraggia la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso. Mentono. Fanno il lavoro del divisore. Alcuni vescovi vanno nella stessa direzione, seminano il dubbio e lo scandalo nelle anime dei fedeli pretendendo di benedire le unioni omosessuali come se fossero legittime, conformi alla natura creata da Dio, come se potessero condurre alla santità e alla felicità umana. Non fanno che generare errori, scandali, dubbi e delusioni. Questi vescovi ignorano o dimenticano il severo monito di Gesù contro coloro che scandalizzano i piccoli: « Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare » (Mt 18,6). Una recente dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede, pubblicata con l’approvazione di papa Francesco, non ha saputo correggere questi errori e fare opera di verità. Di più, con la sua mancanza di chiarezza, non ha fatto che amplificare la confusione che regna nei cuori e alcuni addirittura se ne sono impadroniti per sostenere il loro tentativo di manipolazione.

Che fare di fronte alla confusione che il divisore ha seminato fin nel cuore della Chiesa? “Con il diavolo non si discute!”, ha detto papa Francesco. “Non si negozia, non si dialoga; non lo si sconfigge trattando con lui, è più forte di noi. Il diavolo lo sconfiggiamo opponendogli con fede la Parola divina. In questo modo Gesù ci insegna a difendere l’unità con Dio e tra di noi dagli attacchi del divisore. La Parola divina è la risposta di Gesù alla tentazione del diavolo” [3]. Nella logica di questo insegnamento di papa Francesco, anche noi non discutiamo con il divisore. Non entriamo in discussione con la dichiarazione “Fiducia supplicans”, né con i diversi suoi utilizzi che abbiamo visto moltiplicarsi. Semplicemente rispondiamo con la Parola di Dio e con il magistero e l’insegnamento tradizionale della Chiesa.

Per mantenere la pace e l’unità nella verità, dobbiamo rifiutare di discutere con il divisore, dobbiamo rispondere alla confusione con la parola di Dio. Perché « la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore » (Eb 4,12).

Come Gesù di fronte alla Samaritana, osiamo dire la verità. “Hai detto bene: ‘Io non ho marito’. Infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero » (Gv 4,18). Cosa dire a delle persone coinvolte in unioni omosessuali? Come Gesù, osiamo la prima delle misericordie: la verità oggettiva degli atti.

Con il Catechismo della Chiesa Cattolica (2357), possiamo quindi affermare: « L’omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un’attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura (cf Gn 19,1-29; Rm 1,24-27; 1Cor 6,10; 1Tm 1,10), che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che ‘gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati’ (CDF, dichiarazione ‘Persona humana’ 8). Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati”.

Qualsiasi approccio pastorale che non richiamasse questa verità oggettiva verrebbe meno alla prima opera di misericordia che è il dono della verità. Questa oggettività della verità non è contraria all’attenzione prestata all’intenzione soggettiva delle persone. Ma l’insegnamento magistrale e definitivo di san Giovanni Paolo II deve essere qui richiamato:

“Occorre considerare con attenzione il retto rapporto che esiste tra la libertà e la natura umana, e in particolare il posto che ha il corpo umano nelle questioni della legge naturale. […]

“La persona, incluso il corpo, è affidata interamente a se stessa, ed è nell’unità dell’anima e del corpo che essa è il soggetto dei propri atti morali. La persona, mediante la luce della ragione e il sostegno della virtù, scopre nel suo corpo i segni anticipatori, l’espressione e la promessa del dono di sé, in conformità con il sapiente disegno del Creatore. […]

“Una dottrina che dissoci l’atto morale dalle dimensioni corporee del suo esercizio è contraria agli insegnamenti della Sacra Scrittura e della Tradizione: tale dottrina fa rivivere, sotto forme nuove, alcuni vecchi errori sempre combattuti dalla Chiesa, in quanto riducono la persona umana a una libertà ‘spirituale’, puramente formale. Questa riduzione misconosce il significato morale del corpo e dei comportamenti che ad esso si riferiscono (cf 1Cor 6,19). L’apostolo Paolo dichiara esclusi dal Regno dei cieli ‘immorali, idolatri, adulteri, effeminati, sodomiti, ladri, avari, ubriaconi, maldicenti e rapaci’ (cf 1Cor 6,9-10). Tale condanna – fatta propria dal Concilio di Trento – enumera come ‘peccati mortali’, o ‘pratiche infami’, alcuni comportamenti specifici la cui volontaria accettazione impedisce ai credenti di avere parte all’eredità promessa. Infatti, corpo e anima sono indissociabili: nella persona, nell’agente volontario e nell’atto deliberato, essi stanno o si perdono insieme » (“Veritatis splendor” 48-49).

Ma un discepolo di Gesù non può fermarsi qui. Di fronte alla donna adultera, Gesù fa opera di perdono nella verità: « Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più » (Gv 8,11). Offre un cammino di conversione, di vita nella verità.

La dichiarazione “Fiducia supplicans” scrive che la benedizione è invece destinata alle persone che « mendicano che tutto ciò che di vero di buono e di umanamente valido è presente nella loro vita e relazioni, sia investito, sanato ed elevato dalla presenza dello Spirito Santo. » (n. 31). Ma cosa c’è di buono, di vero e di umanamente valido in una relazione omosessuale, definita dalle Sacre Scritture e dalla Tradizione come una depravazione grave e “intrinsecamente disordinata”? Come può corrispondere un testo del genere al Libro della Sapienza che afferma: “I ragionamenti distorti separano da Dio; ma la potenza, messa alla prova, spiazza gli stolti. La sapienza non entra in un’anima che compie il male né abita in un corpo oppresso dal peccato. Il santo spirito, che ammaestra, fugge ogni inganno” (Sp 1,3-5). L’unica cosa da chiedere alle persone che vivono una relazione contro natura è di convertirsi e di conformarsi alla Parola di Dio.

Con il Catechismo della Chiesa Cattolica (2358-2359), possiamo fare ulteriore chiarezza dicendo: “Un numero non trascurabile di uomini e di donne presenta tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una prova. Perciò devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione. Tali persone sono chiamate a realizzare la volontà di Dio nella loro vita, e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare in conseguenza della loro condizione. Le persone omosessuali sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana”.

Come ricordava Benedetto XVI, « come esseri umani, le persone omosessuali meritano rispetto; […] non dovrebbero essere respinte per questo motivo. Il rispetto per l’essere umano è assolutamente fondamentale e decisivo. Ma ciò non significa che per questo l’omosessualità sia giusta. Resta qualcosa che si oppone radicalmente all’essenza stessa di ciò che Dio ha voluto all’origine”.

La Parola di Dio trasmessa dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione è quindi il solo fondamento solido, il solo fondamento di verità su cui ogni conferenza episcopale deve poter costruire una pastorale di misericordia e di verità verso le persone omosessuali. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci offre una sintesi potente, risponde al desiderio del Concilio Vaticano II « di condurre tutti gli uomini, facendo risplendere la verità del Vangelo, a cercare e ad accogliere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza » [4].

Devo ringraziare le conferenze episcopali che hanno già fatto quest’opera di verità, in particolare quelle del Camerun, del Ciad, della Nigeria, ecc., di cui condivido e faccio mie le decisioni e la ferma opposizione alla dichiarazione “Fiducia supplicans”. Dobbiamo incoraggiare le altre conferenze episcopali nazionali o regionali e ogni vescovo a fare lo stesso. Facendo così, non ci opponiamo a papa Francesco, ma ci opponiamo fermamente e radicalmente a un’eresia che mina gravemente la Chiesa, Corpo di Cristo, perché contraria alla fede cattolica e alla Tradizione.

Benedetto XVI ha sottolineato che “la nozione di ‘matrimonio omosessuale’ è in contraddizione con tutte le culture dell’umanità che si sono succedute fino ad oggi e significa quindi una rivoluzione culturale che si oppone a tutta la tradizione dell’umanità fino ad oggi”. Io credo che la Chiesa d’Africa ne abbia una viva coscienza. Essa non dimentica la missione essenziale che gli ultimi papi le hanno affidato. Papa Paolo VI, rivolgendosi ai vescovi africani riuniti a Kampala, nel 1969, dichiarò: “‘Nova Patria Christi Africa’: la nuova patria di Cristo è l’Africa”. Papa Benedetto XVI, in due occasioni, ha affidato all’Africa una missione enorme: quella di essere il polmone spirituale dell’umanità per l’incredibile ricchezza umana e spirituale dei suoi figli, delle sue culture. Diceva nell’omelia del 4 ottobre 2009: “L’Africa rappresenta un immenso ‘polmone’ spirituale, per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza. Ma anche questo ‘polmone’ può ammalarsi. E al momento almeno due pericolose patologie lo stanno intaccando: anzitutto, una malattia già diffusa nel mondo occidentale, cioè il materialismo pratico, combinato con il pensiero relativista e nichilista. […] Il cosiddetto ‘primo’ mondo talora ha esportato e sta esportando tossici rifiuti spirituali, che contagiano le popolazioni di altri continenti, tra cui in particolare quelle africane” [5].

Giovanni Paolo II ha ricordato agli africani che devono partecipare alla sofferenza e alla passione di Cristo per la salvezza dell’umanità, perché “il nome di ciascun africano è scritto sulle palme crocifisse di Cristo” [6] .

La sua missione provvidenziale oggi è forse quella di ricordare all’Occidente che l’uomo non è nulla senza la donna, la donna non è nulla senza l’uomo ed entrambi non sono nulla senza questo terzo elemento che è il figlio. San Paolo VI aveva sottolineato « l’apporto insostituibile dei valori tradizionali di questo continente: la visione spirituale della vita, il rispetto della dignità umana, il senso della famiglia e della comunità » (“Africae terrarum” 8-12). La Chiesa in Africa vive di questa eredità. A causa di Cristo e per la fedeltà al suo insegnamento e alla sua lezione di vita, le è impossibile accettare ideologie disumane promosse da un Occidente scristianizzato e decadente.

L’Africa ha una viva coscienza del necessario rispetto della natura creata da Dio. Non si tratta di apertura mentale e di progresso sociale come pretendono i media occidentali. Si tratta di sapere se i nostri corpi sessuati sono il dono della saggezza del Creatore o una realtà priva di significato, se non artificiale. Ma anche qui Benedetto XVI ci avverte: « Quando rinunciamo all’idea della creazione, rinunciamo alla grandezza dell’uomo”. La Chiesa d’Africa nell’ultimo sinodo ha difeso con forza la dignità dell’uomo e della donna creati da Dio. La sua voce è spesso ignorata, disprezzata o considerata eccessiva da coloro la cui unica ossessione è compiacere le lobby occidentali.

La Chiesa d’Africa è la voce dei poveri, dei semplici e dei piccoli. Ha il compito di annunciare la Parola di Dio di fronte a cristiani occidentali che, perché ricchi, dotati di competenze molteplici in filosofia, nelle scienze teologiche, bibliche, canoniche, si credono evoluti, moderni e saggi della saggezza del mondo. Ma « ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini » (1Cor 1,25). Non sorprende quindi che i vescovi dell’Africa, nella loro povertà, siano oggi gli araldi di questa verità divina di fronte alla potenza e alla ricchezza di alcuni episcopati d’Occidente. Perché “quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio » (1Cor 1,27-28). Ma si avrà il coraggio di ascoltarli nella prossima sessione del Sinodo sulla sinodalità? Oppure dovremmo credere che, nonostante le promesse di ascolto e di rispetto, non si terranno in alcun conto i loro avvertimenti, come vediamo oggi? « Guardatevi dagli uomini » (Mt 10,17), dice il Signore Gesù, perché tutta questa confusione, suscitata dalla dichiarazione “Fiducia supplicans”, potrebbe riapparire sotto altre formulazioni più sottili e più nascoste nella seconda sessione del Sinodo sulla sinodalità, nel 2024, o negli argomenti di coloro che aiutano il Santo Padre a scrivere l’esortazione apostolica post-sinodale. Satana non tentò il Signore Gesù per tre volte? Dovremo vigilare sulle manipolazioni e i progetti che alcuni stanno già preparando per questa prossima sessione del Sinodo.

Ogni successore degli apostoli deve osare prendere sul serio le parole di Gesù: « Sia il vostro parlare: ‘Sì, sì’, ‘No, no’; il di più viene dal Maligno” (Mt 5,37). Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci offre l’esempio di una parola così chiara, tagliente e coraggiosa. Qualsiasi altro percorso sarebbe inevitabilmente troncato, ambiguo e ingannevole. In questo momento sentiamo tanti discorsi così sottili e contorti che finiscono per cadere sotto questa maledizione pronunciata da Gesù: “Il di più viene dal Maligno”. Si inventano nuovi significati delle parole, si contraddice, si falsifica la Scrittura mentre si afferma di esserle fedeli. Si finisce per non servire più la verità.

Consentitemi inoltre di non cadere in vani cavilli a proposito del significato della parola benedizione. È ovvio che possiamo pregare per il peccatore, è ovvio che possiamo chiedere a Dio la sua conversione. È ovvio che possiamo benedire l’uomo che, poco a poco, si rivolge a Dio per chiedere umilmente la grazia di un cambiamento vero e radicale della sua vita. La preghiera della Chiesa non si rifiuta a nessuno. Ma non può mai essere deviata facendola diventare una legittimazione del peccato, della struttura del peccato, o anche dell’occasione prossima del peccato. Il cuore contrito e penitente, anche se è ancora lontano dalla santità, deve essere benedetto. Ma ricordiamoci che, di fronte al rifiuto della conversione e all’irrigidimento, dalla bocca di san Paolo non esce nessuna parola di benedizione ma piuttosto questo avvertimento: « Tu, con il tuo cuore duro e ostinato, accumuli collera su di te per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, che renderà a ciascuno secondo le sue opere’” (Rm 2,5-6).

Sta a noi essere fedeli a Colui che ci ha detto: “Per questo sono venuto nel mondo: per dare testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce » (Gv 18,37). Tocca a noi come vescovi, come sacerdoti, come battezzati rendere testimonianza a nostra volta alla verità. Se non osiamo essere fedeli alla parola di Dio, non solo tradiamo Lui, ma tradiamo anche coloro a cui ci rivolgiamo. La libertà che dobbiamo offrire alle persone che vivono in unioni omosessuali risiede nella verità della parola di Dio. Come potremmo osare far loro credere che sarebbe bene e voluto da Dio che rimangano nella prigione del loro peccato? « Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi » (Gv 8,31-32).

Non si abbia quindi paura se non siamo compresi e approvati dal mondo. Gesù ce l’ha detto: “Il mondo odia me, perché di esso io attesto che le sue opere sono cattive” (Gv 7,7). Solo quelli che appartengono alla verità possono intendere la sua voce. Non spetta a noi essere approvati e fare unanimità.

Ricordiamo il grave monito di papa Francesco all’inizio del suo pontificato: « Noi possiamo camminare quanto vogliamo, noi possiamo edificare tante cose, ma se non confessiamo Gesù Cristo, la cosa non va. Diventeremo una ONG assistenziale, ma non la Chiesa, Sposa del Signore… Quando non si edifica sulle pietre cosa succede? Succede quello che succede ai bambini sulla spiaggia quando fanno dei palazzi di sabbia, tutto viene giù, è senza consistenza. Quando non si confessa Gesù Cristo, mi sovviene la frase di Léon Bloy: ‘Chi non prega il Signore, prega il diavolo’. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio » (14 marzo 2013).

Una parola di Cristo ci giudicherà: “Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio” (Gv 8,47).
________________________
[1] Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata internazionale della pace, 1 gennaio 1980.
[2] Papa Francesco, Angelus del 26 febbraio 2023.
[3] Angelus del 26 febbraio 2023.
[4] Giovanni Paolo II, costituzione apostolica “Fidei depositum”.
[5] Benedetto XVI, Omelia di apertura della II assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei vescovi, 4 ottobre 2009. Egli utilizzerà la stessa espressione “Africa, polmone spirituale dell’umanità” in “Africae munus”, n. 13.
[6] Giovanni Paolo II, “Ecclesia in Africa”, n. 143.

5 commenti:

Il canto della Sirena ha detto...

Il solito disco: un inno appassionato al Concilio Vaticano II, ai suoi rappresentanti e ai loro documenti più conservatori. Il bello è che molti ci cascano e ricascano!

Post scriptum
La Sirena è la stessa che, a tempo suo, giustificava Traditionis Custodes.

Anonimo ha detto...


Lasciamo stare i riferimenti inevitabili al Concilio (nelle sue parti conformi alla tradizione) e GP II.
Quello che conta è la condanna radicale di F S , la giustificazione dell'opposizione totale dei vescovi africani.
Il cardinale Sarah prende pubblicamente posizione contro questo documento, dichiarandolo contrario alla Scrittura e all'insegnamento della Chiesa, eretico.
Cerchiamo di guardare alla sostanza.

Anonimo ha detto...

Ciascuno è libero di guardare a quello che vuole, nonché di lasciarsi incantare da quello che vuole. La doppiezza, tuttavia, non ha nulla di nobile.

Anonimo ha detto...

"Il 7 giugno 1929 il cardinale Rafael Merry del Val firmava la prefazione a una nuova edizione dell’Indice dei Libri Proibiti, l’ultima pubblicata dal Sant’Uffizio. Così si esprimeva il segretario del Sant’Uffizio: “La S. Chiesa attraverso i secoli sostenne grandi, tremende persecuzioni, moltiplicando via via gli eroi che suggellarono col sangue la fede cristiana; ma oggi una battaglia ben più terribile le muove l’inferno, quanto subdola e blanda altrettanto deleteria, ed è la stampa cattiva. Nessun pericolo più grave di questo minaccia la integrità della fede e del costume, e perciò la Chiesa non cessa mai di indicarlo ai cristiani, perché se ne guardino. I libri irreligiosi ed immorali sono talora scritti con stile ammaliante, trattano speso di argomenti che accarezzano le passioni carnali o lusingano l’orgoglio dello spirito, sempre poi con studiati artifizi e cavillosità di ogni genere mirano a far presa nella mente e nei cuori degli incauti lettori; è naturale perciò che la Chiesa qual provvida madre, con le sue opportune proibizioni, ammonisca i fedeli perché non accostino le labbra ai facili calici del veleno. Non dunque per paura della luce la S. Sede vieta la lettura di certi libri, ma per quello zelo del quale Dio la infiamma e che non tollera la perdita delle anime, insegnando la stessa esperienza che l’uomo, decaduto dalla giustizia originale, è fortemente inclinato al male ed ha per conseguenza estremo bisogno di protezione e difesa”." quando c'era l'Indice, non era impossibile stampare cose diaboliche, ma la Chiesa faceva il suo dovere di madre che indica la strada per la santità. adesso invece...abbiamo gli autori di libri schifosi a guardia della fede

Anonimo ha detto...


Parlare di "doppiezza" nel caso del cardinale Sarah è come minimo fuori luogo.
Si tratta piuttosto di cecità intellettuale, nel continuare a non vedere certi nessi.
La "doppiezza" presuppone una mala intenzione, da escludere nel caso del cardinale, che comunque sta criticando apertamente un documento approvato ufficialmente dal papa. Atteggiamento certamente non catalogabile nella categoria della "doppiezza".